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Iscrizione Gestione Separata: abitualità e reddito

Una professionista si opponeva a una richiesta di contributi per l’iscrizione alla Gestione Separata, sostenendo la mancanza di abitualità della sua attività dato il reddito inferiore a 5.000 euro. Dopo due gradi di giudizio sfavorevoli, la Corte di Cassazione ha accolto il suo ricorso. La Suprema Corte ha stabilito che il requisito dell’abitualità è fondamentale e deve essere accertato in fatto. Un reddito esiguo non è irrilevante, ma costituisce un importante indizio che il giudice di merito deve valutare per determinare se l’attività sia stata svolta in modo continuativo, cassando la precedente sentenza e rinviando il caso per un nuovo esame.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Iscrizione Gestione Separata INPS: la Cassazione fa chiarezza su abitualità e redditi bassi

L’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata INPS per i professionisti è un tema che genera spesso dubbi, soprattutto quando i redditi percepiti sono esigui. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 23717/2024) interviene per chiarire un punto fondamentale: il requisito dell’abitualità dell’esercizio professionale non può essere presunto, ma va accertato in concreto, e un reddito molto basso è un elemento di prova che non può essere ignorato. Analizziamo questa importante decisione.

Il Caso in Esame: Contributi INPS e Reddito Minimo

Una professionista iscritta all’albo degli avvocati si era vista recapitare un avviso di addebito da parte dell’INPS per omessi contributi dovuti alla Gestione Separata, relativi a un anno in cui aveva percepito un reddito inferiore a 5.000 euro. La professionista si era opposta a tale richiesta, sostenendo che la sua attività in quell’anno non aveva avuto il carattere dell’abitualità, presupposto necessario per l’obbligo di iscrizione.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto le sue ragioni, confermando l’obbligo contributivo. In particolare, la Corte d’Appello aveva ritenuto inammissibile, perché nuova, la questione relativa alla mancata valutazione del requisito dell’abitualità. Di fronte a questa duplice sconfitta, la professionista ha deciso di ricorrere in Cassazione.

L’obbligo di iscrizione Gestione Separata e il requisito dell’abitualità

I motivi del ricorso si sono concentrati su un vizio di violazione di legge. La ricorrente ha sostenuto che i giudici di merito avevano errato nel non considerare l’abitualità come un elemento costitutivo dell’obbligo di iscrizione. L’iscrizione a un albo professionale non comporta di per sé, in automatico, l’obbligo di versare i contributi alla Gestione Separata se l’attività non viene esercitata in modo continuativo e professionale. Il reddito, ben al di sotto della soglia di 5.000 euro, era stato presentato come prova evidente di questa mancanza di abitualità.

Il Principio di Diritto: Reddito Basso come Indizio

La Corte di Cassazione ha accolto le tesi della professionista, ritenendo fondati entrambi i motivi di ricorso. La Suprema Corte ha ribadito un principio già espresso in precedenza (Cass. n. 4419/21): il requisito dell’abitualità nell’esercizio della professione deve essere sempre accertato in punto di fatto. Questo accertamento può avvenire anche tramite presunzioni, purché gravi, precise e concordanti.

Il punto cruciale della decisione risiede nel valore probatorio attribuito al reddito. Secondo la Corte, la percezione di un reddito annuo inferiore a 5.000 euro costituisce un ‘indizio’ rilevante. Questo indizio, da solo, potrebbe non essere sufficiente, ma deve essere ‘ponderato adeguatamente’ insieme a tutti gli altri elementi acquisiti nel processo per escludere o confermare in concreto la sussistenza del requisito dell’abitualità.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha censurato la decisione della Corte d’Appello perché non ha svolto alcuna indagine sul requisito dell’abitualità, liquidando la questione come inammissibile. I giudici supremi hanno chiarito che, quando un professionista è iscritto all’albo ma non alla propria cassa di previdenza per mancato raggiungimento della soglia reddituale, l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata sorge solo se l’attività è esercitata abitualmente. La Corte d’Appello avrebbe dovuto, quindi, esaminare nel merito la questione, valutando il basso reddito come un serio indizio della possibile mancanza di abitualità e verificando la presenza di altre prove a sostegno o contrarie a tale tesi. Non facendolo, ha violato la legge.

Le Conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello di Roma per un nuovo esame. Quest’ultima dovrà ora attenersi al principio di diritto secondo cui il requisito dell’abitualità deve essere concretamente verificato e il basso reddito percepito deve essere considerato un importante elemento indiziario. Questa ordinanza rappresenta una tutela significativa per i professionisti a basso reddito, chiarendo che l’obbligo contributivo verso la Gestione Separata non è un automatismo derivante dalla mera iscrizione a un albo, ma è strettamente legato all’effettivo e continuativo esercizio della professione.

Un professionista con un reddito molto basso è sempre obbligato all’iscrizione alla Gestione Separata INPS?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il requisito fondamentale è l’abitualità (la natura continuativa) dell’attività professionale. Un reddito molto basso è un forte indizio che l’attività potrebbe non essere abituale, e questo aspetto deve essere valutato dal giudice nel merito.

Qual è il valore di un reddito inferiore a 5.000 euro ai fini dell’obbligo contributivo?
Secondo questa ordinanza, un reddito inferiore a 5.000 euro non costituisce un’esenzione automatica, ma rappresenta un ‘indizio’ significativo. Il giudice deve ponderare questo indizio insieme ad altre prove per determinare se, in concreto, l’attività professionale sia stata svolta in modo abituale o solo occasionale.

Cosa succede se un giudice d’appello non valuta l’argomento dell’abitualità perché lo ritiene una questione nuova?
Nel caso specifico, la Corte di Cassazione ha stabilito che tale approccio è errato. L’abitualità è un presupposto costitutivo dell’obbligo contributivo e deve essere accertato. Annullando la sentenza, la Corte ha ordinato al giudice di merito di riesaminare il caso e di valutare concretamente la sussistenza di tale requisito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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