Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23337 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23337 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 36828-2019 proposto da
COGNOME rappresentata e difesa, in virtù di procura conferita a margine del ricorso per cassazione, dall’avvocata COGNOME con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato COGNOME, in ROMA, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
ISTITUTO RAGIONE_SOCIALE (INPS), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, in virtù di procura conferita in calce al controricorso, dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, ed elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente – per la cassazione della sentenza n. 81 del 2019 della CORTE D’APPELLO DI CAMPOBASSO, depositata il 23 luglio 2019 (R.G.N. 245/2018).
R.G.N. 36828/2019
COGNOME
Rep.
C.C. 15/5/2025
giurisdizione Iscrizione alla Gestione commercianti. Presupposti. Prova.
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 15 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -Con sentenza n. 81 del 2019, depositata il 23 luglio 2019, la Corte d’appello di Campobasso ha accolto il gravame dell’INPS e, in riforma della pronuncia del Tribunale di Larino, ha respinto l’opposizione proposta dalla signora NOME COGNOME contro l’avviso di addebito riguardante la contribuzione dovuta alla Gestione commercianti per il periodo gennaio 2009-dicembre 2009, per l’importo complessivo di Euro 1.663,75.
A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha osservato che sussistono i presupposti per l’iscrizione alla Gestione commercianti (art. 1, comma 203, della legge 23 dicembre 1996, n. 662), avvalorati dalla percezione di redditi da partecipazione societaria e dalla qualità di socia accomandataria della società RAGIONE_SOCIALE In senso contrario, non sono decisive le risultanze delle prove testimoniali esperite.
-La signora NOME COGNOME ricorre per cassazione contro la sentenza d’appello, formulando sei motivi di censura.
-L’INPS resiste con controricorso.
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.), la ricorrente denuncia la nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e addebita alla sentenza d’appello di non aver esaminato l’eccezione d’inammissibilità del gravame: l’Istituto non avrebbe confutato in maniera specifica, in ossequio all’art. 434 cod. proc. civ., le argomentazioni del Tribunale sulla carenza di prova dell ‘effettivo svolgimento dell’attività di gestione.
2. -Con la seconda censura (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1, commi 202 e 203, della legge n. 662 del 1996, dell’art. 3 della legge 28 febbraio 1986, n. 45, e dell’art. 2697 cod. civ.
Avrebbe errato la Corte territoriale nel riconnettere l’obbligo d’iscrizione alla Gestione commercianti al mero dato della percezione del reddito da partecipazione societaria, senza svolgere alcun approfondimento sul l’imprescindibile requisito del la partecipazione diretta al lavoro aziendale, con caratteri di abitualità e di prevalenza. Partecipazione che le testimonianze acquisite avrebbero negato.
3. -Con la terza critica (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente si duole della violazione degli artt. 2697 e 2729 cod. civ. e dei criteri di ripartizione degli oneri probatori, che porrebbero a carico dell’Istituto la prova dell’obbligo d’iscrizione alla Ges tione commercianti. Prova che, nel caso di specie, non sarebbe stata in alcun modo offerta. Né il fatto storico della percezione dei redditi societari rappresenterebbe elemento grave, preciso e concordante (art. 2729 cod. civ.), per evincere quell o svolgimento dell’attività commerciale , che i testi NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME avrebbero, peraltro, puntualmente smentito.
4. -Con la quarta doglianza (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.), la ricorrente prospetta la nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 112, 157 e 161 cod. proc. civ. e lamenta che la sentenza d’appello, in difetto di ogni eccezione sul punto, abbia considerato generici i capitoli di una prova ritualmente ammessa ed espletata.
5. -Con il quinto mezzo (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.), la ricorrente allega la violazione degli artt. 132, secondo comma, n. 4, e 253 cod. proc. civ. e censura la sentenza d’appello per avere ritenuto generici i capitoli di prova, che pure avrebbero enucleato gli
elementi essenziali dei fatti rilevanti, collocandoli in un preciso contesto spazio-temporale.
6. -Con il sesto motivo, la ricorrente denuncia, infine, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 2697 cod. civ., degli artt. 115, 116 e 132 cod. proc. civ. e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. e, in relazione all’art. 360, p rimo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti.
La Corte di merito non avrebbe tenuto conto della circostanza decisiva del mancato svolgimento di attività commerciale da parte della ricorrente.
7. -Le censure investono tutte, sotto profili tra loro connessi, il tema dei presupposti dell’obbligo d’iscrizione alla Gestione commercianti e si prestano, pertanto, a un esame congiunto.
-Occorre esaminare, anzitutto, l’eccezione d’inammissibilità che l’Istituto solleva nel controricorso, rimarcando che le doglianze si risolvono, in ultima analisi, nella richiesta di rivalutare il compendio probatorio.
L’eccezione non coglie nel segno.
Il ricorso denuncia, con dovizia di richiami, l’erronea sussunzione della fattispecie e la violazione dei princìpi di diritto affermati a più riprese da questa Corte, che reputa insufficiente la mera qualità di socio accomandatario, ai fini dell’insorgere dell’obbligo d’iscrizione alla Gestione commercianti, e pone l’accento sull’indefettibile requisito della partecipazione personale al lavoro aziendale, con carattere di abitualità e prevalenza . Requisito che spetta all’Istituto dimostrare (Cass., sez. lav., 26 febbraio 2016, n. 3835).
9. -Come ha rilevato la ricorrente, una controversia in larga parte sovrapponibile a quella odierna, concernente le medesime parti e un diverso periodo contributivo, è stata già vagliata da questa Corte (Cass., sez. VI-L, 27 marzo 2019, n. 8611), che ha cassato una
sentenza della Corte d’appello di Campobasso incentrata su un analogo percorso argomentativo.
10. -Nella pronuncia richiamata, questa Corte ha puntualizzato che «per giurisprudenza ormai consolidata ‘ ai sensi dell ‘ art. 1, comma 203, L. n. 662/1996, che ha modificato l ‘ art. 29 L. n. 160/1975, e dell ‘ art. 3 L. n. 45/1986, la qualità di socio accomandatario non è sufficiente a far sorgere l ‘ obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali, essendo necessaria anche la partecipazione personale al lavoro aziendale, con carattere di abitualità e prevalenza, la cui prova è a carico dell ‘ istituto assicuratore ‘ (Cass. 23360 del 16 novembre 2016; Cass. n. 3835 del 26/02/2016; vedi anche Cass. n. 5210 del 28/2/2017 in cui la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto sufficiente a far sorgere l ‘ obbligo di iscrizione alla gestione commercianti la sola dichiarazione dell ‘ interessato, priva di valore confessorio, di svolgere attività commerciale con carattere di abitualità e prevalenza all ‘i nterno della RAGIONE_SOCIALE di cui era socio accomandatario). È stato anche chiarito che in tema di iscrizione alla gestione commercianti, la dichiarazione dei redditi non ha carattere negoziale o dispositivo sicché, nel caso di redazione errata, non sussiste alcuna inversione dell ‘ onere della prova a carico del contribuente, dovendo sempre l ‘ INPS provare la sussistenza dei presupposti per l ‘ iscrizione (Cass. n. 21511 del 31/08/2018, in cui questa Corte ha cassato la decisione di merito che aveva ritenuto provata la partecipazione del socio accomandatario all ‘ attività della società in forza della dichiarazione dei redditi presentata da quest ‘ ultima, sebbene il socio avesse allegato la sussistenza di errori nella compilazione). Orbene, nel caso in esame la Corte territoriale ha attribuito valore decisivo alle dichiarazioni dei redditi da cui emergeva la percezione da parte della COGNOME della quasi totalità dei redditi societari, elemento questo inidoneo, da solo, a far ritenere assolto
l ‘ onere gravante sull ‘ INPS della prova dello svolgimento dell ‘ attività commerciale con carattere di abitualità e prevalenza all ‘ interno della s.a.s. di cui era socia accomandataria da parte della COGNOME; peraltro, nella impugnata sentenza non risulta essere stata tenuta in alcun conto la prova testimoniale espletata» (ordinanza n. 8611 del 2019, cit., pagine 4 e 5).
11. -Come emerge ictu oculi dal raffronto tra le due vicende, tali considerazioni si attagliano anche alla soluzione del caso di specie e non sono stati addotti elementi persuasivi, che scalfiscano la pertinenza delle valutazioni espresse nella pronuncia menzionata.
Anche nel presente giudizio, la Corte di merito ha enfatizzato l’aspetto della «percezione da parte della ricorrente della quasi totalità dei redditi societari», in quanto compatibile con la «diretta gestione della società da parte della COGNOME, come indicato nella visura camer ale in atti» (pagina 5 della sentenza d’appello), e ha disatteso le dichiarazioni testimoniali, in ragione della «estrema genericità delle circostanze» menzionate nella prova ammessa (pagina 6).
La ratio decidendi s’incardina, nella sua parte saliente, sulle argomentazioni della sentenza n. 244 del 2017 della medesima Corte, richiamata per relationem , sentenza cassata con la più volta citata ordinanza n. 8611 del 2019.
12. -Nell’accogliere il gravame dell’INPS sulla scorta dell’elemento della percezione dei redditi societari e nel valorizzare così un aspetto di per sé sprovvisto di valenza significativa, negando apoditticamente ogni rilevanza ai contrari e univoci dati di fatto desumibili dalle prove testimoniali, debitamente riprodotte nel ricorso, la Corte di merito ha violato la disciplina di legge che regola la pretesa contributiva dedotta in causa.
Tale disciplina impone il puntuale accertamento della partecipazione personale, abituale e prevalente del socio al lavoro
aziendale , sulla base dei dati di fatto che spetta all’Istituto allegare e dimostrare.
I giudici d’appello, nel pretermettere l’indispensabile disamina di un requisito costitutivo della pretesa e nel polarizzare l’attenzione su dati ininfluenti e comunque disgiunti dal più ampio contesto dei fatti dotati di più immediata attinenza al tema del decidere, hanno dunque errato nel sussumere la fattispecie devoluta al loro esame.
-Dalle considerazioni esposte discendono l’accoglimento del ricorso e la cassazione della pronuncia d’appello, per quanto di ragione.
-La causa è rinviata alla Corte d’appello di Campobasso che, in diversa composizione, procederà al necessario riesame della fattispecie controversa e dell’indefettibile presupposto della partecipazione personale dell’odierna ricorrente al lavoro aziendale, con carattere di abitualità e prevalenza.
Al giudice di rinvio è rimessa, infine, la pronuncia sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata; rinvia la causa, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Campobasso, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione