Irriducibilità della retribuzione: come si calcola il danno da demansionamento
Il principio di irriducibilità della retribuzione rappresenta una delle tutele fondamentali per il lavoratore. Ma cosa accade quando un dipendente, dopo aver ottenuto il riconoscimento di una qualifica superiore, viene illegittimamente demansionato? Su quale stipendio va calcolato il risarcimento? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento decisivo, stabilendo che il danno deve essere commisurato alla retribuzione più alta, quella corrispondente alla qualifica acquisita.
I Fatti di Causa
Il caso esaminato riguardava un lavoratore che si era visto riconoscere dal Tribunale il diritto a un inquadramento superiore (quinto livello) per le mansioni svolte tra il 2011 e il 2017. La stessa sentenza aveva condannato l’azienda al pagamento delle differenze retributive maturate, sebbene nei limiti della prescrizione. Successivamente, a partire dalla fine del 2017, il lavoratore era stato trasferito e adibito a mansioni inferiori, subendo un evidente demansionamento.
La Corte d’Appello, pur confermando l’illegittimità del demansionamento, aveva liquidato il relativo risarcimento del danno alla professionalità calcolandolo sulla base della retribuzione effettivamente percepita nel periodo successivo al 2017, ovvero quella legata al livello inferiore. Insoddisfatto, il lavoratore ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo la violazione del principio di irriducibilità della retribuzione.
La Questione Giuridica e l’Irriducibilità della Retribuzione
Il nodo centrale della controversia era chiaro: il danno da demansionamento va calcolato sulla base della retribuzione teoricamente spettante (quella superiore, già acquisita) o su quella concretamente percepita (quella inferiore, a seguito del demansionamento)?
Il lavoratore ha sostenuto che, avendo la stessa pronuncia giudiziaria accertato il suo diritto alla qualifica superiore, il parametro per la liquidazione del danno non poteva che essere la retribuzione corrispondente a tale qualifica. Diversamente, si sarebbe consentito al datore di lavoro di trarre un vantaggio da un proprio comportamento illecito, pagando un risarcimento ridotto proprio a causa del demansionamento.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha accolto pienamente la tesi del lavoratore, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa per un nuovo esame.
Le Motivazioni
I giudici di legittimità hanno affermato un principio cardine: il lavoratore aveva acquisito la qualifica superiore per effetto della stessa pronuncia di merito. Di conseguenza, il danno subito a causa del successivo demansionamento deve essere liquidato facendo riferimento alla retribuzione relativa a quella qualifica superiore. La Corte d’Appello ha errato nel parametrare il risarcimento alla retribuzione inferiore, poiché quest’ultima era proprio l’oggetto della condotta illecita del datore di lavoro.
La garanzia di irriducibilità della retribuzione, sancita dall’articolo 2103 del Codice Civile, non può essere elusa quando l’assegnazione a mansioni inferiori è frutto, come nel caso di specie, di un illegittimo esercizio dello jus variandi. La sentenza impugnata, non attenendosi a questo principio fondamentale, è stata ritenuta viziata e quindi annullata.
Le Conclusioni
Questa ordinanza rafforza la tutela del lavoratore contro le pratiche di demansionamento illegittimo. Stabilisce con chiarezza che il patrimonio professionale e retributivo acquisito dal dipendente non può essere intaccato. Per le aziende, ciò significa che il costo di un demansionamento illecito non può essere ‘scontato’ basando il risarcimento su una retribuzione ridotta. La causa è stata quindi rinviata alla Corte d’Appello, in diversa composizione, che dovrà ricalcolare il danno attenendosi al principio di diritto enunciato dalla Cassazione e provvedere anche alla regolamentazione delle spese legali del giudizio di legittimità.
Come va calcolato il risarcimento del danno da demansionamento se il lavoratore aveva già acquisito una qualifica superiore?
Il risarcimento del danno va liquidato con riferimento alla retribuzione relativa alla qualifica superiore che il lavoratore ha acquisito, e non a quella inferiore corrispondente alle mansioni assegnate a seguito del demansionamento.
Il principio di irriducibilità della retribuzione è sempre valido?
Sì, la garanzia di irriducibilità della retribuzione non può venir meno nel caso in cui l’assegnazione a mansioni inferiori sia frutto di un illegittimo esercizio del potere del datore di lavoro di modificare le mansioni (jus variandi).
Cosa significa quando la Cassazione ‘cassa con rinvio’ una sentenza?
Significa che la Corte di Cassazione annulla la sentenza del giudice precedente e rimanda la causa allo stesso giudice (in diversa composizione) affinché emetta una nuova decisione, seguendo il principio di diritto stabilito dalla Cassazione stessa.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23584 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23584 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6994/2024 R.G. proposto da : COGNOME elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 3044/2023 depositata il 12/09/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 12.9.23 la C orte d’appello di Roma ha confermato la sentenza del 10.5.21 del tribunale della stessa sede, che aveva riconosciuto in favore del lavoratore in epigrafe mansioni superiori relative al quinto livello dal 2011 al 2017, quindi il diritto all’inquadramento relativo dal 2012, e aveva condannato il datore al pagamento delle differenze retributive nei limiti della prescrizione (quindi dal 2013 al 2017), dichiarando illegittimo il trasferimento ad altra unità e l’assegnazione di mansioni operate dalla fine 2017 in poi, e condannando quindi al risarcimento del danno alla professionalità nella misura del 40% della retribuzione in riferimento al periodo da ultimo indicato.
In particolare, la corte territoriale ha ritenuto il diritto alle differenze retributive limitato al 2017, liquidando per il periodo successivo solo il danno da demansionamento ragguagliandolo alla retribuzione effettivamente percepita (quindi quella del livello inferiore, oggetto del demansionamento che la stessa sentenza ravvisa).
Avverso tale sentenza ricorre il lavoratore per unico motivo, cui resiste il datore con controricorso; le parti hanno presentato memorie.
Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il motivo deduce violazione dell’articolo 2103 c.c. per avere escluso il mantenimento della retribuzione superiore spettante nel periodo di demansionamento.
Il motivo è fondato perché il lavoratore ha acquisito la qualifica superiore per effetto proprio della stessa pronuncia e perciò il danno va liquidato con riferimento alla retribuzione relativa (e non invece come fatto dalla corte d’appello a quella inferiore corrispondente alle mansioni assegnate, peraltro oggetto di censura proprio per l’intervenuto demansionamento).
Invero, la garanzia di irriducibilità della retribuzione non può venir meno nel caso in cui l’assegnazione a mansioni inferiori sia frutto, come accertato nel caso di specie, di un illegittimo esercizio dello jus variandi.
La sentenza impugnata, che non si è attenuta all’indicato principio, deve essere cassata e la causa rinviata alla stessa corte d’appello per un nuovo esame ed anche per il regolamento delle spese del presente procedimento.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla stessa corte d’appello in diversa composizione per un nuovo esame ed anche per il regolamento delle spese del presente procedimento.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 giugno 2025.