Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9280 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9280 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10605/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, CINDIRIZZOO INDIRIZZO DIG, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CAMPOBASSO n. 332/2021 depositata il 14 ottobre 2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 2 aprile 2024 dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE otteneva dal Tribunale di Campobasso decreto ingiuntivo nei confronti del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE San Giuliano del Sannio per il pagamento di euro 32.052,26, oltre interessi in relazione a fornitura idrica di cui alle fatture nn. 267, 482 e 586 del 2014.
Il RAGIONE_SOCIALE si opponeva, e RAGIONE_SOCIALE insisteva nella domanda monitoriamente introdotta. Con sentenza n. 452/2018 il Tribunale accoglieva l’opposizione per mancanza del fascicolo di parte dell’opposta .
RAGIONE_SOCIALE proponeva appello, cui controparte resisteva, e che la Corte d’appello di Campobasso accoglieva con sentenza n. 332/2021, confermando il decreto ingiuntivo e condannando l’appellato a rifondere all’appellante la metà delle spese del doppio grado di giudizio.
Ha presentato ricorso articolato in quattro motivi il RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE si è difesa con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che:
Con il primo motivo il ricorrente denuncia ‘violazione dell’art. 360 c° 1 nn.3 -4 c.p.c. in relazione agli artt. 112-115116 c.p.c.’.
Lamenta che il giudice d’appello ha accolto l’impugnazione ‘sull’erroneo convincimento la parte appellata avesse provveduto al deposito’ dei fascicoli di parte della frase monitoria e della fase di opposizione ‘nella fase di appello’, ove non si applicano i termini di decadenza dell’articol o 169, secondo comma, c.p.c., obiettando che in realtà dall’accesso al fascicolo telematico della corte territoriale per la causa n. 399/2018 R.G. si potrebbe ‘constatare la mancanza, a tutt’oggi, tra le produzioni di par te appellante, del fascicolo monitorio, che doveva … essere telematico’ già quando era stato presentato il ricorso per decreto
ingiuntivo generando il fascicolo n. 1121/2015 R.G., certamente nella circoscrizione del Tribunale di Campobasso.
Deduce che, contrariamente a quanto ritenuto dalla corte territoriale, il file prodotto nel giudizio d’appello da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non è stato il fascicolo monitorio, bensì il fascicolo del giudizio di opposizione cui sarebbe stata aggiunta ‘una mera copia scansionata del ricorso per decreto ingiuntivo e degli allegati’. Invece l’appellante ‘avrebbe dovuto depositare due fascicoli, uno tel ematico, inerente alla fase monitoria, e l’altro cartaceo relativo alla fase di opposizione’, mentre il deposito di ‘mere co pie cartacee del fascicolo telematico – peraltro senza attestazione di conformità -‘ varrebbe come un deposito di copie di cortesia.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’articolo 360, primo comma, nn.3 e 4 c.p.c., con nullità della sentenza per violazione dell’articolo 112 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 16 bis, comma 9 bis, e 16 undecies, comma 1, d.l. 179/201 2, violazione dell’articolo 23 d.lgs. 82/2005 (Codice dell’amministrazione digitale) e violazione dell’articolo 643 c.p.c., nonché violazione dell’articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c.
2.1 Si duole che la corte di merito sia incorsa in omessa motivazione sulla ‘dedotta insussistenza, nella copia del ricorso per decreto ingiuntivo notificato unitamente al Decreto, ed espressamente disconosciuto dalla parte ricevente, della assever azione di conformità all’originale depositato telematicamente in Cancelleria’.
lamenta altresì omessa pronuncia quanto all ‘ erronea attestazione di conformità del decreto ingiuntivo notificato, certificato da controparte come conforme a un decreto ingiuntivo analogico mentre il decreto notificato sarebbe stato espressamente qualificato telematico.
2.2 Si duole che la corte territoriale si sia ‘concentrata unicamente’ su altro vizio, e cioè ‘sulla difformità dell’atto portato a notifica rispetto all’originale telematicamente depositato in Cancelleria’ , e erroneamente pervenendo a ‘ritenere valido un atto notificato privo della certificazione di conformità all’originale depositato in Cancelleria, come prevede l’art. 643 c.p.c. comma 2’
laddove stabilisce che ricorso e decreto ingiuntivo si notifichino per copia autentica. Così il giudice d’appello non avrebbe considerato che la notifica di una copia non autentica viola ‘una specifica norma di legge’.
2.3 Mentre l’autenticità della copia all’originale prima del processo telematico veniva certificata dal cancelliere, per cui all’epoca il difensore del ricorrente non avrebbe mai potuto chiedere la notifica di una copia non autentica all’ufficiale giudiziario, ora nel processo civile telematico ‘l’attestazione di conformità deve essere effettuata dall’avvocato’, mentre nel caso in esame ‘la ricorrente ha omesso del tutto (relativamente al ricorso) l’attestazione di conformità all’originale e, relativamente al Provvedimento del Giudice, invece, ha effettuato una attestazione di conformità in violazione delle norme sulla formazione degli atti telematici’ – articoli 16, comma 9 bis, e 16 undecies, d.l. 179/2012-.
Infatti, per il decreto ingiuntivo ‘la parte ha attestato’ che il decreto era ‘copia informatica conforme all’originale analogico’, mentre sarebbe ‘vero l’inverso’, perché la copia notificata sarebbe analogica e l’originale informatico.
2.4 Quanto poi al ricorso notificato si sarebbe commessa violazione del l’articolo 643 c.p.c. per omessa notifica di una copia conforme all’originale ‘e del d.l. 179/2012 per carenza totale dell’attestazione di conformità del ricorso notificato all’originale telematico’.
Inoltre sarebbe stato violato l’articolo 23 del Codice dell’amministrazione digitale non essendo la copia notificata del ricorso ‘copia analogica del documento informatico’, bensì ‘stampa di un atto diverso dall’originale telematico’.
In conclusione, la sentenza sarebbe ‘affetta da causa di nullità ex art. 360 , 1° co. n. 5, c.p.c., per ‘omesso esame’ di un fatto discusso e decisivo.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 132, secondo comma, n. 4 c.p.c. e 111 Cost. ‘per illogicità e contraddittorietà della motivazione’.
Si duole che i l giudice d’appello, ‘pur riconoscendo la non totale conformità (relativamente alla data) dell’atto notificato rispetto al supposto originale
depositato’, abbia ritenuto ciò non incidente sulla validità dell’atto perché ‘la validità di questo va valutata in riferimento al contenuto della copia notificata, senza ricorrere a integrazioni per mezzo dell’originale’. Ciò verrebbe a contrastare quale affermazione in di ritto l’operazione in fatto compiuta dal giudice d’appello, cioè ‘l’accurato confronto tra l’atto scansionato dalla copia cartacea dell’originale telematico depositato e la copia notificata , addivenendo in tal modo a quell’integrazione che precedentemente si era sostenuto non necessaria per la validità della copia notificata ‘ , così implicitamente riconoscendo ‘la fondatezza dell’eccezione di nullità/invalidità’ dell’atto notificato all’opponente. Quest’ultimo, ‘ricevuta la notifica di un ricorso per decreto ingiuntivo – peraltro non sottoscritto e senza asseverazione di conformità all’originale – recante la data di oltre un anno anteriore al Decreto ingiuntivo unitamente notificato, non era nelle condizioni di poter ottemperare l’ingiunzione’, in quanto, come ente pubblico, ‘era tenuto ad una verifica più approfondita degli atti notificati’.
Il giudice d’appello ha dichiarato irrilevanti le irregolarità recepite (come il difetto dell’attestazione di conformità, l’assenza di procura, l’assenza di sottoscrizione, la difformità di data tra il ricorso e il decreto ingiuntivo) in base al principio del raggiungimento dello scopo dell’atto, individuato ‘nell’avvenuta difesa, nel merito, della parte ingiunta’, ma ‘la presenza delle numerose irregolarità hanno certamente costituito difficoltà difensive per l’Ente’, la cui difesa nel merito ‘non implica irrilevanza o accettazione di tali vizi’, i quali non solo sarebbero stati ec cepiti tempestivamente, ma avrebbero pure ‘comportato il vero e proprio disconoscimento dell’atto notificato da parte del RAGIONE_SOCIALE opponente’. La corte territoriale sarebbe caduta in contraddizione, giungendo quindi a realizzare le fattispecie di nullità indicata nella rubrica del motivo.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono infondati.
Essi concernono fattispecie di irregolarità degli atti del primo grado di giudizio, in quanto lo stesso ricorrente non nega di essersi potuto difendere nel merito. Orbene, l a sussistenza nell’atto introduttivo del giudizio di errori che generino
esclusivamente irregolarità perché non ledono il diritto di difesa della parte così chiamata in giudizio , ovviamente, non conduce ad una lesione dell’instaurazione del contraddittorio; né tantomeno è attuabile un disconoscimento degli atti da parte del soggetto diverso da quello che li ha effettuati.
Che, quindi, il giudice d’appello non abbia esaminato minuziosamente proprio tutte le plurime censure di irregolarità invocate dall’attuale ricorrente non comporta violazione di legge, dal momento che il giudice d’appello ha specificamente verificato se, nella vicenda processuale comprendente siffatti errori, sia stato realmente leso il diritto difensivo della parte sostanzialmente convenuta, cioè dell’opponente. E la sua valutazione è del tutto condivisibile, non avendo in realtà l’attuale ricorrente evide nziato come effettivamente sarebbe emersa difficoltà di difesa. E ciò vale anche per il ‘recupero’ in forma cartacea dei documenti – le fatture di RAGIONE_SOCIALE – che erano stati prodotti in sede monitoria, avendo potuto l’attuale ricorrente difendersi nel merito.
Non risulta dal ricorrente pertanto realmente e concretamente illustrato in che cosa sarebbe consistita la lamentata lesione del diritto di difesa, id est come si sarebbe oltrepassato il livello della irregolarità.
5 . Con il quarto motivo si denuncia ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 360 n.3 in relazione agli artt. 91 e 92 c.p.c.’, e si denuncia altresì violazione e falsa applicazione degli articoli 132, secondo comma n. 4, c.p.c. e 111 Cost. ‘per illogicità e contraddittorietà della motivazione’.
La censura verte sulla condanna del ricorrente a rifondere a controparte la metà delle spese di lite del doppio grado di giudizio di merito, pur avendo la corte territoriale riconosciuto che i fascicoli della fase monitoria e del giudizio di opposizione sono stati depositati da RAGIONE_SOCIALE solo nel giudizio d’appello.
Si osserva altresì che si sarebbe verificata una soccombenza sostanziale di RAGIONE_SOCIALE ‘conclamata nel primo grado e virtuale in grado di appello’, e si sostiene comunque che la corte territoriale avrebbe errato ritenendo il ricorrente ‘soccombente in entrambi i gradi’.
Il motivo è manifestamente infondato, in quanto la condanna alla rifusione delle spese viene calibrata in relazione all’esito cui è pervenuto il processo quando si pronuncia al riguardo, per cui, se nel primo grado la soccombenza era di RAGIONE_SOCIALE, ciò non incide più qualora nel secondo grado soccombente sia divenuto il suo avversario. E nel caso in esame, d’altronde, non vi è alcuna virtualità nella soccombenza che ha patito il RAGIONE_SOCIALE nel secondo grado.
Deve d’altro canto osservarsi che, per i principi appena richiamati, la corte territoriale non era neppure tenuta a disporre una compensazione parziale, ma, ciò nonostante, ha disposto la compensazione di ben metà delle spese per entrambi i gradi di giudizio.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 4.300,00, di cui euro 4.100,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 2 aprile 2024
Il Presidente NOME COGNOME