LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

IRAP compensi avvocati: no alla traslazione al dipendente

Un gruppo di avvocati dipendenti di un ente pubblico previdenziale ha contestato la condotta del proprio datore di lavoro, il quale riduceva i loro compensi professionali per coprire il costo dell’IRAP. La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha accolto il ricorso dei legali. I giudici hanno stabilito che l’IRAP è un’imposta a carico esclusivo dell’ente pubblico in qualità di datore di lavoro. Di conseguenza, non è ammissibile alcuna forma di ‘traslazione’, né diretta né indiretta, di tale onere sul lavoratore. La Corte ha chiarito che il diritto alla retribuzione degli avvocati si fonda su legge e contrattazione, e le norme di contabilità pubblica non possono essere usate per giustificare una riduzione dei compensi dovuti. La sentenza della corte d’appello è stata quindi annullata con rinvio.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

IRAP compensi avvocati: la Cassazione vieta la traslazione sul dipendente

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale per gli avvocati dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni: la gestione dell’IRAP compensi avvocati. La Suprema Corte ha stabilito un principio fondamentale: l’imposta grava esclusivamente sull’ente pubblico e non può, in alcun modo, essere fatta ricadere sul lavoratore, né direttamente né indirettamente. Questa decisione chiarisce la distinzione tra gli obblighi fiscali e contabili dell’ente e il diritto retributivo del dipendente, fondato su legge e contrattazione collettiva.

I fatti di causa

La controversia ha avuto origine dall’azione legale intrapresa da un gruppo di avvocati dipendenti di un importante ente pubblico previdenziale. I professionisti lamentavano che l’ente, di fatto, decurtava dai loro compensi professionali aggiuntivi un importo corrispondente all’IRAP dovuta dall’istituto stesso. In primo grado, il Tribunale aveva dato ragione ai legali, dichiarando illegittime le trattenute. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva riformato la decisione, accogliendo la tesi dell’ente. Secondo i giudici di secondo grado, le norme sulla contabilità pubblica e sulla necessaria copertura della spesa imponevano all’amministrazione di accantonare le somme per l’IRAP, potendo anche recuperarle ex post sui compensi dei dipendenti. Contro questa sentenza, gli avvocati hanno proposto ricorso per Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione e l’analisi dell’IRAP compensi avvocati

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dei legali, cassando la sentenza d’appello e delineando un quadro giuridico netto. I giudici hanno affermato che la pretesa degli avvocati al pagamento integrale dei loro compensi ha natura retributiva e si configura come un’azione di adempimento. Di conseguenza, spetta al lavoratore provare solo la fonte del proprio diritto (legge, contratto, regolamento) e allegare l’inadempimento del datore di lavoro. Spetta invece all’ente datore di lavoro dimostrare di aver adempiuto correttamente o l’impossibilità di farlo per causa non imputabile.

Le quattro regole fondamentali sulla gestione dell’IRAP compensi avvocati

La Corte ha riassunto la disciplina della materia in quattro regole generali:

1. Natura della Retribuzione: Parte della retribuzione degli avvocati pubblici è costituita da quote delle somme riscosse dall’ente (onorari) e da importi previsti da regolamenti interni per le cause con esito favorevole.
2. Fonte della Disciplina: La regolamentazione di questi compensi si trova nella legge, nella contrattazione collettiva e nei regolamenti interni, e non nelle norme sulla contabilità pubblica.
3. Esistenza di Limiti: Esistono limiti legali alla spesa della P.A. che possono conformare ab initio il diritto al compenso, impedendone il sorgere oltre una certa soglia. Tali limiti devono essere previsti dalla legge o da atti organizzativi interni, la cui esistenza deve essere provata dall’ente.
4. Incidenza dell’IRAP: Le somme destinate ai compensi professionali sono comprensive degli oneri riflessi (contributi) a carico del datore di lavoro, ma non dell’IRAP. L’IRAP, essendo un’imposta sul valore aggiunto prodotto, grava inderogabilmente sulla P.A. e non può essere traslata sul dipendente.

Le motivazioni

Il cuore della motivazione risiede nella netta separazione tra il piano del rapporto di lavoro e quello della contabilità pubblica. La Corte d’Appello aveva erroneamente confuso i due livelli, giustificando la trattenuta come un semplice ‘mezzo contabile’ per assicurare la provvista finanziaria per il pagamento dell’imposta. La Cassazione ha ribaltato questa visione, chiarendo che l’obbligo di accantonare le somme per l’IRAP è un dovere contabile interno all’ente, che non può incidere sul diritto soggettivo del lavoratore alla retribuzione, un diritto che sorge e si determina sulla base di fonti normative specifiche (leggi e contratti). Consentire all’ente di ridurre i compensi per pagare l’IRAP si tradurrebbe in una ‘traslazione d’imposta’ vietata, che colpirebbe il reddito del lavoratore anziché il patrimonio del datore di lavoro, snaturando la natura stessa del tributo.

Le conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha stabilito che l’ente pubblico deve pagare l’IRAP attingendo, se possibile, a risorse del fondo che eccedono i limiti di retribuzione dei dipendenti o, in mancanza, a risorse proprie esterne al fondo stesso. Il diritto del lavoratore a percepire l’intero compenso pattuito, una volta sorto, non può essere negato applicando ex post normative contabili. La causa è stata rinviata alla Corte d’Appello, che dovrà decidere nel merito attenendosi a questi principi, riaffermando la tutela del diritto alla retribuzione degli avvocati pubblici contro indebite ingerenze basate su logiche puramente contabili.

L’IRAP sui compensi professionali degli avvocati dipendenti di un ente pubblico può essere posta a carico di questi ultimi?
No, la Cassazione ha stabilito che l’IRAP è un’imposta che grava esclusivamente sul datore di lavoro pubblico e non può essere in alcun modo ‘traslata’, né direttamente né indirettamente, sul dipendente.

Un ente pubblico può ridurre le somme destinate ai compensi dei propri legali per far fronte al pagamento dell’IRAP?
No. L’ente non può ridurre le risorse che, per legge o contratto, sono destinate ai compensi professionali per coprire l’onere dell’IRAP. L’obbligo contabile di accantonare le somme per pagare l’imposta non può tradursi in una diminuzione del diritto retributivo del lavoratore.

Qual è il fondamento del diritto al compenso professionale per l’avvocato dipendente pubblico?
Il diritto si fonda esclusivamente sulla legge, sulla contrattazione collettiva e sui regolamenti interni dell’ente. La normativa sulla contabilità pubblica, che regola la formazione dei fondi e la copertura dei costi, opera su un piano distinto e non può comprimere il diritto del lavoratore a percepire quanto gli spetta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati