LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

IRAP avvocati pubblici: la Cassazione vieta la rivalsa

Un avvocato di un ente pubblico ha contestato le trattenute effettuate dal suo datore di lavoro sui compensi professionali a titolo di IRAP. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che la questione dell’IRAP per gli avvocati pubblici è chiara: l’imposta è a carico esclusivo dell’ente e non può essere in alcun modo trasferita sul dipendente attraverso decurtazioni. La necessità di copertura della spesa pubblica, secondo la Corte, non può giustificare la violazione del diritto del lavoratore alla piena retribuzione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

IRAP Avvocati Pubblici: la Cassazione chiarisce, l’onere è solo dell’Ente

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha posto fine a una controversia di grande rilevanza per i legali impiegati nel settore pubblico. La questione centrale riguarda l’IRAP avvocati pubblici: può l’ente datore di lavoro trattenere l’importo di questa imposta dai compensi professionali dovuti ai propri legali? La risposta dei giudici è stata un netto ‘no’, riaffermando un principio fondamentale sulla natura del tributo e sulla tutela del diritto alla retribuzione.

I Fatti di Causa: una trattenuta contestata

Il caso nasce dal ricorso di un avvocato, dipendente di un importante istituto nazionale di previdenza, che si era visto decurtare i propri compensi professionali. L’ente datore di lavoro aveva operato delle trattenute sostenendo che servissero a coprire l’onere dell’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive) gravante su tali emolumenti.

Mentre il Tribunale di primo grado aveva dato ragione al legale, la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione. Secondo i giudici di secondo grado, l’ente pubblico, per rispettare i principi di copertura della spesa pubblica, avrebbe legittimamente accantonato le somme necessarie a pagare l’IRAP prima di distribuire i compensi, operando di fatto una riduzione del fondo destinato ai legali. Insoddisfatto, l’avvocato ha presentato ricorso in Cassazione.

La questione dell’IRAP per gli avvocati pubblici

Il cuore della controversia risiede nella natura stessa dell’IRAP. Si tratta di un’imposta che colpisce il valore della produzione netta e, come costantemente affermato dalla giurisprudenza, è un tributo che grava sull’attività autonomamente organizzata. Nel rapporto di lavoro dipendente, il soggetto passivo dell’imposta è il datore di lavoro, in quanto è lui che organizza i fattori produttivi.

La tesi dell’ente pubblico, avallata dalla Corte d’Appello, si basava su una logica contabile: poiché i fondi per i compensi degli avvocati devono coprire tutti i costi, inclusi gli oneri fiscali, era corretto calcolare l’importo netto da distribuire dopo aver ‘messo da parte’ la quota per l’IRAP. Questa operazione, tuttavia, si traduceva in una diminuzione diretta della retribuzione spettante al legale.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha smontato la tesi dell’ente pubblico, cassando la sentenza d’appello e stabilendo principi di diritto estremamente chiari. Il ragionamento dei giudici si fonda su una netta distinzione tra il piano del diritto civile/lavoristico e quello della contabilità pubblica.

1. Natura Retributiva e Intangibilità dei Compensi: I compensi professionali sono a tutti gli effetti parte della retribuzione dell’avvocato dipendente. Il loro ammontare è definito dalla legge, dalla contrattazione collettiva e dai regolamenti interni dell’ente. Una volta che il diritto a percepire una certa somma è sorto, il datore di lavoro non può ridurlo unilateralmente per far fronte a un proprio onere fiscale.

2. Divieto di Traslazione dell’IRAP: L’IRAP è un’imposta a carico del datore di lavoro. Qualsiasi meccanismo, diretto o indiretto, che ne trasferisca il peso economico sul lavoratore è illegittimo. La Corte ha specificato che trattenere l’importo dell’IRAP dai compensi costituisce una ‘traslazione d’imposta’ non consentita dalla legge. L’esigenza di redigere un bilancio in pareggio non può prevalere sul diritto soggettivo del lavoratore alla sua retribuzione.

3. Onere della Prova: La Corte ha richiamato i principi fondamentali in materia di azione di adempimento. Il lavoratore (creditore) che agisce in giudizio per ottenere il pagamento delle sue spettanze deve solo provare la fonte del suo diritto (la legge o il contratto che prevedono quel compenso). Spetta invece al datore di lavoro (debitore) dimostrare di aver pagato o che il diritto non è sorto in quella misura a causa di limiti preesistenti e specifici (come tetti di spesa imposti per legge). La normativa sulla contabilità pubblica non costituisce, di per sé, un limite al diritto retributivo.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un punto fermo a tutela degli avvocati dipendenti pubblici. La Corte di Cassazione ha chiarito che le regole di finanza pubblica, pur fondamentali, non possono essere usate come strumento per comprimere i diritti retributivi dei lavoratori. L’IRAP avvocati pubblici deve essere interamente sostenuta dall’ente datore di lavoro, il quale dovrà trovare le necessarie coperture finanziarie senza rivalersi sui propri dipendenti.

Le implicazioni pratiche sono significative: le amministrazioni pubbliche devono cessare qualsiasi pratica di decurtazione dei compensi professionali a titolo di IRAP. I legali che hanno subito tali trattenute in passato hanno ora un solido fondamento giuridico per chiederne la restituzione.

Chi deve pagare l’IRAP sui compensi professionali degli avvocati dipendenti di enti pubblici?
L’IRAP è un’imposta a carico esclusivo dell’ente pubblico in qualità di datore di lavoro, poiché è il soggetto che esercita l’attività produttiva organizzata.

Un ente pubblico può trattenere l’importo dell’IRAP dai compensi dovuti ai propri avvocati?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che tale pratica è illegittima, in quanto costituisce una forma di ‘traslazione d’imposta’ vietata dalla legge, che trasferisce indebitamente l’onere fiscale dal datore di lavoro al lavoratore.

Cosa deve dimostrare in giudizio un avvocato pubblico che chiede il pagamento integrale dei suoi compensi senza la trattenuta IRAP?
L’avvocato, in quanto creditore, deve semplicemente provare la fonte del suo diritto (cioè la legge, il contratto collettivo o il regolamento interno che stabilisce l’ammontare dei compensi). Spetta all’ente datore di lavoro dimostrare di aver adempiuto correttamente o che il diritto del lavoratore era limitato fin dall’origine da specifiche norme imperative.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati