Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 31660 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 31660 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 12683/2022 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione coatta amministrativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv . NOME COGNOME in forza di procura rilasciata su foglio separato, il quale dichiara di voler ricevere le
comunicazioni e gli avvisi di cancelleria a ll’ indirizzo di posta elettronica certificata indicato
– controricorrente-
avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo n. 359/2022 depositata in data 7/3/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5/12 /2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
Con la sentenza del 14/5/2013 il tribunale di Palermo, revocava il decreto ingiuntivo e condannava l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di euro 8.235.342,56 in favore dell’RAGIONE_SOCIALE
Proponeva appello la EAS.
Si costituiva in giudizio l’RAGIONE_SOCIALE
Con la nota del 30/11/2017 l’Avv. NOME COGNOME difensore di RAGIONE_SOCIALE appellante, comunicava il proprio collocamento a riposo a decorrere dal 1/12/2017.
Con comparsa del 10/9/2018 si costituiva per la EAS l’Avv. NOME COGNOME
Nel frattempo, con DPCM del 18/6/2018, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 11/8/2018, l’Avvocatura dello Stato era autorizzata a rappresentare RAGIONE_SOCIALE, e tale provvedimento veniva inserito nel sito informatico di RAGIONE_SOCIALE.
Il giudizio veniva interrotto con provvedimento della Corte d’appello del 10/3/2021, parificando l’intervenuto DPCM del 18/6/2018 ad uno degli eventi di cui all’art. 301 c.p.c., per i quali vi
è l’interruzione di diritto. In particolare, la Corte d’appello rilevava che, «alla data di deposito della comparsa di costituzione (avvenuto successivamente all’entrata in vigore del suddetto DPCM), l’Avv. NOME COGNOME era privo dello ius postulandi ».
Il processo veniva riassunto dall’Avvocatura dello Stato per conto di RAGIONE_SOCIALE con atto del 31/5/2021.
Con comparsa del 27/7/2021 l’Amap eccepiva l’estinzione del processo, per mancata riassunzione nei termini, sia con riguardo all’evento interruttivo costituito dal collocamento a riposo del primo difensore (con la cessazione dello ius postulandi ), Avv. COGNOME, dall’1/12/2017 e dell’estinzione maturata dall’ 1/6/2018, sia con riguardo all’intervenuto DPCM del 18/6/2018.
La Corte d’appello di Palermo, con la sentenza n. 359 del 7/3/2022 dichiarava estinto il processo.
10.1. Con riguardo al primo evento interruttivo, relativo al collocamento a riposo dell’Avv. NOME COGNOME difensore di EAS, in data 30/11/2017, la Corte territoriale evidenziava che l’eccezione di estinzione sollevata dall’AMAP era tardiva, non essendo stata formulata dall’AMAP all’udienza del 19/9/2018, immediatamente successiva al collocamento a riposo dell’Avv. NOME COGNOME ma solo nella comparsa di risposta del 27/7/2021.
10.2. Veniva, invece, reputata tempestiva e fondata l’eccezione di estinzione con riguardo al secondo evento interruttivo, verificatosi in conseguenza dell’emanazione del DPCM 18/6/2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 186 dell’11/8/2018.
Il processo, dunque, era stato interrotto con provvedimento del giudice in data 10/3/2021. Il DPCM del 18/6/2018 aveva determinato ipso iure il venir meno dello ius postulandi del difensore originariamente costituiva in giudizio, «trattandosi di ipotesi di
impedimento del procuratore, equiparabile a quella contemplate dall’art. 301 c.p.c.».
Era incontestabile che la EAS avesse «avuto piena conoscenza legale quantomeno sin dalla pubblicazione del DPCM nella Gazzetta Ufficiale n. 186 dell’11/8/2018», tanto da averlo manifestato «nel proprio sito istituzionale in data 20/9/2018, come specificamente documentato dall’appellata », in ossequio all’onere probatorio gravante sulla stessa.
Quanto alla decorrenza del termine di cui all’art. 305 c.p.c., la Corte territoriale rilevava che la Corte costituzionale aveva dichiarato l’illegittimità della norma nella parte in cui «non garantiva che il termine per la riassunzione decorresse dal momento di formale conoscenza dell’evento interruttivo».
Pertanto, la parte rimasta ignara dell’evento interruttivo, riguardante la sua controparte, doveva essere messa nelle condizioni di dare valido impulso al processo, senza incorrere dell’eccezione di estinzione dipendente alla propria inerzia.
Nella specie, «proprio l’EAS ha chiesto e ottenuto il patrocinio erariale che, con il più volte menzionato DPCM, debitamente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, gli è stato accordato, come il commissario liquidatore avuto modo di comunicare nel sito istituzionale dell’ente in data 20/9/2018, ossia ben più di un anno prima dell’ordinanza dichiarativa dell’evento interruttivo (21/11/2019) ».
Tale circostanza integrava «senz’altro conoscenza legale dell’evento interruttivo» (si citava Cass. n. 24857 del 2008).
Nel caso in esame, dunque, si è dinanzi ad una conoscenza «radicatasi direttamente e immediatamente in capo agli organi rappresentativi dell’ente , che hanno, infatti, dato notizia dell’emanazione del DPCM dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale ed erano, di conseguenza, tenuti a comunicare alla difesa erariale i diversi giudizi pendenti, rispetto ai quali l’Avvocatura dello Stato doveva assumere tempestivamente il patrocinio dell’ente».
In presenza, dunque, del ritardo nella riassunzione del giudizio, rispetto al termine di sei mesi, decorrente dalla data di pubblicazione del DPCM 18/6/2018 nella Gazzetta Ufficiale dell’11/8/2018, e della formulazione dell’eccezione di estinzione da parte di RAGIONE_SOCIALE, formulata con la comparsa di risposta ex art. 302 c.p.c. il 27/7/2021, veniva dichiarata l’estinzione del processo.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’EAS.
Ha resistito con controricorso l’AMAP
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente EAS deduce la «violazione e falsa applicazione degli articoli 301,305 e 307, c.p.c., nonché dell’art. 43 RD 1611 del 1933, sotto il profilo di cui all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.».
In particolare, la Corte d’appello avrebbe erroneamente dichiarato l’estinzione del giudizio di appello, in quanto l’EAS non aveva proseguito il giudizio entro il termine di sei mesi decorrente dal momento in cui la stessa aveva avuto conoscenza della causa interruttiva, costituita dalla pubblicazione del DPCM 18/6/2018, con cui era stato riconosciuto il patrocinio autorizzato dall’Avvocatura dello Stato in favore dell’EAS.
L’errore in cui è incorsa la Corte territoriale consiste nell’aver pronunciato l’estinzione del processo, avendo parificato l’assunzione in via organica ed esclusiva del patrocinio erariale, tra le cause di interruzione di cui all’art. 301 c.p.c.
In realtà, invece, gli articoli 85 e 301 c.p.c. chiarivano che «la revoca della procura non è causa di interruzione del processo e non produce effetti fino alla costituzione del nuovo difensore».
La Corte d’appello, dunque, avrebbe erroneamente dichiarato l’interruzione del giudizio per via del DPCM del 18/6/2018, di autorizzazione dell’EAS ad avvalersi del patrocinio erariale, ed ha poi erroneamente dichiarato l’estinzione del processo per via della mancata riassunzione nel termine di sei mesi, decorrente dal predetto evento interruttivo.
Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente deduce la «violazione e/o falsa applicazione degli articoli 43 RD 1611 del 1933 e 182 c.p.c., sotto il profilo di cui all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.».
La Corte d’appello, dopo aver affermato la nullità della riassunzione operata con la costituzione per l’EAS dell’Avvocato NOME COGNOME del libero foro, con comparsa del 10/9/2018, avrebbe violato l’art. 182 c.p.c.
Il meccanismo di sanatoria per effetto della regolarizzazione disciplinato dall’art. 182, secondo comma, c.p.c., opera anche nel giudizio di appello. La Corte d’appello, dunque, dinanzi alla pretesa nullità della riassunzione dell’EAS del 10/9/2018, rilevata d’ufficio per difetto di rappresentanza a seguito del DPCM del 18/6/2018, avrebbe dovuto assegnare all’EAS un termine per sanare la costituzione in giudizio, con effetti ex tunc , senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali.
Con il terzo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta la «violazione e/o falsa applicazione degli articoli 300,301,305 e 307 c.p.c., sotto il profilo di cui all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.».
La Corte d’appello ha dichiarato l’estinzione del processo, per mancata tempestiva riassunzione, rispetto al predetto evento
interruttivo rappresentato dal DPCM del 18/6/2018, ritenendo che il dies a quo di tale termine semestrale ex art. 305 c.p.c. decorresse dall’evento interruttivo e, nella specie, dalla conoscenza legale del medesimo prodottasi per effetto della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale sul sito del medesimo ente, anziché dall’ordinanza giudiziale di interruzione, pronunciata oltre due anni e mezzo dopo, il 10 marzo 2021.
In realtà, la Corte di cassazione, a sezioni unite, ha ritenuto che, ai fini della riassunzione si deve tener conto della dichiarazione giudiziale della causa interruttiva (si cita Cass., Sez.U., n. 121 5/4/2021).
Il primo motivo è infondato nei termini di cui in motivazione, con la correzione della motivazione della sentenza di appello ai sensi dell’art. 384, ultimo comma, c.p.c., con assorbimento dei restanti.
2.1. Questi i fatti rilevanti.
Nel giudizio di appello, proposto da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE per quel che qui ancora rileva, in data 18/6/2018 è stato emanato il DPCM, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’11/8/2018, con il quale l’Avvocatura dello Stato è stata autorizzata rappresentare RAGIONE_SOCIALE nei giudizi in corso.
Il DPCM del 18/6/2018 è stato inserito all’interno del sito istituzionale di EAS in data 20/9/2018.
La Corte d’appello di Palermo ha dichiarato interrotto il giudizio con ordinanza del 10/3/2021, in ragione dell’intervenuto DPCM, ex art. 301 c.p.c., trattandosi di interruzione di diritto, ipso iure .
L’Avvocatura dello Stato, per conto di RAGIONE_SOCIALE, ha riassunto il giudizio il 31/5/2021.
Con la comparsa di APAM del 27/7/2021 è stata eccepita l’estinzione del processo, sia con riferimento al primo evento interruttivo, verificatosi per il collocamento a riposo dell’Avv. NOME
Spallino, a decorrere dall’1/12/2017, con estinzione maturata dopo un semestre, e quindi l’1/6/2018, sia con riferimento al secondo evento interruttivo, costituito dal DPCM del 18/6/2018, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’11/8/2018.
Anzitutto, deve chiarirsi che l’autorizzazione in capo ad RAGIONE_SOCIALE di avvalersi in via esclusiva ed organica del patrocinio erariale, ha determinato la preclusione di ogni ulteriore attività difensiva relativa alle cause pendenti di EAS, comportando l’interruzione automatica del processo, al pari delle ipotesi di cui agli articoli 299,300, terzo comma, e 301, primo comma, c.p.c.
Pertanto, l’autorizzazione al patrocinio erariale non poteva comportare la revoca implicita della procura conferita all’avvocato COGNOME successivamente al DPCM del 18/6/2018, essendo avvenuta la costituzione di quest’ultimo legale in data 10/9/2018, in assenza dello ius postulandi del difensore, da considerarsi allora inesistente e, dunque, insanabile.
3.1. Infatti, il DPCM 18/6/2018, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 186 del 1/8/2018, prevede che «l’Avvocatura dello Stato è autorizzata ad assumere la rappresentanza della difesa dell’Ente acquedotti siciliani (RAGIONE_SOCIALE) in liquidazione di Palermo, nei giudizi attivi e passivi avanti le autorità giudiziarie, i collegi arbitrali, le giurisdizioni amministrative speciali».
Trova applicazione, allora, la giurisprudenza di legittimità (Cass., Sez.U., 11/4/1990, n. 3075; anche Cass., sez. 1, 4/5/1993, n. 5183) per cui il patrocinio dell’ente regionale per lo sviluppo agricolo della Puglia (RAGIONE_SOCIALE, a seguito dell’autorizzazione conferita in via generale con d.P.R. 6 ottobre 1978 n. 873, compete ” ex lege ” all’Avvocatura dello stato (art. 11 della legge 3 aprile 1979 n. 103, modificativo dell’art. 43 del R.d. 30 ottobre 1933 n. 1611), salvi i casi di conflitto con lo Stato o le regioni, e senza che si richieda
un’apposita deliberazione dell’ente medesimo (necessaria solo per l’esclusione di detto patrocinio, con l’attribuzione dello ” ius postulandi ” ad un avvocato del libero foro).
Allo stesso modo, si è ritenuto che, ai sensi del comma quinto dell’art. 4 R.d. 30 ottobre 1933 n. 1611 – aggiunto dall’art. 11 legge 3 aprile 1979 n. 103 – la facoltà per le università statali (ed altri enti pubblici) di derogare al potere di rappresentanza e difesa spettante ex lege all’Avvocatura dello Stato per avvalersi dell’opera di liberi professionisti, è subordinata all’adozione di una specifica e motivata deliberazione dell’ente da sottoporre agli organi di vigilanza per un controllo di legittimità. Tale controllo, pur non attenendo all’esistenza ed alla validità della delibera, costituisce un requisito indispensabile per la sua efficacia sicché la sua mancanza comporta l’inefficacia giuridica del conferimento del mandato al difensore privato, il quale rimane sfornito dello ius postulandi in nome e per conto dell’ente pubblico (Cass., sez. 3, 4/2/1987, n. 1057).
La questione da affrontare attiene all’individuazione del dies a quo per il computo del termine semestrale di cui agli articoli 301 e 305 c.p.c., nella versione vigente prima delle modifiche di cui alla legge n. 69 del 2009, applicabile ai processi iniziati a partire dal 4 luglio 2009.
V’è stata la perdita dello ius postulandi da parte del precedente difensore di RAGIONE_SOCIALE, prima dell’Avv. NOME COGNOME che comunicava il proprio collocamento a riposo a decorrere dal 1/12/2017, e poi dell’Avv. NOME COGNOME munito di procura speciale con la comparsa del 10/9/2018, quando però ormai la difesa tecnica spettava all’Avvocatura dello Stato, a seguito dell’intervenuto DPCM del 18/6/2018 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’11/8/2018.
Deve distinguersi, infatti, il momento di verifica dell’interruzione del processo ipso iure, ex art. 301 c.p.c.,
dall’individuazione del diverso momento da cui far decorrere il termine semestrale di cui all’art. 305 c.p.c., nella versione all’epoca vigente.
6.1. Deve muoversi dalla considerazione che l’interruzione automatica, ipso iure , del processo si verifica nell’ipotesi di cui all’art. 299 c.p.c., ossia quando l’evento avvenga dopo l’inizio del processo, ma prima della costituzione dalla parte stessa e comunque anteriormente all’udienza di prima comparizione.
L’altra ipotesi di interruzione ipso iure è quella di cui all’art. 300, terzo comma, c.p.c., nel caso in cui la parte è costituita personalmente.
La terza ipotesi – che è quella che ci riguarda – si incasella nell’art. 301 c.p.c., il quale prevede che «se la parte è costituita a mezzo di procuratore, il processo è interrotto dal giorno della morte, radiazione o sospensione del procuratore stesso».
A tale ipotesi deve essere equiparata – oltre alla cancellazione volontaria del difensore dall’albo degli avvocati (Cass., Sez.6-3, 6/10/2020, n. 21359; Cass. Sez.U., 13/2/2017, n. 3/7/02) – quella in cui il difensore della parte perde lo ius postulandi a seguito di disposizione normativa, come nell’ipotesi del DPCM del 18/6/2018.
Pertanto, in tale ipotesi l’interruzione avviene, come detto, ipso iure nel momento in cui si verificano gli eventi interruttivi (Cass., sez. 6-3, 8/9/2017, n. 21002).
Tuttavia ai fini della individuazione del dies a quo per il computo del termine semestrale, la Corte costituzionale con la sentenza n. 139 del 15/12/1967 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 305 c.p.c. per la parte in cui fa decorrere dalla data dell’interruzione del processo il termine per la sua prosecuzione e la sua riassunzione anche nei casi regolati dal precedente art. 301 c.p.c..
Si chiarisce, in motivazione che l’automaticità dell’interruzione, nell’ipotesi di cui all’art. 301 c.p.c., è posta proprio a tutela del diritto di difesa della parte, che resta priva dello ius postulandi , sicché resta immediatamente impedito lo svolgimento di qualsiasi attività processuale, alla quale la parte non potrebbe convenientemente provvedere contro la quale non potrebbe reagire.
Precisa la Corte costituzionale che «far risalire l’effetto interruttivo alla data dell’evento, come disposto dell’art. 301, risulta pertanto del tutto coerente al dettato dell’art. 24 della Costituzione; e non si può fare richiamo al diverso sistema previsto nell’art. 300, che fa iniziare l’interruzione causata dalla morte e dall’incapacità della parte della dichiarazione che se ne fa in giudizio o dalla sua notificazione, perché in questo secondo caso v’è continuità di assistenza tecnica».
Ciò che invece non concorda con il precetto di cui all’art. 24 della Costituzione è la regola dell’art. 305 c.c. «perché fa decorrere dalla data dell’evento ivi previsto, anziché dalla dichiarazione o dalla notificazione del medesimo, il termine stabilito per la prosecuzione o la riassunzione del processo».
Non sussiste l’assunto per cui la parte deve presumersi a conoscenza della vicenda che colpisce il suo procuratore o ha l’onere di tale conoscenza.
7.1. I medesimi principi vengono ribaditi dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 159 del 1971, in relazione all’art. 299 c.p.c., per cui si dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 305 c.p.c. nella parte in cui dispone che il termine utile per la prosecuzione o per la riassunzione del processo interrotto ai sensi dell’art. 299 c.p.c. decorre dall’interruzione anziché dalla data in cui le parti ne abbiano avuto conoscenza.
7.2. Successivamente la Corte costituzionale con sentenza n. 17 del 2010 ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 305 c.p.c., sollevata in riferimento agli articoli 3,24 e 111, secondo comma, della Costituzione in relazione all’art. 43, terzo comma, l.f.
Si è precisato che «la morte, radiazione o sospensione del difensore costituiscono eventi che incidono in modo determinante sull’effettività del contraddittorio», sicché vi è l’esigenza di tutelare non solo la parte colpita dall’evento, ma pure il diritto di difesa anche della parte cui il fatto interruttivo non si riferisce.
Pertanto, il termine per la riassunzione del processo interrotto decorre non già dal giorno in cui si è verificato l’evento interruttivo, bensì da quello in cui tale evento sia venuto in forma legale a conoscenza della parte interessata alla riassunzione, «con la conseguenza che il relativo dies a quo ‘può ben essere diverso per una parte rispetto all’altra» (Corte cost., n. 17 del 2010).
Si è aggiunto che «nel vigente sistema di diritto processuale civile, è da tempo acquisito il principio secondo cui, nei casi di interruzione automatica del processo (artt. 299,300, terzo comma, 301, primo comma, c.p.c.), il termine per la riassunzione decorre non già dal giorno in cui l’evento interruttivo è accaduto, bensì dal giorno in cui esso è venuto a conoscenza della parte interessata alla riassunzione medesima», con la precisazione che l’art. 43 l.f. ha introdotto «un nuovo caso di interruzione automatica del processo, conseguente all’apertura del fallimento» (Corte cost., n. 17 del 2010).
Poiché tale disposizione non ha previsto alcunché per la riassunzione, trova applicazione l’art. 305 c.p.c., nel testo risultante a seguito delle ricordate pronunzie della Corte costituzionale e del principio di diritto che sulla base di esse si è consolidato. Non sono
ravvisabili ragioni idonee a giustificare, per tale fattispecie, una disciplina giuridica diversa rispetto alle altre ipotesi di interruzione automatica, attesa l’identità di ratio e di posizione processuale delle parti interessate, che le accomuna (Corte cost. n. 17 del 2010).
Per questa Corte, poi, in tema di interruzione del processo per morte del procuratore di una delle parti, il termine per la relativa riassunzione decorre dalla data in cui la parte rimasta senza difensore ha avuto dell’evento conoscenza legale, acquisita tramite atti muniti di fede privilegiata quali dichiarazioni, notificazioni o certificazioni rappresentative dell’evento medesimo, alle quali non è equiparabile la conoscenza di fatto altrimenti acquisita, e dovendo tale conoscenza avere ad oggetto tanto l’evento in sé considerato, quanto lo specifico processo nel quale esso deve esplicare i suoi effetti (Cass., sez. 2, 16/4/2019, n. 10594).
Ed infatti, a seguito delle sentenze della Corte costituzionale n. 139 del 1967, n. 178 del 1970, n. 159 del 1971 e n. 36 del 1976, il termine per la riassunzione o la prosecuzione del processo interrotto per la morte del procuratore costituito di una delle parti in causa decorre non già dal giorno in cui si è verificato l’evento interruttivo, bensì da quello in cui la parte interessata alla riassunzione abbia avuto di tale evento conoscenza legale, mediante dichiarazione, notificazione o certificazione, ovvero a seguito di lettura in udienza dell’ordinanza di interruzione (Cass., sez. 6-3, 25/2/2015, n. 3782; Cass, sez. L, 27/11/1999, n. 13302).
Questa Corte, a sezioni unite (Cass., Sez.U., n. 12154 del 2021), con riferimento alla specifica ipotesi di interruzione automatica del processo a seguito della dichiarazione di fallimento ex art. 43, terzo comma, l.f., ha aderito all’orientamento (il terzo) per cui risulta decisiva «l’ordinanza di interruzione pronunciata in
udienza, ascrivendole la portata di mezzo di conoscenza legale (Cass., 3782/2015)».
Ha chiarito che «il terzo indirizzo sopra elencato, descrivendo proprio la dichiarazione giudiziale quale elemento indefettibile e generale costitutivo del dies a quo per la decorrenza del termine di riassunzione o prosecuzione, sembra meglio rispettare un approccio di compatibilità dell’art. 43 co. 3 l.f., senza assorbirne del tutto la portata tra gli eventi interruttivi degli articoli 299,300 co. 3 e 301 co. 1 c.p.c., bensì più coerentemente considerando, con la specialità della norma, la funzione già attuale cui essa assolve».
Pertanto, si è ritenuto che in caso di apertura del fallimento, l’interruzione del processo è automatica ai sensi dell’art. 43, terzo comma, l. fall., ma il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione, per evitare gli effetti di estinzione di cui all’art. 305 c.p.c. e al di fuori delle ipotesi di improcedibilità ai sensi degli artt. 52 e 93 l. fall. per le domande di credito, decorre dal momento in cui la dichiarazione giudiziale dell’interruzione stessa sia portata a conoscenza di ciascuna parte; tale dichiarazione, qualora non già conosciuta in ragione della sua pronuncia in udienza ai sensi dell’art. 176, secondo comma, c.p.c., va notificata alle parti o al curatore da uno degli interessati o comunque comunicata dall’ufficio giudiziario (Cass., Sez.U., 7/5/2021, n. 12154; Cass., sez. 1, 4/7/2024, n. 18285).
9.1. Successivamente, questa Corte (Cass., sez. 1, 29/5/2024, n. 15004) che si occupava dell’interruzione del giudizio avvenuta a seguito del decesso del difensore di una delle parti, ha chiarito che, in tema di interruzione del processo per morte del procuratore di una delle parti, il termine per la relativa riassunzione decorre dalla data in cui la parte rimasta senza difensore ha avuto dell’evento «conoscenza legale», acquisita tramite atti muniti di fede privilegiata
quali dichiarazioni, notificazioni o certificazioni rappresentative dell’evento medesimo, alle quali non è equiparabile la conoscenza di fatto altrimenti acquisita, e che la predetta conoscenza deve avere ad oggetto tanto l’evento in sé considerato, quanto lo specifico processo nel quale esso deve esplicare i suoi effetti (Cass., sez. 2, 16/4/2019, n. 10594; Cass., sez. 1, 5/3/2000, n. 6193; Cass., sez. 1, 26/8/2021, n. 23492).
Ciò che più rileva, però, è l’affermazione per cui «la necessità del predetto ultimo requisito è stata ribadita in giurisprudenza anche con riferimento all’interruzione conseguente alla dichiarazione di fallimento di una delle parti, pure caratterizzata dall’effetto automatico dell’interruzione del processo» (Cass., n. 15004 del 2024; richiama Cass., sez. 3, 28/12/2016, n. 26165; Cass., sez. L, 13/3/2013, n. 6331).
Si richiama, poi, la sentenza di questa Corte a sezioni unite (Cass., Sez.U., n. 121 5/4/2021), specificando che «il dictum delle Sezioni Unite permette di orientare il ragionamento anche allorché si discorre di un diverso caso di interruzione automatica», in quanto si è evidenziata «la completa assimilazione della dichiarazione di fallimento (ove essa determina l’interruzione del processo) ai comuni eventi interruttivi per i quali gli articoli 299 comma 1, 300 comma 3, 301, comma 1, c.p.c., sanciscono l’interruzione del processo, con riflessi nella stessa zona in cui opera l’art. 305 c.p.c. quanto a prosecuzione o riassunzione» (Cass., n. 15004 del 2024).
Viene richiamato il paragrafo 29 della sentenza di questa Corte a sezioni unite n. 12154 del 2021, ove si è precisato che «le Sezioni Unite, constatata la obiettiva difficoltà di ricondurre ad unitaria formula la conoscenza legale, hanno interpretato in senso funzionale l’accento progressivamente assunto dalla connotazione quale legale della conoscenza voluta». Pertanto, «le forme di produzione della
conoscenza devono essere ex ante idonee a documentare in modo certo ovvero attendibile (cioè con il massimo livello di fidefacienza) il relativo contenuto, compendiando il contesto processuale in cui l’evento interruttivo opera e non solo l’evento in sé» (Cass., sez. 1, n. 15004 del 2024).
Non va però dimenticato che in precedenza questa Corte, proprio al fine di individuare il momento di conoscenza legale dell’evento interruttivo, ha stabilito che, in tema di interruzione del processo per collocamento a riposo e conseguente cancellazione dall’albo del difensore di una parte, che è ipotesi assimilata alla radiazione di cui all’art. 301 cod. proc. civ., il termine per la prosecuzione o riassunzione del processo ex art. 305 cod. proc. civ. decorre dalla data in cui la parte rimasta priva di procuratore ha avuto dell’evento conoscenza legale, risultante da dichiarazione della medesima ovvero da comunicazione, certificazione o notificazione ad essa eseguita; ne consegue che la produzione in giudizio, ad opera della predetta parte, di certificazione del dirigente amministrativo del settore, attestante l’avvenuto pensionamento, dimostra la predetta conoscenza in forma legale sin da tale atto ed epoca (Cass., sez. 1, 8/10/2008, n. 24857).
Nella specie, dunque, il termine semestrale doveva decorrere dalla data di collocamento a riposo del primo difensore (1/12/2017), pur dovendosi tenere conto della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale avvenuta l’11/8/2018 del DPCM 18/6/2018, con il quale l’Avvocatura dello Stato era autorizzata rappresentare EAS nei giudizi in corso.
Non v’è dubbio che, anche in questo caso, vi sia stata conoscenza legale dell’evento interruttivo da parte di EAS.
Fatte queste premesse, va confermata la decisione impugnata, ma con diversa motivazione.
Pertanto l’estinzione si è verificata, non per la tardiva riassunzione rispetto all’evento interruttivo rappresentato dal patrocinio a mezzo Avvocatura dello Stato (che, comunque, in relazione a nuova attività difensiva da compiere, determina il venir meno dello jus postulandi del difensore del libero foro), ma per l’invalidità della procura conferita ad avvocato del libero foro (in luogo dell’Avvocatura dello Stato) dell’atto di riassunzione relativo all’interruzione ex lege , verificatosi per il collocamento a riposo del primo difensore, da equiparare ai casi del primo comma dell’articolo 301 c.p.c. (Cass., 24857/2008); l’evento interruttivo rilevante è quello dell’1/12/2017, rispetto al quale non v’è stata tempestiva riassunzione per la nullità della procura (non sanabile ai sensi dell’articolo 182 c.p.c., essendosi avverata la decadenza dal potere di riassumere il giudizio).
Restano assorbiti il secondo ed il terzo motivo.
Le spese del giudizio di legittimità vanno poste, per il principio della soccombenza, a carico del ricorrente e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rimborsare in favore della controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 25.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, oltre Iva e cpa.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-q uater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 1, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 dicembre