Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15004 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15004 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30431/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE MONTE DEI PASCHI RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa
dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 2483/2020 depositata il 24.9.2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21.5.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del 16.5.2007 la RAGIONE_SOCIALE ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Padova la Banca Antonveneta RAGIONE_SOCIALE.a., poi incorporata per fusione nella Banca Monte dei Paschi di Siena (MPS), per chiedere la restituzione degli importi indebitamente addebitati in due conti correnti già intrattenuti con la Banca, previa dichiarazione di nullità di clausole contrattuali in tema di applicazione di interessi debitori ultra-legali con riferimento agli usi su piazza, di interessi anatocistici e usurari e di spese e commissioni non specificate.
Dopo la costituzione in giudizio della Banca convenuta e l’istruttoria , espletata con prove orali e consulenza tecnica d’ufficio (c.t.u.), il Tribunale ha accolto la domanda dell’attrice e ha condannato la Banca al pagamento in suo favore della somma di € 1.585.943,24, oltre interessi e spese.
Avverso la predetta sentenza di primo grado ha proposto appello MPS, a cui ha resistito l’appellata RAGIONE_SOCIALE, che ha proposto altresì appello incidentale.
Il processo è stato dichiarato interrotto in seguito alla segnalazione della parte appellante dell’avvenuto decesso in data 27.4.2017 dell’AVV_NOTAIO, difensore della parte appellata.
Dopo la riassunzione del giudizio a cura della Banca, la RAGIONE_SOCIALE si è costituita con nuovi difensori, eccependo preliminarmente l’avvenuta estinzione del giudizio per riassunzione tardiva oltre il termine di cui all’art.305 cod.proc.civ.
La Corte di appello di Venezia con sentenza del 24.9.2020 ha dichiarato estinto il giudizio, condannando la Banca alla rifusione delle spese processuali.
La Corte territoriale ha rilevato che la Banca appellante aveva riferito nell’istanza presentata in data 7.6.2018 di aver appreso, sin dall’estate del 2017, a seguito della comunicazione effettuata in altro procedimento, che l’AVV_NOTAIO, difensore dell’appellata, era deceduto il 27.4.2017 e ha perciò ritenuto che la riassunzione effettuata da MPS solo il 29.6.2018 fosse tardiva in riferimento agli artt.301 e 306 ( rectius : 305) cod.proc.civ.
Avverso la predetta sentenza del 24.9.2020, non notificata, con atto notificato il 27.11.2020 ha proposto ricorso per cassazione MPS, svolgendo due motivi.
Con atto notificato il 6.1.2021 ha proposto controricorso la RAGIONE_SOCIALE, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione.
Le parti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.3, 4 e 5, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli art.301 e 305 cod.proc.civ. con riferimento alla circostanza valorizzata dalla Corte di appello della conoscenza da parte di RAGIONE_SOCIALE sin dal 25.8.2017 del decesso dell’AVV_NOTAIO, maturata a seguito della comunicazione ricevuta in altro procedimento, senza considerare l’inesistenza di qualunque collegamento fra i due procedimenti.
4.1. Giova alla comprensione procedere alla preliminare ricostruzione della vicenda processuale:
con istanza del 7.6.2018, in vista della fissata udienza di precisazione delle conclusioni dell’11.6.2018 nel presente giudizio, allora pendente in secondo grado dinanzi alla Corte di appello di Venezia, la RAGIONE_SOCIALE aveva fatto presente di aver appreso, per effetto di informazioni acquisite in altro procedimento, l’avvenuto decesso dell’AVV_NOTAIO, difensore della parte appellata, in data 27.4.2017 e, in assenza della costituzione di un nuovo difensore, aveva chiesto di dichiarare l’interruzione del procedimento;
la Corte ha dichiarato l’interruzione del procedimento in data 11.6.2018;
in data 29.6.2018 la Banca ha provveduto alla notificazione a controparte del ricorso in riassunzione;
RAGIONE_SOCIALE, costituendosi con nuova difesa, ha eccepito l’estinzione perché già in data 25.8.2017 i legali di RAGIONE_SOCIALE avevano depositato una istanza nel diverso procedimento r.g. 2250/2011 pendente dinanzi alla stessa Corte di appello, dando atto di essere a conoscenza del decesso dell’AVV_NOTAIO e chiedendo conseguentemente l’interruzione di quel procedimento.
4.2. Ai sensi dell’art. 301 cod.proc.civ. in caso di decesso del procuratore, a mezzo del quale la parte è costituita, il processo è interrotto automaticamente per effetto della morte del difensore. Non rileva, cioè la dichiarazione dell’evento in udienza o la notificazione all’altra parte, previste dall’art.300 cod.proc.civ. per il caso diverso della morte o della perdita della parte costituita. La ratio fondante dell’istituto mira a proteggere la parte colpita dall’evento interruttivo dal pregiudizio processuale che le può arrecare l’assenza del difensore, mentre nel diverso caso della morte o perdita di capacità della parte costituita la legge attribuisce
al difensore la facoltà di valutare i tempi e i modi della segnalazione processuale dell’evento.
La morte, nel corso del giudizio, dell’unico difensore della parte costituita, anche se il giudice e le altre parti non ne hanno avuto conoscenza, preclude dunque ogni ulteriore attività processuale, con la conseguente nullità degli atti successivi e della sentenza eventualmente pronunciata (Sez.3, 13.2.2019, n. 4159; Sez.6-3, 12.11.2018, n. 28846; Sez.6-3, 8.9.2017 n. 21002; Sez. 1 24.5.2016, n. 10722; Sez. 3, 8.4.2016, n. 6838).
Il processo de quo si è quindi interrotto il 27.4.2017 al momento del decesso del difensore di RAGIONE_SOCIALE, AVV_NOTAIO. L’art.305 cod.proc.civ., nel testo inciso dalle pronunce della Corte Costituzionale n.139 del 15.12.1967 e n.159 del 6.7.1971, onerava le parti di provvedere al proseguimento o alla riassunzione del processo interrotto nel termine di sei mesi (ora di tre mesi per i processi instaurati successivamente al 4.7.2009) dalla data dell’interruzione.
Con la prima citata sentenza della Consulta è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 305 cod.proc.civ. per la parte in cui la norma faceva decorrere dalla data dell’interruzione del processo il termine per la sua prosecuzione e la sua riassunzione anche nei casi regolati dal precedente art. 301; con la seconda è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 305 cod.proc.civ. nella parte in cui disponeva che il termine utile per la prosecuzione o per la riassunzione del processo interrotto a sensi dell’art. 299 dello stesso codice decorresse dall’interruzione, anziché dalla data in cui le parti ne avessero avuto conoscenza; con la seconda sentenza è stata dichiarata inoltre l’illegittimità costituzionale del detto art. 305 nella parte in cui disponeva che il termine utile per la prosecuzione o per la riassunzione del processo interrotto a sensi del precedente art. 300, comma terzo, decorresse
dall’interruzione anziché dalla data in cui le parti ne avessero avuto conoscenza.
4.3. Si è posto quindi il problema di stabilire che cosa si intenda per momento in cui le parti abbiano avuto conoscenza dell’interruzione, dal quale prende a decorrere il termine per la riassunzione.
Questa Corte ha avuto modo di precisare che in tema di interruzione del processo per morte del procuratore di una delle parti, il termine per la relativa riassunzione decorre dalla data in cui la parte rimasta senza difensore ha avuto dell’evento « conoscenza legale », acquisita tramite atti muniti di fede privilegiata quali dichiarazioni, notificazioni o certificazioni rappresentative dell’evento medesimo, alle quali non è equiparabile la conoscenza di fatto altrimenti acquisita, e che la predetta conoscenza deve avere ad oggetto tanto l’evento in sé considerato, quanto lo specifico processo nel quale esso deve esplicare i suoi effetti (Sez. 2, n. 10594 del 16.4.2019 e nello stesso senso Sez.1, n.17944 del 21.7.2020; Sez. 1, n. 6193 del 5.3.2020; Sez.1, n.23492 del 26.8.2021; Sez.2, n. 16534 del 12.6.2023 non massimate; in precedenza: Sez. L, n. 2340 del 19.3.1996; Sez. L, n. 9046 del 12.9.1997).
La necessità del predetto ultimo requisito è stata ribadita in giurisprudenza anche con riferimento all’interruzione conseguente alla dichiarazione di fallimento di una delle parti, pure caratterizzata dall’effetto automatico dell’interruzione del processo (Sez. 3, 28.12.2016, n. 27165; Sez. lav., 13.3.2013, n. 6331; Sez.lav. 7.3. 2013, n. 5650).
4.4. Occorre però rammentare che con riferimento all’art. 305 cod.proc.civ. sono intervenute anche le Sezioni Unite, a proposito dell’interruzione per dichiarazione di fallimento (fattispecie legalmente tipizzata di interruzione automatica del procedimento), affermando che in caso di apertura del fallimento, l’interruzione del
processo è automatica ai sensi dell’art. 43, comma 3, l. fall., ma il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione, per evitare gli effetti di estinzione di cui all’art. 305 cod.proc.civ. e al di fuori delle ipotesi di improcedibilità ai sensi degli artt. 52 e 93 l. fall. per le domande di credito, decorre dal momento in cui la dichiarazione giudiziale dell’interruzione stessa sia portata a conoscenza di ciascuna parte; tale dichiarazione, qualora non già conosciuta in ragione della sua pronuncia in udienza ai sensi dell’art. 176, comma 2, cod.proc.civ., va notificata alle parti o al curatore da uno degli interessati o comunque comunicata dall’ufficio giudiziario. (Sez. U, n. 12154 del 7.5.2021).
4.5. Il dictum delle Sezioni Unite permette di orientare il ragionamento anche allorché si discorra di un diverso caso di interruzione automatica.
In tale occasione è stato spiegato chiaramente che « la regola organizzativa che presidia la riassunzione o prosecuzione del processo interrotto a seguito della sentenza dichiarativa di fallimento è la stessa già individuata nella sezione II del capo VII del libro II del codice di procedura civile », tanto per l’assenza di un regime di specialità esplicitato nella legge fallimentare o dettata in singole disposizioni processuali con riguardo al fallito o ai rapporti processuali di cui sia parte, quanto per la giurisprudenza costituzionale che, recependo quale diritto vivente la ricostruzione degli indirizzi di legittimità, non ha posto in dubbio che il fallimento continui a costituire un caso di interruzione del processo.
Le Sezioni Unite hanno poi evidenziato la completa assimilazione della dichiarazione di fallimento (ove essa determina l’interruzione del processo) ai comuni eventi interruttivi per i quali gli artt. 299 comma 1, 300 comma 3, 301 comma 1 cod.proc.civ. sanciscono l’interruzione del processo, con riflessi nella stessa zona in cui opera l’art.305 cod.proc.civ. quanto a prosecuzione o riassunzione; si tratta di un effetto attrattivo che, avvenendo ipso iure , per
omogenea lettura costituzionale (Corte cost. 17 del 2010) e della giurisprudenza di legittimità (Cass. SS.UU. 7443 del 2008, Cass. 773/2013), rende irrilevante -ai fini della produzione della conseguenza interruttiva – la notificazione alle altre parti costituite da parte del soggetto fallito, la dichiarazione in udienza dell’intervenuto fallimento, nonché gli atti e i fatti previsti dal quarto comma dell’art. 300 cod.proc.civ. nel caso di fallimento del contumace. Si è aggiunto anche che l ‘ eventuale omessa pronuncia del giudice, avente natura meramente dichiarativa, è a sua volta improduttiva di conseguenze e cioè inidonea a pregiudicare gli effetti che l’interruzione sopravvenuta ha già prodotto, mentre la prosecuzione nonostante l’interruzione del corso del processo implica la nullità relativa di tutti gli atti successivi, soggetta alla disciplina dell’art. 157 cod.proc.civ., non rilevabile d’ufficio ed eccepibile solo dalla parte nel cui interesse sono poste le norme in tema di interruzione ossia dalla parte colpita dall’evento interruttivo.
Si poneva anche in quel caso il tema della « problematica convivenza tra l’effetto interruttivo (determinatosi automaticamente con la pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento ex artt. 16 u.co. l.f., 133 co.1 cod.proc.civ.) e la ripresa del processo, assoggettata dall’art. 305 cod.proc.civ. ad un onere d’iniziativa temporalmente delimitato e condizionante, ove non assolto, il prodursi di una causa di estinzione ».
Nel § 21 le Sezioni Unite hanno poi osservato « la conservazione di compatibilità costituzionale dell’art.305 cod.proc.civ. e poi dell’art.43 l.f. illustra pienamente il valore del diritto di difesa tutelato e che si declina nella necessaria conoscenza che le parti del processo debbono avere della causa d’interruzione, anche quando essa operi quale effetto automatico; la Corte costituzionale, investita della questione di legittimità dell’art. 305 cod.proc.civ., in relazione ai parametri degli artt. 3, 24 e 111 Cost., nella parte in
cui fa decorrere dalla interruzione del processo per l’apertura del fallimento, anziché dalla data di effettiva conoscenza dell’evento interruttivo, il termine per la riassunzione ad opera di parte diversa da quella dichiarata fallita e dai soggetti che hanno partecipato al procedimento per la dichiarazione di fallimento, con sentenza interpretativa di rigetto n. 17 del 2010 ha dato continuità ai princìpi espressi nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 305 cod.proc.civ. in relazione alle ipotesi di interruzione ipso iure previste dagli artt. 299, 300 co.3, 301 cod.proc.civ. (Corte cost. 139 del 1967, per l’interruzione nei casi dell’art.301 cod.proc.civ., morte o impedimento del procuratore; Corte cost. 159 del 1971, per l’interruzione di cui agli artt. 299 e 300 co.3 cod.proc.civ., parte costituita personalmente); in particolare, la pronuncia ha ricostruito la disciplina dell’interruzione quale ispirata alla «esigenza primaria di tutelare la parte colpita dall’evento» ed altresì «la parte cui il fatto interruttivo non si riferisce», dando atto del consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità che ne era seguito, per cui il termine per la riassunzione del processo interrotto decorre non già dal giorno in cui si è verificato l’evento interruttivo, bensì da quello in cui di tale evento abbia avuto conoscenza «in forma legale» la parte interessata alla riassunzione, con la conseguenza che il relativo dies a quo «può ben essere diverso per una parte rispetto all’altra» ed ascrivendo, come detto, il caso del novellato art.43 co.3 I.f. ad una nuova ipotesi di «interruzione automatica del processo»; tale effetto segnerebbe pertanto la differenza rispetto al regime previgente, in cui il medesimo risultato derivava dalla dichiarazione in giudizio o dalla notificazione dell’evento interruttivo ad opera del procuratore costituito della parte; non avendo però la disposizione modificatrice previsto nulla per la riassunzione, la Corte ha soggiunto che «al riguardo continua a trovare applicazione l’art.305 cod. proc. civ., nel testo risultante a seguito delle ricordate pronunzie» e del
«principio di diritto che sulla base di esse si è consolidato», riconoscendosi la identità di ratio e posizione processuale delle parti interessate rispetto alle altre ipotesi di interruzione automatica».
Nel § 22 si è aggiunto che la presa di conoscenza « in forma legale » dell’evento interruttivo automatico costituisce dunque il fatto cui ancorare il dies a quo del termine per la riassunzione o prosecuzione del processo, ma è anche il punto d’approdo di una evoluzione concettuale e linguistica dell’impianto argomentativo costituzionale (cui mostra di rinviare anche Corte cost. n. 261 del 2010, laddove, in identica fattispecie, ha ribadito il convincimento della « interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 305 cod. proc. civ. alla luce delle sentenze citate »); nelle prime decisioni d’incostituzionalità la Corte costituzionale aveva operato introducendo additivamente il più semplice e generale criterio della « conoscenza »; con la precisazione effettuata con la sentenza n.17 del 2010 si è invece pretesa una conoscenza acquisita « in forma legale ».
Nel § 29 le Sezioni Unite, constatata la obiettiva difficoltà di ricondurre ad unitaria formula la conoscenza legale, hanno interpretato in senso funzionale l’accento progressivamente assunto dalla connotazione quale legale della conoscenza voluta; secondo le Sezioni Unite, accanto al valore della effettività della conoscenza dell’evento interruttivo comunque conseguita, le forme di produzione della conoscenza devono essere ex ante idonee a documentare in modo certo ovvero attendibile (cioè con il massimo livello di fidefacienza) il relativo contenuto, compendiando il contesto processuale in cui l’evento interruttivo opera e non solo l’evento in sé.
Tale ricerca ha condotto ad individuare nell’indirizzo, che collega l’onere di riassunzione o prosecuzione del processo interrotto alla dichiarazione giudiziale d’interruzione le più congrue forme di
produzione della conoscenza, in correlazione con gli istituti partecipativi di tale atto, in sintonia con la precisa scelta di certezza e garanzia per la difesa di tutte le parti del processo, attuali o potenziali.
4.6. Tanto premesso, la Corte ritiene che la decisione impugnata non abbia correttamente applicato l’art. 305 del codice di rito.
Secondo il Collegio la decisione delle Sezioni Unite, sia pur resa con riferimento alla fattispecie dell’interruzione per dichiarazione di fallimento di una delle parti, si fonda su argomentazioni che assimilano quella interruzione automatica, tipizzata, alle altre, fra cui si annovera pianamente anche quella dell’interruzione per morte dell’unico difensore, che ricorre nella presente fattispecie.
È quindi possibile estendere il principio coniato dalle Sezioni Unite alle altre ipotesi di interruzione automatica del processo.
Ciò conduce a far decorrere il termine per la riassunzione dalla data della dichiarazione di interruzione ossia dal 13.6.2018.
4.7. D’altro canto, le conclusioni non muterebbero anche volendo ritenere, diversamente da quanto supra argomentato, che i principi coniati dalla sentenza n. 12154 del 2021 non siano estensibili alla fattispecie per cui è causa e valgano esclusivamente per l’«interruzione fallimentare» ex art.43 legge fall.
A lla stregua dell’orientamento giurisprudenziale sopra ricordato non si vede come possa configurarsi nell’informazione ammessa dai difensori di MSP circa la morte dell’AVV_NOTAIO acquisita in data 25.8.2017 quella « conoscenza legale », comunque necessaria, che presuppone altresì, quale secondo e imprescindibile elemento, la formale conoscenza del lo specifico processo nel quale l’evento deve esplicare i suoi effetti.
Il che vale a dire, come argomenta la ricorrente, che la conoscenza legale si deve estendere anche all’individuazione dello specifico processo colpito dall’interruzione e al collegamento alla vicenda processuale sulla quale l’evento è destinato a incidere.
E difatti si è detto che in caso di interruzione automatica del processo ex art. 43, comma 3, l. fall., la conoscenza del fallimento di una parte che il procuratore di altra parte, non colpita dall’evento interruttivo, abbia acquisito in un determinato giudizio non è idonea a far decorrere il termine per la riassunzione di altra causa, ancorché le parti siano assistite, in entrambi i processi, dagli stessi procuratori. Diversamente, infatti, si attribuirebbe all’AVV_NOTAIO una sorta di « rappresentanza generale » della parte che gli ha affidato uno o più mandati ad litem , contraddistinta da un’ampiezza non direttamente correlata con l’oggetto dei singoli giudizi per i quali il professionista sia stato officiato e, dunque, potenzialmente esulante dai confini dei mandati defensionali che il cliente aveva inteso conferire all’AVV_NOTAIO. (Sez. 2, n. 33157 del 16.12.2019; Sez.3. n.12890 del 26.6.2020).
4.8. Il motivo va pertanto accolto.
Il secondo motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.3, cod.proc.civ., con cui la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell’art.91 cod.proc.civ. con riferimento all’indebito accollo delle spese processuali, resta all’evidenza assorbito.
Pertanto la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione