Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 28384 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 28384 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 765/2021 R.G., proposto da
NOME COGNOME ; rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, in virtù di procura in calce al ricorso, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’ AVV_NOTAIO; con domiciliazione digitale ex lege ;
-ricorrente-
nei confronti di
Comune di Piombino , in persona del Sindaco in carica; rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, in virtù di procura in calce al controricorso, elettivamente domiciliato in Roma al INDIRIZZO presso l’ AVV_NOTAIO; con domiciliazione digitale ex lege ;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza n. 728/2020 del la CORTE d’APPELLO di FIRENZE, pubblicata il 2 aprile 2020;
udìta la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 settembre 2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Nel 2010 il Comune di Piombino ottenne dal Tribunale di Livorno, Sez. distaccata di Piombino, un decreto ingiuntivo nei confronti NOME COGNOME e NOME COGNOME per il recupero delle spese effettuate per lo smaltimento, a mezzo dell ‘RAGIONE_SOCIALE, dei rifiuti pericolosi abbandonati su un terreno di cui la prima era proprietaria e su cui il secondo gestiva un maneggio.
Il provvedimento fu opposto da entrambi gli ingiunti dinanzi allo stesso ufficio giudiziario che -dopo avere autorizzato la chiamata in causa di NOME COGNOME (indicata da NOME COGNOME quale effettiva gestrice del maneggio, nonché responsabile dell’inquinamento) rigettò entrambe le opposizioni con sentenza n. 667/2014.
Avverso questa sentenza i due opponenti proposero separate impugnazioni dinanzi alla Corte d’appello di Firenze, che le riunì all’udienza del 3 novembre 2015.
In data 6 marzo 2018, il difensore di NOME COGNOME depositò in via telematica istanza di interruzione del processo per il sopravvenuto decesso della parte rappresentata e la notificò a tutte le controparti.
All’udienza del 3 aprile 2018, già fissata per la precisazione delle conclusioni, fu dichiarata l’ interruzione del processo.
In data 18 giugno 2018, il difensore di NOME COGNOME depositò istanza di riassunzione del processo interrotto.
Costituitasi NOME COGNOME, rimessa la causa in decisione e concessi i termini per le comparse conclusionali e le memorie di replica, la Corte d’appello , con sentenza 2 aprile 2020, n.728, ha dichiarato
l’estinzione del processo d’appello con riferimento ad entrambi i giudizi riuniti.
La Corte fiorentina ha deciso sulla base dei seguenti rilievi:
Iquanto al giudizio promosso dal defunto NOME COGNOME, la declaratoria di estinzione seguiva all ‘ omessa riassunzione dello stesso da parte dei suoi eredi, avendo NOME COGNOME limitato la riassunzione a quella, tra le cause riunite, alla cui prosecuzione era interessata; ciò, in conformità al principio per cui la riunione degli appelli avverso la stessa sentenza non fa venir meno l’ autonomia dei singoli giudizi, sicché, in caso di interruzione del processo concernente più cause riunite per ragioni di connessione, la parte interessata alla prosecuzione di una di esse non ha l’onere di riassumerle tutte, ma può lasciare estinguere le altre;
IIquanto al giudizio proposto da NOME COGNOME, la declaratoria di estinzione seguiva, invece, alla tardiva riassunzione, avendo essa depositato l’atto di riassunzione dopo la scadenza del termine perentorio di tre mesi dall’interruzione (termine previsto d all’art.305 cod. proc. ci v., nella formulazione modificata dalla legge n. 69 del 2009, applicabile ai giudizi instaurati dopo il 4 luglio 2009); ciò, in conformità al principio per cui l’evento della morte o della perdita della capacità processuale della parte costituita che sia stato dichiarato in udienza o notificato alle altre parti dal suo difensore, determina l’interruzione del processo dal mo mento di questa dichiarazione o notificazione sicché il termine per la riassunzione decorre da tale momento, non assumendo rilievo, invece, il momento successivo in cui sia adottato e
III- conosciuto il provvedimento giudiziale dichiarativo dell’intervenuta interruzione , avente natura meramente ‘ricognitiva’ ; nella fattispecie, poiché il difensore di NOME COGNOME aveva notificato l’evento interruttivo alle altre parti in data 6 marzo 2018, il termine trimestrale per la riassunzione decorreva da quella data e non da quella successiva (3 aprile 2018) in cui era stato emesso il provvedimento dichiarativo dell’ avvenuta interruzione; esso termine era dunque inesorabilmente scaduto alla data del deposito dell’atto di riassunzione (18 giugno 2018);
non trovava applicazione, inoltre, il principio, invocato dall’ appellante-riassumente, secondo cui, nel caso di riunione di più procedimenti relativi a cause scindibili, con conseguente litisconsorzio meramente facoltativo tra le parti dei singoli procedimenti , l’ evento interruttivo che riguardi una di esse ha efficacia solo in riferimento al procedimento di cui è parte il soggetto colpito dall’evento, con conseguente facoltà per il giudice di separare le cause e dichiarare l’interruzione solo di quella promossa dal predetto soggetto; nel caso concreto, infatti, essa Corte aveva omesso di esercitare questa facoltà e aveva invece dichiarato l’interruzione di tutto il processo, sicché, esclusa la possibilità che il giudizio promosso da NOME COGNOME proseguisse in difetto di un atto di riassunzione (possibilità non considerata dalla stessa parte interessata, che aveva invece proceduto alla riassunzione medesima), doveva necessariamente ritenersi che essa avesse l’on ere di riattivarlo tempestivamente, nel
rispetto del termine trimestrale dalla data della notificazione dell’evento interruttivo.
Per la cassazione della sentenza della Corte fiorentina ricorre NOME COGNOME, sulla base di un unico, articolato motivo.
Risponde con controricorso il Comune di Piombino.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale.
Il Pubblico Ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte.
Il solo controricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso viene denunciata, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione degli artt. 103, 300, 305, 307 e 332 cod. proc. civ., nonché dell’art.111 Cost., per avere la Corte d’ appello « dichiarato estinto il procedimento per una presunta tardività dell’atto di riassunzione depositato dall’ appellante NOME in relazione ad un processo che non andava neppure interrotto ».
La ricorrente rammenta il principio (affermato da Cass., Sez. Un., n.15142/2007 e ribadito da successive pronunce a sezione semplice), secondo cui, in caso di trattazione unitaria o di riunione di procedimenti relativi a cause scindibili, con conseguente litisconsorzio facoltativo tra le parti dei singoli procedimenti confluiti in un unico processo, l’evento interruttivo relativo ad una delle parti di una o più delle cause connesse non spiega effetto nei confronti delle altre.
Osserva che, verificatasi tale evenienza, il giudice non ha l’obbligo ma la mera facoltà di disporre la separazione dei procedimenti e che, tuttavia, a prescindere dall’ esercizio o meno di questa facoltà, l’ interruzione non può essere dichiarata per l’intero processo ma solo nei confronti della parte colpita dall’evento , sicché, anche laddove la
separazione non venga disposta, le altre parti non sono tenute a riassumere il processo.
Sostiene che, pertanto, qualora la riassunzione non sia tempestivamente effettuata nell’interesse della parte colpita dall’evento interruttivo, l’estinzione si verifica nei soli riguardi di quest’ultima , continuando il processo in confronto degli altri litisconsorti.
1.1. Il motivo è fondato.
1.1.a. Questa Corte, nel suo massimo consesso, ha affermato il principio secondo cui, nell’ipotesi di litisconsorzio facoltativo, quale quello che si determina nel giudizio promosso verso più coobbligati solidali, la verificazione di una causa di interruzione relativa ad uno di essi non ha effetto nei confronti degli altri (Cass., Sez. Un., 5/07/2007, n. 15142).
In tal caso, il giudice può esercitare il potere attribuitogli d all’art. 103, secondo comma, cod. proc. civ. di disporre la separazione delle cause, ma, ove non si avvalga di tale potere, la mancata riassunzione della lite nel termine fissato dall’art. 305 cod. proc. civ. non impedisce l’ulteriore prosecuzione del processo nei confronti dei litisconsorti non co lpiti dall’evento interruttivo (Cass. 21/02/2020, n. 4684).
In altri termini, dal momento che l ‘ evento interruttivo ha effetto solo nei riguardi della parte che ne è colpita, le altre parti, anche se il giudice non disponga la separazione delle cause, non sono tenute a riassumere nel termine fissato dall’art. 305 cod. proc. civ. il processo che nei loro confronti non si è mai interrotto; pertanto, qualora la riassunzione non sia stata tempestivamente effettuata dalla parte colpita dal suddetto evento, l’estinzione si verifica solo nei confronti di quest’ultima, cont inuando il processo relativamente agli altri
litisconsorti (Cass. 23/04/2020, n. 8123; cfr., altresì, a contrario , Cass.29/12/2023, n. 36420 , secondo cui l’ integrale estinzione del processo a seguito dell’interruzione dello stesso conseguente ad un evento relativo ad uno solo dei convenuti, si determina nella contraria ipotesi di litisconsorzio necessario processuale).
1.1.b. L’orientamento prevalso all’esito della citata sentenza 5/07/2007 n. 15142 delle Sezioni Unite va condiviso, militando in tal senso -oltre la rilevata efficacia relativa dell’interruzione che colpisce una sola delle parti della pluralità di cause connesse scindibili -, da un lato, il rilievo che la soluzione opposta darebbe luogo all’irragionevole implicazione per cui l’ error in procedendo del giudice (il quale abbia indebitamente dichiarato l’interruzione di tutto il processo) determinerebbe la nascita di un non previsto onere processuale per la parte ; dall’a ltro lato, la considerazione che il provvedimento dichiarativo dell’interruzione del processo (come, del resto, esattamente ritenuto nel caso in esame dalla stessa Corte fiorentina, allorché essa ha individuato il dies a quo del termine per la riassunzione nel momento della dichiarazione o notificazione dell’evento interruttivo ad opera del difensore della parte, anziché in quello successivo dell’adozione del provvedimento giudiziale ) ha natura meramente ‘ricognitiva’ di un effetto già precedentemente verificatosi ; pertanto, la circostanza che per effetto di tale provvedimento, in mancanza di separazione della causa non colpita dall’evento, la ‘ricognizione’ dell’effetto interruttivo venga erroneamente estesa a tutto il processo, non incide sul fatto che l’effetto interruttivo si produce, in sostanza, a far tempo dalla data precedente della dichiarazione o notificazione dell’evento, esclusivamente a carico del giudizio di cui è parte il
litisconsorte interessato dall’evento medesimo, mentre l ‘ altro (o gli altri) proseguono in quanto non interrotti.
1.1.c. Va però precisato, che, se, da un lato, a seguito della citata decisione delle Sezioni Unite, deve reputarsi definitivamente superato l’antico indirizzo secondo cui l’ error in procedendo commesso dal giudice comporterebbe comunque un onere di riassunzione entro il termine di legge nei confronti di tutte le parti (indirizzo evocato in memoria dal Comune controricorrente, attraverso la citazione del risalente arresto di Cass. n. 4412/2004) , dall’a ltro lato, non può essere tuttavia elusa la necessità di ancorare la ripresa del giudizio (pur erroneamente) dichiarato interrotto nella sua interezza ad un atto di impulso della parte interessata, la cui inerzia, stante il carattere del processo civile quale processo dispositivo ad impulso di parte, condurrebbe comunque all’estinzione anche della causa non interessata dall’evento (e dall’ effetto) interruttivo.
Avuto riguardo a tale esigenza, la Sezione Seconda di questa Corte ha recentemente riaffermato che, in caso di trattazione unitaria di più procedimenti relativi a cause connesse scindibili, sebbene -in conformità a quanto statuito da Cass., Sez. Un., 5 luglio 2007, n. 15142 -l’evento interruttivo relativo ad una delle parti di una o più delle cause connesse operi di regola solo in riferimento al procedimento di cui è parte il soggetto colpito dall’evento (con la conseguenza che, in una simile ipotesi, l’eventuale ordinanza ch e dichiari interrotto il processo produce gli effetti di cui agli artt. 300 e ss. cod. proc. civ. esclusivamente con riferimento alla causa in cui si è verificato l’evento interruttivo) , tuttavia l’altra causa, ove non separata, rest erebbe in una ‘fase di stallo’ o ‘di rinvio’ (destinata a cessare per effetto della riassunzione della causa interrotta o dell’estinzione di essa) e potrebbe
‘rivitalizzarsi’ e proseguire solo grazie ad un impulso di parte, essendo comunque imprescindibile che la parte interessata proponga istanza di riassunzione (analogamente a quanto previsto dall’art. 289 c od. proc. civ.) entro il termine perentorio di sei mesi dalla dichiarazione di interruzione, verificandosi, in assenza di tale istanza, l’estinzione del giudizio (Cass., Sez. 2, 24/06/2025, n.16883).
1.1.d. L’illustrato indirizzo giurisprudenziale esprime condivisibilmente , come detto, l’ineludibile esigenza di ancorare la ripresa di un giudizio, erroneamente dichiarato interrotto nella sua interezza, ad un atto di impulso della parte interessata, essendo estranea al sistema del processo civile -che non ha struttura inquisitoria ma dispositiva -la configurabilità di un impulso officioso.
L’orientamento in esame, mentre da un lato, condivisibilmente esclude, con tutta evidenza, l’ applicabilità del termine perentorio trimestrale dalla dichiarazione in udienza o dalla notificazione alle altre parti dell’evento interruttivo, ai sensi del combinato disposto degli artt. 300 e 305 cod. proc. civ., dall’altro lato consente di riconoscere un fondamento dogmatico all’ opinione -peraltro , tutt’altro che inedita nelle pronunce di questa Corte sui rimedi al provvedimento di interruzione emesso in difetto del presupposto richiesto dall’art. 300 cod. proc. civ. (cfr., ad es., Cass. n. n. 32228/2018 e, in epoca più risalente, Cass. n. 24546/2009) -che onera la parte non colpita dall’even to interruttivo di proporre l’atto d’impulso nel termine perentorio di sei mesi dal provvedimento dichiarativo dell’interruzione, ad istar della disciplina stabilita dall’art. 289 cod . proc. civ.
1.1.e. Nel caso in esame, avendo l’evento interruttivo (dichiarato il 6 marzo 2018) colpito esclusivamente NOME COGNOME, la Corte di merito, previa eventuale separazione delle cause, con il provvedimento del 3
aprile 2018 avrebbe dovuto circoscrivere la declaratoria di interruzione al solo giudizio da lui promosso, senza estenderla a quello introdotto da NOME COGNOME, il quale dunque sarebbe proseguito, senza potere andare incontro ad un provvedimento di estinzione, pure in mancanza di riassunzione nel termine da parte degli eredi della parte deceduta.
In conformità al principio da ultimo richiamato -dato atto che il giudizio non interrotto era entrato in una situazione di ‘stallo’ da cui sarebbe potuto uscire , ‘rivitalizzandosi’, solo in seguito ad un atto d’ impulso ad opera della parte interessata -, deve poi ritersi che tale atto avrebbe dovuto essere compiuto nel termine di sei mesi dalla dichiarazione di interruzione, ai sensi dell’art. cod. proc. civ.; pertanto, l’atto di riassunzione posto in essere da NOME COGNOME in data 18 giugno 2018 deve comunque reputarsi tempestivo, non essendo a quel momento ancora scaduto il termine semestrale rispetto sia alla data della notificazione dell’evento interruttivo (6 marzo 2018), sia, a fortiori , alla data del provvedimento dichiarativo dell’interruzione (3 aprile 2018).
Il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte d’ appello di Firenze, in diversa composizione, la quale provvederà sul merito del gravame proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza n. n.667/2014 del Tribunale di Livorno, Sezione distaccata di Piombino.
La Corte territoriale provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità (art.385, terzo comma, cod. proc. civ.).
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla C orte d’ appello di Firenze, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data 17 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME