Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9703 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9703 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12663/2020 R.G. proposto da COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi dagli AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE NOME, in proprio ed in qualità di legale rappresentante p.t. del RAGIONE_SOCIALE LIBERO DAI PESTICIDI, COGNOME NOME, NOME, NOME e COMMISSIONE REFERENDARIA DI CUI AGLI ARTT. 8 E 9 DEL REGOLAMENTO PER I REFERENDUM POPOLARI DEL RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE;
avverso la sentenza della Corte d’appello di Trento, Sezione distaccata di Bolzano, n. 1/20, depositata il 4 gennaio 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME e altri centotrentanove cittadini del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE Venosta (BN) convennero in giudizio il RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME NOME, in proprio e in qualità di legale rappresentante del RAGIONE_SOCIALE, nonché NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, in proprio ed in qualità di componenti della Commissione referendaria del RAGIONE_SOCIALE, per sentir accertare che i convenuti non avevano diritto allo svolgimento del referendum popolare volto a promuovere l’inserimento nello statuto RAGIONE_SOCIALE del divieto di utilizzazione di sostanze fitosanitarie chimico-sintetiche, con la dichiarazione di nullità del quesito referendario e della votazione, per contrasto con il diritto comunitario e nazionale, e per difetto del potere di legiferare nella materia in questione.
Si costituirono il RAGIONE_SOCIALE, il COGNOME NOME, in proprio e nella qualità, e il NOME, ed eccepirono l’inammissibilità della domanda per difetto d’interesse, in considerazione del carattere non vincolante dell’esito referendario e dell’avvenuto svolgimento del referendum, chiedendo il rigetto della domanda anche nel merito.
1.1. Con sentenza del 24 maggio 2016, il Tribunale di Bolzano dichiarò il difetto di legittimazione passiva di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME e NOME COGNOME in proprio, ed accolse la domanda proposta nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, dichiarando l’inammissibilità del quesito referendario e l’illegittimità degli atti successivi.
L’impugnazione proposta dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE è stata accolta dalla Corte d’appello di Trento, Sezione distaccata di Bolzano, che con sentenza del 4 gennaio 2020 ha accolto parzialmente anche l’appello incidentale proposto dal RAGIONE_SOCIALE, dichiarando inammissibile la domanda proposta
dagli attori e condannandoli al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio in favore dell’appellante incidentale.
A fondamento della decisione, la Corte ha osservato che il referendum propositivo previsto dall’art. 40, comma sesto, dello statuto RAGIONE_SOCIALE e dallo art. 77 del d.P.G.r. 1° febbraio 2005, n. 3/L ha una funzione acceleratoria ed innovativa, essendo volto ad introdurre nella politica RAGIONE_SOCIALE questioni di interesse generale per la comunità locale attraverso la partecipazione civica e ad innescare una decisione da parte degli organi comunali: ha affermato pertanto che esso spiega efficacia vincolante soltanto nel senso che il consiglio RAGIONE_SOCIALE è tenuto a prendere atto dell’esito della consultazione ed a trattare l’oggetto del quesito, prendendo posizione in sede politica sulla specifica materia, non anche nel senso che il consiglio sia tenuto a tradurre l’esito del referendum in misure amministrative a carattere normativo.
Ciò posto, e precisato che nella specie le modifiche dello statuto RAGIONE_SOCIALE proposte con il quesito referendario, pur avendo riportato il voto favorevole della maggioranza dei partecipanti alla consultazione, non erano state approvate dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, non essendo stata raggiunta la maggioranza prescritta dallo statuto, la Corte ha ritenuto che gli attori non avessero un interesse ad agire concreto e attuale, non avendo il referendum un impatto diretto sulla sfera giuridica dei cittadini, la cui posizione giuridica avrebbe potuto essere influenzata soltanto dalla decisione del RAGIONE_SOCIALE, impugnabile dinanzi al Giudice amministrativo. Ha aggiunto che in ogni caso, ai sensi dello art. 40, comma primo, dello statuto RAGIONE_SOCIALE, l’efficacia vincolante del referendum era limitata ad un periodo di tre anni, ormai trascorso, con il conseguente venir meno dell’interesse ad agire.
Quanto all’appello incidentale, proposto in via meramente subordinata, nella parte riguardante la legittimazione del RAGIONE_SOCIALE a resistere in qualità di rappresentante del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la Corte ha rilevato che la dichiarazione d’inammissibilità della domanda comportava il venir meno dell’interesse all’accertamento del diritto del RAGIONE_SOCIALE di avanzare proposte, aggiungendo che il RAGIONE_SOCIALE non aveva mai chiesto l’accertamento della legittimità del referendum, e ritenendo comunque innegabile il diritto del RAGIONE_SOCIALE di presentare una proposta referendaria sui prodotti fitosanitari.
Ha invece accolto le censure proposte dall’appellato in ordine al regolamento delle spese processuali, osservando che egli era stato convenuto anche in proprio, pur non avendo alcuna legittimazione in qualità di privato.
Avverso la predetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione NOME COGNOMECOGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, per due motivi. Gl’intimati non hanno svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo d’impugnazione, i ricorrenti denunciano la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 327, primo comma, 333, 334 e 343 cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha accolto l’appello incidentale tardivo proposto dal RAGIONE_SOCIALE avverso il regolamento delle spese del giudizio di primo grado, senza tenere conto della intervenuta scadenza del relativo termine. Premesso che la pronuncia sulle spese costituisce un capo autonomo della decisione, sostengono che l’interesse all’impugnazione non poteva considerarsi sorto a seguito della proposizione dell’appello principale, con la conseguenza che la predetta pronuncia avrebbe dovuto essere impugnata in via autonoma. Precisato inoltre che il COGNOME NOME, convenuto in giudizio sia in proprio che quale legale rappresentante del RAGIONE_SOCIALE, si era costituito in entrambe le qualità con un unico difensore, affermano che, ai sensi dell’art. 13, comma sesto, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, egli avrebbe avuto diritto alla liquidazione di un unico compenso, aumentato in misura non superiore al 20%.
Con il secondo motivo, i ricorrenti deducono la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 100 cod. proc. civ., dell’art. 34 del regolamento RAGIONE_SOCIALE per i referendum popolari e dell’art. 40, commi primo e sesto, dello statuto RAGIONE_SOCIALE, censurando la sentenza impugnata per aver dichiarato la domanda inammissibile per difetto d’interesse, senza considerare che, con delibera n. 2 del 29 marzo 2016, il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva introdotto rigorosi limiti all’utilizzazione dei prodotti fitosanitari, in deroga alla disciplina comunitaria. Precisato che tale delibera, impugnata dinanzi al Giudice amministra-
tivo, era stata annullata, affermano che tale annullamento non escludeva il loro interesse ad agire, ai fini del quale risultava irrilevante anche il carattere non vincolante dell’esito referendario, essendo prevedibile che il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE vi avrebbe dato seguito, ed avendo essi ricorrenti interesse ad impedire la modifica dello statuto RAGIONE_SOCIALE.
Il secondo motivo, avente carattere logicamente e giuridicamente prioritario rispetto al primo, in quanto attinente all’ammissibilità della domanda proposta dai ricorrenti, è infondato.
Correttamente, infatti, la sentenza impugnata ha ritenuto che gli attori non potessero vantare un interesse concreto ed attuale ad opporsi allo svolgimento del referendum popolare, il cui esito non avrebbe potuto arrecare loro alcun pregiudizio diretto ed immediato, in considerazione del carattere meramente propositivo della consultazione, vincolante soltanto nel senso che il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE era tenuto a prendere in esame la proposta, e della sopravvenuta inefficacia della stessa, in conseguenza del decorso del termine previsto per l’adozione delle conseguenti deliberazioni.
L’art. 40 dello statuto RAGIONE_SOCIALE, pur disponendo che «i referendum hanno carattere vincolante» (comma primo), precisa infatti che quello propositivo «assume una funzione accelerante ed innovatrice» e «serve per apportare argomenti attuali all’agenda politica RAGIONE_SOCIALE e portarli ad una decisione vincolante» (sesto comma), prevedendo comunque che l’esito della consultazione ha una validità di «almeno tre anni»: tali proposizioni, poste in relazione tra loro, rendono evidente che il risultato del referendum non incide direttamente sull’ordinamento del RAGIONE_SOCIALE, modificandolo, ma funge soltanto da stimolo all’attività normativa ed amministrativa degli organi comunali, sottoponendo alla loro attenzione problemi ed argomenti d’interesse della comunità locale, affinché se ne facciano carico nell’esercizio delle loro funzioni, adottando i provvedimenti necessari. In tal senso depongono chiaramente non solo il riferimento ad un mero apporto di argomenti all’agenda politica RAGIONE_SOCIALE, strumentale alla successiva adozione di una decisione vincolante, evidentemente demandata all’organo deliberativo del RAGIONE_SOCIALE, ma anche l’efficacia temporalmente limitata della proposta, la cui previsione risulterebbe priva di senso ove il risultato del referendum fosse immediatamente opera-
tivo; determinante risulta poi la disposizione di cui all’art. 34 del regolamento RAGIONE_SOCIALE dei referendum popolari, che obbliga il sindaco a sottoporre l’esito del referendum all’esame del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE «per l’emanazione del rispettivo provvedimento».
Può quindi ritenersi che già in epoca anteriore all’adozione della delibera del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 34 del 19 agosto 2014, che ha fornito l’interpretazione autentica dell’art. 40 cit., fosse chiara la portata non vincolante dell’esito del referendum, non a caso definito «propositivo», giacché il suo risultato si traduce in una proposta da sottoporre all’organo deliberativo del RAGIONE_SOCIALE, il quale rimane libero di determinarsi in ordine non solo al contenuto da dare al provvedimento da adottare ( quomodo ), ma anche all’opportunità o meno dell’emanazione dello stesso ( an ): tale conclusione ha trovato ulteriore conferma nella predetta delibera, la quale ha precisato che il referendum propositivo «costituisce uno strumento di partecipazione popolare all’elaborazione di scelte che competono sempre ed in ogni caso all’Amministrazione», aggiungendo che «il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE effettuerà tutte le valutazioni ad esso spettanti ex lege anche al fine di emanare un eventuale provvedimento che sia pienamente conforme alla normativa vigente». L’adozione del provvedimento spetta pertanto al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, e rispetto ad essa il risultato del referendum si configura come un atto d’impulso, che s’inserisce nella fase di avvio del procedimento di approvazione, imponendo al sindaco di sottoporre la questione al RAGIONE_SOCIALE, ma senza vincolare quest’ultimo nelle proprie scelte. Può quindi condividersi la sentenza impugnata, nella parte in cui ha escluso l’impugnabilità del risultato del referendum, affermando che ciò che può costituire oggetto dell’impugnazione è il provvedimento eventualmente adottato dal RAGIONE_SOCIALE, avverso il quale può essere proposto ricorso al Giudice amministrativo.
Ciò non esclude, in linea di principio, l’interesse dei cittadini ad opporsi allo svolgimento del referendum, rivolgendosi al Giudice ordinario per ottenere la dichiarazione d’inammissibilità dello stesso o del quesito approvato dalla Commissione referendaria del RAGIONE_SOCIALE, quanto meno al fine di impedire l’indizione del referendum sulle questioni indicate dal comma quarto dell’art. 40, tra cui rientrano, conformemente a quanto previsto dall’art. 77, comma
primo, del d.P.G.r. n. 3/L del 2005, le materie che esulano dalla competenza dell’Amministrazione locale (ipotesi non ricorrente nel caso concreto): in tema di referendum, questa Corte ha d’altronde affermato ripetutamente che il comitato promotore agisce, al pari dell’organo dell’ente territoriale preposto al controllo di legittimità della richiesta referendaria, non già a tutela di uno specifico interesse dell’Amministrazione, ma per l’attuazione dell’ordinamento, ed è pertanto titolare di un diritto soggettivo pubblico, connesso a quello dei cittadini elettori d’intraprendere la procedura referendaria, tutelabile dinanzi al Giudice ordinario, potendo essere affermato o negato, ma non degradato né inciso da un atto amministrativo adottato dall’organo preposto al controllo (cfr. Cass., Sez. Un., 24/06/2009, n. 14803; 3/02/2004, n. 1991; 28/10/1998, n. 10735). Allo stesso modo, deve ritenersi che spetti al Giudice ordinario la giurisdizione in ordine alla controversia avente ad oggetto l’accertamento dell’inammissibilità della richiesta referendaria, promossa dai cittadini che abbiano interesse ad opporsi alla stessa allegandone l’avvenuta presentazione al di fuori delle ipotesi previste dallo statuto del RAGIONE_SOCIALE, essendo la domanda volta a negare l’esistenza del diritto dei promotori allo svolgimento del referendum. Peraltro, come costantemente ribadito da questa Corte, l’interesse ad agire dev’essere concreto ed attuale, consistendo nell’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice, giacché il processo non può essere utilizzato solo in previsione di possibili effetti futuri pregiudizievoli per l’attore, senza che venga prospettato un risultato utile e concreto che la parte intende perseguire in via giudiziale (cfr. Cass., Sez. II, 24/01/2019, n. 2057; Cass., Sez. lav., 04/05/2012, n. 6749; Cass., Sez. III, 28/11/2008, n. 28405). La sussistenza di tale interesse, nella specie, è stata correttamente esclusa dalla sentenza impugnata, in virtù della duplice considerazione che la proposta di modifica dello statuto RAGIONE_SOCIALE formulata sulla base dell’esito positivo della consultazione referendaria non era stata approvata dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, non essendo stata raggiunta la maggioranza prescritta, e che all’epoca della decisione gli effetti del referendum erano venuti meno, essendo ormai trascorso il termine triennale previsto dall’art. 40, comma primo, dello statuto.
Nel censurare tale conclusione, i ricorrenti lamentano l’omessa valuta-
zione della delibera n. 2 del 2016, con cui il RAGIONE_SOCIALE ha approvato un regolamento che prevede un divieto d’impiego di prodotti fitosanitari classificati come «molto tossici» e «tossici», imponendo inoltre il rispetto di determinate distanze nell’utilizzazione di altri prodotti fitosanitari: essi stessi riconoscono tuttavia che tale provvedimento è stato annullato dal Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige, Sezione distaccata di Bolzano, con sentenza n. 236/19 del 9 ottobre 2019, la quale, come risulta dalla consultazione del sito istituzionale della Giustizia amministrativa, è stata confermata in appello dal RAGIONE_SOCIALE di Stato, con sentenza n. 915/24 del 30 gennaio 2024. Come risulta dalla sentenza del TRGA, prodotta nel giudizio di merito, la predetta delibera, pur riguardando la stessa materia del quesito referendario, aveva peraltro un oggetto diverso, non prevedendo la modifica dello statuto RAGIONE_SOCIALE, ma introducendo una disciplina regolamentare dell’uso dei fitofarmaci sul territorio RAGIONE_SOCIALE; lo statuto era stato invece modificato con delibera n. 37 del 16 luglio 2015, di cui la delibera n. 2 del 2016 costituiva attuazione, la quale aveva previsto la possibilità di disciplinare con regolamento RAGIONE_SOCIALE le modalità di utilizzazione delle sostanze fitosanitarie per la produzione ecologica e biologica, introducendo divieti per l’impiego di sostanze chimico-sintetiche molto velenose, velenose, dannose per la salute e per l’ambiente e di erbicidi : anche questa delibera, tuttavia, è stata annullata dal TRGA con la citata sentenza n. 236/19, confermata in appello dalla sentenza n. 915/24 del RAGIONE_SOCIALE di Stato. E’ opportuno rilevare come tali sentenze abbiano invece rigettato l’impugnazione della delibera n. 34 del 2014, recante l’interpretazione autentica dell’art. 40 dello statuto RAGIONE_SOCIALE, escludendo che la stessa potesse considerarsi inficiata da illegittimità derivata per effetto della sentenza con cui il Tribunale ordinario aveva dichiarato illegittimo il referendum, e confermando che quest’ultimo «costituisce uno strumento di partecipazione popolare all’elaborazione di scelte che competono sempre ed in ogni caso all’Amministrazione e, a seguito della proclamazione del suo esito, l’ente procederà a tutte le valutazioni ad esso spettanti, anche al fine di emanare provvedimenti nei limiti legalmente stabiliti».
L’intervenuto annullamento delle delibere scaturite dalla consultazione referendaria, posto anche in relazione con la scadenza del termine di efficacia
del referendum, conferma il venir meno dell’interesse alla dichiarazione d’illegittimità dello stesso, essendosi la votazione già svolta e non potendo il suo esito condurre all’adozione di ulteriori delibere aventi analogo oggetto, in pregiudizio delle posizioni soggettive dei ricorrenti.
E’ altresì infondato il primo motivo, riguardante l’ammissibilità dello appello incidentale tardivo proposto dal RAGIONE_SOCIALE.
Come ripetutamente affermato da questa Corte, l’impugnazione incidentale tardiva deve ritenersi ammissibile anche se riguarda un capo della decisione diverso da quello oggetto del gravame o se investe lo stesso capo per motivi diversi da quelli già fatti valere, poiché la ratio della relativa disciplina consiste nel consentire alla parte, che avrebbe altrimenti accettato la decisione, di contrastare l’iniziativa della controparte, ove la stessa rimetta in discussione l’assetto degli interessi derivante dalla pronuncia impugnata, con la conseguenza che sussiste l’interesse ad impugnare tutte le volte che l’eventuale accoglimento del gravame principale darebbe luogo ad una soccombenza totale o più grave, secondo un’interpretazione conforme al principio di ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., atteso che una diversa, e più restrittiva, interpretazione imporrebbe a ciascuna parte di cautelarsi, proponendo un’autonoma impugnazione tempestiva della statuizione rispetto alla quale è rimasta soccombente (cfr. Cass., Sez. III, 5/09/2022, n. 26139; 11/11/2020, n. 25285; Cass., Sez. V, 30/05/2018, n. 13651). Conformemente a tale principio, pur essendosi ribadito che la statuizione della sentenza che provvede sulle spese di giudizio costituisce un capo autonomo della decisione, è stato recentemente affermato che tale autonomia non comporta l’inammissibilità dell’impugnazione incidentale tardiva volta a contestarla (cfr. Cass., Sez. II, 28/11/2023, n. 33015).
Nella specie, d’altronde, l’appello incidentale tardivo proposto dal RAGIONE_SOCIALE non aveva ad oggetto esclusivamente il capo della sentenza di primo grado recante il regolamento delle spese processuali, ma anche quello con cui era stato dichiarato il difetto di legittimazione passiva del convenuto in proprio: l’appellato non si era infatti limitato a rilevare che il Tribunale aveva disposto la compensazione delle spese anche nei suoi confronti, pur avendo dichiarato che egli non era legittimato a resistere alla domanda
proposta dagli attori, ma aveva censurato, per l’ipotesi di accoglimento dello appello principale, anche la dichiarazione del difetto di legittimazione, chiedendo che fosse chiarita la sua autorità legale in qualità di portavoce del RAGIONE_SOCIALE. L’interesse a riproporre quest’ultima questione non era ricollegabile alla pronuncia della sentenza di primo grado, rispetto alla quale il convenuto in proprio non poteva considerarsi soccombente, ma, come dimostra anche il carattere condizionato dell’appello incidentale, alla proposizione di quello principale, che, rimettendo in discussione la legittimità del referendum, investiva anche la posizione dell’appellato nell’ambito del RAGIONE_SOCIALE.
Quanto poi alla liquidazione del compenso, la sentenza impugnata ha distinto la posizione del COGNOME NOME in proprio da quella da lui assunta in qualità di rappresentante del RAGIONE_SOCIALE, condannando gli attori a rimborsargli le spese soltanto in proprio, in considerazione della soccombenza degli stessi in ordine alla legittimazione passiva, e dichiarando compensate le spese nei rapporti con il RAGIONE_SOCIALE: non poteva trovare pertanto applicazione, nella specie, il principio sancito dall’art. 4, comma quarto, del d.m. 10/03/2014, n. 55, il quale presuppone l’identità di posizione processuale dei soggetti difesi dal medesimo avvocato e la mancanza della necessità di esaminare specifiche e distinte questioni di fatto e di diritto.
5. Il ricorso va pertanto rigettato, senza che occorra provvedere al regolamento delle spese processuali, avuto riguardo alla mancata costituzione degli intimati.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dal comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 30/01/2024