Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27115 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 27115 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 28581/2019 proposto da:
NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME e domiciliata presso la Cancelleria della Suprema Corte di Cassazione;
-ricorrente –
contro
INPS, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli Avv.ti NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI LECCE n. 815/2019, pubblicata il 16 luglio 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’8 ottobre 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
Con ricorso depositato il 17 dicembre 2018 l’INPS ha proposto appello contro la sentenza contestuale n. 1122/2018 del Tribunale di Brindisi con la quale era stato condannato a pagare, in favore di NOME COGNOME, a decorrere dal 15 marzo 2015, dei ratei differenziali sul pro rata italiano, integrante la pensione cat. VOS n. 45003750, spettanti ex art. 3, comma 15, legge n. 335 del 1995.
Il Tribunale ha ritenuto esaminabile la domanda diretta alla riliquidazione limitatamente ai ratei maturati nel triennio anteriore al deposito dell’atto introduttivo del 15 marzo 2018, in applicazione dell’art. 38 d.l. n. 98 del 2011, convertito dalla legg e n. 111 del 2011, rigettando l’eccezione di decadenza tombale dell’INPS, assorbita quella di prescrizione.
Nel merito, ha considerato fondata la pretesa, osservando che, stante l’unitarietà della pensione, competevano gli aumenti previsti dall’art. 3, comma 15, legge n. 335 del 1995.
L’INPS ha proposto appello che la Corte d’appello di Lecce, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 815/2019, ha accolto.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi. L’INPS si è difeso con controricorso.
Le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 15, legge n. 335 del 1995 e dell’art. 48 del Regolamento CEE 1408/71.
A suo avviso, la disposizione citata sarebbe stata chiara nel riferirsi agli anni di contribuzione totale e non solo a quella italiana, atteso che avrebbe riguardato pensioni liquidate con il cumulo. Ciò si sarebbe dovuto evincere anche dalla circostanza che il c.d. minimale indicato dal citato art. 3, comma 15, sarebbe stato pari a 1/40, siccome l’anzianità contributiva massima prevista per accedere alla pensione di anzianità, anche per effetto del cumulo, sarebbe stato di 40 anni. Pertanto, poiché l’anzianità contributiva massima e insuperabile al 1995
sarebbe stata di 40 anni, raggiungibile con sola contribuzione italiana o con il cumulo, il legislatore avrebbe posto come divisore una frazione matematicamente corretta di detto limite massimo, ossia un quarantesimo del trattamento minimo, da moltiplicare per ciascun anno di contribuzione come cumulata.
Il riferimento contenuto nella disposizione in esame alle ‘anzianità contributive inferiori all’anno’ sarebbe servito a dare un riconoscimento alle anzianità aggiuntive rispetto agli anni interi, ma non si sarebbe riferito ai soli anni di contribuzione italiana.
D’altronde , la circolare INPS sarebbe stata emanata sulla scorta della nuova formulazione dell’art. 48 Regolamento Comunitario 1408/1971, in base alla quale gli Stati membri non sarebbero stati tenuti a corrispondere prestazioni per i periodi compiuti sotto la legislazione applicata qualora la durata di tali periodi non avesse raggiunto un anno.
Con il secondo motivo, parte ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 18 del Regolamento CEE 1408/71, il quale impo rrebbe di tenere conto dei periodi in questione come se si trattasse ‘di periodi compiuti sotto la legislazione che essa applica’.
Le censure, che possono essere trattate insieme, stante la stretta connessione, sono infondate.
La disposizione della quale la ricorrente contesta la violazione è l’art. 3, comma 15, della legge n. 335 del 1995, in base al quale: ‘
La norma riguarda la misura minima della pensione di vecchiaia – in particolare quella del solo pro-rata liquidabile dall’ente previdenziale italiano –
allorché il diritto a pensione sia stato acquisito mediante totalizzazione di contributi versati in Italia e all’estero, e stabilisce che tale misura minima non possa essere inferiore, per ogni anno di contribuzione, a 1/40 del trattamento pensionistico minimo vigente alla data di entrata in vigore della legge n.335 del 1995.
Preliminarmente, occorre ricostruire il modo in cui opera il meccanismo del cumulo o totalizzazione.
Come chiarito da Cass., Sez. L, n. 1662 del 25 gennaio 2008 (che espone considerazioni valide ancora oggi , pur nell’ambito di un quadro normativo in parte mutato), detto meccanismo non comporta alcun trasferimento effettivo di contribuzione dall ‘ uno all ‘ altro ente previdenziale e, quindi, non richiede oneri a carico degli interessati, dal momento che i contributi rimangono presso gli enti previdenziali cui sono stati versati, ma virtualmente vengono sommati gli uni agli altri ai fini della maturazione del diritto a pensione. Ad esempio, per conseguire i venti anni di anzianità assicurativa, all’epoca prescritto, con il sistema retributivo, per il diritto alla pensione di vecchiaia in Italia, si sommavano i periodi di lavoro compiuti presso i due Stati tra i quali intercorreva la convenzione e ciascuno stato li considerava come se fossero stati tutti compiuti nel territorio nazionale. Ciò, evidentemente, al fine di non pregiudicare la posizione assicurativa del lavoratore migrante, che, in assenza di cumulo, si sarebbe trovato ad avere spezzoni di contribuzione, ma che, restando separati, non avrebbero permesso il conseguimento di quelle prestazioni previdenziali che
erano condizionate al possesso di una determinata anzianità assicurativa. Il cumulo, invero, era ed è previsto solo ai fini di determinare quest ‘ ultima mentre, poi, quanto all ‘ ammontare della prestazione, ciascun ente previdenziale erogava ed eroga la pensione in misura corrispondente all ‘ effettivo ammontare dei contributi di cui ha ricevuto il versamento, secondo il principio del pro-rata.
In particolare, l’ art. 8, comma 2, della legge n. 153 del 1969 (ancora vigente), prevedeva l ‘ erogazione del trattamento minimo a ‘ tutte ‘ le pensioni maturate con il cumulo dei periodi assicurativi svolti in Italia e all ‘ estero, qualunque fosse la durata di ciascun periodo.
Il sistema del cumulo sopra illustrato poteva fare sì, come evidenziato dalla Suprema Corte, che la prestazione spettante presso uno stato maturasse prima rispetto a quella dovuta presso l ‘ altro. Se il trattamento italiano giungeva a maturazione prima di quello straniero e, secondo il sistema a calcolo, era inferiore al minimo, la pensione italiana doveva essere immediatamente integrata, dovendosi considerare che, a norma dell ‘ ultimo comma dell ‘ art. 8 della legge n. 153 del 1969, era integrata al minimo anche la pensione provvisoria. Si poneva, poi, il problema di regolare la sorte di questa integrazione allorché maturava il trattamento estero, ossia si doveva stabilire se detta integrazione risentisse o no (e, quindi, dovesse essere decurtata) della percezione del trattamento estero, parimenti acquisito con il cumulo dei periodi assicurativi e contributivi. La regola era nel comma 3 dell ‘ art. 8 legge n. 153 del 1969 (che è stato modificato, ma ha mantenuto il limite in esame), il quale disponeva che, ai fini del diritto alla integrazione al minimo, si teneva conto del pro-rata estero. Ne derivava che, se i due pro-rata, ossia quello erogato dall ‘ ente assicurativo italiano e quello erogato dall ‘ ente straniero, sommati insieme, superavano la pensione minima, la integrazione al minimo sulla quota italiana non era più dovuta, essendosi ormai al cospetto di un ‘ unica pensione di misura superiore al minimo e, dunque, non meritevole di detta integrazione.
Queste conclusioni sono coerenti con i testi normativi rilevanti, quali il comma 14 dell’art. 3 della legge n. 335 del 1995, secondo cui « terzo comma dell ‘ articolo 8 della legge 30 aprile 1969, n. 153
1338
articolo 11 della legge 23 aprile 1981, n. 155.
Le disposizioni sopra menzionate vanno, poi, ulteriormente lette alla luce dei commi 1 e 2 dell’art. 8 della legge n. del 1969, per i quali:
legge 17 agosto 1957, n. 843
articolo 15 della legge 12 agosto 1962, n.
Infine, l’ultimo comma del menzionato art. 8 dispone che t ciascun ente previdenziale eroga la pensione in misura corrispondente all’effettivo ammontare dei contributi di cui ha ricevuto il versamento, secondo il principio del c.d. pro-rata.
L, n. 950 del 24 gennaio 2012; per la necessità di tenere separati, in linea di principio, una volta conseguita la totalizzazione, il pro-rata estero e quello interno, v. Cass., Sez. L, n. 15895 del 13 giugno 2025, pur nella specificità della vicenda trattata)
afferma che, se si tratta di anzianità inferiori all’anno, il trattamento minimo è di lire 6.000 mensili: ciò conferma che è la stessa legge n. 335 del 1995 e, dunque, la sola legge italiana, a stabilire quale sia il trattamento minimo. Bisogna tenere conto, d’altronde , che l’art. 3, comma 15, de quo riguarda la quantificazione delle sole pensioni successive all’entrata in vigore della legge n. 335 del 1995, introduttiva del sistema di calcolo contributivo. Nell’ottica di sistema del legislatore, quindi, il riferimento è alla
contribuzione minima prevista secondo il sistema contributivo voluto dalla legge italiana.
‘1. L’istituzione competente di uno Stato membro la cui legislazione subordina l’acquisizione, il mantenimento o il recupero del diritto alle prestazioni al compimento di periodi di assicurazione, tiene conto, nella misura necessaria, dei periodi di assicurazione compiuti sotto la legislazione di ogni altro Stato membro come se si trattasse di periodi compiuti sotto la legislazione che essa applica’.
Questa disposizione, infatti, concerne, come si evince dalla sua stessa intitolazione (Totalizzazione dei periodi di assicurazione), il riconoscimento del diritto al trattamento pensionistico e non incide, quindi, sulla tematica qui valutata.
Il ricorso è rigettato in applicazione del seguente principio di diritto:
‘ In tema di prestazioni di lavoro svolte da cittadino italiano in Italia e in altro Stato dell’Unione europea, a i fini del calcolo dell ‘integrazione prevista dall’art. 3, comma 15, della legge n. 335 del 1995, rilevano i soli anni di contribuzione maturati in Italia e non quelli riconosciuti all’ estero ‘.
Le spese di lite del giudizio di legittimità seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo.
Si attesta, altresì, che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), se dovuto.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso; pone le spese di lite a carico di parte ricorrente, che liquida in € 3.0 00,00, oltre ad € 200,00 per esborsi, accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile, l’8 ottobre 2025.
La Presidente NOME COGNOME