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Integrazione al minimo: quale pensione prevale?

Una pensionata, titolare di pensione diretta e di reversibilità, ha contestato l’applicazione dell’integrazione al minimo sulla seconda. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione dei giudici di merito. La legge prevede una specifica eccezione: se una delle pensioni, in questo caso quella di reversibilità, è basata su un numero di contributi settimanali superiore a 781, è su questa che deve essere applicata l’integrazione al minimo, indipendentemente dall’anzianità dell’altra pensione.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Integrazione al minimo su più pensioni: la Cassazione fa chiarezza

L’integrazione al minimo è un importante strumento di tutela sociale che garantisce ai pensionati un reddito minimo. Ma cosa succede quando un cittadino è titolare di più pensioni, come una diretta e una di reversibilità? Su quale delle due prestazioni scatta l’integrazione? Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione fornisce un chiarimento decisivo, stabilendo che il numero di contributi versati gioca un ruolo fondamentale nella determinazione della pensione da integrare.

I Fatti del Caso

Una pensionata, titolare di una pensione diretta dal 1977 e, successivamente, anche di una pensione di reversibilità, si è rivolta alla giustizia. Inizialmente, l’integrazione al minimo era applicata sulla sua pensione diretta. Tuttavia, a partire dal 1996, l’ente previdenziale aveva spostato tale beneficio sulla pensione di reversibilità. La ricorrente chiedeva una rideterminazione dei suoi trattamenti, sostenendo che l’integrazione dovesse rimanere sulla pensione diretta, con conseguente ricalcolo degli importi.

Sia il tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno respinto la sua domanda. I giudici di merito hanno ritenuto corretta la decisione dell’ente previdenziale, basandosi su una specifica norma che disciplina il concorso di più pensioni. La questione è quindi giunta all’esame della Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso in parte inammissibile e in parte infondato, confermando la sentenza della Corte d’Appello. La decisione si fonda su una precisa interpretazione della normativa che regola l’integrazione al minimo in caso di cumulo di pensioni a carico della stessa gestione.

I giudici hanno sottolineato che, sebbene la regola generale preveda l’integrazione sulla pensione con decorrenza più remota o di importo maggiore, esiste un’eccezione cruciale che è stata correttamente applicata nel caso di specie.

Le motivazioni: il criterio del numero di contributi per l’integrazione al minimo

Il cuore della motivazione risiede nell’articolo 6, comma 3, del D.L. n. 463/1983. Questa norma stabilisce che, in caso di titolarità di più pensioni, l’integrazione spetta una sola volta. Nel caso specifico di concorso tra una pensione diretta e una ai superstiti, entrambe a carico della stessa gestione e inferiori al minimo, la legge introduce un’eccezione dirimente.

La regola generale vorrebbe che l’integrazione fosse garantita sulla pensione diretta. Tuttavia, la norma prevede che se una delle due pensioni (in questo caso, quella di reversibilità) risulta costituita sulla base di un numero di settimane di contribuzione non inferiore a 781 (pari a 15 anni), l’integrazione al minimo spetta su quest’ultima.

La Corte d’Appello aveva accertato che la pensione di reversibilità della ricorrente si basava su un numero di contributi superiore a tale soglia. Di conseguenza, la scelta dell’ente previdenziale di applicare l’integrazione su quella prestazione era pienamente legittima e conforme alla legge. La Corte ha chiarito che questo criterio prevale su altri, come l’anzianità della pensione, e non è subordinato al superamento di limiti reddituali, che non erano oggetto della controversia.

Inoltre, la Corte ha dichiarato inammissibile il secondo motivo di ricorso, relativo a una presunta decadenza, per un vizio procedurale: il ricorso non rispettava il principio di autosufficienza, in quanto non riportava in modo completo e specifico le censure mosse nei precedenti gradi di giudizio.

Le conclusioni: implicazioni pratiche

La decisione della Cassazione ribadisce un principio fondamentale per i titolari di più trattamenti pensionistici. In presenza di una pensione diretta e una di reversibilità, entrambe sotto la soglia minima, non è l’anzianità della prestazione a determinare dove applicare l’integrazione al minimo. Il fattore decisivo è il montante contributivo: la pensione che si fonda su almeno 781 contributi settimanali acquisisce una sorta di “diritto di precedenza” per ricevere il beneficio. Questa pronuncia offre quindi un criterio chiaro e oggettivo per risolvere situazioni simili, ponendo l’accento sulla solidità della posizione contributiva che ha dato origine alla prestazione.

Chi ha diritto all’integrazione al minimo se possiede più pensioni?
La legge stabilisce che l’integrazione al trattamento minimo spetta una sola volta, anche se si è titolari di due o più pensioni.

In caso di pensione diretta e di reversibilità, quale delle due viene integrata al minimo?
Di norma, l’integrazione spetterebbe sulla pensione diretta. Tuttavia, come chiarito dalla sentenza, se la pensione di reversibilità è costituita da un numero di contributi settimanali non inferiore a 781, l’integrazione viene applicata su quest’ultima.

Il numero di contributi versati influenza la scelta della pensione da integrare?
Sì, è il fattore decisivo. Se una delle pensioni in concorso (diretta o di reversibilità) si basa su almeno 781 settimane di contributi, è quella la pensione che riceverà l’integrazione al minimo, a prescindere da quale sia iniziata prima o quale abbia un importo base più elevato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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