Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 17862 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 17862 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 22348-2024 proposto da:
ISTITUTO ZOOPROFILATTICO SPERIMENTALE DELLE REGIONI LAZIO E TOSCANA M. COGNOME, in persona del Commissario Straordinario legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1349/2024 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 29/04/2024 R.G.N. 1568/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
21/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N.22348/2024
Ud 21/05/2025 CC
Fatti di causa:
1. Con ricorso depositato innanzi al Tribunale di Roma in funzione di giudice del lavoro NOME COGNOME, dipendente dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle regioni Lazio e Toscana M. COGNOME (ISTZS) dal 01/08/2009, esponeva: di aver sempre prestato la propria attività con la qualifica di dirigente sanitario biologo nell’ambito della unità organizzativa complessa (UOC) denominata Direzione operativa giusta deliberazione n. 241 del 16.5.2013, direzione strategica dell’ISTZS di conferire al l’incarico di responsabile della struttura semplice (UOS) Laboratorio r per il periodo dal 01/01/2013 al 31/01/2019, chimica successivamente denominata UOC chimica; di aver ottenuto, l’incarico professionale ex art. 27 co. 1 lett. C del CCNL 1998-2001 corrispondente ad una retribuzione di posizione complessiva di euro 6.514,55; che nel 2013 il direttore della struttura complessa direzione operativa chimica aveva proposto alla ricorrente struttura semplice relativamente al Laboratorio residui con funzioni di responsabilità, con esito infruttuoso pur avendo egli svolto le attività proprie del superiore incarico di denominata esidui. Il ricorrente chiedeva la condanna dell’ente convenuto al pagamento di euro 82.584,98 a titolo di differenze fra il trattamento previsto per retribuzione di posizione per dirigente di struttura semplice e il trattamento previsto per dirigente con incarico professionale con più di 5 anni di servizio previo accertamento delle mansioni di fatto svolte. Chiedeva altresì la condanna al risarcimento del danno da perdita di chance per l’impossibilità di documentare lo svolgimento per oltre un quinquennio di tale incarico di Direzione di struttura semplice e la conseguente impossibilità di avere accesso ad altre procedure selettive interne o esterne all’ISTZS, nonché alla
regolarizzazione della posizione contributiva. L’Istituto zooprofilattico sperimentale delle regioni Lazio e Toscana NOME COGNOME si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso. Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 3340/2021 dell’08/04/2021, accoglieva la domanda condannando l’Istituto a corrispondere al ricorrente la somma dovuta a titolo di differenze retributive oltre interessi, rigettava la domanda di risarcimento del danno da perdita di chance e dichiarava l’inammissibilità della domanda di condanna alla regolarizzazione della posizione contributiva.
L’Istituto zooprofilattico sperimentale delle regioni Lazio e Toscana NOME COGNOME proponeva appello. NOME COGNOME si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’impugnazione e spiegando appello incidentale insistendo per il risarcimento del danno da perdita di chance e per la conseguente regolazione delle spese di lite. Con la sentenza n. 1349/2024 depositata il 29/04/2024 la Corte di Appello di Roma, sezione lavoro, rigettava l’appello principale e l’appello incidentale.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Istituto zooprofilattico sperimentale delle regioni Lazio e Toscana NOME. COGNOME articolando quattro strumenti di impugnazione. NOME COGNOME si è costituito in giudizio contestando l’impugnazion e e chiedendone il rigetto.
La parte controricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis. 1 c.p.c..
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 21 maggio 2025.
Ragioni della decisione:
In via preliminare la parte controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di jus postulandi ai sensi
dell’art. 82 cod. proc. civ. Secondo la parte controricorrente mancherebbe nel ricorso qualsiasi riferimento al pur necessario provvedimento del Direttore Generale dell’Istituto ricorrente per l’affidamento dell’incarico di difesa al difensore costituito in giudizio, provvedimento da assumersi in questa forma ai sensi dell’art. 3, comma 1 -quater, d.lgs. 502/1992. L’eccezione è infondata atteso che l’Istituto ricorrente non risulta costituito in persona del Direttore Generale, bensì del commissario straordinario p.t. nominato in ragione di conforme decreto del Presidente della Regione Lazio che è citato nella procura ad litem senza che l’eccezione si sia confrontata con l’effettivo legale rappresentante dell’Ente e senza che abbia dunque effettuato una contestazione dei relativi poteri.
Prima di esaminare specificamente i motivi di ricorso si impone una breve ricognizione della disciplina rilevante in materia.
2.1 L’art. 15 del d.lgs. n. 502/1992, come novellato dall’art. 13, comma 1, del d.lgs. n. 229/1999, ha previsto che la dirigenza sanitaria sia collocata in un ruolo unico distinto per profili professionali; trattasi di dirigenza caratterizzata «dall’autono mia tecnico-professionale delle proprie funzioni e mansioni i cui ambiti di esercizio, attraverso obiettivi momenti di valutazione e verifica sono progressivamente ampliati», con affidamento al dirigente, all’atto della prima assunzione, di «compiti professionali con precisi ambiti di autonomia da esercitare nel rispetto degli indirizzi del dirigente responsabile della struttura e sono attribuite funzioni di collaborazione e corresponsabilità nella gestione dell’attività….», e successivamente, decorsi cinque anni di attività con
valutazione positiva, di «funzioni di natura professionale anche di alta specializzazione, di consulenza, di studio e ricerca, ispettive, di verifica e controllo nonché possono essere attribuiti incarichi di direzione di strutture semplici».
2.2 Ai sensi del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 15 quinquies comma 5: «Gli incarichi di direzione di struttura, semplice o complessa, implicano il rapporto di lavoro esclusivo. Per struttura ai fini del presente decreto, si intende l’articolazione organizzativa alla quale è prevista, dall’atto aziendale di cui all’articolo 3, comma 1 -bis, responsabilità di gestione di risorse umane, tecniche o finanziarie»; il successivo comma 6 dispone che: «Ai fini del presente decreto, si considerano strutture complesse i dipartimenti e le unità operative individuate secondo i criteri di cui all’atto -di indirizzo e coordinamento previsto dall’articolo 8 -quater, comma 3. »; in linea con le sopra indicate previsioni normative l’art. 27 del c.c.n.l. 8.6.2000 per la dirigenza sanitaria professionale tecnica ed amministrativa del servizio sanitario nazionale prevede che al dirigente possono essere conferite quattro diverse tipologie di incarico ossia: a) incarico di direzione di struttura complessa (tra essi è ricom preso l’incarico di direttore di dipartimento, di distretto sanitario e di presidio ospedaliero di cui al d.lgs. 502/1992); b) incarico di direzione di struttura semplice; c) incarichi di natura professionale anche di alta specializzazione, di consulenza, di studio, e ricerca, ispettivi, di verifica e di controllo; d) incarichi di natura professionale conferibili ai dirigenti con meno di cinque anni di attività; la posizione dirigenziale, pertanto, non implica necessariamente la responsabilità della struttura, perché la dirigenza sanitaria può essere solo di tipo professionale, e
diviene anche gestionale qualora al dirigente siano conferite funzioni di direzione delle strutture semplici o complesse; sempre l’art. 27 del c.c.n.l. prevede, al comma 3, che: «Per struttura si intende l’articolazione interna dell’azienda alla quale è at tribuita con l’atto di cui del d.lgs. n. 502 del 1992, art. 3, comma 1 bis, la responsabilità di gestione di risorse umane, tecniche o finanziarie», e, al comma 4, che: «Per struttura complessa – sino all’emanazione dell’atto di indirizzo e coordinamento p revisto dall’ art. 15 quinquies, comma 6 del d.lgs. n. 502 del 1992 e del conseguente atto aziendale – si considerano tutte le strutture già riservate in azienda ai dirigenti di ex II livello»; ed ancora, al comma 5 stabilisce che: «Tra le strutture complesse per Dipartimento si intendono quelle strutture individuate dall’azienda per l’attuazione di processi organizzativi integrati. I Dipartimenti sono articolati al loro interno in strutture complesse e strutture semplici a valenza dipartimentale »; infine, il comma 7 prevede che: «Per struttura semplice si intendono sia le articolazioni interne della struttura complessa sia quelle a valenza dipartimentale o distrettuale, dotate della responsabilità ed autonomia di cui al comma 3 ».
2.3. In termini generali, dunque, sono strutture complesse quelle articolazioni organizzative affidate ad un Direttore alle quali è attribuita la gestione delle risorse umane, tecniche e finanziarie dedicate, coordinate a livello dipartimentale; sono, invece, strutture semplici quelle articolazioni organizzative all’interno di strutture aziendali – complesse o dipartimentali affidate a un Responsabile, alle quali è attribuita la gestione di risorse umane, tecniche e finanziarie dedicate, coordinate a livello di Struttura complessa o di Dipartimento;
il Direttore di Struttura complessa: 1) negozia il budget; 2) definisce i piani di attività in relazione agli obiettivi assegnati; 3) effettua la valutazione dei propri collaboratori; 4) avvia i procedimenti disciplinari; 5) definisce i protocolli e ne accerta la applicazione; 6) assicura la formazione professionale; 7) concorre alla definizione dei programmi aziendali; 8) definisce ed assegna gli obiettivi ai dirigenti della sua struttura; 9) predispone una relazione annuale sui risultati conseguiti, le criticità riscontrate, le opportunità da cogliere; 10) governa le risorse assegnategli;
il Responsabile di Struttura semplice: 1) coadiuva il direttore della Struttura complessa o del Dipartimento nella valutazione del personale assegnatogli; 2) negozia con il Direttore della Struttura cui appartiene il budget e lo gestisce; 3) dirige il personale assegnatogli; 4) definisce i piani di attività in relazione agli obiettivi assegnatigli; 5) predispone una relazione annuale sui risultati conseguiti, le criticità riscontrate, le opportunità da cogliere; 6) concorre alla definizione dei programmi aziendali; 7) definisce ed assegna gli obiettivi ai dirigenti della sua struttura.
2.4. Il sopracitato c.c.n.l. 8.6.2000, poi, all’art. 26 richiama, quanto alla graduazione delle funzioni ed alla tipologia degli incarichi, i criteri dettati dall’art. 50 del c.c.n.l. 5.12.1996 che, a sua volta, demanda alle aziende la individuazione delle «articolazioni aziendali individuate dal d.lgs. n. 502 del 1992» da effettuarsi tenendo conto dei seguenti criteri e parametri di massima: «complessità della struttura in relazione alla sua articolazione interna, con particolare riguardo ai Dipartimenti; grado di autonomia in relazione anche ad eventuale struttura sovraordinata;
affidamento e gestione di budget; consistenza delle risorse umane, finanziarie e strumentali ricomprese nel budget affidato; importanza e delicatezza della funzione esplicitata da espresse e specifiche norme di legge; svolgimento di funzioni di coordinamento, indirizzo, ispezione e vigilanza, verifica di attività direzionali; grado di competenza specialisticofunzionale o professionale; utilizzazione nell’ambito della struttura di metodologie e strumentazioni significativamente innovative e con valenza stra tegica per l’azienda od ente; affidamento di programmi di ricerca, aggiornamento, tirocinio e formazione in rapporto alle esigenze didattiche dell’azienda o ente; produzione di entrate proprie destinate al finanziamento generale dell’azienda od ente; rilev anza degli incarichi di cui all’art. 54 e 55 interna all’unità operativa ovvero a livello aziendale; ampiezza del bacino di utenza per le unità operative caratterizzate da tale elemento e reale capacità di soddisfacimento della domanda di servizi espressa; valenza strategica della struttura rispetto agli obiettivi aziendali, purché collegata oggettivamente con uno o più dei precedenti criteri»;
2.5 Orbene, così tracciato il perimetro normativo e contrattuale di riferimento, può procedersi all’esame delle censure mosse dalla ricorrente alla sentenza impugnata.
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione degli artt. 3, comma 1-bis, 15, 15-bis e 15-ter d.lgs. n. 502 del 1992; dell’art. 2, comma 1, del d.Lgs. n. 165 del 2001, dell’art. 27 commi 3 e 7 CCNL 8.6.2000 Dirigenti del ruolo Sanitario, Professionale, Tecnico e Amministrativo dipendenti dalle Aziende ed Enti del Servizio Sanitario Nazionale, n onché dell’art. 2697 c.c., per aver la Corte di Appello di Roma definito quale
struttura semplice il laboratorio dove NOME COGNOME prestava servizio, il tutto in riferimento all’art. 360 comma 1, n. 3, c.p.c..
3.1. Il motivo è inammissibile nella parte in cui non contesta la violazione o la falsa applicazione delle norme invocate ma tende, in sostanza, a infirmare la valutazione del materiale istruttorio che il Tribunale prima e la Corte di Appello poi hanno condotto per definire il Laboratorio residui quale unità operativa semplice. Si tratta di una valutazione riservata al giudice di merito e irriferibile alla Corte di legittimità. Si consideri in proposito, che: «il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione» (Cass. 22/11/2023, n. 32505).
3.2. Il ragionamento probatorio condotto dalla Corte di Appello, che sul punto conferma le conclusioni raggiunte dal Tribunale, si fonda sulla disamina dei documenti, convergenti, provenienti dallo stesso Istituto e che definiscono letteralmente il Laboratorio Residui quale Unità operativa semplice. La motivazione appare, dunque, logica, coerente e priva di vizi e non emerge alcuna violazione delle norme invocate, in specie dell’art. 27 , commi 3 e 7, CCNL 8.6.2000 Dirigenti del ruolo
sanitario, professionale, tecnico e amministrativo dipendenti dalle Aziende ed Enti del Servizio Sanitario Nazionale, che sia censurabile in questa sede di legittimità.
3.3. Non sussiste la dedotta violazione di legge, alla luce della ricostruzione del quadro normativo innanzi svolta, perché il giudice d’appello ha fatto corretta applicazione dei principi regolatori della materia in quanto, ai sensi degli artt. 3, comma1 bis, 15, 15-bis e 15-ter del d.lgs. n. 502/1992, deve ritenersi che è proprio l’atto aziendale (nella specie Reg. di org. interna del 2003) a disciplinare l’organizzazione e il funzionamento delle unità operative, individuando quelle dotate di autonomia gestionale o tecnico-professionale, riconducibile all’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, sicché esso costituisce elemento imprescindibile per il conferimento dell’incarico dirigenziale e per l’attribuzione del relativo trattamento economico, che la contrattazione collettiva di comparto correla alla tipologia dell’incarico stesso ed alla graduazione delle funzioni (così Cass., Sez. L, n. 27400/2018); con la richiamata decisione, alla quale si intende dare continuità, si è ribadito che è l’atto aziendale a individuare «le strutture operative dotate di autonomia gestionale o tecnico-professionale, soggette a rendicontazione analitica» (art. 3 c. 1 bis del d.lgs. n. 502 del 1992); e, attraverso di esso, è possibile sviluppare soluzioni in grado di valorizzare e razionalizzare i punti di erogazione delle prestazioni nel rispetto dei criteri della qualità, dell’appropriatezza, della sostenibilità economica e dei vincoli di bilancio;
consegue a quanto appena osservato che la formale istituzione, attraverso l’atto di macro-organizzazione di cui all’art. 3, comma 1-bis, del richiamato d.lgs. n. 502 del 1992, riconducibile all’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001,
della struttura organizzativa dotata di autonomia gestionale o tecnico professionale costituisce elemento indefettibile per il conferimento dell’incarico dirigenziale e per l’attribuzione al dirigente del trattamento economico, stabilito dalla contrattazione collettiva, correlato alla specifica posizione organizzativa individuata dall’Azienda (Cass. 19040/2015, 6956/2014); Cass., Sez. L, n. 4812/2019 ha precisato, poi, che i principi suesposti, più volte affermati, sono valevoli per l’intera area della dirigenza sanitaria, medica e non medica.
4. Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione degli artt. 3, comma 1-bis, 15, 15-bis e 15ter d.lgs. n. 502 del 1992; dell’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, dell’art. 2697 c.c. per aver la Corte d’Appello di Roma ritenuta provata l’esistenza della UOS Laboratorio Residui in totale mancanza del percorso normativo costitutivo dell’unità o perativa in questione, il tutto in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.. La parte ricorrente lamenta che la sentenza impugnata avrebbe errato nel ritenere la sussistenza dell’Unità operativa semplice costituita dal Laboratorio Residui perché sarebbe mancato il presupposto e cioè che «l’azienda, nell’esercizio del discrezionale potere organizzativo, individui, nell’atto aziendale, le strutture dotate di autonomia gestionale o tecnicoprofessionale, come tali richiedenti una figura apicale al proprio vertice».
4.1. Il motivo è da respingere, ad avviso del Collegio, perché non attinge la motivazione adottata sul punto dalla Corte di Appello che ha convalidato e fatto proprio il ragionamento probatorio già svolto dal Tribunale in primo grado. Dall’esame della documentazione allegata in atti, proveniente dallo stesso Istituto, il Tribunale ebbe a trarre il convincimento che il Laboratorio residui operasse come unità operativa semplice, che
come tale fosse descritto nel regolamento e negli atti organizzativi in vigore fino al 2019 (essendo entrato in vigore solo in quella data il nuovo regolamento che diversamente ha provveduto) e che NOME COGNOME operasse quale preposto e titolare della unità, gestisse il personale e si qualificasse senza contestazione alcuna, e per anni, responsabile del Laboratorio stesso. Alla luce di questo accertamento in fatto, svolto dalle sentenze di merito e non efficacemente contestato in questa sede, la sentenza impugnata riposa su una motivazione che rimane non inficiata dal motivo di ricorso e che non mostra, come innanzi rilevato, alcuna deviazione dal percorso disegnato dal quadro normativo di rilievo.
5. Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 27, comma 1, lett. b), CCNL 8.6.2000 Dirigenti del ruolo Sanitario, Professionale, Tecnico e Amministrativo dipendenti dalle Aziende ed Enti del Servizio Sanitario Nazionale, nonché dell’art. 2697 c.c., per avere la Corte d’Appello di Roma riconosciuto l’incarico di direttore di struttura semplice senza l’attestazione ovvero la prova della prevalenza della gestione delle risorse umane e strumentali da parte di NOME COGNOME, il tutto in rife rimento all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.. Secondo la parte ricorrente: «nello svolgimento dei due gradi di giudizio è apparso evidente come il dott. COGNOME (titolare del diverso incarico professionale di cui all’art. 27 lett. C – incarichi di natura professionale anche di alta specializzazione, di consulenza, di studio, e ricerca, ispettivi, di verifica e di controllo – non abbia minimamente provato di aver svolto in maniera prevalente rispetto a questi ultimi, i compiti di gestione delle risorse u mane e strumentali e ciononostante la Corte d’Appello gli abbia riconosciuto le chieste mansioni superiori».
5.1. Appare evidente, fin dalla formulazione del motivo, come lo stesso tenda a contestare e a provocare la ripetizione della valutazione probatoria riservata al giudice di merito e irriferibile alla Corte di legittimità. Assume rilievo, ai fini dell’inamm issibilità del motivo, il principio giurisprudenziale recato da Cass. 22/11/2023, n. 32505 e già riportato in sede di delibazione del secondo motivo di ricorso. La sentenza afferma, poi, in proposito: «4. Quanto all’assegnazione del COGNOME al ruolo di preposto all’Unità organizzativa semplice Laboratorio residui, l’organigramma antecedente al 2019 (documento organizzativo della direzione operativa chimica redatto dal responsabile della struttura complessa e approvato dal direttore generale) indica nel funzionigramma la Direzione operativa Chimica (UOC) con indicato il dirigente COGNOME e al di sotto di questa quattro Laboratori, ciascuno con un numero di dipendenti assegnati da 5 a 7 e un nominativo indicato sopra di tutti, fra i quali, per il Laboratorio residui, quello del COGNOME. Nel documento si legge altresì che in caso di assenza del responsabile della UOC Chimica, questi sarò sostituito da dott. COGNOME e dal dott. COGNOME. 4.1-Il ricorrente ha prodotto anche il documento organizzativo pubblicato su Internet, redatto dal Direttore COGNOME responsabile della struttura complessa dove si indica come ‘dirigente’ del Laboratorio il dott. NOME COGNOME (doc.10 e 11 fasc.ric.). 4.2. D’altro canto, la documentazione in atti prova lo svolgimento dell’effettivo ruolo di dirige nte da parte del COGNOME. Vi è infatti prova della periodica emissione da parte del COGNOME dei c.d. Rapporti di Prova, della redazione da parte dello stesso delle rendicontazioni annuali relative alle attività del laboratorio (redatte su sollecitazione scritta del responsabile della università operativa complessa direzione operativa e chimica dottor COGNOME), delle sottoscrizioni apposte dal
COGNOME ai registri di laboratorio quale attività di coordinamento e verifica del lavoro del personale tecnico, delle richieste di valutazioni degli obiettivi raggiunti o da raggiungere dal laboratorio residui, e cioè tutte le attività che in base al Regolamento di organizzazione interna sono di pertinenza del responsabile dei laboratori». Si tratta di un accertamento in fatto, riservato al giudice di merito, irriferibile alla Corte in sede di legittimità.
5.2. La parte ricorrente nemmeno deduce elementi dai quali possa trarsi una ipotesi di travisamento della prova documentale posta dalla Corte territoriale a fondamento della decisione. Si consideri, in proposito, che: «in tema di ricorso per cassazione, mentre l’errore di valutazione in cui sia incorso il giudice di merito – e che investe l’apprezzamento della fonte di prova come dimostrativa (o meno) del fatto che si intende provare non è mai sindacabile nel giudizio di legittimità, l’errore di percezione, cadendo sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova, qualora investa una circostanza che ha formato oggetto di discussione tra le parti, è sindacabile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per violazione dell’art. 115 del medesimo codice, il quale vieta di fondare la decisione su prove reputate dal giudice esistenti, ma in realtà mai offerte» (Cass. 04/03/2022, n. 7187).
6. Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione degli artt. 3, comma 1-bis, 15, 15-bis e 15ter d.lgs. n. 502 del 1992; dell’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001 nonché dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., per aver la Corte d’Appello di Roma ritenuto provato lo svolgimento di mansioni superiori da parte del dott. COGNOME dall’allegaz ione di documentazione priva di rilevanza in ordine alle questioni sottese alla controversia, il tutto in riferimento all’art. 360, primo comma,
3 c.p.c.. Il motivo di ricorso, lungi dal contestare la violazione ovvero la falsa applicazione delle norme invocate, si riduce alla proposizione di una diversa lettura del compendio probatorio posto, da entrambe le sentenze di merito, a fondamento delle rispettive decisioni. Peraltro, la decisione della Corte di Appello nella sua motivazione valorizza un complesso di circostanze in gran parte autonome da quelle riportate nel motivo di impugnazione che, per questa via, non appare in grado di infirmare la reale ratio decidendi della sentenza impugnata proprio perché riferito ad uno solo degli elementi probatori valorizzati dalla Corte di Appello.
6.1. Si consideri, in proposito, ancora una volta, il costante principio di diritto affermato da questa Corte, secondo il quale: «il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione» (Cass., 22/11/2023, n. 32505). Ne discende, ad avviso del Collegio, l’inammissibilità dello strumento di gravame.
Il ricorso deve, allora, essere integralmente respinto.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
rigetta il ricorso, condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000,00, oltre ad euro 200,00 per esborsi e rimborso spese generali nella misura del 15%;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione