Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 28791 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 28791 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 13341-2022 proposto da:
NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1249/2021 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 24/11/2021 R.G.N. 758/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/09/2025 dal AVV_NOTAIO COGNOME .
Oggetto
Inquadramento superiore
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 10/09/2025
CC
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d’appello di Milano rigettava l’appello proposto da COGNOME NOME contro la sentenza del Tribunale della medesima sede n. 2340/2020 che aveva respinto il suo ricorso volto ad accertare l’espletamento di m ansioni superiori, corrispondenti al livello C del CCNL RAGIONE_SOCIALE e a rivendicare le relative differenze retributive.
Per quanto qui interessa, la Corte territoriale, premessa la declaratoria del livello D del CCNL Vigilanza RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, rilevava che le attività dedotte a pag. 3, punti 4 e 5, del ricorso introduttivo erano attività di media complessità, così come previsto dal suddetto livello D.
2.1. Considerava, ancora, la declaratoria del livello C (circa i ‘Lavoratori che svolgono in condizioni di autonomia esecutiva mansioni di gestione e coordinamento di personale oltre 50 unità’), ma che dalle deduzioni e prove considerate risultava che difettava il requisito numerico delle oltre 50 unità quanto all’eventuale personale coordinato dal lavoratore.
In merito all’asserita illegittimità del cambiamento delle condizioni contrattuali di cui godeva il COGNOME alle dipendenze del precedente appaltatore ex art. 5, commi 2 e 5, del citato CCNL, la Corte riteneva realizzata la fattispecie contemplata dal 2 ° comma dell’art. 5 cit.
Quanto, infine, al rigetto della domanda volta all’ottenimento del contributo per l’assistenza sanitaria integrativa previsto dal CCNL RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, per la Corte il COGNOME non aveva mai chiesto di essere iscritto al FASIV, né
risultava allegata al ricorso alcuna prova di iscrizione, pertanto nulla poteva essere preteso a tale titolo.
Avverso tale decisione NOME NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
L’intimata resiste con controricorso.
Il AVV_NOTAIO delegato ex art. 380 bis c.p.c. novellato, con atto depositato il 2.4.2025, ha proposto la definizione del ricorso per cassazione nel senso dell’inammissibilità del primo motivo e della manifesta infondatezza del secondo.
Con atto depositato telematicamente il 23.4.2025, il difensore del ricorrente ha chiesto la decisione del ricorso; successivamente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia ex art. 360, comma primo, n. 3), c.p.c. ‘violazione di legge art. 5 del C.C.N.L. Vigilanza RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘. Deduce che ‘sembra che vi sia una mancata convergenza tra il chiesto in ricorso e il pronunciato sia dal Tribunale che dalla Corte d’appello. Il COGNOME mai impugnava una mancata assunzione nel cambio appalto né una riduzione del monte ore. Quello che faceva valere il ricorrente era soltanto la mancata applicazione delle sue personali e prec edenti condizioni lavorative’.
Con il secondo motivo ex art. 360, comma primo, n. 3), c.p.c. denuncia ‘Violazione di legge declaratoria professionale del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘. Lamenta che: ‘La Corte d’Appello arrestava il suo ragionamento dinanzi al
numero 50 (cinquanta). Sosteneva, difatti, che il ricorrente mai poteva essere inquadrato al livello C della declaratoria professionale, poiché non aveva provato il coordinamento di almeno 50 unità’. Deduce allora: , nonché .
3. Il primo motivo è inammissibile.
Nell’ambito di una censura, ricondotta dalla parte esclusivamente al mezzo di cui all’art. 360, comma primo, n. 3), c.p.c., in chiave di una ‘violazione di legge’, invero imprecisata, e nella quale ci si duole di una ‘errata interpretazione della Corte d’appello di Milano in relazione all’applicabilità o meno dell’art. 5 del C.C.N.L. Vigilanza RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘ (così all’inizio di pag. 16 del ricorso), il ricorrente profila un vizio di non corrispondenza tra chiesto e pronunciato (che sarebbe stato presente già nella decisione del Tribunale). Un tale error in procedendo ex art. 112 c.p.c., tuttavia, doveva essere fatto valere con il diverso mezzo di cui all’art. 360, comma primo, n. 4), c.p.c., deducendo la nullità della sentenza per detto vizio.
Del resto, il motivo, dove vi si deduce che ‘in entrambi gli appalti, quello con RAGIONE_SOCIALE e quello con RAGIONE_SOCIALE, ogni ora veniva retribuita da RAGIONE_SOCIALE allo stesso modo, ossia € 12,50 + IVA’, si fonda, come posto in luce nella proposta di definizione anticipata, su un accertamento fattuale diverso da quello operato dalla Corte di merito.
Il secondo motivo è infondato con profili d’inammissibilità.
Come già accennato in narrativa, la Corte territoriale ha fatto riferimento alla declaratoria del livello C del CCNL di settore (ossia, il livello rivendicato dal lavoratore) che recita: ‘Lavoratori che svolgono in condizioni di autonomia esecutiva mansioni di gestione e coordinamento di personale oltre 50 unità’. Diversamente, quindi, da quanto dedotto dal ricorrente, la Corte d’appello non ha sostenuto ‘che il ricorrente mai poteva essere inquadrato al livello C della declaratoria professionale, poiché non aveva provato il coordinamento di almeno 50 unità’.
Tanto precisato, la Corte ha accertato in fatto che ‘l’eventuale personale coordinato dal COGNOME raggiungeva al massimo le due unità’, sicché difettava ‘comunque il requisito numerico imposto dalla norma collettiva delle oltre 50 unità’ (v. in extenso tra la pag. 6 e la pag. 7 dell’impugnata sentenza).
6.1. Il rilievo del ricorrente che in calce a detta declaratoria sia contemplata la figura di ‘Addetto adibito al coordinamento’ non può significare, come sembra voler sostenere lo stesso, che il livello C possa essere preteso anche se il coordinamento riguarda un numero minimo di unità, e quindi inferiore ad oltre 50 unità.
L’indicazione di tale figura, invece, non può che rivestire nella specie il significato di espressione descrittiva di sintesi, senza smentire, quindi, che, ai fini dell’inquadramento nel livello C, la gestione ed il coordinamento dei lavoratori debba rigua rdare ‘personale oltre 50 unità’.
6.2. Quanto al rilievo che, ‘fermarsi alle unità previste (sempre a titolo esemplificativo) dal RAGIONE_SOCIALE, vuole dire non trovare una collocazione per chi, come il COGNOME, svolgeva (come svolge) in prevalenza attività di coordinatore, se non attraverso un errato inquadramento nel livello D’, il ricorrente non considera che la Corte territoriale richiamata la declaratoria del livello D (nel quale sono inquadrati i ‘Lavoratori, adibiti ad operazioni di media complessità, anche con l’utilizzo di mezzi informatici per la cui esecuzione sono richieste normali conoscenze ed adeguate capacità tecnico-pratiche comunque acquisite’), ha ritenuto, facendo riferimento appunto a quanto dedotto nel ricorso introduttivo di primo grado (alla pag. 3, punti 4 e 5), che si trattava di attività di media complessità, come previste dalla premessa declaratoria (cfr. pag. 6 dell’impugnata sentenza).
Il motivo, infine, difetta di autosufficienza nella parte in cui vi si deduce che ‘sia dal ricorso introduttivo in primo grado che dall’atto di appello, emerga chiaramente che il ricorrente svolgesse anche mansioni di ‘Responsabile alla predisposizione di gestione delle turnazioni di RAGIONE_SOCIALEo’.
Il ricorrente, infatti, non specifica da quali punti o passi del ricorso introduttivo e dell’atto di appello si potesse trarre lo svolgimento di tali mansioni che, peraltro, attengono a profilo
professionale proprio del livello B del CCNL, vale a dire, di livello più elevato di quello C oggetto di domanda.
In definitiva, in conformità alla suddetta proposta, il ricorso dev’essere rigettato.
Il ricorrente, soccombente in rito, dev’essere condannato al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuto al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto. Inoltre, ai sensi dell’art. 380 bis, ult. comma, c.p.c. novellato, siccome il giudizio di legittimità viene definito in conformità alla proposta di cui sopra, devono essere applicati il terzo ed il quarto comma dell’art. 96 c.p.c. nei termini specificati in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi e in € 1.800,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e C.P.A. come per legge; condanna, altresì, il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, della somma di € 900,00, ex art. 96, comma terzo, c.p.c., ed al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di € 900,00, ex art. 96, comma quarto, c.p.c.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale del 10.9.2025.
La Presidente NOME COGNOME