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Inquadramento superiore: quando le mansioni contano

La Corte di Cassazione ha confermato il diritto di due lavoratrici a un inquadramento superiore, stabilendo che la valutazione deve basarsi sulle mansioni effettivamente svolte secondo le declaratorie del contratto collettivo, e non sulla denominazione o presunta semplicità della struttura organizzativa in cui operano. La Corte ha rigettato l’argomento della società datrice di lavoro, secondo cui una distinzione non formalizzata tra diverse tipologie di sale operative potesse giustificare un inquadramento inferiore. È stato inoltre confermato che la prescrizione dei crediti retributivi decorre dalla cessazione del rapporto.

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Pubblicato il 24 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Inquadramento superiore: la Cassazione ribadisce che contano le mansioni, non l’etichetta dell’ufficio

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale nel diritto del lavoro: il diritto all’inquadramento superiore. La vicenda riguarda due lavoratrici di una grande società di gestione delle infrastrutture che, pur essendo formalmente inquadrate come ‘addette di sala operativa’, svolgevano di fatto le mansioni più complesse di ‘assistente alla sala operativa’. La Suprema Corte, confermando le decisioni dei giudici di merito, ha stabilito un principio fondamentale: ai fini del corretto inquadramento contrattuale, ciò che rileva è la sostanza delle mansioni effettivamente svolte, non la denominazione o la presunta semplicità della struttura organizzativa di appartenenza.

I fatti di causa

Due dipendenti, assunte con la qualifica di ‘addetto di sala operativa’ (livello B1), avevano citato in giudizio il loro datore di lavoro sostenendo di svolgere mansioni riconducibili al livello superiore di ‘assistente alla sala operativa’ (livello B). Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello avevano accolto le loro richieste, riconoscendo il loro diritto all’inquadramento superiore e condannando la società al pagamento delle conseguenti differenze retributive, oltre a interessi e rivalutazione monetaria.

La difesa della società e il ricorso per Cassazione

L’azienda ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, basando il proprio ricorso su due argomenti principali.

Il primo, e più rilevante, era la presunta differenza strutturale tra il ‘Centro Operativo Stradale’ (COS), dove le lavoratrici prestavano servizio, e la ‘Sala Operativa Compartimentale’ (SOC). Secondo la società, il COS sarebbe una struttura più semplice, per la quale non è prevista la figura dell’assistente, a differenza della SOC, più complessa. Di conseguenza, l’inquadramento superiore non sarebbe stato applicabile al contesto lavorativo delle dipendenti.

In secondo luogo, la società ha sollevato una questione relativa alla prescrizione, sostenendo che una parte del credito per le differenze retributive fosse estinta per il decorso del tempo.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto entrambi i motivi del ricorso, giudicandoli infondati. Le motivazioni offrono importanti chiarimenti sull’interpretazione delle norme contrattuali e sulla tutela dei diritti dei lavoratori.

Il principio di prevalenza delle mansioni sulla struttura organizzativa

Sul punto centrale dell’inquadramento superiore, i giudici hanno evidenziato come la società non avesse fornito alcuna prova documentale (contratti collettivi, regolamenti interni o altri atti organizzativi) a sostegno della distinzione tra COS e SOC. I contratti collettivi e gli accordi sindacali richiamati nel giudizio facevano riferimento a una generica ‘Sala Operativa’, senza specificare differenze che potessero giustificare diversi inquadramenti.

La Corte ha stabilito che la distinzione tra le figure di ‘addetto’ e ‘assistente’ non si fonda sulla complessità della struttura in cui si opera, ma esclusivamente sulle mansioni descritte nelle declaratorie collettive. L’operazione logica che il giudice deve compiere (la cosiddetta ‘sussunzione’) consiste nel confrontare le attività concretamente svolte dal lavoratore con le descrizioni astratte previste dal contratto collettivo. Poiché i giudici di merito avevano accertato che le mansioni delle lavoratrici corrispondevano a quelle del livello superiore, la loro decisione era corretta e non poteva essere messa in discussione sulla base di distinzioni organizzative non formalizzate e non previste dalla contrattazione collettiva.

La decorrenza della prescrizione nel rapporto di lavoro

Anche il motivo relativo alla prescrizione è stato respinto. La Corte ha confermato il proprio orientamento consolidato (a partire dalla sentenza n. 26246/2022), secondo cui, a seguito delle riforme del mercato del lavoro introdotte dal 2012 (Legge Fornero e Jobs Act), il rapporto di lavoro a tempo indeterminato non è più assistito da un regime di piena stabilità reale. Di conseguenza, il termine di prescrizione quinquennale per i crediti di lavoro non decorre in corso di rapporto (per il timore del lavoratore di essere licenziato), ma solo dalla sua cessazione.

Le conclusioni

Questa ordinanza rafforza un principio cardine del diritto del lavoro: la prevalenza della sostanza sulla forma. Per ottenere il corretto inquadramento, un lavoratore deve dimostrare di svolgere in modo continuativo e prevalente le mansioni proprie della qualifica superiore. Un datore di lavoro non può eludere questo diritto appellandosi a differenze organizzative interne se queste non sono chiaramente definite e disciplinate dalla contrattazione collettiva. La decisione sottolinea l’importanza delle declaratorie contrattuali come unico parametro oggettivo per la valutazione delle mansioni e riafferma una tutela fondamentale per i lavoratori in tema di prescrizione dei crediti retributivi.

Ai fini del riconoscimento di un inquadramento superiore, conta di più il nome della struttura in cui si lavora o le mansioni effettivamente svolte?
Secondo la Corte di Cassazione, contano le mansioni effettivamente svolte. La valutazione deve basarsi sul confronto tra le attività concrete del lavoratore e le descrizioni delle qualifiche contenute nel contratto collettivo (declaratorie), indipendentemente dalla denominazione o dalla complessità della struttura organizzativa.

Un datore di lavoro può negare una qualifica superiore basandosi su una distinzione organizzativa interna non prevista dal contratto collettivo?
No. Se la distinzione tra diverse unità operative (ad esempio, ‘Centro Operativo Stradale’ e ‘Sala Operativa Compartimentale’) non è prevista da alcuna fonte normativa o contrattuale collettiva, il datore di lavoro non può utilizzarla per negare un inquadramento superiore basato sulle mansioni effettivamente svolte.

Quando inizia a decorrere la prescrizione per le differenze retributive in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dopo le riforme del 2012?
La Corte ha confermato che, data la ridotta stabilità del posto di lavoro dopo le riforme del 2012, il termine di prescrizione quinquennale per i crediti retributivi inizia a decorrere solo dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, e non durante il suo svolgimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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