Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16771 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 16771 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 23348-2019 proposto da:
COGNOME NOME , elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE, soggetta all’attività di direzione e coordinamento di RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2061/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 29/01/2019 R.G.N. 1814/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/04/2024 dal AVV_NOTAIO.
R.G.N. 23348/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 10/04/2024
CC
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Milano, con la sentenza impugnata, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva respinto il ricorso proposto nei confronti di RAGIONE_SOCIALE da NOME COGNOME, inquadrato nel livello professionale C del CCNL Attività Ferroviarie, il quale chiedeva accertarsi lo svolgimento dal 2 agosto 2004 di mansioni riconducibili al livello professionale B del medesimo contratto collettivo, con condanna della società al pagamento delle conseguenti differenze retributive;
la Corte territoriale, in estrema sintesi, ha condiviso l’assunto del primo giudice, per cui, esaminate le declaratorie contrattuali sia del livello di inquadramento che del livello rivendicato, ha valutato che le mansioni di ‘traghettatore’ svolte dal COGNOME, così come descritte dai testi, non consentissero ‘di ritenere integrate le caratteristiche che il CCNL richiede per l’inquadramento al livello richiesto’;
ha, in particolare, argomentato: ‘Le figure professionali richiamate dal CCNL al livello B sono invero quella del macchinista e del capotreno ai quali sono assegnati livelli di responsabilità del tutto assenti per il traghettatore. E’ evidente che un cosa è la responsabilità connessa alla corretta conduzione di un convoglio vuoto nello spostamento all’interno della medesima stazione o nello spostamento da una stazione ad un’altra ma sempre nella medesima località e che ben diversa è la responsabilità connessa alla corretta conduzione di un convoglio con passeggeri, o merci (anche pericolose) tra stazioni di città diverse e quindi su percorsi interessanti l’intera rete ferroviaria nazionale, senza limiti di velocità’; ha escluso, poi, che avesse rilevanza l’a bilitazione B2 alla guida (nel 2016), atteso che per la guida di treni con viaggiatori è richiesta la patente B1;
3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il soccombente con un motivo, articolato in più censure, cui ha resistito l’intimata società con controricorso; entrambe le parti hanno comunicato memorie; all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
col motivo di ricorso si denuncia in rubrica la ‘Violazione o falsa applicazione dell’art. 27 del CCNL Attività Ferroviarie’, contenente la classificazione del personale e i livelli di inquadramento, che i giudici del merito avrebbero errato ad interpretare, in violazione dei canoni ermeneutici previsti dagli artt. 1362 e 1363 c.c., escludendo che le mansioni in concreto svolte dal COGNOME fossero riconducibili, quanto meno in via analogica, a quelle del Macchinista di livello B, piuttosto che a quelle di inquadramento di Tecnico di Manovra e Condotta di livello C;
il ricorso, in tutte le doglianze in cui è articolato, non può trovare accoglimento;
2.1. i giudici del merito hanno dato seguito al consolidato orientamento oramai stratificato nella giurisprudenza di legittimità (tra molte: Cass n. 30580 del 2019; Cass. n. 10961 del 2018; Cass. n. 21329 del 2017; Cass. n. 39 del 2016; Cass. n. 24544 del 2015; Cass. n. 18040 del 2015) secondo il quale l’accertamento del diritto all’inquadramento superiore avviene seguendo un procedimento logico-giuridico articolato in tre fasi successive: occorre accertare in fatto le attività concretamente svolte dal lavoratore, individuare poi la qualifica rivendicata e le mansioni alla stessa riconducibili secondo la disciplina dettata dalla contrattazione collettiva ed infine verificare che le prime corrispondano a queste ultime;
in particolare, si è precisato che, ai fini della determinazione dell’inquadramento spettante al lavoratore alla stregua delle qualifiche previste dalla disciplina collettiva di diritto comune, al giudice del merito spetta dapprima identificare le qualifiche o categorie, interpretando le disposizioni collettive secondo i criteri di cui agli artt. 1362 ss. c.c.; deve poi accertare le mansioni di fatto esercitate e deve infine confrontare le categorie o qualifiche così identificate con le mansioni svolte in concreto;
mentre la prima operazione logica può essere censurata in sede di legittimità come violazione di legge per falsa o errata applicazione dei canoni ermeneutici anzidetti -ovvero, nel caso di contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, successivament e alla modifica dell’art. 360, c. 1, n. 3, c.p.c., operata dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2, anche per violazione o falsa applicazione di detta disciplina collettiva ( ab imo Cass. n. 6335 del 2014) -le altre due operazioni logiche attengono ad apprezzamenti di fatto ( ex pluribus , Cass. n. 17896 del 2007; Cass. n. 26233 del 2008; Cass. n. 26234 del 2008);
si è poi evidenziato che l’osservanza del cd. criterio “trifasico” non richiede che il giudice si attenga pedissequamente alla ripetizione di una rigida e formalizzata sequenza delle azioni fissate dallo schema procedimentale, ove risulti che ciascuno dei momenti di accertamento, di ricognizione e di valutazione abbia trovato concreto ingresso nel ragionamento decisorio (tra molte: Cass. n. 18943 del 2016);
2.2. ciò posto, la sentenza impugnata ha certamente operato secondo la sequenza procedimentale stabilita dall’orientamento richiamato, mentre la parte ricorrente, lungi dall’evidenziare realmente un errore di interpretazione che sarebbe stato commesso nell’asc rizione di significato alle declaratorie contrattuali, nella sostanza critica un
apprezzamento di merito compiuto dai giudici ai quali il merito compete circa il maggior grado di responsabilità richiesto nell’attività pertinente al superiore livello di inquadramento rivendicato; la Corte territoriale ha, invece, coerentemente chiarito le ragioni per cui le mansioni in concreto espletate dal COGNOME fossero diverse ed eterogenee rispetto a quelle svolte dal personale inquadrato nel livello superiore proprio per il diverso grado di responsabilità che postulavano;
si tratta di un apprezzamento di merito, peraltro con esiti concordi sia in primo che in secondo grado, il quale tiene conto delle circostanze del caso concreto, che evidentemente non può essere rivalutato in questa sede di legittimità;
quanto poi al lamentato mancato ricorso all’analogia di cui al punto 1.2. dell’art. 27 del CCNL in contesa, la questione è stata dichiaratamente posta solo in sede di legittimità, sicché la censura è inammissibile per il suo carattere di novità (Cass. SS. UU. n. 2399 del 2014; Cass. n. 2730 del 2012; Cass. n. 20518 del 2008; Cass. n. 25546 del 2006; Cass. n. 3664 del 2006; Cass. n. 6542 del 2004; più di recente: Cass. n. 32084 del 2019; Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 27568 del 2017); in ogni caso, la circostanza che i giudici del merito abbiano escluso che le mansioni in concreto svolte dall’istante avessero taluni caratteri qualitativi essenziali per il riconoscimento dell’inquadramento superiore preclude in radice la praticabilità del ricorso all’invocata analogia;
conclusivamente, il ricorso deve essere respinto, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 4.500,00, oltre esborsi pari ad euro 200,00, spese generali al 15% ed accessori secondo legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 10 aprile