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Inquadramento superiore: le mansioni prevalgono

La Corte di Cassazione conferma il diritto di un lavoratore all’inquadramento superiore, stabilendo che la valutazione deve basarsi sulle mansioni concretamente svolte e non sulla denominazione o complessità della struttura aziendale. La sentenza rigetta l’appello di una società che distingueva tra diverse tipologie di sale operative senza un supporto normativo o contrattuale. Viene inoltre ribadito che la prescrizione dei crediti retributivi decorre dalla fine del rapporto di lavoro, a causa della ridotta stabilità introdotta dalle recenti riforme.

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Pubblicato il 23 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Inquadramento Superiore: Le Mansioni Effettive Contano Più della Struttura Organizzativa

Il diritto all’inquadramento superiore è uno dei temi più dibattuti nel diritto del lavoro. Un lavoratore che svolge mansioni più complesse rispetto a quelle previste dal suo livello contrattuale ha diritto a un riconoscimento formale e retributivo? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito una risposta chiara, sottolineando la prevalenza della sostanza sulla forma: contano le attività concretamente svolte, non l’etichetta della struttura organizzativa.

I Fatti del Caso: Dalla Sala Operativa alla Corte di Cassazione

Il caso nasce dalla richiesta di un dipendente, inquadrato come “addetto di sala operativa” (livello B1), di ottenere il riconoscimento del livello superiore di “assistente di sala operativa” (livello B). Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano dato ragione al lavoratore, condannando la società datrice di lavoro al pagamento delle differenze retributive.

L’azienda, tuttavia, ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due argomenti principali:
1. La parziale prescrizione dei crediti retributivi.
2. Una presunta errata interpretazione del contratto collettivo, fondata sulla distinzione tra “Centro Operativo Stradale” (COS), struttura più semplice dove operava il dipendente, e “Sala Operativa Compartimentale” (SOC), struttura più complessa dove, a detta dell’azienda, era prevista la figura dell’assistente.

La Questione della Prescrizione dei Crediti di Lavoro

Il primo motivo di ricorso riguardava la prescrizione. La società sosteneva che parte delle somme richieste dal lavoratore non fossero più esigibili per decorrenza dei termini. La Cassazione ha respinto con fermezza questa tesi, richiamando un suo consolidato orientamento (a partire dalla sentenza n. 26246/2022).

I giudici hanno ribadito che, a seguito delle riforme che hanno inciso sul regime di stabilità del rapporto di lavoro a tempo indeterminato (dalla Legge Fornero al Jobs Act), il lavoratore si trova in una condizione di potenziale timore reverenziale verso il datore di lavoro. Per questa ragione, il termine di prescrizione quinquennale per i crediti di lavoro non decorre in corso di rapporto, ma solo dalla sua cessazione.

L’Inquadramento Superiore e la Sostanza delle Mansioni

Il cuore della controversia risiedeva nel secondo motivo. L’azienda affermava che la figura di “assistente” non fosse prevista nel COS, data la sua minore complessità, e che fosse sufficiente la presenza di “addetti” coordinati da un responsabile. Pertanto, secondo la ricorrente, il lavoratore non avrebbe potuto rivendicare l’inquadramento superiore.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato anche il secondo motivo, smontando la linea difensiva aziendale. I giudici hanno osservato che l’azienda stessa non era stata in grado di indicare alcun accordo collettivo, regolamento o documento organizzativo che formalizzasse la distinzione tra SOC e COS e le relative figure professionali.

Al contrario, le fonti contrattuali richiamate (il CCNL e un accordo sindacale del 2008) facevano riferimento a una generica “Sala Operativa”, senza menzionare sigle come SOC o COS. Le declaratorie contrattuali per le figure di “addetto” e “assistente” non legavano queste qualifiche alla complessità della struttura, ma descrivevano unicamente le mansioni da svolgere.

La Corte ha quindi concluso che la decisione dei giudici di merito era corretta: l’accertamento del diritto all’inquadramento superiore doveva basarsi esclusivamente sulla sussunzione, ovvero sulla riconducibilità delle attività concretamente svolte dal lavoratore alle declaratorie collettive della qualifica superiore. Poiché l’azienda non aveva efficacemente contestato questo accertamento di fatto, limitandosi a insistere su una distinzione strutturale non provata, il suo ricorso è stato respinto.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Lavoratori e Aziende

La decisione della Cassazione offre importanti spunti di riflessione. Per i lavoratori, essa ribadisce un principio fondamentale: ciò che definisce il corretto inquadramento è il “fare”, non l’organigramma formale. Se le mansioni svolte quotidianamente eccedono quelle del proprio livello, è possibile e legittimo chiederne il riconoscimento.

Per le aziende, la sentenza è un monito a non basarsi su distinzioni organizzative non formalizzate e non supportate da fonti contrattuali chiare. Per negare un inquadramento superiore, non basta affermare che una certa figura non è “prevista” in un dato ufficio; è necessario dimostrare, sulla base delle declaratorie contrattuali, che le mansioni svolte dal dipendente non corrispondono a quelle della qualifica rivendicata. La chiarezza e la coerenza tra organigrammi, contratti collettivi e prassi aziendale diventano, quindi, essenziali per prevenire il contenzioso.

Per ottenere un inquadramento superiore contano più le mansioni effettivamente svolte o la struttura organizzativa in cui si lavora?
Secondo la Corte, le mansioni effettivamente svolte sono l’elemento decisivo. La classificazione del lavoratore deve basarsi sulle declaratorie contrattuali che descrivono le attività, non sulla denominazione o sulla complessità della struttura aziendale che non trovi riscontro in accordi collettivi.

Da quando inizia a decorrere la prescrizione per le differenze retributive dovute per un inquadramento superiore?
La Corte ha confermato che, a seguito delle riforme del mercato del lavoro (dal 2012 in poi) che hanno ridotto la stabilità del posto di lavoro, il termine di prescrizione per i crediti retributivi decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro e non durante il suo svolgimento.

Cosa deve dimostrare un’azienda per negare un inquadramento superiore basandosi sulla diversità delle sue strutture operative?
L’azienda deve fornire prove concrete, come accordi collettivi, regolamenti o documenti organizzativi interni, che disciplinino in modo specifico le diverse strutture e le relative mansioni. In assenza di tale documentazione, l’argomentazione basata sulla mera distinzione nominale delle strutture viene considerata priva di fondamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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