Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10046 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10046 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 6149-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME tutti domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
Oggetto
MANSIONI PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N.6149/2021
COGNOME
Rep.
Ud.21/03/2025
CC
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COGNOME
– intimata –
avverso la sentenza n. 229/2020 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 24/08/2020 R.G.N. 681/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
21/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
RILEVATO
che, con sentenza del 25 settembre 2020, la Corte d’Appello di Venezia, riformando la decisione resa dal Tribunale di Vicenza, limitatamente al riconoscimento su quanto riconosciuto della maggior somma tra interessi legali e rivalutazione monetaria con esclusione del cumulo in prime cure disposto, sulla domanda proposta da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME nei confronti dell’INPS, presso il quale tutti gli istanti erano stati assunti con inquadramento nell’area B del CCNL Enti pubblici non economici, domanda avente ad oggetto l’accertamento del diritto di ciascuno al superiore inquadramento nell’Area C, posizione economica C1, sin dalla data di assunzione e la condanna dell’Istituto all’inquadramento n ella posizione economica C1, alla corresponsione delle relative differenze retributive ed al risarcimento dei danni, accertava in favore degli istanti lo svolgimento di mansioni corrispondenti al superiore inquadramento rivendicato condannando l’Istituto a l pagamento delle relative differenze retributive;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto non potersi accogliere ai fini dell’inquadramento professionale la nozione di processo produttivo elaborata dall’INPS nelle proprie circolari 2/2001 e 178/2003 in quanto distinta e più ampia di quella avuta presente in sede di
nonché contro
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contrattazione collettiva ai fini della distinzione delle figure professionali appartenenti al livello B e al livello C, nozione che ha riferimento ad un procedimento che porta alla realizzazione di un singolo prodotto, rispetto al quale il personale di livello C è competente a svolgere tutte le fasi realizzative con gestione delle relative varianze e margini di discrezionalità mentre il personale di livello B si limita allo svolgimento di una o più fasi di esso e di dover, a tale stregua riconoscere la riferibilità delle mansioni di 16 dei 17 istanti al superiore inquadramento ed il diritto degli stessi alle relative differenze retributive; che per la cassazione di tale decisione ricorre l’INPS, affidando l’impugnazione a due motivi, cui resistono, con controricorso, tutti gli originari istanti;
CONSIDERATO
che, con il primo motivo, l’Istituto ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 414 e 421 c.p.c. imputa alla Corte territoriale di aver erroneamente valutato la congruità del ricorso introduttivo circa l’assolvimento degli on eri di allegazione degli elementi in fatto ed in diritto imposti dall’art. 414 c.p.c. e di aver, di conseguenza, esorbitato dai limiti di esercizio dei suoi poteri istruttori d’ufficio;
che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. c.c. anche con riferimento alle circolari INPS nn. 178/203 e 2/2001, al CCNL Enti pubblici non economici 1998/2001 e dell’art. 52, d.lgs. n. 165/2001, in rela zione ai principi di cui all’art. 111 Cost, comma 7, in una lettura integrata con l’art. 6 CEDU, lamenta a carico della Corte territoriale l’erroneità dell’interpretazione accolta circa la nozione di ‘processo produttivo’, assumendo la valenza interpretati va degli atti interni dell’Istituto da intendersi quale componente del ‘diritto vivente’;
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che il primo motivo si rivela infondato dovendo riconoscersi la congruità della valutazione resa dalla Corte territoriale in ordine alla rispondenza del contenuto del ricorso introduttivo al principio accolto da questa Corte e puntualmente richiamato nella motivazione dell’impugnata sentenza (cfr. Cass. n. 19009/2018) per cui ‘ Nel rito del lavoro, la nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per mancata determinazione dell’oggetto della domanda o per mancata esposizione delle ragioni, di fatto e di diritto, sulle quali essa si fonda ricorre allorché sia assolutamente impossibile l’individuazione dell’uno o dell’altro elemento attraverso l’esame complessivo dell’atto, perché in tal caso il convenuto non è posto in condizione di predisporre la propria difesa né il giudice di conoscere l’esatto oggetto del giudizio ‘;
che parimenti infondato risulta il secondo motivo essendosi la Corte territoriale conformata all’orientamento consolidatosi nella giurisprudenza di questa Corte (cfr., da ultimo, Cass. n. 5613/2023, Cass. n. 8036/2022, Cass. n. 23153/2021, Cass. n. 30576/2019 e Cass. n. 28112/2019) secondo cui il riferimento operato nella declaratoria contrattuale relativa all’area C/1 a ‘tutte le fasi del processo’ va interpretato nel senso che al dipendente è attribuita la gestione dell’intera filiera di un singolo proced imento/prodotto, dall’atto iniziale agli atti finali, passando per l’istruttoria e la consulenza, intendendo poi per assunzione della responsabilità anche solo la necessità di rispondere in via diretta del proprio operato al dirigente, non essendo invece richiesto che quella gestione si estenda alla firma del provvedimento finale, con assunzione della relativa responsabilità;
che il ricorso va dunque rigettato; che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 6.000,00 per compensi oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Sezione