Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20222 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20222 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/07/2025
Dott.
NOME COGNOME
Presidente –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott.
NOME
SARRACINO
Consigliere –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23731/2021 R.G. proposto da:
NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOME, domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo pec dei Registri di Giustizia;
– ricorrenti –
contro
COMUNE DI COGNOME, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
Oggetto: pubblico impiego inquadramento superiore
dall’avvocato NOME COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo pec dei Registri di Giustizia;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 186/2021 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 15/03/2021 R.G.N. 868/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO IN FATTO
I ricorrenti, tutti in servizio presso il Comune di Acireale (NOME COGNOME e NOME COGNOME assunte in ruolo dall’amministrazione comunale nel 1983 con la qualifica di segretario economo per essere ivi transitate dopo la soppressione dei patronato scolastici e gli altri assunti con decorrenza 17 luglio 1995 quali vincitori di concorso pubblico per la copertura di nove posti di segretario economo, inquadrati, a seguito dell’approvazione del nuovo ordinamento professionale nella categoria C posizione economica C2, sesta qualifica professionale), avevano agito dinanzi al Tribunale di Catania chiedendo accertarsi il loro diritto all’inquadramento nella superiore categoria D, ex settima qualifica funzionale, posizione economica D2.
Il Tribunale, richiamando Cass., Sez. Un., n. 6103/2012, dichiarava il loro diritto all’inquadramento nella ex settima qualifica funzionale dal 1° luglio 1998 e nella categoria D, posizione economica D2 dal 1° aprile 1999 e fino all’attribuzione del profilo di istruttore amministrativo, avvenuta nel 2003, essendo legittimo il passaggio a tale ultimo profilo, avvenuto con determina n. 42/2003 ed indimostrato il mantenimento delle mansioni di segretario economo dopo il 2003.
Dichiarava, altresì, prescritti i crediti per le differenze retributive e compensava tra le parti le spese di lite.
Decidendo sull’impugnazione dei soli dipendenti, la Corte d’appello di Catania, in parziale accoglimento della stessa, dichiarava il
diritto dei ricorrenti all’inquadramento nella categoria D, posizione economica D2 dal 1° aprile 1999 e condannava il Comune di Acireale al pagamento in favore di ciascuno di essi delle differenze retributive in ragione dell’inquadramento riconosciuto con le decorrenze indicate.
Riteneva, in sintesi, che l’inquadramento come istruttore amministrativo avvenuta nel 2003 fosse violativa dell’art. 52 del d.lgs. n. 165/2001 dovendo ai ricorrenti essere mantenuto l’inquadramento (ed il trattamento economico) giudizialmente riconosciuto.
Evidenziava che il diritto preteso permanesse nel tempo e che dovessero essere riconosciute le differenze retributive in ragione degli atti interruttivi della prescrizione.
Escludeva che potesse trovare accoglimento la domanda di attribuzione del p.e.o. in categoria D3, D4 e D5 atteso che tale progressione economica non era automatica ma poteva essere riconosciuta solo a seguito di procedure selettive ed in base al merito né era stata fornita la prova di una ‘erogazione a pioggia’ di tali p.e.o.
Riconosceva, dunque, per ciascun dipendente, a partire dalle date specificamente indicate, le differenze retributive tra la categoria C, tenuto conto delle p.e.o. fino alla posizione economica C5, e la categoria D, posizione economica D2.
Contro tale sentenza i lavoratori hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Il Comune di Acireale ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ.
Censurano la sentenza impugnata perché la Corte di Appello di Catania là dove ha statuito che (pag. 5 della sentenza) ‘… sono dovute per ciascun dipendente le differenze retributive tra la categoria C, tenuto conto delle p.e.o. fino alla posizione economica C5, e la
categoria D, posizione economica D2 ‘ ha, di fatto, rigettato la domanda volta all’applicazione estensiva del criterio di calcolo delle differenze retributive previsto dall’art. 8, comma 5, del c.c.n.l. enti locali del 14.09.2020, senza però motivare sul punto.
Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione sostanziale dell’art. 8, comma 5, del c.c.n.l. enti locali del 14.09.2020 in combinato disposto con l’art. 52 del d.lgs. n. 165/2001 e gli artt. 1362 e 1365 cod. civ. (in relazione all’art. 360, n. 3. cod. proc civ.)
Assumono che la Corte territoriale, avrebbe dovuto riconoscere anche per l’ipotesi di accertamento del diritto al corretto inquadramento superiore (ed alle relative mansioni) a seguito della riclassificazione delle mansioni di appartenenza ad opera della contrattazione collettiva, lo stesso criterio di calcolo previsto dall’art. 8, comma 5, del c.c.n.l. per la ipotesi dell’assegnazione temporanea alle mansioni superiori.
Sostengono che le differenze retributive tra la categoria superiore e quella inferiore dovessero essere calcolate senza detrarre l’importo percepito a titolo di progressione economica orizzontale e di retribuzione individuale di anzianità.
I motivi, da trattare congiuntamente in quanto intrinsecamene connessi, sono fondati alla luce del recente precedente di questa Corte n. 22958/2024.
Tale precedente (superando quello di cui a Cass. n. 30053/2022, citato nella memoria del Comune) ha interpretato l’art. 8 del c.c.n.l. enti locali ed ha ritenuto, con riguardo allo svolgimento delle mansioni superiori (ma il ragionamento è mutuabile nel caso di inquadramento superiore riconosciuto giudizialmente) che al lavoratore adibito a mansioni superiori rispetto al suo inquadramento spetta la differenza tra i trattamenti iniziali delle due categorie, « fermo rimanendo la posizione economica di appartenenza e quanto percepito a titolo di retribuzione individuale di anzianità» .
Nella citata più recente decisione, che il Collegio condivide, si è evidenziato che, come si legge nel comma 1, l’art. 8 del c.c.n.l. « completa la disciplina delle mansioni prevista dall’art. 56, commi 2, 3 e 4 del d.lgs. n. 29/1993 per la parte demandata alla contrattazione ». Il testo dell’art. 56 del d.lgs. n. 29 del 1993 venne riprodotto, pressoché invariato, nell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, al quale deve quindi intendersi ora riferito il rinvio contenuto nella disposizione contrattuale.
L’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, così come prima l’art. 56 del d.lgs. n. 29 del 1993, disciplina due diverse ipotesi di espletamento di mansioni superiori: la prima (comma 2) legittima, perché temporanea e giustificata da « obiettive esigenze di servizio »; la seconda (comma 5), non consentita, perché avvenuta « al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2 ».
Di questo secondo tipo di assegnazione a mansioni superiori la disposizione di legge sancisce la nullità, ma con diritto del lavoratore al pagamento della « differenza di trattamento economico con la qualifica superiore » (e con responsabilità erariale del dirigente che abbia disposto l’illegittima assegnazione a mansioni superiori « con dolo o colpa grave »).
L’ipotesi qui in esame è chiaramente la seconda (comma 5), perché i ricorrenti vennero illegittimamente inquadrati in un profilo inferiore in violazione dell’art. 52 del d.lgs. n. 165/2001 (sul punto vi è il giudicato interno).
Da ciò consegue che l’invocato art. 8, comma 5, del c.c.n.l. non trova diretta applicazione nel caso di specie, perché quella disposizione contrattuale « completa la disciplina delle mansioni prevista dall’art. 56, commi 2, 3 e 4 del d.lgs. n. 29/1993 » (ora art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001).
Non viene richiamato il comma 5 dell’art. 56 e ciò coerentemente con il fatto che la disciplina contrattuale integra quella della legge
statale « per la parte demandata alla contrattazione ». E nel comma 6 dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 (così come prima nell’analogo comma 6 dell’art. 56 del d.lgs. n. 29 del 1993) si legge che « I … contratti collettivi possono regolare diversamente gli effetti di cui ai commi 2, 3 e 4 ».
La questione si pone, quindi, direttamente al livello della interpretazione dell’art. 52, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, il quale dispone sinteticamente che « al lavoratore è corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore », con implicito riferimento -in mancanza di altre indicazioni -al medesimo trattamento già menzionato nel precedente comma 4, ove si legge, non meno sinteticamente, che « il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore ».
Ebbene, l’interpretazione proposta dai ricorrenti -sia pure principalmente attraverso la valorizzazione della disposizione del contratto collettivo che non è direttamente applicabile al loro caso -è quella più corretta, perché è aderente al concetto di differenza di trattamento economico tra qualifiche, e quindi tra previsioni normative astratte, e non tra quanto normativamente previsto per una qualifica e quanto concretamente versato a titolo di retribuzione a un determinato lavoratore.
Inoltre, una diversa interpretazione porterebbe a una sostanziale legittimazione dell’assegnazione e del mantenimento di inquadramenti inferiori a dipendenti che, per l’anzianità maturata nella categoria inferiore, si troverebbero, poi, a non aver diritto ad alcuna differenza retributiva, aggirando così le previsioni di cui all’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, e senza alcun rischio di responsabilità patrimoniale dei dirigenti che assegnano in questo modo inquadramenti non corrispondenti a quelli spettanti (non essendoci, in prospettiva, danno da risarcire, in mancanza di maggiori per impegni di spesa per la pubblica amministrazione).
Né vi è ragione di ravvisare, nel riconoscimento del diritto alla differenza tra i trattamenti economici iniziali delle due categorie, una ingiustificata locupletazione.
Infatti, la maggiorazione retributiva rispetto al reddito percepito si giustifica proprio perché quel reddito sarebbe stato dovuto anche per lo svolgimento di mansioni corrispondenti al proprio inquadramento; sicché il riconoscimento del corretto e superiore inquadramento rappresenta, di per sé, una valida giustificazione per un pagamento ulteriore. Con il che non si intende dire che un pagamento ulteriore sia, in questi casi, imposto dall’art. 36 della Costituzione, ovverosia richiesto per assicurare al lavoratore una « retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro ». In senso contrario, infatti, si è più volte espressa la Corte costituzionale con riferimento alla diversa, specifica disciplina di legge riservata agli assistenti amministrativi del settore scolastico incaricati di svolgere le mansioni superiori di direttore dei servizi generali e amministrativi (DSGA) (v. Corte cost. ord. n. 78/2024, che richiama e ribadisce quanto statuito nella sentenza n. 71/2021). Semplicemente si deve constatare l’assenza di una disposizione analoga a quella -ritenuta costituzionalmente legittima -di cui all’art. 1, comma 45, della legge n. 228 del 2012 (« La liquidazione del compenso per l’incarico di cui al comma 44 è effettuata ai sensi dell’articolo 52, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in misura pari alla differenza tra il trattamento previsto per il direttore dei servizi generali amministrativi al livello iniziale della progressione economica e quello complessivamente in godimento dall’assistente amministrativo incaricato »), che proprio in quanto norma speciale, dettata per una particolare categoria di lavoratori e di incarichi per mansioni superiori, dimostra che la regola generale non può che essere un’altra.
In definitiva, d ovendosi interpretare l’art. 52 , comma 5, del d.lgs. n. 165/2001 in conformità a quanto disposto dall’art. 8, comma 5, del
c.c.n.l. Comparto Regioni e Autonomie locali con riferimento all’analoga fattispecie del comma 2 del medesimo art. 52, nel quantificare il differenziale, non andava tenuto conto delle progressioni economiche acquisite nell’inquadramento (inferiore) risultato illegittimo .
La differenza andava, infatti, calcolata al netto di tali progressioni economiche.
Da tanto consegue che il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Catania che, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame tenendo conto di quanto sopra evidenziato e provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione