Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20696 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 20696 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/07/2024
Oggetto
Retribuzione pubblico impiego
R.G.N. 38645/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 20/06/2024
CC
ORDINANZA
PRESIDENZA DEL RAGIONE_SOCIALE in persona del Presidente del RAGIONE_SOCIALE pro tempore, SEGRETARIATO GENERALE DELLA RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domiciliano in ROMA, ALLA INDIRIZZO;
– ricorrenti –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 288/2019 RAGIONE_SOCIALE CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 04/07/2019 R.G.N. 40/2019; udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella camera di consiglio del 20/06/2024 dal AVV_NOTAIO.
Rilevato che:
la Corte di appello di Brescia ha accolto l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del locale Tribunale ed ha riconosciuto alla lavoratrice, già collaboratrice amministrativa RAGIONE_SOCIALE Provincia di Brescia, categoria B3, posizione economica B5, CCNL RAGIONE_SOCIALE, il diritto a essere inquadrata come Assistente Amministrativo nell’Area II, fascia retributiva F3 (anziché nella F2 attribuitale), il tutto con decorrenza dal 1° giugno 2014, data in cui era transitata nel ruolo del personale di segreteria RAGIONE_SOCIALE giustizia amministrativa a seguito di procedura di mobilità volontaria ex art. 30 d.lgs. n. 165/2001;
la Corte territoriale, ferma l’irrilevanza dell’accettazione da parte RAGIONE_SOCIALE lavoratrice dell’inquadramento giuridico ed economico offertole, come pure dell’espressa rinuncia formulata nel contratto individuale a ogni pretesa ulteriore, ha rilevato che il rapporto di lavoro non era in realtà mai cessato, dato che la vicenda andava ricostruita in termini di cessione del contratto ex art. 1406 cod. civ., sicché poteva riconoscersi non solo il profilo giuridico, rimasto peraltro incontestato, di assistente a mministrativo dell’Area II Ministeri, ma anche la fascia retributiva F3 rivendicata (che teneva conto delle
progressioni economiche maturate nell’amministrazione di provenienza) ;
non poteva, ad avviso RAGIONE_SOCIALE Corte di merito, includersi tra gli elementi in raffronto l’indennità di comparto -amministrazioni, più alta nel l’area Ministeri rispetto a quella degli RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, e ciò in quanto trattavasi di emolumento non riferibile al singolo dipendente, spettando esso indistintamente a ogni lavoratore inserito nei ruoli RAGIONE_SOCIALE giustizia amministrativa;
la corrispondenza economica operata trovava avallo nella tabella di equiparazione contenuta nel d.P.C.m 26.6.2015, il quale, seppure non ancora vigente all’epoca del transito RAGIONE_SOCIALE COGNOME, prevedeva che alla posizione economica B5 del CCNL RAGIONE_SOCIALE corrispondesse, appunto, la fascia retributiva F3 del RAGIONE_SOCIALE Ministeri;
per la cassazione RAGIONE_SOCIALE sentenza hanno proposto ricorso la RAGIONE_SOCIALE (in seguito RAGIONE_SOCIALE) e il RAGIONE_SOCIALE sulla base di unico motivo, cui la lavoratrice si è opposta con controricorso assistito da memoria.
Considerato che:
con l’unico motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 30, comma 1, 2 bis, 2 quinquies, e dell’art. 45 del d.lgs. n. 165/2001, in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., per non essersi avveduta la Corte territoriale che il nuovo inquadramento, effettuato in mancanza di tabelle di equiparazione, aveva migliorato il trattamento economico complessivo (stipendio base/iniziale, IIS, indennità di compartoamministrazione, progressioni economiche, indennità di vacanza contrattuale) RAGIONE_SOCIALE dipendente, che era passata da un totale di €. 19.476,96 ad €. 23.605,35;
l’impostazione ‘atomizzante’ RAGIONE_SOCIALE Corte di merito , che guardava alle singole voci e non al trattamento economico complessivo, conduceva a
ingiuste locupletazioni, posto che la lavoratrice, che godeva di uno stipendio (incluso progressione economica) di €. 18.864,12, approdava a uno stipendio F3 di €. 19.372,07;
oltretutto, la lavoratrice, resa preventivamente edotta dei criteri di inquadramento di cui al decreto n. 3/2014 del segretario generale, aveva accettato in contratto la fascia retributiva F2, rinunciando a ogni ulteriore pretesa, con clausola approvata specificamente per iscritto ex art. 1341 cod. civ., sicché, in applicazione del principio espresso da Cass. n. 30875/2017, non poteva contestare, a passaggio ormai avvenuto, l’inquadramento attribuito le;
la doglianza non merita accoglimento;
2.1 preliminarmente occorre ricostruire la vicenda; la controversia trae origine da una procedura di mobilità volontaria alla quale la controricorrente aveva partecipato; una volta completata detta procedura, con esito positivo, si è posto il problema di inquadrare la dipendente all’interno RAGIONE_SOCIALE P.A. di destinazione ; nessuna contestazione v ‘è in ordine all’area individuata, mentre è oggetto di lite la determinazione dei livelli economici; la questione è sorta perché, all’epoca, non erano state ancora approvate le tabelle di equiparazione dei livelli fra i diversi comparti interessati, sicché la P.A. di destinazione ha assunto, come parametro di riferimento per effettuare detta equiparazione, lo stipendio base del RAGIONE_SOCIALE di provenienza RAGIONE_SOCIALE lavoratrice e quello del RAGIONE_SOCIALE Ministeri;
2.2 p er l’esattezza, al momento RAGIONE_SOCIALE definizione RAGIONE_SOCIALE procedura, NOME COGNOME era collaboratore amministrativo RAGIONE_SOCIALE Provincia di Brescia, Categoria B3, posizione economica B5 (RAGIONE_SOCIALE); la menzionata equiparazione è avvenuta riconoscendo alla controricorrente, in base alle tabelle del CCNL del
RAGIONE_SOCIALE Ministeri, l’inquadramento come Assistente Amministrativo, Area II, posizione economica F2, con decorrenza 1° giugno 2014;
2.3 orbene, la dipendente contesta tale riconoscimento, sostenendo che, pur essendo esatta l’Area individuata, avrebbe dovuto essere rivist a la posizioni economica, attribuendole la F3; la lite concerne il parametro di riferimento utilizzato dall’Amministrazione di destinazione per effettuare l’equiparazione ;
infatti, la P.A. ha tenuto conto RAGIONE_SOCIALE retribuzione relativa alla posizione economica iniziale (c.d. d’ingresso) RAGIONE_SOCIALE dipendente nell’Amministrazione di provenienza, escludendo, quindi, le maggiorazioni conseguite, nel tempo, in virtù delle progressioni economiche avvenute;
in questo modo, essendo stato considerato uno stipendio tabellare più basso, in quanto depurato degli incrementi ottenuti negli anni all’interno RAGIONE_SOCIALE stessa Area, l’equiparazione è avvenuta ad un livello economico inferiore all’interno RAGIONE_SOCIALE P.A. di destin azione;
parte ricorrente sostiene la legittimità del suo operato sul presupposto che, comunque, il trattamento economico complessivo RAGIONE_SOCIALE controricorrente sarebbe migliorato;
inoltre, sarebbe stato rispettato il principio in base al quale la fascia retributiva di inquadramento non poteva essere superiore allo stipendio base/iniziale erogato dalla P.A. di provenienza, come si sarebbe potuto evincere dal principio di invarianza fi nanziaria di cui all’art. 30, comma 2 quinquies, d.lgs. n. 165 del 2001;
d ‘altronde, la tesi portata avanti dall a dipendente avrebbe comportato, ad avviso RAGIONE_SOCIALE PRAGIONE_SOCIALE., una atomizzazione delle singole voci stipendiali quando, invece, la retribuzione di provenienza avrebbe dovuto essere considerata nel suo complesso, con il rischio di generare gravi
iniquità all’interno dell’Amministrazione di destinazione e di produrre un aggravio di spesa;
inoltre, la procedura in esame sarebbe stata una mobilità volontaria in ordine alla quale le dipendenti avevano accettato i criteri in concreto applicati, sottoscrivendo i contratti individuali di lavoro, come avvenuto nel caso trattato da Cass., Sez. L, 30875 del 22 dicembre 2017;
del tutto inconferente sarebbe stato, infine, il richiamo al d.P.C.m. del 26 giugno 2015, che avrebbe potuto essere applicato solo alle procedure di mobilità successive alla sua emanazione;
2.4 si tratta di considerazioni che solo in parte possono essere condivise;
indubbiamente, il d.P.C.m. del 26 giugno 2015 non può regolare direttamente la presente vicenda, se non altro perché l’art. 4 dello stesso prescrive che le corrispondenze fra i livelli economici di inquadramento stabilite nei quadri di cui agli allegati da 1 a 10 si applicano alle procedure di mobilità avviate successivamente all’entrata in vigore del detto d.P.C.m.;
sul punto, quindi, la motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenza di appello va corretta ex art. 384, u.c., cod. proc. civ.;
p er il resto, si osserva che, ai sensi dell’art. 30, comma 2 bis, del d.lgs. n. 165 del 2001, «Le amministrazioni, prima di procedere all’espletamento di procedure concorsuali, finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico, devono attivare le procedure di mobilità di cui al comma 1, provvedendo, in via prioritaria, all’immissione in ruolo dei dipendenti, provenienti da altre amministrazioni, in posizione di comando o di fuori ruolo, appartenenti alla stessa area funzionale, che facciano domanda di trasferimento nei ruoli delle amministrazioni in
cui prestano servizio. Il trasferimento è disposto, nei limiti dei posti vacanti, con inquadramento nell’area funzionale e posizione economica corrispondente a quella posseduta presso le amministrazioni di provenienza; il trasferimento può essere disposto anche se la vacanza sia presente in area diversa da quella di inquadramento assicurando la necessaria neutralità finanziaria»;
il successivo comma 2 quinquies prescrive, inoltre, che «Salvo diversa previsione, a seguito dell’iscrizione nel ruolo dell’amministrazione di destinazione, al dipendente trasferito per mobilità si applica esclusivamente il trattamento giuridico ed economico, compreso quello accessorio, previsto nei contratti collettivi vigenti nel comparto RAGIONE_SOCIALE stessa amministrazione»;
dalle disposizioni riportate si evince che il dipendente trasferito in seguito a procedura di mobilità ha diritto a essere inquadrato nell’area funzionale e nella posizione economica di cui era titolare nella P.A. di provenienza e che a lui si applica, in seguito, il trattamento giuridico ed economico stabilito nei contratti collettivi del comparto di destinazione;
i nfatti, in tema di mobilità di personale da un’amministrazione all’altra, il passaggio diretto ex art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001, risolvendosi in una modificazione meramente soggettiva del rapporto, comporta il diritto alla conservazione dell’anzianità, RAGIONE_SOCIALE qualifica e del trattamento economico del dipendente (Cass., Sez. 6-L, n. 16846 del 9 agosto 2016);
più esattamente, il passaggio diretto di personale da amministrazioni diverse, di cui all’art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001, va ricondotto alla fattispecie RAGIONE_SOCIALE cessione del contratto ex art. 1406 cod. civ., sicché l’individuazione del trattamento economico e giuridico da applicare ai dipendenti trasferiti va effettuata sulla base dell’inquadramento dell’ente
di provenienza, nell’ambito RAGIONE_SOCIALE disciplina legale e contrattuale del comparto dell’amministrazione cessionaria, tenuto conto delle posizioni differenziate attraverso le quali, all’interno delle aree, si realizza la progressione in carriera (Cass., Sez. L, n. 86 del 7 gennaio 2021);
del resto, la richiamata disposizione muove anche dalla concreta esigenza di evitare che l’istituto RAGIONE_SOCIALE mobilità tra enti pubblici diversi possa dare luogo a processi di dequalificazione “strisciante” del personale trasferito, atteso che, la stessa attribuzione RAGIONE_SOCIALE posizione retributiva, lungi dall’esprimere soltanto un valore economico, è direttamente funzionale alla progressione di carriera e propedeutica ai successivi passaggi di Area (Cass., Sez. L, n. 6220 del 5 marzo 2021);
ne deriva che non assume alcun valore il fatto che la retribuzione complessiva percepita presso la P.A. di destinazione sia, in concreto, per effetto di dinamiche salariali lì operanti ( come ad es. l’ indennità di comparto-amministrazione), superiore a quella ricevuta dalla P.A. di provenienza;
in effetti, la necessità di valutazione del trattamento economico complessivo dell’ente di destinazione , purché fisso e continuativo, ivi computando l’indennità di amministrazione, è stata affermata da questa Corte con riferimento all’assegno ad personam riassorbibile (Cass. 14 maggio 2024, n. 13318; Cass., 24 luglio 2017, n. 18196; Cass., Sez. Un., 13 luglio 2005, n. 14698), sicché tale principio non entra in gioco nella fase precedente di inquadramento nella quale il dipendente è collocato, ex comma 2 bis art. 30, d.lgs. n. 165 cit., nell’area funzionale e nella posizione economica corrispondente a quella posseduta presso le amministrazioni di provenienza;
allo stesso modo, non è pertinente il riferimento RAGIONE_SOCIALE P.A. ricorrente al principio di invarianza finanziaria, considerato che l’art. 30, comma 2 bis, d.lgs. n. 165 del 2001 lo menziona solo con riguardo al trasferimento disposto se la vacanza è presente in area diversa da quella di inquadramento, situazione che, nella specie, non ricorre;
neppure vi è un problema di ‘ atomizzazione ‘ delle singole voci stipendiali, venendo qui in questione , come s’è detto, un problema attinente al corretto inquadramento del dipendente nella P.A. di destinazione;
la P.A. di destinazione, quindi, avrebbe dovuto tenere conto non solo dell’area alla quale l a controricorrente apparteneva nella P.A. di provenienza (il che è avvenuto), ma anche del trattamento economico percepito dalla stessa, il quale, però, dipendeva dal livello economico a lei riconosciuto sempre dalla P.A. di provenienza;
p ertanto, la P.A. ricorrente, nell’individuare la retribuzione percepita dalla controricorrente presso la sua Amministrazione, non poteva ignorare le progressioni economiche e tenere conto del solo stipendio di partenza;
2.5 sostiene ancora parte ricorrente, nel suo atto di impugnazione, che la procedura in esame sarebbe stata una mobilità volontaria in ordine alla quale la dipendente avrebbe accettato i criteri in concreto applicati, sottoscrivendo i contratti individuali di lavoro, come avvenuto nel caso trattato da Cass., Sez. L, n. 30875 del 22 dicembre 2017;
si tratta di una censura inammissibile, atteso che il contenuto dei contratti individuali di lavoro non è stato riportato nel ricorso e non emerge dalla sentenza impugnata, donde la non osservanza del requisito di cui all’art. 366, comma 1°, n. 6, cod. proc. civ.;
il ricorso dev’essere conclusivamente rigettato; le spese di lite seguono la soccombenza è sono liquidate come in dispositivo;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 si dà atto RAGIONE_SOCIALE non sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera RAGIONE_SOCIALE parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto, trattandosi di PRAGIONE_SOCIALEA. statale non tenuta a pagare il detto contributo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente a rifondere le spese di lite in favore delle controricorrenti, che liquida in complessivi € 4.5 00,00 per compenso, oltre ad € 200,00 per esborsi, accessori di legge e spese generali nella misura del 15%.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Sezione Lavoro