Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 17063 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 17063 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 31599-2021 proposto da:
COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME tutti rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
COMUNE DI AGRIGENTO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 336/2021 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 11/06/2021 R.G.N. 877/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N. 31599/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 20/05/2025
CC
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 962 del 2019 il Tribunale di Agrigento, in parziale accoglimento del ricorso, dichiarava il diritto dei ricorrenti indicati in epigrafe, dipendenti del Comune di Agrigento, all’inquadramento nella categoria D, livello economico D1, del c.c.n.l. Comparto Regioni ed Autonomie Locali, condannando il Comune di Agrigento, in persona del Sindaco p.t., ‘ all’attribuzione della predetta categoria, con riconoscimento del diritto alla progressione economica orizzontale, nonché al pagamento delle differenze retributive tra la categoria C -livello economico C2 – di formale inquadramento e la superiore categoria D-livello economico D1 – del c.c.n.l. Comparto Regioni ed Autonomie locali con decorrenza dal 13.1.2009, ossia nei limiti dell’eccepita prescrizione quinquennale, oltre interessi legali dal sorgere del credito al saldo ‘ .
Proposto appello dal Comune di Agrigento, la Corte Territoriale, in accoglimento del gravame, rigettava la domanda proposta con il ricorso ex art. 414 c.p.c.
Avverso detta pronunzia propongono ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, i lavoratori NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME depositando altresì memoria ex art. 378 c.p.c.
Resiste con controricorso il Comune di Agrigento.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art 7 del c.c.n.l. 31.3.1999; dell’art. 24, comma 2, lett. e), del c.c.n.l. 1.4.1999; dell’art. 29 del c.c.n.l. 5.7.2000 stipulato il 14.09.2000, nonché della legge quadro sull’ordinamento della Polizia Municipale l. n. 65 del 1987 recepita in Sicilia con l.r. n.
17 del 1990 ed infine degli artt. 1362, 1363 e 1365 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.
1.1. Nel mezzo i lavoratori deducono che la sentenza impugnata è erronea, perché erronea è l’interpretazione delle norme collettive sopra richiamate offerta dalla Corte territoriale, in palese violazione delle disposizioni contenute nella l. 1987 n. 65 recepite dalla l.r. innanzi ricordata n. 17 del 1990, oltre che in violazione dei canoni ermeneutici di cui agli art. 1362, 1363 e 1365 c.c.
1.2. Essi sostengono spetti loro l’inquadramento nella categoria D, in applicazione dell’Accordo sulle cd. code contrattuali del 14 settembre 2000 del c.c.n.l. per il personale del comparto delle Regioni e delle Autonomie Locali e più specificamente dell’art. 29, lett. c).
1.3. Tale disposizione, secondo l’interpretazione offerta dai dipendenti del Comune, ha previsto, per tutti i lavoratori di cui alla previsione dell’innanzi ricordata lett. c) dell’art. 29 cit. , un passaggio semiautomatico in categoria D, subordinato unicamente alla semplice verifica dello svolgimento di effettive funzioni di addetti al coordinamento ed al controllo, senza che rilevino le modalità di accesso alla ex 6^ qualifica funzionale, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata.
1.4. Secondo i dipendenti del Comune di Agrigento, insomma, dalla lettura del combinato disposto dei commi 1 e 4 del citato art. 29 emerge la reintroduzione di una differenziazione di inquadramento tra coloro che, nella sostanza, non hanno mai svolto funzioni e compiti di addetto al coordinamento e controllo, giacché agenti di polizia municipale, e coloro che, invece, dette funzioni – di sottoufficiali – hanno svolto di fatto. 1.5. Detta interpretazione, assumono ancora i ricorrenti, trova conferma nell’applicazione dei canoni ermeneutici di cui agli art.
1362 e 1363 c.c. che impongono di interpretare il contratto avendo riguardo alla comune intenzione delle parti, senza limitarsi al dato letterale, nonché attraverso il richiamo ad altre clausole.
1.6. Conclusivamente i lavoratori insistono che l’interpretazione delle norme collettive offerta dalla sentenza impugnata è errata nella parte in cui indica quale requisito indispensabile per l’inquadramento preteso, l’accesso alla sesta qualifica funzionale a mezzo concorso, atteso che ove tale requisito fosse stato effettivamente richiesto per il passaggio alla categoria D, il 4° comma dell’art. 29 cit. avrebbe richiesto una verifica circa il possesso dei requisiti di cui al primo comma dell’art. 29 e non già limitata esclusivamente all’effettivo esercizio di compiti di coordinamento e controllo.
1.7. Nel percorso argomentativo della doglianza si evidenzia ancora che l’interpretazione così proposta risulta conforme alla disciplina legale di cui alla legge n. 65 del 1986, come recepita dalla l.r. Sicilia n. 17 del 1990, che prevede una struttura gerarchicamente ordinata del Corpo di Polizia Municipale ed una netta differenziazione del ruolo degli Agenti da quello degli Istruttori di Polizia Municipale addetti a compiti di coordinamento e controllo, richiamando a sostegno dell’ass unto anche il Regolamento della Polizia Municipale del Comune di Agrigento adottato con delibera n. 74 del 26 giugno 1996.
1.8. Insistono ancora che la fondatezza della pretesa trova altresì conferma nel mansionario contenuto nell’allegato A al c.c.n.l. del 31.3.1999 che, nel delineare i profili professionali propri di ciascuna categoria, collocava nella categoria C ‘ i lavoratori che, anche coordinando altri addetti, provvedono alla gestione dei rapporti con tutte le tipologie di utenza relativamente alle unità di appartenenza’ , quindi, i lavoratori
che svolgono solamente attività di coordinamento ma non anche di controllo di altri addetti, indicando, peraltro, a titolo esemplificativo solamente la figura professionale degli agenti di polizia municipale, tanto trovando conferma nel parere del Ministro dell’interno dell’1.1.2011, prot. 11482.
1.9. Il motivo non può essere accolto.
1.10. Giova partire dal dato letterale della norma – art. 29 dell’accordo sulle cd. code contrattuali del 14 settembre 2000 -invocata a fondamento della ricostruzione compiuta nel motivo. 1.11. ‘ I. In attuazione dell’art. 24, comma 2, lett. e del c.c.n.l. dell’1.4.1999 e in sede di prima applicazione dell’art. 4 del c.c.n.l. del 31.3.1999, le parti convengono di assumere le iniziative necessarie per realizzare il passaggio alla categoria D, posizione economica D1, del personale dell’area di vigilanza dell’ex 6 ° q.f. nelle seguenti ipotesi: (…)
personale addetto all’esercizio di effettivi compiti di coordinamento e controllo di altri operatori di pari qualifica o di quella inferiore, già collocato nella ex sesta qualifica funzionale, a seguito di procedure concorsuali, su posti, istituiti, successivamente al d.P.R. n. 268 del 1987 che prevedessero formalmente l’esercizio delle predette funzioni, non in applicazione dell’art. 21, comma 6, d.P.R. n. 268 del 1987 stesso, i cui titolari sono esclusi dall’applicazione delle disposizioni del presente articolo (…).
In applicazione del disposto del comma 1, lett. c), nel rispetto delle previsioni della programmazione triennale dei fabbisogni di personale, gli enti prevedono in dotazione organica il numero di posti di specialisti di vigilanza, di categoria D, necessari, una volta effettuata la preventiva verifica circa lo svolgimento d’effettive funzioni di coordinamento e controllo di altri operatori di pari qualifica o di quella inferiore, il cui numero
sarà da definirsi in sede di concertazione, sulla base della realtà organizzativa di ciascun Ente, in conseguenza della verifica effettuata. La copertura finanziaria relativa potrà avvenire anche ai sensi dell’art. 15, comma 5, c.c.n.l. dell’1.4.1999′.
1.12. Orbene, in disparte il rilievo che le parti ricorrenti si limitano ad offrire una lettura alternativa a quella fornita dalla Corte Territoriale delle norme pattizie, il Collegio sottolinea che nemmeno sussistono le denunziate violazioni dei criteri ermeneutici.
1.13. Va a tal proposito ricordato che il primo criterio di interpretazione delle pattuizioni contrattuali è il dato letterale che qui indica in modo chiarissimo (sicché davvero sul punto basta rammentare l’insegnamento del brocardo per cui in claris non fit interpretatio) che, il passaggio alla categoria D, compete solo ai dipendenti già collocati nella ex sesta qualifica funzionale, ma a seguito di procedura concorsuale, laddove, per converso, come rimarcato nella sentenza di appello, i ricorrenti in cassazione erano transitati nella 6^ qualifica funzionale non per concorso, ma in ragione della riclassificazione del personale operata dalla contrattazione collettiva.
1.14. Il c.c.n.l. del 31.3.1999 ex art. 7, comma 4, infatti, sul punto disponeva che l’intera area di vigilanza venisse collocata nella categoria C e, a tal fine, il personale di detta area, inquadrato nella ex 5^ qualifica funzionale, veniva assegnato, con decorrenza 1.1.1998, nella ex sesta qualifica funzionale.
1.15. Nessun dubbio, quindi, che i dipendenti del Comune di Agrigento qui ricorrenti difettino del requisito di accesso alla 6° qualifica funzionale per concorso prevista espressamente e testualmente dalla norma collettiva innanzi richiamata.
1.16. Tale dato testuale rende evidentemente erroneo ogni richiamo al criterio ermeneutico della comune intenzione delle
parti, senza peraltro che nessun elemento della normativa in esame offra supporto alla tesi che le parti contrattuali volessero il reinquadramento in categoria D di tutti coloro che svolgevano le funzioni di coordinamento e controllo, tanto non potendo evi dentemente desumersi nemmeno dall’invocato comma 4 della disposizione all’attenzione che è semplicemente, invece, una mera previsione organizzativa e di programmazione economica in ragione dei transiti disposti, per quanto qui all’attenzione, ai sensi dell a lett. c) del più volte innanzi ricordato art. 29.
1.17. Insomma l’interpretazione della norma della contrattazione collettiva offerta dalla Corte Territoriale non viola i canoni di ermeneutica, in ragione dell’interpretazione della disposizione di cui alla lett. c) dell’art. 29 cit. alla luce del primario criterio ermeneutico, quello letterale, senza che ad una interpretazione diversa consenta di giungere la lettura combinata della sopraindicata previsione di cui alla lett. c) e del comma IV che, come detto, è solo una disposizione programmatica ed organizzativa che non incide su quelli che sono i presupposti di passaggio da una categoria all’altra .
1.18. Le sopraindicate osservazioni rendono irrilevanti le ulteriori considerazioni svolte nel motivo con riguardo alla riorganizzazione della Polizia municipale ad opera della l. n. 65 del 1986 e alla l. r. Sicilia n. 17 del 1990, non solo perché relative ad un periodo temporale anteriore alla privatizzazione del pubblico impiego ed alla riclassificazione del personale nei termini di cui innanzi ad opera della contrattazione collettiva, ma anche perché le norme sopraindicate non possono incidere sui requis iti per il preteso passaggio di categoria ai sensi dell’art. 29, lett. c).
1.19. A tanto va brevemente aggiunta l’inammissibilità del mezzo nella parte in cui chiede nella sostanza la rivalutazione di atti e/o documenti, quindi, inammissibilmente un nuovo giudizio di merito.
Con la seconda censura è denunziata la violazione e/o applicazione dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.
2.1. In via gradata, per il caso di mancato accoglimento del primo motivo, insistono i ricorrenti che essi avrebbero comunque diritto alla corresponsione delle differenze retributive per cui è causa per aver svolto le mansioni superiori di addetti al coordinamento e al controllo o mansioni comunque ascrivibili alla categoria D, a decorrere dall’1.3.1999, ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001.
2.3. Rappresentano che il profilo del controllo di altri addetti è tipico della categoria D e non anche della C.
2.4. In premessa -rileva questa Corte – va evidenziata la non sovrapponibilità del giudizio volto all’accertamento del diritto all’inquadramento in categoria D, anziché in C, sulla base delle previsioni contrattuali più volte innanzi ricordate, con conseguente condanna al pagamento delle differenze retributive, rispetto a quello ben diverso di accertamento di svolgimento di mansioni superiori che, come noto, nel pubblico impiego privatizzato può dar luogo solo al pagamento delle differenze retributive.
2.5. Ebbene, quanto al giudizio volto alla condanna al pagamento delle differenze ex art. 52 d.lgs. n. 165 del 2001, deve rilevarsi che nella sentenza impugnata non si fa affatto riferimento alla proposizione da parte dei ricorrenti anche di detta domanda subordinata , l’accoglimento della quale sarebbe imposto – secondo quanto assumono i dipendenti del Comune di
Agrigento – dalla presenza di un precedente giudicato in ordine al dedotto svolgimento di mansioni superiori.
2.6. Tanto precisato, rimarca il Collegio, il mezzo è inammissibile per una pluralità di ragioni.
2.6.1. La censura, infatti, viola il principio di specificità di cui all’art. 366 c.p.c. sotto un duplice aspetto.
Non solo perché non dà affatto conto della proposizione della domanda di pagamento delle differenze retributive per il dedotto svolgimento di mansioni superiori nel giudizio di primo grado oltre che della riproposizione della stessa in appello, ma anche perché non individua puntualmente il giudicato esterno, sulla base viene pretesa la condanna delle differenze retributive ex art. 52 d.lgs. n. 165 del 2001.
Conclusivamente la doglianza non può essere accolta.
Con il residuo censorio, i lavoratori lamentano l’esame di un fatto decisivo per il giudizio e, nello specifico, del Parere del Ministero dell’Interno già ricordato al punto 1.8.
3.1. Il mezzo è inammissibile, lamentando in buona sostanza non l’omessa valutazione di un fatto decisivo ai fini della decisione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., ma, invece, dell’omessa valutazione di un documento prodotto in sede istruttoria.
Quello che si chiede, inammissibilmente è, quindi, ancora una volta, la rinnovazione di un giudizio di merito, in contrasto con il costante orientamento di questa Corte secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione o falsa applicazione di norme di legge, la mancanza assoluta di motivazione, l’omesso esame ci rca un fatto decisivo per il giudizio, com’è nel caso di specie , o l’omessa pronunzia, mirando, per converso, il mezzo ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, così
realizzando una surrettizia trasformazione del giudicato in un nuovo, non consentito, giudizio di merito (fra le tante si veda Cass. S.U. n. 34476/2019, Cass. n. 8758/2017).
Conclusivamente il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
6 . Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna le parti ricorrenti al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi, €. 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte Suprema di cassazione il 20 maggio 2025.
LA PRESIDENTE
(NOME COGNOME