Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5305 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 5305 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 28/02/2024
La Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE ha rigettato l’impugnazione proposta dall’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, che aveva accertato il diritto della lavoratrice all’inquadramento nella categoria D del CCNL 9 agosto 2000 a decorrere da dieci anni antecedenti la notifica del ricorso introduttivo ed aveva condannato l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento nei confronti della medesima delle differenze retributive, compresi gli avanzamenti economici automatici, dai cinque anni antecedenti la notifica del ricorso, oltre alla maggior somma tra interessi legali e rivalutazione monetaria fino al saldo.
La Corte territoriale ha ritenuto la fattispecie sovrapponibile a quella esaminata da una sua precedente decisione, relativa a quattro dipendenti a cui aveva riconosciuto l’inquadramento nella categoria D.
Dopo avere premesso che il CCNL 9 agosto 2000, RAGIONE_SOCIALE, ha introdotto un nuovo sistema di classificazione del personale articolato in quattro categorie, ha precisato che l’art. 74 del medesimo CCNL ha previsto, con effetto dalla data della sua stipulazione, la soppressione delle precedenti qualifiche funzionali e l’inquadramento del personale nel nuovo sistema di classificazione per categorie, con l’attribuzione della posizione e della qualifica corrispondente alla qualifica funzionale e al trattamento economico tabellare in godimento secondo la tabella B di corrispondenza per primo inquadramento nella nuova classificazione, e con assegnazione alle aree previste dal nuovo sistema di classificazione, secondo la tabella A di corrispondenza tra le vecchie Aree funzionali e le nuove Aree.
Ha, dunque, rilevato che nella categoria C erano confluite le ex qualifiche 7^ e 6^, con posizione rispettivamente C4 e C2, mentre la ex qualifica 8^ era stata assegnata alla categoria D, posizione economica D2.
Ha osservato che l’art.74 ha previsto l’inquadramento nella categoria D del personale inquadrato nella ex VII q.f. a seguito di concorso pubblico per il quale era richiesto il diploma di laurea, nonché l’inquadramento nella categoria C del personale inquadrato nella ex V qualifica funzionale a seguito di concorso pubblico per il quale era richiesto il diploma di istruzione secondaria di secondo grado.
Richiamata la giurisprudenza di questa Corte (Cass. 5726/2009; Cass. 6027/2009) che ha escluso l’illegittimità dell’art. 74 nella parte in cui preclude l’accesso all’Area D per il personale che aveva acquisito la VII q.f. mediante concorso interno riservato, a prescindere dal titolo di studio richiesto per la nuova posizione, nonché l’automatico accesso all’Area D per il personale che aveva acquisito la ex VII q.f. senza concorso pubblico quanto a requisiti di ammissione (diploma di laurea), ha evidenziato che l’RAGIONE_SOCIALE nel 2004 aveva reinquadrato nella categoria D quattro dipendenti non laureati appartenenti alla VII qualifica, in quanto vincitrici dei posti riservati di un concorso pubblico per l’accesso al quale era richiesto il diploma di laurea ovvero, ai sensi dell’art. 84, comma 3, della legge n.312/1980, il servizio prestato per almeno cinque anni nella qualifica immediatamente inferiore e che le ricorrenti avevano acquisito la VII qualifica funzionale in base alla prova idoneativa ex lege n.63/1989 o ex lege n. 21/1991.
Considerato il carattere selettivo e meritocratico della procedura idoneativa di cui alla legge n.63/1989, ha ritenuto la situazione della ricorrente parificabile a quella delle lavoratrici già inquadrate dall’RAGIONE_SOCIALE, dovendosi riconoscere anche alla medesima il trattamento migliorativo, pena la violazione dell’art.45 del d. lgs. n.165/2001.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso l’RAGIONE_SOCIALE, prospettando due motivi, illustrati da memoria.
La COGNOME ha resistito con controricorso.
DIRITTO
Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 113, 115, 414 nn. 4 e 5 cod. proc. civ., nonché dell’art. 74, 4° comma, del CCNL 9.8.2000 , in relazione all’art. 360, n.3, cod. proc. civ.
Deduce l’insussistenza dei presupposti per l’interpretazione estensiva dell’art. 74 del CCNL RAGIONE_SOCIALE Universitario 9 agosto 2000, difettando la ‘parità di posizioni di posizioni professionali tra dipendenti’ riconosciuta dalla Corte territoriale.
Evidenzia che era stata contestata e non risultava provata l’identità della posizione della COGNOME rispetto a quella delle quattro dipendenti alle quali la Corte veneta aveva riconosciuto il diritto all’inquadramento nella categoria D.
Il secondo motivo denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 55, 56 e 74 del CCNL RAGIONE_SOCIALE Universitario del 9.8.2000, dell’art. 113 cod. proc. civ. e dell’art. 45 d. lgs. n. 165/2001.
Sostiene che ai fini dell’applicazione dell’art. 74 cit. l’inquadramento nella VII qualifica funzionale doveva essere avvenuto a seguito di concorso pubblico e che tra i requisiti di accesso al predetto concorso pubblico vi era il possesso del diploma di laurea.
Osserva che nel caso in esame non sussisteva nessuno dei due requisiti, in quanto la RAGIONE_SOCIALE aveva ottenuto l’inquadramento nella VII qualifica funzionale a fronte del superamento di una mera prova idoneativa ex lege n.63/1989 .
I motivi, che vanno trattati congiuntamente in ragione della loro connessione logica, sono fondati, in conformità a precedente in termini di questa Corte (Cass. n.21939/2022), a cui si intende dare continuità e alla cui motivazione si rinvia ex art.118 disp. att. cod. proc. civ.
3.1. L’art.74 del CCNL 9 agosto 2000, RAGIONE_SOCIALE, al comma 1 così prevede: <>.
Il comma 4 stabilisce a sua volta che <>.
3.2 Come già affermato da questa Corte (Cass. n.16676 del 2008) e recentemente ribadito (Cass. n.21939/2022 cit.), non si pone in contrasto con norme imperative la disposizione dell’art.74 del CCNL 9 RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 9 agosto 2000 che limita la possibilità di avanzamento interno di qualifica dalla categoria C ( ex VII) alla categoria D a coloro che sono stati assunti a seguito di concorso per la partecipazione al quale era richiesto il diploma di laurea, dovendosi escludere un contrasto con il principio di non discriminazione ex art.45, d.lgs. n.165 del 2001, che non vieta ogni trattamento differenziato nei confronti delle singole categorie di lavoratori, ma solo quelli in relazione a specifiche disposizioni normative, e non potendosi richiamare le indicazioni della sentenza n. 103 del 1989 della Corte cost., restando escluse dal sindacato del giudice le scelte compiute in sede di contrattazione collettiva in materia di classificazione professionale dei lavoratori.
La nuova disposizione consente l’inquadramento nella categoria D al solo personale dipendente già inquadrato nella ex VII qualifica funzionale che sia stato assunto a seguito di concorso pubblico, per la partecipazione al quale era richiesto il diploma di laurea, non potendosi considerare indifferente la modalità di accesso alla ex VII qualifica (per concorso pubblico ovvero mediante concorso riservato interno, che prescindeva dal possesso del titolo di studio) e trovando detta soluzione conferma negli accordi di interpretazione autentica, intervenuti in esito alla procedura prevista dall’art.64 del d.lgs. n.165 del 2001, del 22
maggio 2003 e del 13 gennaio 2005, che hanno riconosciuto solo l’anzidetto personale come beneficiario di una progressione verticale (Cass. n.21939/2022 cit. ha sul punto richiamato Cass. 5726/2009 e Cass. n.21699/2014).
Né tale soluzione si pone in contrasto con norme imperative o è affetta da altra causa di nullità, considerato che nel settore pubblico le scelte della contrattazione collettiva in materia di inquadramenti sono sottratte al sindacato giudiziale, ed il principio di non discriminazione di cui all’art.45 del d.lgs. n.165 del 2001 non costituisce parametro per giudicare delle eventuali differenziazioni operate in sede di contratto collettivo.
3.3 E’ stato parimenti ribadito che in tema di pubblico impiego privatizzato la materia degli inquadramenti del personale è stata affidata dalla legge allo speciale sistema di contrattazione collettiva, la quale nel settore pubblico può intervenire senza incontrare il limite dell’inderogabilità delle norme in materia di mansioni concernenti il lavoro subordinato privato, sicché le scelte della contrattazione collettiva sull’inquadramento del personale e sulla corrispondenza tra le vecchie qualifiche e le nuove aree sono sottratte al sindacato giurisdizionale, dovendosi escludere che il principio di non discriminazione di cui all’art.45 del d. lgs. n.165 del 2001 costituisca parametro di giudizio sulle eventuali differenziazioni operate in tale sede (Cass. n.21939 del 2022 cit. ha in proposito richiamato Cass.n.1241 del 2016).
3.4. Alla luce della disciplina negoziale e dei principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità, per l’applicazione dell’art.74, comma 4, occorre dunque che l’accesso alla VII qualifica sia avvenuto a seguito di pubblico concorso.
3.5. Ciò premesso, quale modalità di accesso alla VII qualifica funzionale nel caso di specie viene in rilievo la prova idoneativa ex lege n.63 del 1989.
3.6. Tale procedura non è riconducibile alla categoria del pubblico concorso, richiesto dall’art. 74, comma 4, del CCNL 9 RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 9 agosto 2000, non rilevando in senso contrario il suo carattere meritocratico, né la mancanza di automatismo posta dalla Corte d’Appello a fondamento dell’equiparabilità.
3.7. Come affermato dalla Corte costituzionale (sentenza n.293 del 2009), l’art. 97, terzo comma, della Costituzione prevede che, salvo i casi stabiliti dalla legge, « agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso » . Ciò significa che « la forma generale e ordinaria di reclutamento per le pubbliche amministrazioni » (Corte cost. sentenza n.363 del 2006) è rappresentata da una selezione trasparente, comparativa, basata esclusivamente sul merito e aperta a tutti i cittadini in possesso di requisiti previamente e obiettivamente definiti. Il rispetto di tale criterio è condizione necessaria per assicurare che l’amministrazione pubblica risponda ai principi della democrazia, dell’efficienza e dell’imparzialità. Il concorso pubblico è, innanzitutto, condizione per la piena realizzazione del diritto di partecipazione all’esercizio delle funzioni pubbliche da parte di tutti i cittadini, fra i quali oggi sono da includersi, per la maggior parte degli impieghi, anche quelli di altri Stati membri dell’Unione europea (sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee del 2 luglio 1996, in cause 473/93, 173/94 e 290/94).
3.8. Tanto premesso, riguardo alla prova idoneativa ex art.1, comma 4, della legge n.63 del 1989, diretta ad accertare sia la formazione che la specifica esperienza lavorativa acquisita nella struttura, con la sentenza n. 14431 del 2017 questa Corte ha evidenziato che la ratio di tale disposizione e del più complesso quadro normativo in cui si inserisce è quello di riconoscere il reinquadramento in base alle mansioni effettivamente svolte, a vantaggio di coloro che sono stati immessi in ruolo successivamente all’introduzione del nuovo ordinamento, ma attraverso concorsi strutturati sulle vecchie carriere.
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 236 del 1992, ha sancito che la legge n. 63 del 1989 ha previsto l’esonero dal requisito del pubblico concorso, sostituito da una semplice prova idoneativa. Le agevolazioni previste, ha chiarito il Giudice delle leggi, ed in particolare la deroga al principio dell’art.97, terzo comma, Cost., hanno una funzione sanante delle situazioni pregresse, e non possono essere cumulate con la pretesa di differenze retributive arretrate, fondata sull’art. 36 Cost.
2.9. Né può invocarsi il principio di parità di trattamento per l’applicazione di un beneficio che è escluso dalla contrattazione collettiva.
Infatti, il principio espresso dall’art. 45 del d. lgs. n. 165 del 2001, secondo cui le amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti parità di trattamento contrattuale opera solo nell’ambito del sistema previsto dalla contrattazione collettiva e vieta trattamenti migliorativi o peggiorativi a titolo individuale, ma non costituisce parametro per giudicare le differenziazioni operate in quella sede, in quanto la disparità trova titolo non in scelte datoriali unilaterali, ma in pattuizioni dell’autonomia negoziale delle parti collettive, le quali operano su un piano tendenzialmente paritario e istituzionalizzato, di regola sufficiente, salva l’applicazione di divieti legali, a tutelare il lavoratore in relazione alle specificità delle situazioni concrete (si veda Cass. n.12106 del 2022).
E’ poi da tempo consolidata nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo cui il principio di pari trattamento cui all’art. 45 del d. lgs. n. 165 del 2001 vieta trattamenti individuali migliorativi o peggiorativi rispetto a quelli previsti dalla contrattazione collettiva e l’adozione da parte di una pubblica amministrazione di un atto negoziale di diritto privato di gestione del rapporto, con il quale venga attribuito al lavoratore un determinato trattamento economico, non è di per sé sufficiente a costituire una posizione giuridica soggettiva in capo al lavoratore medesimo, giacché la misura economica deve trovare necessario fondamento nella contrattazione collettiva, con la conseguenza che il diritto si stabilizza in capo al dipendente solo qualora l’atto sia conforme alla volontà delle parti collettive (Cass. n.6501 del 2021).
3. Il ricorso deve essere dunque accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE in diversa composizione, affinché si adegui nella decisione ai principi di diritto sopra richiamati.
Il giudice del rinvio provvederà, altresì, al regolamento delle spese del giudizio di legittimità
PQM
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE in diversa composizione.
Così deciso nella Adunanza camerale del 25 gennaio 2024.