Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 19841 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 19841 Anno 2025
Presidente: RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
1. La Corte di Appello di Napoli ha riformato la sentenza del Tribunale di Napoli, che in accoglimento delle domande proposte da NOME COGNOME aveva dichiarato il suo diritto all’inquadramento giuridico nella prima qualifica dirigenziale dal 1° marzo 1992 ed aveva condannato la Regione Campania al pagamento delle differenze retributive da dicembre 1999.
NOME COGNOME, dipendente della Regione Campania, era stato assunto nel ruolo speciale ad esaurimento ex art. 12 della legge n. 730/1986 con decorrenza giuridica dal 1° marzo 1992 come funzionario ingegnere, VIII qualifica funzionale poi categoria D del CCNL, aveva agito in giudizio per ottenere il reinquadramento nella prima qualifica dirigenziale a decorrere dal 1° marzo 1992 con le relative differenze retributive dal dicembre 1999.
Aveva dedotto di avere svolto prima dell’immissione in ruolo, in forza di convenzione del 25.9.1987 ex art. 6 legge n. 219/1981, attività di supporto tecnico del Centro RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO in Napoli per la gestione delle attrezzature geofisiche donate dagli Stati Uniti alla Regione, incarico prorogato fino a maggio 1992; aveva evidenziato di essere stato immesso nel ruolo ad esaurimento istituito con legge regionale n. 4/1990, a seguito del superamento di concorso speciale riservato in applicazion e dell’art. 12 legge n. 730/1986 , con attribuzione della 7^ qualifica funzionale dal Presidente della Giunta regionale della Campania ed assegnato al settore provinciale del Genio Civile di Avellino e che successivamente, con delibera n. 6449/1999, era st ato reinquadrato nell’8^ qualifica funzionale con il profilo funzionale di funzionario ingegnere, con decorrenza giuridica da marzo 1992 ed economica dal primo giorno successivo alla sottoscrizione del contratto individuale di lavoro ed aveva rimarcato di avere espletato nel corso degli anni attività ed incarichi di rilevante importanza quali collaudi, direzione lavori e compiti di ingegnere capo, indicati nell’atto introduttivo, ed aveva ricevuto vari incarichi di posizione organizzativa.
Aveva pertanto sostenuto di avere diritto all’inquadramento giuridico nel I livello della dirigenza all’atto del reinquadramento nell’8^ qualifica.
La Corte territoriale ha rilevato che l’originaria domanda formulata dal COGNOME era fondata sulla ritenuta erroneità del reinquadramento nell’ 8^ qualifica, e non sull’applicazione dell’art. 52 d.lgs. n. 165/2001.
Il giudice di appello non ha condiviso le statuizioni del Tribunale, che aveva riconosciuto il reinquadramento nella prima qualifica dirigenziale dalla data di decorrenza giuridica dell’immissione in ruolo (1.3.1992), sulla base di mansioni e compiti svolti nel periodo successivo sia al bando di concorso che all’immissione in ruolo a seguito della vincita del concorso, ed ha ritenuto l’irrilevanza di tali compiti.
Ha rilevato la corrispondenza tra i compiti svolti dal COGNOME nel periodo del convenzionamento ante immissione in ruolo presso il Centro RAGIONE_SOCIALE di Napoli e l’8^ qualifica funzionale propria del funzionario ingegnere, evidenziando che lo stesso COGNOME nell ‘atto introduttivo aveva riconosciuto la correttezza di tale inquadramento; ha precisato che ai fini dell’inquadramento nella prima qualifica dirigenziale rilevano solo i compiti svolti in convenzionamento e che per il reinquadramento, avvenuto nel 1999, era stata considerata esclusivamente l’attività svolta in convenzionamento .
A fronte della carenza di allegazioni in ordine al preciso contenuto delle attività svolte dal Roca, indicate solo genericamente nel ricorso introduttivo, ha ritenuto che la domanda del Roca non potesse essere accolta nemmeno riguardo allo svolgimento di mansioni superiori.
Ha rilevato la mancata richiesta della prova per testi al fine di consentire una valutazione in concreto dell’attività svolta ed ha ritenuto non significativo il mero rinvio alle nomine e ai decreti in atti, in assenza di una specifica indicazione dei compiti eseguiti e della loro sussumibilità nella qualifica dirigenziale.
Richiamato il principio secondo cui ai fini del trattamento economico per l’espletamento di fatto di mansioni dirigenziali, il lavoratore è tenuto ad allegare e provare la pienezza delle mansioni assegnate sotto il profilo qualitativo e quantitativo, in relazione alle concrete attività svolte ed in ordine alle responsabilità attribuite, restando a tal fine irrilevante la presenza di un atto formale di preposizione, nonché le disposizioni contenute nella legge regionale
n. 27/1984, ha rilevato che il Tribunale non aveva effettuato il raffronto tra l’8^ qualifica funzionale e la prima qualifica dirigenziale.
Ha poi ritenuto che le attività genericamente descritte nel ricorso, di responsabile di progetti, di lavori, di procedimenti, di collaudo, di componente di talune commissioni, di delegato con funzioni dirigenziali fossero perfettamente compatibili con il livello di autonomia, responsabilità e coordinamento proprio dell’8^ qualifica funzionale (poi D ex CCNL), confermata dal riconoscimento di varie posizioni organizzative, che non determinano un mutamento del profilo professionale, né di area, ma un mutamento di funzioni fino alla durata dell’incarico.
Ha evidenziato che secondo l’art. 8 del CCNL del 31.3.1999, le posizioni organizzative possono essere assegnate esclusivamente a dipendenti classificati nella categoria D, sulla base e per l’effetto di un incarico a termine conferito secondo determinate mo dalità previste dall’art. 9.
Avverso tale sentenza il Roca ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
La Regione Campania ha resistito con controricorso.
DIRITTO
Con il primo motivo il ricorso denuncia violazione/falsa applicazione della lege n. 730/1986, della legge regionale n. 4/1990, della legge regionale n. 27/1984.
Deduce che i limiti del giudizio di equiparazione vanno individuati nelle mansioni come strutturate nel tempo, successivamente alla convenzione originaria ed in forza di legittimi provvedimenti formali e nella valutazione delle stesse in rapporto alle qualifiche del ruolo speciale ad esaurimento stabilite dalla regione Campania.
Evidenzia che il provvedimento di reinquadramento, che implica un raffronto tra la qualifica precedentemente rivestita dal ricorrente e le corrispondenti qualifiche introdotte dal nuovo inquadramento, ha carattere costitutivo ed innovativo.
Richiamata la deliberazione della Giunta regionale n. 6449 del 19.10.1999, sostiene che avrebbero dovuto essere valorizzati anche tutti gli incarichi antecedenti al suddetto reinquadramento, avvenuto in data 19.10.1999.
Aggiunge che gli effetti economici del reinquadramento sono stati fatti coincidere con la stipula del contratto individuale di lavoro, che aveva ‘assorbito’ tutte le vicende antecedenti alla sottoscrizione; sostiene pertanto che avrebbero dovuto essere valorizzate le attività espletate anteriormente a tale momento, e quanto meno anteriormente alla data di inserimento nei ruoli organici ad esaurimento (1.3.1992).
Richiama la documentazione prodotta (contratto originario e attestati di servizio), da cui risulta lo svolgimento di mansioni dirigenziali da parte del Roca, fin dalla stipula della convenzione con la Regione Campania.
Argomenta che già solo le qualifiche formalmente rivestite dal COGNOME, come specificate, consentivano di ritenere inquadrabile nel livello dirigenziale la prestazione lavorativa dal medesimo svolta; aggiunge che le funzioni apicali erano state espletate anch e riguardo all’incarico di Ingegnere Capo dei lavori di cui alla legge n. 64/1986 Programma Regionale di Sviluppo per i lavori di viabilità minore-aree interne, comprensorio consorziale del Tammaro, in forza del DPRG n. 13643 del 7.10.1993.
Con il secondo motivo il ricorso denuncia omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5 cod. proc. civ; violazione e falsa applicazione della legge regionale n. 27/1984.
Lamenta l’omessa motivazione, addebitando alla Corte territoriale di avere atomisticamente valutato le attività svolte prima dell’aprile 1990 e di non avere valutato le attività svolte successivamente.
Insiste nel sostenere che ai fini della verifica del carattere dirigenziale delle mansioni svolte avrebbero dovuto essere necessariamente valutati anche gli incarichi successivi a tale data.
Richiamati gli attestati di servizio del 1990, evidenzia di avere svolto mansioni dirigenziali sia prima che dopo l’immissione in ruolo del 1993 e il reinquadramento dell’ottobre 1999; richiama altresì le decisioni della Corte
territoriale che in casi analoghi hanno valorizzato l’attività svolta negli anni 1995 e 1997.
Sostiene che l’attribuzione dal 1991 di mansioni tra cui quella di Ingegnere Capo è indicativa delle responsabilità contabili del Roca e della sua capacità di assumere decisioni aventi rilevanza esterna.
Si duole dell’omessa valutazione della circostanza che l’attività svolta dal Roca era caratterizzata dall’utilizzo integrato da molteplici competenze tecniche e scientifiche, piena autonomia tecnica di decisione e direzione, in assenza di superiori gerarch ici, diretta responsabilità dell’attività personalmente volta e delle decisioni assunte.
I motivi, che per ragioni logiche vanno trattati congiuntamente, sono inammissibili.
Nel lamentare la mancata valorizzazione dell’attività svolta prima del reinquadramento, le censure non colgono il decisum .
La Corte territoriale con accertamento in fatto ha escluso il carattere dirigenziale delle mansioni svolte dal Roca.
Inoltre le censure fanno leva sullo specifico contenuto di documenti, peraltro nemmeno menzionati dalla sentenza impugnata (attestati di servizio, contratti, DPRG n. 13643 del 7.10.1993), sollecitando un giudizio di merito.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di norme di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio o di omessa pronuncia miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (vedi, per tutte: Cass. S.U. 27 dicembre 2019, n. 34476 e Cass. 14 aprile 2017, n. 8758).
Come questa Corte ha più volte sottolineato (cfr., Cass. 11176 del 2017) la propria funzione non è quella di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici del
merito, dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il ragionamento probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile; ciò che, come dianzi detto nel richiamare le motivazioni della sentenza di appello, nel caso di specie è dato riscontrare.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per parte ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
PQM
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi ed in € 4.000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge;
dà atto della sussistenza dell’obbligo per parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della