Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 17497 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 17497 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 26200-2024 proposto da:
ISTITUTO ZOOPROFILATTICO SPERIMENTALE DELLE REGIONI LAZIO E TOSCANA M. COGNOME, in persona del Commissario Straordinario pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2103/2024 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 28/05/2024 R.G.N. 1555/2021;
Oggetto
Dirigente pubblico impiego
R.G.N. 26200/2024 Cron. Rep. Ud. 21/05/2025 CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/05/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME esponendo di essere dipendente dell’Istituto Zooprofilattico (in seguito anche in breve ISTZS) con inquadramento di dirigente sanitario biologo in rapporto di esclusività, adiva il Tribunale di Roma per ottenere la condanna dell’ente datoriale al pagamento delle differenze retributive intercorrenti tra la retribuzione di posizione e di risultato percepita, nel periodo 01.01.201331.01.2019, quale dirigente con incarico professionale con più di cinque anni di servizio ex art. 27, comma 1, lettera C) del CCNL 8.6.2000 (Dirigenti del ruolo Sanitario, Professionale, Tecnico e Amministrativo dipendenti dalle Aziende ed Enti del Servizio Sanitario Nazionale) e quella prevista per il dirigente responsabile di struttura semplice (UOS) ‘RAGIONE_SOCIALE ‘, avendone svolto di fatto le relative mansioni;
il Tribunale accoglieva parzialmente il ricorso, rilevando che l’individuazione della dipendente quale responsabile del laboratorio (che il Regolamento stesso dell’Ente definiva ‘struttura semplice’) era «confermata dal funzionigramma del Documento Organizzativo Direzione Operativo Chimica approvato dal Direttore Generale dell’Istituto»;
la Corte d’appello di Roma – per quanto ancora interessa nel giudizio -rigettava il gravame dell’Istituto, confermando l’interpretazione del compendio documentale offerta dal Tribunale;
in particolare, la Corte capitolina individuava nel Laboratorio RAGIONE_SOCIALE, facente parte dell’UOC Chimica dell’Istituto, una ‘struttura semplice’ , trattandosi (fino alla riorganizzazione del 2019 adottata con delibera n. 8/2017) di articolazione interna dotata, in forza dell’atto aziendale ex art. 3 comma 1bis d.lgs. n. 502/1992, di responsabilità di gestione di risorse umane, tecniche e finanziarie;
anche le delibere di graduazione delle funzioni dirigenziali ai fini della retribuzione di posizione (i.e., quelle recanti n. 489 e n. 607 del 2009) indicavano i laboratori come ‘strutture semplici’; inoltre, la ricorrente era menzionata nel documento orga nizzativo del dirigente dell’UOC Chimica dr. COGNOME come dirigente del Laboratorio Alimenti per Animali, ruolo da lei effettivamente ricoperto;
per la cassazione della sentenza propone ricorso l’ISTZS con quattro motivi resistiti con controricorso (assistito da memoria) della lavoratrice.
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo si denuncia (art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c.) violazione degli artt. 3, comma 1 bis, 15, 15 bis e 15 ter d.lgs. n. 502 del 1992 nonché degli artt. 2697 c.c., 2, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, dell’art. 27, commi 3 e 7, del CCNL 8 .6.2000 Dirigenti SPTA del SSN, per avere la Corte d ‘ appello definito U.O.S. il laboratorio ove la Russo prestava servizio in carenza dei requisiti ex art. 27 co. 3 CCNL, cit., consistenti nella responsabilità e autonomia nella gestione delle risorse (uman e, tecniche e finanziarie) e nell’obbligo di rendicontazione analitica;
con il secondo mezzo si deduce (art. 360 n. 3 c.p.c.) violazione degli artt. 3, comma 1 bis, 15, 15 bis e 15 ter del d.lgs. n. 502 del 1992, dell’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001 e dell’art. 2697 c.c., per avere la Corte distrettuale ritenuto provata l’esistenza della ‘UOS
RAGIONE_SOCIALE‘ in mancanza del ‘percorso normativo costitutivo’ dell’unità operativa in questione: dai documenti organizzativi emergeva, infatti, che non era mai esistita all’interno dell’Istituto un’unità operativa semplice denominata ‘RAGIONE_SOCIALE‘ rappresentando tale unità solo ‘l’insieme delle professionalità’ che si dedicavano all’attività di analisi nel settore;
nel nuovo regolamento, adottato con delibera del consiglio di amministrazione n. 8 dell’11.11.2017, il Laboratorio RAGIONE_SOCIALE non figurava nella descrizione della UOC Chimica né come articolazione interna né come U.O.S., essendo i laboratori de quibus mere ‘articolazioni di professionalità’ ;
con la terza censura si denuncia (art. 360 n. 3 c.p.c.) violazione dell’art. 27 comma 1 lett. B) del CCNL cit., nonché dell’art. 2697 c.c., per aver la Corte d’appello riconosciuto l’incarico di direttore di struttura semplice senza l’attestazione/prova della ‘prevalenza’ del la gestione delle risorse umane, strumentali e di budget rispetto agli altri compiti disimpegnati dalla dirigente, la quale era titolare del diverso incarico professionale di cui all’articolo 27 comma 1 lettera C) del CCNL cit.
con il quarto, ed ultimo, motivo si deduce (art. 360 n. 3 c.p.c.) violazione degli artt. 3, comma 1 bis, 15, 15 bis e 15 ter del d.lgs. n. 502 del 1992, dell’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001 nonché dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., per avere la Corte d’appello ritenuto provato lo svolgimento di mansioni superiori da parte della dipendente sulla base di documentazione nient’affatto rilevante; l’istruttoria aveva infatti dimostrato che non era mai esistita, nel contesto dell’Istituto, la ‘fantomatica struttura organizzativa RAGIONE_SOCIALE‘;
se nel laboratorio la COGNOME rivestiva un ruolo di ‘preminenza’ ciò era dipeso solo dal fatto che era l’unica dirigente ad avere l’incarico professionale di cui all’art. 27 co. 1 lett. C) CCNL cit.; i compiti del responsabile U.O.S. avrebbero, piuttosto, implicato la gestione a 360° del budget , poteri decisori in ordine alla valutazione dei modelli di organizzazione adottati per il raggiungimento degli obiettivi, ampio margine di gestione del personale;
il ricorso può essere esaminato direttamente nel merito per respingerlo;
vale il principio per cui «la Corte di cassazione, ove sussistano cause che impongono di disattendere il ricorso, è esentata, in applicazione del principio della “ragione più liquida”, dall’esaminare le questioni processuali formulate nel controricorso, imponendosi, a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, un approccio che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo e che sostituisca il profilo dell’evidenza a quello dell’ordine delle questioni ai sensi dell’art. 276 c.p.c. (cfr. fra le tante Cass. n. 363/2019; Cass. n. 11458/2018; Cass. n. 9671/2018; Cass. n. 23531/2016; Cass. n. 17214/2016; Cass. n. 12002/2014; Cass. S.U. n. 9936/2014);
i motivi di ricorso, fra loro collegati sul piano logico-giuridico e perciò meritevoli di esame congiunto, sono infatti infondati;
si impone una breve ricognizione della disciplina rilevante in materia;
7 .1 l’art. 15 del d.lgs. n. 502/1992, come novellato dall’art. 13, comma 1, del d.lgs. n. 229/1999, ha previsto che la dirigenza sanitaria sia collocata in un ruolo unico distinto per profili professionali;
trattasi di dirigenza caratterizzata «dall’autonomia tecnico -professionale delle proprie funzioni e mansioni i cui ambiti di esercizio,
attraverso obiettivi momenti di valutazione e verifica sono progressivamente ampliati», con affidamento al dirigente, all’atto della prima assunzione, di «compiti professionali con precisi ambiti di autonomia da esercitare nel rispetto degli indirizzi del dirigente responsabile della struttura e sono attribuite funzioni di collaborazione e corresponsabilità nella gestione dell’attività….», e successivament e, decorsi cinque anni di attività con valutazione positiva, di «funzioni di natura professionale anche di alta specializzazione, di consulenza, di studio e ricerca, ispettive, di verifica e controllo nonché possono essere attribuiti incarichi di direzione di strutture semplici»;
7.2 ai sensi del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 15 quinquies comma 5: «Gli incarichi di direzione di struttura, semplice o complessa, implicano il rapporto di lavoro esclusivo. Per struttura ai fini del presente decreto, si intende l’articolazione or ganizzativa alla quale è prevista, dall’atto aziendale di cui all’articolo 3, comma 1 -bis, responsabilità di gestione di risorse umane, tecniche o finanziarie»; il successivo comma 6 dispone che: «Ai fini del presente decreto, si considerano strutture complesse i dipartimenti e le unità operative individuate secondo i criteri di cui all’atto di indirizzo e coordinamento previsto dall’articolo 8 -quater, comma 3. »;
in linea con le sopra indicate previsioni normative l’art. 27 del c.c.n.l. 8.6.2000 per la dirigenza sanitaria professionale tecnica ed amministrativa del servizio sanitario nazionale prevede che al dirigente possono essere conferite quattro diverse tipologie di incarico ossia: a) incarico di direzione di struttura complessa (tra essi è ricompreso l’incarico di direttore di dipartimento, di distretto sanitario e di presidio ospedaliero di cui al d.lgs. 502/1992); b) incarico di direzione di struttura semplice; c) incarichi di natura professionale
anche di alta specializzazione, di consulenza, di studio, e ricerca, ispettivi, di verifica e di controllo; d) incarichi di natura professionale conferibili ai dirigenti con meno di cinque anni di attività;
la posizione dirigenziale, pertanto, non implica necessariamente la responsabilità della struttura, perché la dirigenza sanitaria può essere solo di tipo professionale, e diviene anche gestionale qualora al dirigente siano conferite funzioni di direzione delle strutture semplici o complesse;
sempre l’art. 27 del c.c.n.l. prevede, al comma 3, che: «Per struttura si intende l’articolazione interna dell’azienda alla quale è attribuita con l’atto di cui del d.lgs. n. 502 del 1992, art. 3, comma 1 bis, la responsabilità di gestione di risorse umane, tecniche o finanziarie», e, al comma 4, che: «Per struttura complessa -sino all’emanazione dell’atto di indirizzo e coordinamento previsto dall’ art. 15 quinquies, comma 6 del d.lgs. n. 502 del 1992 e del conseguente atto aziendale -si considerano tutte le strutture già riservate in azienda ai dirigenti di ex II livello»; ed ancora, al comma 5 stabilisce che: «Tra le strutture complesse per Dipartimento si intendono quelle strutture individuate dall’azienda per l’attuazione di processi organizzativi integrati. I Dipartimenti sono articolati al loro interno in strutture complesse e strutture semplici a valenza dipartimentale »; infine, il comma 7 prevede che: «Per struttura semplice si intendono sia le articolazioni interne della struttura complessa sia quelle a valenza dipartimentale o distrettuale, dotate della responsabilità ed autonomia di cui al comma 3 »;
7.3 in termini generali, dunque, sono strutture complesse quelle articolazioni organizzative affidate ad un Direttore alle quali è attribuita la gestione delle risorse umane, tecniche e finanziarie dedicate, coordinate a livello dipartimentale; sono, invece, strutture semplici quelle articolazioni organizzative all’interno di strutture aziendali – complesse o
dipartimentali – affidate a un Responsabile, alle quali è attribuita la gestione di risorse umane, tecniche e finanziarie dedicate, coordinate a livello di Struttura complessa o di Dipartimento;
il Direttore di Struttura complessa: 1) negozia il budget; 2) definisce i piani di attività in relazione agli obiettivi assegnati; 3) effettua la valutazione dei propri collaboratori; 4) avvia i procedimenti disciplinari; 5) definisce i protocolli e ne accerta la applicazione; 6) assicura la formazione professionale; 7) concorre alla definizione dei programmi aziendali; 8) definisce ed assegna gli obiettivi ai dirigenti della sua struttura; 9) predispone una relazione annuale sui risultati conseguiti, le criticità riscontrate, le opportunità da cogliere; 10) governa le risorse assegnategli;
il Responsabile di Struttura semplice: 1) coadiuva il direttore della Struttura complessa o del Dipartimento nella valutazione del personale assegnatogli; 2) negozia con il Direttore della Struttura cui appartiene il budget e lo gestisce; 3) dirige il personale assegnatogli; 4) definisce i piani di attività in relazione agli obiettivi assegnatigli; 5) predispone una relazione annuale sui risultati conseguiti, le criticità riscontrate, le opportunità da cogliere; 6) concorre alla definizione dei programmi aziendali; 7) definisce ed assegna gli obiettivi ai dirigenti della sua struttura;
7 .4. il sopracitato c.c.n.l. 8.6.2000, poi, all’art. 26 richiama, quanto alla graduazione delle funzioni ed alla tipologia degli incarichi, i criteri dettati dall’art. 50 del c.c.n.l. 5.12.1996 che, a sua volta, demanda alle aziende la individuazione delle «articolazioni aziendali individuate dal d.lgs. n. 502 del 1992» da effettuarsi tenendo conto dei seguenti criteri e parametri di massima: «complessità della struttura in relazione alla sua articolazione interna, con particolare
riguardo ai Dipartimenti; grado di autonomia in relazione anche ad eventuale struttura sovraordinata; affidamento e gestione di budget; consistenza delle risorse umane, finanziarie e strumentali ricomprese nel budget affidato; importanza e delicatezza della funzione esplicitata da espresse e specifiche norme di legge; svolgimento di funzioni di coordinamento, indirizzo, ispezione e vigilanza, verifica di attività direzionali; grado di competenza specialistico-funzionale o professionale; utilizzazione nell’a mbito della struttura di metodologie e strumentazioni significativamente innovative e con valenza strategica per l’azienda od ente; affidamento di programmi di ricerca, aggiornamento, tirocinio e formazione in rapporto alle esigenze didattiche dell’azienda o ente; produzione di entrate proprie destinate al finanziamento generale dell’azienda od ente; rilevanza degli incarichi di cui all’art. 54 e 55 interna all’unità operativa ovvero a livello aziendale; ampiezza del bacino di utenza per le unità operative caratterizzate da tale elemento e reale capacità di soddisfacimento della domanda di servizi espressa; valenza strategica della struttura rispetto agli obiettivi aziendali, purché collegata oggettivamente con uno o più dei precedenti criteri»;
7.5 orbene, così tracciato il perimetro normativo e contrattuale di riferimento, si rivelano infondate le censure mosse dalla ricorrente alla sentenza impugnata;
essa muove, invero, dalla considerazione di fondo che prima dell’adozione del nuovo regolamento (delibera n. 8/2017) per l’ordinamento interno dei servizi dell’Istituto, entrato in vigore dopo il 2019, il Laboratorio in questione era previsto, nel precedente atto di organizzazione interna del 2003, in vigore fino al momento dell’attribuzione degli incarichi di responsabilità gestionale apicale di cui alla delibera n. 8/2017 cit., come unità organizzativa semplice ed era
definito «unità organizzativa di base, struttura semplice, che garantisce l’erogazione dei servizi e delle attività analitiche individuate dal piano annuale»;
si legge in particolare nella sentenza impugnata che al relativo dirigente incaricato era «affidata la responsabilità dell’attività analitica con autonomia tecnico professionale (ed egli) opera(va) raccordandosi con i responsabili degli altri laboratori sotto il coordinamento gestionale del responsabile della direzione operativa» (pp. 9-10 sentenza);
sempre la sentenza impugnata richiama il regolamento del 2003 laddove stabilisce che ‘la Direzione operativa Chimica si articola nei sottoindicati laboratori’, tra cui il Laboratorio Alimenti per Animali;
ed è la stessa sentenza che precisa: «questo regolamento è l’unico atto che è stato prodotto dalle parti riguardante l’organizzazione dell’Istituto (sicché esso) è l’unico documento aziendale che, ai sensi dell’articolo 3 comma 1 bis d.lgs. n. 502 del 1992, ha disciplinato l’organizzazione dell’Istituto»;
infine, la sentenza impugnata aggiunge che anche nei documenti aziendali versati in atti afferenti alla modalità di graduazione delle funzioni, puntualmente richiamati, si utilizzano, per descrivere il ruolo del dirigente preposto alla UOS, formule lessicali sostanzialmente analoghe a quelle adoperate (nel regolamento del 2003) per definire, appunto, il preposto ai Laboratori, per la direzione dei quali sono attribuiti peraltro specifici punteggi (pesatura degli incarichi) contemplati ‘nel Gruppo 2’;
indi, la sentenza impugnata conferma, sulla scorta delle emergenze documentali, vagliate criticamente, l’effettivo svolgimento da parte della Russo del ruolo di dirigente del Laboratorio in questione,
che qualifica espressamente come ‘struttura semplice’, con elencazione del complesso delle attività demandate al responsabile di tale struttura e (secondo l’accertamento fattuale compiuto dai giudici territoriali) svolte concretamente dalla controricorrente;
9 . così argomentando, il giudice d’appello ha fatto corretta applicazione dei principi regolatori della materia in quanto, ai sensi degli artt. 3, comma 1 bis, 15, 15 bis e 15 ter del d.lgs. n. 502/1992, deve ritenersi che è proprio l’atto aziendale (nella specie Reg. di org. interna del 2003) a disciplinare l’organizzazione e il funzionamento delle unità operative, individuando quelle dotate di autonomia gestionale o tecnicoprofessionale, riconducibile all’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, sicché esso costituisce elemento imprescindibile per il conferimento dell’incarico dirigenziale e per l’attribuzione del relativo trattamento economico, che la contrattazione collettiva di comparto correla alla tipologia dell’incarico stesso ed alla graduazione delle funzioni (così Cass., Sez. L, n. 27400/2018);
con la richiamata decisione, alla quale si intende dare continuità, si è ribadito che è l’atto aziendale a individuare «le strutture operative dotate di autonomia gestionale o tecnico-professionale, soggette a rendicontazione analitica» (art. 3 c. 1 bis del d.lgs. n. 502 del 1992); e, attraverso di esso, è possibile sviluppare soluzioni in grado di valorizzare e razionalizzare i punti di erogazione delle prestazioni nel rispetto dei criteri della qualità, dell’appropriatezza, della sostenibilità economica e dei vincoli di bilancio;
consegue a quanto dianzi osservato che la formale istituzione, attraverso l’atto di macro-organizzazione di cui all’art. 3 c. 1 bis del richiamato d.lgs. n. 502 del 1992, riconducibile all’art. 2 c. 1 del d.lgs. n. 165 del 2001, della struttura organizzativa dotata di autonomia gestionale
o tecnico professionale costituisce elemento indefettibile per il conferimento dell’incarico dirigenziale e per l’attribuzione al dirigente del trattamento economico, stabilito dalla contrattazione collettiva, correlato alla specifica posizione organizzativa individuata dall’Azienda (Cass. 19040/2015, 6956/2014);
Cass., Sez. L, n. 4812/2019 ha precisato, poi, che i principi suesposti, più volte affermati, sono valevoli per l’intera area della dirigenza sanitaria, medica e non medica;
10 . nella specie, rispetto all’accertamento dell’esistenza e della (perdurante) vigenza dell’atto aziendale, conferente – secondo la Corte territoriale -all’articolazione amministrativa denominata ‘RAGIONE_SOCIALE‘ l’univoca connotazione di ‘struttura semplice’, e rispetto all’ulteriore parallelo accertamento compiuto in ordine all’effettivo svolgimento (da parte della Russo) di un ruolo di preposizione a tale struttura, le censure – non articolate, peraltro, nel rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione imposti dagli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ. – si rivelano inammissibili, in quanto l’Istituto ricorrente, che non formula critiche sotto il profilo del mancato rispetto delle regole ermeneutiche ex art. 1362 e ss., sollecita, in realtà, sotto l’apparente denuncia di una violazione della disciplina normativa e pattizia, una nuova lettura del compendio documentale, preclusa in sede di legittimità (Cass., Sez. Un., n. 24148/2013; Cass., Sez. Un., n. 8054/2014; Cass. n. 18611/2021; Cass. n. 1687/2023);
11. in via conclusiva, il ricorso deve essere nel complesso rigettato; le spese di legittimità (liquidate in dispositivo) seguono la soccombenza.
La Corte: rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di legittimità che liquida €. 5.000,00 per compensi ed €. 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma-1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio, il 21 maggio 2025.