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Inquadramento dirigenziale: l’atto aziendale decide

Una dirigente sanitaria ha richiesto differenze retributive, sostenendo di aver svolto mansioni superiori come responsabile di una ‘struttura semplice’ (UOS). L’ente datore di lavoro negava tale qualifica. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’ente, stabilendo che l’atto aziendale, ovvero il documento formale di organizzazione interna, è l’elemento decisivo per l’inquadramento dirigenziale. Se tale atto definisce un’unità come ‘struttura semplice’, il dirigente preposto ha diritto al corrispondente trattamento economico, a prescindere da successive riorganizzazioni.

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Pubblicato il 3 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Inquadramento Dirigenziale: L’Atto Aziendale è Decisivo per il Riconoscimento del Ruolo

L’inquadramento dirigenziale nel settore pubblico, e in particolare nella sanità, è spesso fonte di contenzioso. La corretta attribuzione di un ruolo e della relativa retribuzione dipende non solo dalle mansioni effettivamente svolte, ma anche e soprattutto dalla formale configurazione organizzativa dell’ente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: è l’atto aziendale, ovvero il documento di organizzazione interna, a determinare l’esistenza di una struttura e, di conseguenza, il corretto inquadramento del suo responsabile.

I Fatti di Causa: La Richiesta di una Dirigente Sanitaria

Il caso ha origine dalla richiesta di una dirigente sanitaria, biologa, impiegata presso un Istituto Zooprofilattico Sperimentale. La dirigente sosteneva di aver svolto, per un lungo periodo (dal 2013 al 2019), le mansioni di responsabile del “Laboratorio Alimenti per Animali”, una unità che a suo dire doveva essere qualificata come “Struttura Semplice” (UOS). Di conseguenza, richiedeva il pagamento delle differenze retributive tra quanto percepito come dirigente con incarico professionale e quanto le sarebbe spettato come responsabile di UOS.

L’ente datore di lavoro si opponeva alla richiesta, negando che il laboratorio in questione fosse mai stato formalmente istituito come una Struttura Semplice e che la dirigente avesse la responsabilità e l’autonomia gestionale (su risorse umane, tecniche e finanziarie) tipiche di tale ruolo.

La Decisione dei Giudici di Merito

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione alla lavoratrice. I giudici hanno basato la loro decisione sull’analisi della documentazione interna dell’ente, in particolare sul regolamento organizzativo del 2003. Questo documento, considerato l’unico “atto aziendale” rilevante per il periodo in questione, definiva esplicitamente il laboratorio come una “struttura semplice” e un'”unità organizzativa di base”.

La Corte d’Appello ha confermato che, secondo tale regolamento, il laboratorio era un’articolazione interna dotata di responsabilità gestionali e che la dirigente ne era effettivamente la responsabile, come confermato anche da altri documenti organizzativi interni. Di conseguenza, le spettava il trattamento economico superiore.

Il Ricorso in Cassazione e l’Inquadramento Dirigenziale dell’Ente

L’Istituto ha presentato ricorso in Cassazione, articolando quattro motivi principali. Sostanzialmente, l’ente lamentava la violazione di norme di legge e del contratto collettivo, sostenendo che i giudici di merito avessero errato nel qualificare il laboratorio come UOS in assenza dei requisiti sostanziali di autonomia e gestione del budget. Secondo l’ente, il laboratorio era una mera “articolazione di professionalità” e non una vera e propria struttura organizzativa, tanto che in una successiva riorganizzazione non era più menzionato come UOS. Contestava, inoltre, che la prova dello svolgimento di mansioni superiori fosse stata basata su documentazione irrilevante.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo infondato. Gli Ermellini hanno riaffermato un principio consolidato in materia di inquadramento dirigenziale nel pubblico impiego sanitario. Ai sensi della normativa vigente (in particolare il D.Lgs. 502/1992), è l’atto aziendale a disciplinare l’organizzazione e il funzionamento delle unità operative.

Questo documento costituisce l’elemento imprescindibile per il conferimento di un incarico dirigenziale e per l’attribuzione del relativo trattamento economico. È l’atto di macro-organizzazione che individua formalmente le strutture dotate di autonomia gestionale o tecnico-professionale. Se l’atto aziendale qualifica espressamente un’unità come “struttura semplice”, questa è la qualifica che rileva ai fini giuridici ed economici.

Nel caso specifico, i giudici di merito avevano correttamente identificato nel regolamento del 2003 l’atto aziendale vigente per il periodo contestato e avevano accertato che tale atto qualificava il laboratorio come “struttura semplice”. Le censure dell’ente ricorrente, secondo la Corte, non denunciavano una reale violazione di legge, ma miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione del materiale probatorio, attività preclusa nel giudizio di legittimità.

Conclusioni

La decisione della Cassazione rafforza la centralità degli atti formali di organizzazione nella definizione dei ruoli e delle retribuzioni nel pubblico impiego. Per ottenere il riconoscimento di un inquadramento dirigenziale superiore, non è sufficiente provare di aver svolto di fatto determinate mansioni, ma è necessario che tale ruolo sia previsto e formalizzato nell’atto aziendale. Al contempo, un ente non può negare un inquadramento se questo è chiaramente stabilito nella propria stessa documentazione organizzativa, anche se in seguito modificata. La forma, in questo contesto, diventa sostanza e garantisce certezza nei rapporti di lavoro.

Cosa è determinante per riconoscere l’inquadramento dirigenziale come responsabile di una ‘Struttura Semplice’ (UOS)?
L’elemento determinante è l’atto aziendale, ossia il documento formale di organizzazione interna dell’ente. Se tale atto qualifica un’unità operativa come ‘struttura semplice’, questa è la sua natura giuridica ai fini dell’inquadramento e della retribuzione.

Lo svolgimento effettivo di mansioni superiori è sufficiente per ottenere un inquadramento superiore?
No, secondo la Corte, lo svolgimento di fatto delle mansioni non è sufficiente se non è supportato da una previsione formale nell’atto aziendale. L’istituzione formale della struttura organizzativa è un elemento imprescindibile per il conferimento dell’incarico e del relativo trattamento economico.

Può un datore di lavoro negare l’esistenza di una struttura organizzativa se questa è prevista nei suoi stessi regolamenti interni?
No. La Corte ha stabilito che se l’atto di macro-organizzazione dell’ente definisce una certa unità come ‘struttura semplice’, l’ente non può successivamente contestarne l’esistenza o la qualifica per il periodo in cui quel regolamento era in vigore. I tentativi di sminuire il valore di tali documenti sono stati considerati un tentativo inammissibile di rivalutare i fatti in sede di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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