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Inquadramento dirigenti sanitari: la Cassazione decide

Un gruppo di manager sanitari, trasferiti dal Servizio Sanitario Nazionale al Ministero della Salute, ha contestato il proprio inquadramento professionale, ritenendolo una demotivazione. Essi sostenevano che il loro ruolo precedente fosse equivalente a quello dei dirigenti di seconda fascia del Ministero. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che, in caso di trasferimento tra amministrazioni pubbliche, il dipendente è soggetto al quadro normativo e contrattuale dell’ente ricevente. La Corte ha sottolineato che la posizione di dirigente di seconda fascia richiede il superamento di uno specifico concorso pubblico, che gli appellanti non avevano sostenuto, legittimando così il loro specifico inquadramento dirigenti sanitari.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Inquadramento Dirigenti Sanitari: Quando il Trasferimento non Significa Equiparazione

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, n. 7107 del 2024, affronta una questione cruciale per il pubblico impiego: l’inquadramento dei dirigenti sanitari a seguito di un trasferimento per mobilità da un ente del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) al Ministero della Salute. La pronuncia chiarisce che il passaggio a una nuova amministrazione comporta l’applicazione delle regole organizzative e contrattuali di quest’ultima, senza un’automatica equiparazione delle qualifiche.

I Fatti: Dal Servizio Sanitario al Ministero della Salute

Il caso ha origine dalla domanda di alcuni lavoratori, dipendenti del Ministero della Salute, provenienti per mobilità da Enti del Servizio Sanitario Nazionale. Inquadrati come “dirigenti delle professionalità sanitarie”, lamentavano di aver ricevuto una posizione deteriore rispetto a quella dei dirigenti di seconda fascia del Ministero. In particolare, denunciavano di non essere stati ammessi agli interpelli per l’attribuzione di incarichi di seconda fascia, ritenendo di averne diritto.

La Controversia: Richiesta di Equiparazione e Rischio di Dequalificazione

I ricorrenti sostenevano che l’Amministrazione avesse erroneamente applicato un trattamento distinto, violando il principio di corretta riclassificazione basato sulla posizione ricoperta nell’ente di provenienza. A loro avviso, il trasferimento per mobilità, assimilabile a una cessione di contratto, imponeva di individuare la posizione più corrispondente nell’ente di destinazione, applicando un criterio sostanziale e non meramente formale. Il mancato riconoscimento della loro posizione come equivalente a quella di un dirigente di seconda fascia, secondo la loro tesi, configurava una vera e propria dequalificazione professionale.

Le Regole sull’Inquadramento dei Dirigenti Sanitari e la Mobilità

La difesa del Ministero e le decisioni dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) si sono basate su un quadro normativo e contrattuale specifico. La Corte d’Appello aveva evidenziato che i ricorrenti non avevano mai superato il concorso per l’accesso alla dirigenza di seconda fascia, come richiesto dall’art. 28 del D.Lgs. 165/2001. Inoltre, sia la contrattazione collettiva (CCNL 21 aprile 2006) che la legge (L. n. 120 del 2007) prevedevano un’apposita e distinta sezione per i dirigenti delle professionalità sanitarie all’interno del ruolo dirigenziale del Ministero, delineando un percorso e mansioni specifici.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando le sentenze dei gradi precedenti e fornendo importanti chiarimenti sull’istituto della mobilità nel pubblico impiego.

Le Motivazioni

La Corte ha ribadito un principio consolidato (già espresso da Cass. S.U. n. 22800/2010): il trasferimento di personale tra diverse amministrazioni pubbliche comporta l’inserimento del dipendente in una nuova realtà organizzativa. Di conseguenza, si applica il trattamento giuridico ed economico previsto dai contratti collettivi vigenti nell’amministrazione di destinazione. Il trasferimento è una modifica soggettiva del rapporto di lavoro, assimilabile alla cessione del contratto, ma soggetta alle regole pubblicistiche.

Nel caso specifico, la normativa non prevedeva alcuna equiparazione tra i dirigenti delle professionalità sanitarie e i dirigenti di seconda fascia. Anzi, ha creato per i primi un’apposita sezione con compiti ben definiti (consulenza, studio, ricerca, ispezione), distinti da quelli gestionali tipici della dirigenza di seconda fascia. L’accesso a quest’ultima qualifica, nelle amministrazioni statali, è subordinato per legge al superamento di un concorso pubblico. Pertanto, i ricorrenti non possedevano i requisiti per rivendicare l’inquadramento superiore.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce con chiarezza che la mobilità tra pubbliche amministrazioni non implica un diritto automatico al mantenimento di una posizione identica o equivalente in termini di qualifica. L’inquadramento dei dirigenti sanitari, così come di qualsiasi altro dipendente pubblico trasferito, deve avvenire nel rispetto della struttura organizzativa, della disciplina legale e del contratto collettivo dell’amministrazione di arrivo. Non si può parlare di dequalificazione professionale se il nuovo inquadramento è la corretta applicazione di tali norme specifiche, anche se questo comporta l’inserimento in una sezione distinta e con percorsi di carriera differenti.

Il trasferimento di un dirigente sanitario da un Ente del Servizio Sanitario Nazionale a un Ministero garantisce automaticamente lo stesso livello dirigenziale?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il dipendente trasferito è soggetto al sistema organizzativo, normativo e contrattuale dell’amministrazione di destinazione. L’inquadramento dipende dalle regole specifiche di quest’ultima e non da un’equiparazione automatica.

Per accedere alla qualifica di dirigente di seconda fascia nelle amministrazioni statali è sufficiente provenire da un ruolo dirigenziale in un’altra pubblica amministrazione?
No. La sentenza ribadisce che per l’accesso alla qualifica di dirigente di seconda fascia nelle amministrazioni statali è necessario il superamento di un’apposita procedura concorsuale, come previsto dall’art. 28 del d.lgs. n. 165 del 2001.

Il differente inquadramento a seguito di mobilità costituisce una dequalificazione professionale?
Non necessariamente. In questo caso, la Corte ha ritenuto legittimo l’inquadramento in una sezione distinta perché previsto da specifiche norme di legge (L. 120/2007) e dal contratto collettivo (CCNL 21 aprile 2006), che disciplinano appositamente il ruolo dei dirigenti delle professionalità sanitarie presso il Ministero della Salute.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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