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Inquadramento contrattuale: CCNL Turismo o domestico?

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito sull’inquadramento contrattuale di una lavoratrice impiegata presso una struttura ricettiva gestita da un ente religioso. È stato stabilito che, data la natura imprenditoriale dell’attività (pensione con servizi di ristorazione e alloggio), il parametro corretto per la retribuzione è il CCNL Turismo e non quello del lavoro domestico, anche se l’affluenza di ospiti è stagionale. La Corte ha rigettato il ricorso dell’ente, sottolineando l’impossibilità di rivalutare i fatti in sede di legittimità.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Inquadramento Contrattuale: Quando si Applica il CCNL Turismo in Strutture Gestite da Enti Religiosi?

La determinazione del corretto inquadramento contrattuale è una questione cruciale nel diritto del lavoro, poiché da essa dipendono retribuzione, diritti e tutele del lavoratore. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico, chiarendo la distinzione tra lavoro domestico e lavoro nel settore turistico, anche quando il datore di lavoro è un ente religioso. La Corte ha stabilito che a prevalere è la natura effettiva dell’attività svolta, non la forma giuridica del datore di lavoro.

I Fatti di Causa

Una lavoratrice aveva prestato servizio per quasi vent’anni, dal 1989 al 2006, presso una struttura gestita da un ente religioso, svolgendo mansioni di cuoca e, all’occorrenza, di cameriera di sala e ai piani. L’ente l’aveva inquadrata come lavoratrice domestica, ma la dipendente ha rivendicato in giudizio le differenze retributive, sostenendo che le sue mansioni e la natura dell’attività fossero riconducibili al settore turistico.

Il Tribunale di primo grado le ha dato ragione, riconoscendole il diritto a un cospicuo importo basato sui parametri del CCNL Aziende del settore turismo, livello IV. La Corte d’Appello ha parzialmente riformato la sentenza, riducendo l’importo ma confermando l’impianto principale: l’attività svolta dall’ente era a tutti gli effetti un’impresa alberghiera, e non un semplice servizio domestico per i membri della congregazione.

Il Ricorso in Cassazione e l’Inquadramento Contrattuale Contestato

L’ente religioso ha proposto ricorso per Cassazione, contestando l’inquadramento contrattuale applicato. La difesa dell’ente si basava principalmente su due punti: la stagionalità dell’attività, che a loro dire era concentrata nei mesi estivi, e la natura non prettamente commerciale dell’esercizio, che avrebbe dovuto giustificare l’applicazione del contratto del lavoro domestico, più vantaggioso per il datore di lavoro.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, fornendo importanti chiarimenti sull’inquadramento contrattuale in contesti simili.

La Natura dell’Attività Prevale sulla Forma del Datore di Lavoro

Il punto centrale della decisione è che, per determinare il contratto collettivo di riferimento, bisogna guardare all’attività concretamente esercitata. I giudici di merito avevano accertato che la struttura era una vera e propria pensione, con servizi organizzati di ristorazione e alloggio offerti a un pubblico. Questa natura imprenditoriale e turistico-ricettiva rende inadeguato il CCNL del lavoro domestico e impone di utilizzare come parametro equitativo, ai sensi dell’art. 36 della Costituzione, quello del settore turismo.

L’Irrilevanza della Variazione Stagionale

La Corte ha smontato anche l’argomento della stagionalità. È stato accertato che la struttura operava per tutto l’arco dell’anno. Il fatto che nei mesi invernali ci fossero meno ospiti comportava una riduzione dell’impegno orario della lavoratrice, ma non cambiava la natura delle sue mansioni né dell’attività alberghiera. L’inquadramento contrattuale non può quindi variare in base all’affluenza.

I Limiti del Giudizio di Cassazione

Infine, la Corte ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Non può rivalutare le prove o i fatti già accertati nei precedenti gradi di giudizio. Poiché sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano concordato sulla natura imprenditoriale dell’attività (c.d. “doppia conforme”), tale accertamento non poteva essere messo nuovamente in discussione.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza un principio fondamentale: per un corretto inquadramento contrattuale, ciò che conta è la sostanza dell’attività economica e delle mansioni svolte dal dipendente. Un ente, anche se religioso, che gestisce un’attività di tipo alberghiero in modo organizzato e imprenditoriale, è tenuto a riconoscere ai propri dipendenti una retribuzione equa, parametrata al contratto collettivo del settore turistico. La natura del datore di lavoro o le fluttuazioni stagionali del business non possono essere usate come pretesto per applicare un contratto meno favorevole al lavoratore, quale quello del lavoro domestico.

Se un ente religioso gestisce una struttura ricettiva, può applicare il contratto del lavoro domestico ai suoi dipendenti?
No. Secondo la Corte, se l’attività è gestita in modo imprenditoriale, con servizi organizzati di ristorazione e alloggio aperti al pubblico, si deve fare riferimento al contratto collettivo del settore turistico per stabilire la giusta retribuzione, non a quello del lavoro domestico.

La stagionalità dell’attività turistica influisce sull’inquadramento contrattuale del lavoratore?
No. La Corte ha chiarito che anche se l’attività ha picchi stagionali (più ospiti in estate), ma prosegue durante tutto l’anno, la natura del rapporto di lavoro non cambia. La variazione dell’impegno orario non modifica l’inquadramento contrattuale, che resta quello del settore turistico-ricettivo.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti di una causa già decisa da due tribunali?
No. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è rivalutare le prove o ricostruire i fatti, ma solo controllare che i giudici precedenti abbiano applicato correttamente la legge. Ciò è particolarmente vero in caso di “doppia conforme”, quando le sentenze di primo e secondo grado concordano sulla ricostruzione dei fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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