Inibitoria Appello: Quando il Timore di Non Recuperare le Somme Non Basta
L’ordinanza della Corte d’Appello di Firenze offre un’importante lezione sui requisiti necessari per ottenere la sospensione dell’esecutività di una sentenza di primo grado. Con una decisione chiara, i giudici hanno respinto un’istanza di inibitoria in appello, sottolineando che il semplice timore di non poter recuperare le somme versate, se non adeguatamente provato, non è sufficiente a integrare il requisito del pregiudizio grave e irreparabile.
Il Caso: La Richiesta di Sospensione dell’Esecutività
Una parte soccombente in primo grado ha presentato appello e, contestualmente, ha richiesto la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza. La sua argomentazione principale non era l’incapacità di pagare, ma il rischio che, in caso di accoglimento del gravame, non sarebbe stata in grado di recuperare le somme versate agli eredi dei professionisti, le controparti del giudizio. L’appellante ha lamentato questo potenziale pregiudizio, senza però fornire elementi concreti a sostegno del suo timore.
Analisi della Corte sull’Inibitoria in Appello: i Requisiti Mancanti
La Corte d’Appello ha esaminato l’istanza alla luce dei due requisiti fondamentali previsti dall’art. 283 del Codice di Procedura Civile: il periculum in mora (pregiudizio grave e irreparabile) e il fumus boni iuris (la manifesta fondatezza dell’appello).
L’Assenza del “Periculum in Mora”
Il collegio ha ritenuto insussistente il primo requisito. I giudici hanno chiarito che il danno ‘fisiologico’ derivante dall’esecuzione di una sentenza (cioè il pagamento di una somma) non costituisce di per sé un pregiudizio grave e irreparabile. Per ottenere la sospensione, l’appellante deve dimostrare un danno ulteriore e più severo. Nel caso specifico, il timore di non recuperare le somme è stato considerato generico perché non supportato da prove concrete che dimostrassero l’incapienza o l’inaffidabilità delle controparti. Inoltre, la Corte ha notato che gli importi in discussione, relativi principalmente a spese di lite, apparivano ‘pro capite abbastanza contenuti’, riducendo ulteriormente la portata del presunto pregiudizio.
La Mancanza della “Manifesta Fondatezza”
Oltre al periculum, la Corte ha valutato la fondatezza dell’appello. La sospensione può essere concessa quando la sentenza impugnata appare affetta da errori ictu oculi, cioè evidenti a una prima e sommaria analisi. Anche su questo fronte, i giudici non hanno ravvisato una ‘manifesta evidenza’ di fondatezza del gravame, escludendo quindi anche il secondo presupposto necessario per accogliere l’istanza.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa dei presupposti per la concessione dell’inibitoria. La Corte ha ribadito che la sospensione dell’esecutività è un’eccezione alla regola generale e, come tale, va concessa con cautela. L’onere della prova grava interamente sull’appellante, che deve andare oltre la mera allegazione di un rischio, fornendo elementi fattuali e concreti che ne dimostrino la serietà e l’irreparabilità. Un timore soggettivo o una generica preoccupazione non sono sufficienti per paralizzare gli effetti di una pronuncia giudiziale.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza della Corte d’Appello di Firenze serve come monito per chi intende richiedere la sospensione di una sentenza. Le implicazioni pratiche sono chiare: per avere successo, un’istanza di inibitoria in appello deve essere solidamente costruita su due pilastri. In primo luogo, è necessario dimostrare in modo circostanziato e documentato che l’esecuzione immediata causerebbe un danno non solo grave, ma anche irreparabile. In secondo luogo, bisogna evidenziare che le censure mosse alla sentenza di primo grado sono talmente palesi da far apparire l’appello come manifestamente fondato. In assenza di una prova rigorosa su entrambi i fronti, la richiesta di sospensione è destinata a essere respinta.
Quando si può ottenere la sospensione di una sentenza di primo grado in appello?
Secondo l’ordinanza, la sospensione può essere concessa solo se ricorrono congiuntamente due condizioni: l’appello appare manifestamente fondato (ovvero la sentenza di primo grado presenta errori evidenti) e sussiste il rischio di un pregiudizio grave e irreparabile derivante dalla sua immediata esecuzione.
Il rischio di non riuscire a recuperare le somme pagate è sufficiente per ottenere l’inibitoria?
No, da solo non è sufficiente. La Corte afferma che l’appellante deve allegare e dimostrare concretamente la fondatezza di tale timore. Una preoccupazione generica, specialmente per importi contenuti, non è considerata sufficiente a costituire il ‘pregiudizio grave e irreparabile’ richiesto dalla legge.
Cosa intende la Corte per pregiudizio ‘grave e irreparabile’?
La Corte chiarisce che il pregiudizio ‘grave e irreparabile’ non consiste nel solo danno fisiologico conseguente all’esecuzione della sentenza (cioè il dover pagare). Deve trattarsi di un nocumento più significativo, che nel caso di specie l’appellante non ha né allegato concretamente né tantomeno dimostrato.
Testo del provvedimento
ORDINANZA CORTE DI APPELLO DI FIRENZE – N. R.G. 00000085-1 2025 DEL 30 04 2025 PUBBLICATA IL 02 05 2025
CORTE D’APPELLO DI FIRENZE IV SEZIONE
La Corte d’Appello nelle persone dei seguenti magistrati:
dott. ssa NOME COGNOME Presidente
dott. ssa NOME COGNOME Relatore
dott. ssa NOME COGNOME Consigliere
riunita in Camera di consiglio telematica mediante collegamento da remoto attraverso l’applicativo RAGIONE_SOCIALE a partire dalle ore 9,30;
ha emesso nella causa n. r.g. 85/2025 pendente tra
contro
+ 7
la seguente
ORDINANZA
Letti gli atti;
visto il decreto presidenziale con cui è stato disposto lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, con riserva alla Corte di successiva adozione fuori udienza di ogni opportuno provvedimento;
lette le conclusioni scritte depositate telematicamente dai procuratori delle parti in conformità all’invito formulato con precedente decreto;
visto l’art. 283 c.p.c.;
ritenuto che nel caso in esame non sussista il cd. periculum in mora, che è requisito che non può consistere nel solo danno (fisiologico) conseguente all’esecuzione della sentenza appellata, ma deve invece risolversi in un pregiudizio grave ed irreparabile, che l’appellante non ha concretamente allegato (né tantomeno dimostrato); in particolare, che ha ammesso di poter pagare le somme oggetto di condanna, ha lamentato il rischio, in caso di accoglimento dell’appello, di non recuperare quanto pagato agli eredi dei professionisti (dunque dagli appellati diversi dagli assicuratori), ma non ha circostanziato e dimostrato la fondatezza del suo timore, tanto più che gli importi di cui si discute (solo per spese di lite) appaiono pro capite abbastanza contenuti;
rilevato che intanto può essere sospesa l’efficacia esecutiva di una sentenza di primo grado in mancanza di un allegato e comprovato pregiudizio grave e irreparabile, in quanto l’impugnazione, sulla base della delibazione sommaria che caratterizza questa fase, appaia manifestamente fondata, ovvero la sentenza sia affetta da errori ictu oculi immediatamente evidenti, e la soluzione adottata dal primo giudice non appaia a prima vista confermabile neppure attraverso una diversa motivazione, sulla base delle difese riproposte da parte appellata;
escluso che nel caso in esame ricorra tale manifesta evidenza;
P.Q.M.
Visto l’art. 351 comma 3 cpc, a conferma del decreto presidenziale del 27.1.2025, respinge l’istanza d’inibitoria.
Si comunichi
Firenze, 30/04/2025.
Il Presidente dott. ssa NOME COGNOME