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Infortunio sportivo: quando l’associazione non risponde

Una praticante di arti marziali subisce un infortunio sportivo a causa della caduta di un’altra allieva. Il Tribunale esclude la responsabilità dell’associazione, qualificando l’evento come caso fortuito e rischio connaturato alla disciplina, nonostante la presenza degli istruttori. La domanda di risarcimento è stata respinta.

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Pubblicato il 11 novembre 2024 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

Infortunio Sportivo: quando l’Associazione non è Responsabile?

Un infortunio sportivo durante un allenamento solleva spesso dubbi sulla responsabilità dell’associazione o della palestra. Una recente sentenza del Tribunale di Torino ha chiarito i confini di tale responsabilità, stabilendo che non sussiste colpa quando l’incidente rientra nel normale rischio connesso alla pratica sportiva, configurandosi come un caso fortuito. Questo articolo analizza la decisione, offrendo spunti preziosi per atleti e gestori di centri sportivi.

I fatti di causa

Una giovane atleta, durante una lezione di arti marziali, ha subito un grave trauma distorsivo al ginocchio destro con lesione del legamento crociato anteriore. L’infortunio è stato causato dalla caduta accidentale di un’altra allieva durante l’esecuzione di un esercizio a coppie.

L’atleta infortunata ha citato in giudizio l’associazione sportiva, sostenendo che l’incidente fosse avvenuto a causa dell’insufficiente vigilanza e assistenza da parte degli istruttori presenti. A suo dire, la mancata supervisione avrebbe permesso un’esecuzione scorretta dell’esercizio, portando alla caduta e al conseguente danno. La richiesta di risarcimento ammontava a oltre 25.000 euro.

L’associazione si è difesa contestando la ricostruzione dei fatti, evidenziando la genericità delle accuse e l’assenza di prove concrete sulla dinamica dell’incidente e su una presunta colpa degli istruttori.

La responsabilità per infortunio sportivo nel contesto associativo

Il Tribunale ha inquadrato la questione nell’ambito della responsabilità extracontrattuale, in particolare richiamando l’articolo 2048 del Codice Civile, che regola la responsabilità dei precettori e dei maestri per i danni causati dai loro allievi. La giurisprudenza ha esteso l’applicazione di questa norma anche ai corsi sportivi tenuti da associazioni private.

Condizioni per la responsabilità

Perché l’associazione sia ritenuta responsabile, devono sussistere due condizioni:
1. Fatto illecito dell’allievo: Il danno deve essere conseguenza di un’azione illecita compiuta da un altro partecipante al corso. Un atto è considerato illecito se presenta un grado di violenza o una violazione delle regole incompatibili con la natura dello sport praticato.
2. Mancata prova liberatoria: L’associazione deve dimostrare di aver adottato tutte le misure idonee a prevenire l’evento dannoso. Questo include non solo la vigilanza, ma anche la predisposizione di cautele adeguate al tipo di attività.

La decisione del Tribunale di Torino

Il giudice ha respinto integralmente la domanda dell’atleta, escludendo qualsiasi responsabilità dell’associazione sportiva. La decisione si fonda sulla qualificazione dell’evento come un caso fortuito, un incidente imprevedibile e inevitabile nel contesto specifico dell’attività praticata.

Le motivazioni

Le motivazioni della sentenza sono cruciali per comprendere i limiti della responsabilità in caso di infortunio sportivo. Il Tribunale ha osservato che le arti marziali, per loro natura, implicano il contatto fisico e l’esecuzione di tecniche a coppie che comportano un rischio intrinseco di cadute e lesioni. L’errata esecuzione di una presa, con conseguente perdita di equilibrio, è un’eventualità comune e prevedibile durante l’apprendimento.

Dalle testimonianze è emerso che:
* La lezione si svolgeva regolarmente, con gli allievi divisi in coppie.
* Erano presenti due istruttori che supervisionavano i diversi gruppi.
* L’esercizio in corso era una tecnica di base, propedeutica al combattimento, e non un combattimento vero e proprio.
* L’infortunio è derivato da un movimento repentino e da una perdita di equilibrio, non da un’azione violenta o scorretta volontariamente.

Il giudice ha concluso che l’incidente non superava la soglia del “rischio consentito” dalla pratica sportiva. Si è trattato di un evento connaturato all’attività, non prevenibile neppure con una sorveglianza più stringente. La rapidità dell’azione avrebbe reso impossibile per un istruttore, anche se posto accanto alla coppia, intervenire per evitare la caduta. L’evento è stato quindi considerato estraneo alla sfera di controllo dell’associazione e dei suoi preposti.

Le conclusioni

La sentenza del Tribunale di Torino riafferma un principio fondamentale: non ogni infortunio sportivo genera automaticamente un diritto al risarcimento. Le associazioni sportive non sono tenute a garantire l’incolumità assoluta degli atleti, ma a predisporre le cautele ragionevolmente esigibili per prevenire incidenti che esulino dalla normale alea dello sport.

Quando un infortunio è la conseguenza di un errore tecnico o di una caduta accidentale, che rientrano nella normale dinamica di una disciplina, specialmente se di contatto, si configura un caso fortuito. In assenza di una palese violazione delle regole del gioco o di una comprovata negligenza nella vigilanza, la responsabilità dell’associazione deve essere esclusa. La scelta di praticare uno sport implica l’accettazione dei rischi che esso intrinsecamente comporta.

Quando un’associazione sportiva è responsabile per un infortunio sportivo tra allievi?
L’associazione è responsabile quando il danno è conseguenza di un fatto illecito di un altro allievo (un’azione con violenza anomala o in violazione delle regole) e quando l’associazione stessa non riesce a provare di aver adottato tutte le misure idonee a prevenire l’evento.

Un errore tecnico durante un allenamento è sufficiente a fondare la responsabilità dell’associazione?
No. Secondo la sentenza, l’errata esecuzione di un esercizio che provoca una perdita di equilibrio e una caduta costituisce un’eventualità prevedibile e comune nell’apprendimento di discipline come le arti marziali. Se non eccede la normale prassi dell’allenamento, viene considerato un caso fortuito non imputabile all’associazione.

Cosa si intende per ‘rischio connaturato’ in un contesto di infortunio sportivo?
Si riferisce al rischio intrinseco e ineliminabile legato alla pratica di una specifica disciplina sportiva. Nelle arti marziali, questo include il contatto fisico e la possibilità di cadute o infortuni dovuti a errori tecnici. L’atleta, scegliendo di praticare tale sport, accetta questo livello di rischio, che esclude la responsabilità di terzi se l’incidente rientra in questa normale alea.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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