Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20938 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 20938 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 26/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 30950-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME NOME, domiciliato in INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 506/2020 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 09/10/2020 R.G.N. 263/2019;
Oggetto
Dirigente – rapporto privato -dimissioni preavviso -indennità -TFR base di calcolo
R.G.N. 30950/2020
COGNOME.
Rep.
Ud. 04/06/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/06/2024 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa sede, in funzione di giudice del lavoro, con la quale, in accoglimento del ricorso proposto da NOME COGNOME, la società RAGIONE_SOCIALE era stata condannata al pagamento in suo favore della complessiva somma di € 181.545,25, oltre accessori (€ 105.895,68 a titolo di indennità sostitutiva del preavviso, € 30.900 a titolo di indennità di trasferta, € 23.136 a titolo di compenso per lavoro supplementare, € 11.965,78 a titolo di integrazione TFR, € 9.647,79 in restituzione dell’importo illegittimamente trattenuto dalle competenze di fine rapporto per indennità sostitutiva del preavviso); tali somme sono state riconosciute all’ing. NOME, dirigente della società dimessosi con lettera del 13.2.2017, a seguito di accertamento che il recesso dal rapporto era avvenuto in presenza dell’ipotesi di cui all’art. 16 CCNL dirigenti industriali (che prevede che: ‘ Il dirigente che, a seguito di mutamento della propria attività sostanzialmente incidente sulla sua posizione, risolva, entro 60 giorni, il rapporto di lavoro avrà diritto, oltre al trattamento di fine rapporto, anche ad un trattamento pari all’indennità sostitutiva del preavviso spettante in caso di licenziamento ‘);
avverso la sentenza della Corte d’Appello propone ricorso per cassazione la società con cinque motivi, illustrati da memoria; resiste con controricorso il dirigente; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo, la società ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.), violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 ss. c.c. in relazione all’organigramma del 2017; sostiene che i giudici di merito, anche per essersi basati sulla documentazione in atti senza dar luogo a prove testimoniali, hanno erroneamente ritenuto accertato il mutamento nell’attività del dirigente, non contestato dalla società, come avvenuto dopo la data spartiacque del 15.12.2016, e non, come sostenuto dalla società, in precedenza, così da rendere le dimissioni non rientranti nella previsione contrattuale collettiva , e l’azione della società conforme al legittimo ius variandi ;
il motivo è inammissibile, perché involge un accertamento in fatto mediante una sostanziale richiesta di rivalutazione delle prove, non consentita in sede di legittimità, tanto più in caso di pronuncia cd. doppia conforme;
la Corte territoriale ha ritenuto dimostrato, alla luce delle risultanze istruttorie, che, da fine 2016 – inizio 2017, l’odierno controricorrente aveva subito un consistente mutamento della propria attività, sostanzialmente incidente sulla sua posizione, per effetto della sottrazione di una serie di incarichi che ricopriva e di rapporti gerarchici o funzionali con altri uffici e dipendenti della società funzionali allo svolgimento di detti incarichi; che tale svuotamento era stato formalizzato con il nuovo organigramma aziendale del 2/2/2017, immediatamente precedente le dimissioni; che i dedotti capitoli di prova per testimoni erano superflui, perché valutativi e generici;
detta valutazione del mutamento dell’attività sostanzialmente incidente sulla posizione del dirigente a una certa data è stata operata dai giudici di merito nell’ambito del potere, loro spettante e discrezionale, di selezione e valutazione
delle prove, adeguatamente motivato e non censurabile in Cassazione in vista della sollecitazione di un inammissibile terzo grado di merito, palesandosi logica e congrua la lettura della norma contrattuale collettiva in riferimento al caso concreto, nel senso della cristallizzazione di un fenomeno progressivo in termini formali e riconosciuti all’interno e all’esterno della società quale momento di verificazione dell’evento ivi previsto;
con il secondo motivo, la società ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.), violazione e falsa applicazione degli artt. 2099, comma 3, e 2120 c.c.; sostiene che la Corte d’Appello, nel calcolare l’incidenza dei fringe benefits sugli istituti indiretti (a partire dal TFR) ha erroneamente utilizzato il valore del benefit auto aziendale per uso promiscuo parametrato ai chilometri annualmente percorsi, considerando l’ammontare dei rimborsi sostenuti per il carburante e i pedaggi autostradali, e valorizzando il costo dell’auto e il fatto che le spese di manutenzione e assicurazione fossero a carico della società (quindi un valore di € 1.200 mensili), anziché l’importo indicato in busta paga (€ 259,95 mensili);
il motivo non è fondato;
il valore dell’auto aziendale concessa al dipendente deve effettivamente rientrare nella base di calcolo del TFR e dell’indennità di preavviso, sempre che si tratti di beneficio riconosciuto contrattualmente dal datore al prestatore di lavoro come beneficio in natura e pattiziamente inserito nella struttura sinallagmatica del contratto di lavoro; il valore dell’uso e della disponibilità, anche a fini personali, di un’autovettura concessa contrattualmente dal datore di lavoro al lavoratore come beneficio in natura rappresenta il contenuto di un’obbligazione che, anche ove non ricollegabile ad una specifica prestazione, è suscettibile di essere considerata di natura retributiva, con tutte
le relative conseguenze, se pattiziamente inserita nella struttura sinallagmatica del contratto di lavoro cui essa accede, e, pertanto, il controvalore in denaro deve essere computato nella base di calcolo dell’indennità di fine rapporto (Cass. n. 16129/2002, n. 19616/2003);
conformandosi a tali principi, la Corte territoriale ha richiamato il precedente di cui a Cass. n. 16636/2012, circa l’inclusione nella base di calcolo della retribuzione ai fini del calcolo dell’indennità di preavviso di tutti gli emolumenti che trovano la loro causa tipica e normale nel rapporto di lavoro cui sono istituzionalmente connessi, anche se non strettamente correlati alla effettiva prestazione lavorativa, con esclusione solo delle somme rispetto alle quali il rapporto di lavoro costituisce una mera occasione contingente per la relativa fruizione, così da ricomprendere nel calcolo degli emolumenti citati il controvalore dell’uso dell’autovettura di proprietà del datore di lavoro utilizzata anche per motivi personali, le relative spese di assicurazione e accessorie, nonché le polizze assicurative stipulate dal datore di lavoro a favore del lavoratore;
la Corte di Firenze ha perciò dato rilievo a una serie di elementi integranti il risparmio di spesa del lavoratore provvisto di autovettura aziendale per uso promiscuo quale base di calcolo, risparmio assimilabile a retribuzione in natura, criterio congruo ed esplicitato in conteggi prodotti dalla parte interessata e ritenuti attendibili in tale ottica; al contrario, la società non ha fornito (quantomeno in questa sede) spiegazioni circa la base di calcolo per il diverso importo inserito per il titolo in questione in busta paga;
con il terzo motivo, la società ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.), violazione degli artt. 2099, comma 3, e 2120 c.c.,
dell’art. 12 CCNL Dirigenti industriali; contesta l’accoglimento della domanda del dirigente in merito al ricalcolo della retribuzione ai fini del TFR anche per quanto concerne i premi di polizze infortuni e morte in realtà non stipulate;
11. il motivo non è fondato;
nella sentenza gravata si è osservato sul punto, analizzando la norma contrattuale collettiva pertinente, che si tratta di utilità correlata al rapporto di lavoro, alla quale il dirigente avrebbe avuto diritto, con pagamento da parte del datore dei relativi premi assicurativi a prescindere dalla verificazione dell’evento dal quale dipende l’erogazione della provvidenza;
va in primo luogo rilevato che la società ricorrente non ha prodotto in questa sede copia integrale del ccnl di riferimento, non ha fornito specifiche indicazioni circa la sua attuale collocazione, né infine ha trascritto per intero la clausola contrattuale di cui si discute, adempimenti questi tutti necessari alla funzione nomofilattica assegnata alla Corte di cassazione nell’esercizio del sindacato di legittimità sull’interpretazione della contrattazione collettiva di livello nazionale (cfr. Cass. Sez.Un. 23 settembre 2010, n. 20075), e non apparendo al detto fine sufficienti gli stralci ripostati nel testo della sentenza;
è comunque rimasto accertato che il datore di lavoro è rimasto inadempiente rispetto al pagamento di un elemento di retribuzione previsto contrattualmente; a quanto è dato comprendere dal motivo di ricorso (non del tutto chiaro), tale inadempimento datoriale porterebbe all’esclusione di tale voce dalla base di calcolo di indennità di preavviso e TFR; ma si tratta di una tesi non condivisibile, perché premierebbe l’inadempimento (quantunque in mancanza di evento dann oso) con la diminuzione della base di calcolo in discussione, risultato
ritenuto dalla Corte territoriale -con plausibile e congrua motivazione – non conforme allo spirito e alla lettera della norma contrattuale;
15. con il quarto motivo, la società ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.), violazione degli artt. 1362 ss. c.c.; contesta l’accoglimento della domanda di corresponsione dell’indennità di trasferta per i viaggi del dirigente presso lo stabilimento di Jagodina (Serbia); sostiene che l’indennità non era dovuta, in quanto ricompresa nel compenso pattuito per i compiti in Serbia;
16. il motivo è inammissibile, perché esprime un mero dissenso rispetto all’interpretazione di una clausola contrattuale, attività riservata al merito, e nella specie conforme nel doppio grado;
secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la censura di violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, al pari di quella per vizio di motivazione, non può risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione, posto che, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito – alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – censurare in sede di legittimità il fatto che sia stata privilegiata l’altra; per il principio di autonomia del ricorso per cassazione ed il carattere limitato di tale mezzo di impugnazione, si deve escludere l’ammissibilità di una sostanziale prospettazione di tesi difformi da quelle recepite dal giudice di merito, di cui si chiede a tale stregua un riesame, inammissibile in sede di legittimità (v. Cass. n. 14270/2024, n. 33425/2022, n. 27702/2020, n. 16368/2014, n. 24539/2009, n. 10131/2006);
18. con il quinto motivo, la società ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.), violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c., 1362 ss. e 2120 c.c.; censura la conferma della sentenza di primo grado in relazione al diritto del dirigente alla corresponsione del compenso per lavoro straordinario;
19. il motivo non è fondato;
in diritto la sentenza gravata si è conformata ai principi espressi da Cass. n. 21253/2012, secondo cui, nei confronti del personale direttivo, escluso dalla disciplina legale delle limitazioni dell’orario di lavoro, il diritto al compenso per lavoro straordinario può sorgere nel caso in cui la normativa collettiva (o la prassi aziendale o il contratto individuale) delimiti anche per esso un orario normale di lavoro, che risulti nel caso concreto superato; nel caso concreto, si è dato atto che il ricorrente era stato assunto con orario di lavoro a tempo parziale con delimitazione oraria, con conseguente diritto alla retribuzione per il lavoro supplementare;
in fatto, le doglianze circa la dimostrazione del lavoro straordinario rappresentano una contestazione della valutazione probatoria dei giudici di merito, insindacabile in sede di legittimità qualora congruamente argomentata (Cass. n. 29404/2017, n. 1229/2019, S.U. n. 34476/2019, S.U. 20867/2020, n. 5987/2021, n. 6774/2022, n. 36349/2023); si deduce, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti e delle prove operata nel merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi, al fine di un loro riesame (v. Cass. n. 15568/2020, e
giurisprudenza ivi richiamata; cfr. Cass. n. 8758/2017, n. 18721/2018, n. 20814/2018, n. 20553/2021) ;
il ricorso deve pertanto essere respinto, con regolazione secondo il regime della soccombenza delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo;
al rigetto dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 8.000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 4 giugno 2024.