Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26757 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 26757 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/10/2025
SENTENZA
sul ricorso 21464-2019 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME, COGNOME NOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 702/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 08/01/2019 R.G.N. 41/2018;
Oggetto
Indennità
supplementare
Imponibile contributivo
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 24/06/2025
PU
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/06/2025 dalla Consigliera AVV_NOTAIO. NOME COGNOME; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale AVV_NOTAIO COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME; udito l’avvocato AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte di appello di Torino, in riforma della decisione di primo grado, ha «annulla(to)» l’avviso di addebito RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto l’importo di euro 78.419,63 a titolo di contribuzione dovuta alla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE per l’indennità supplementare corrisposta ad un lavoratore, a seguito del riconoscimento giudiziale della sussistenza di un rapporto di lavoro dirigenziale e di un recesso datoriale ingiustificato.
1.1. La Corte territoriale, richiamata la normativa di riferimento, ha escluso che vi fossero i presupposti per assoggettare l’indennità supplementare all’obbligo contributivo, stante la natura risarcitoria dalla stessa.
1.2. A contrarie conclusioni non orientava la pronuncia della Suprema Corte nr. 1890 del 2015, resa in relazione ad una controversia tributaria che, ai fini dell’individuazione dell’imponibile fiscale, non pienamente coincidente con quello contributivo, ne valorizzava la natura di erogazione avente comunque causa nel rapporto di lavoro, sia pure con la finalità di compensare il lavoratore della perdita del posto di lavoro.
1.3. Per la Corte di merito, l’indennità supplementare non ha natura retributiva che, invece, solo rileva ai fini dell’individuazione dell’imponibile contributivo. L’emolumento
economico vale esclusivamente a risarcire il dirigente a fronte di un inadempimento datoriale agli obblighi contrattuali.
Avverso la decisione, ha proposto ricorso l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE con un unico motivo, cui ha resistito la società RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, con controricorso, illustrato con memoria.
2.1. Fissata la trattazione della causa in adunanza camerale, la stessa è stata poi rinviata all’odierna udienza pubblica. Il PG, come riportato in epigrafe, ha concluso per il rigetto del ricorso.
RAGIONI RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso – ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. – l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 della legge n. 153 del 1969 e dell’art. 6 D.P.R. n. 314 del 1997, con riferimento alla ritenuta natura risarcitoria dell’indennità supplementare riconosciuta ai Dirigenti delle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ai sensi degli artt. 19 e 22 del contratto collettivo di riferimento.
2.1. L’Istituto censura le conclusioni della Corte di appello. Assume che la qualificazione dell’indennità supplementare in termini di indennità risarcitoria è argomento insufficiente ad escluderne l’assoggettabilità a contribuzione. Per l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, nell’ambito delle erogazioni aventi finalità risarcitorie, connesse alla cessazione del rapporto, occorre distinguere tra quelle volte a risarcire il cd. danno emergente e le indennità finalizzate a coprire il cd. lucro cessante. Le prime non concorrono a formare l’imponibile contributivo, in quanto volte a reintegrare il patrimonio o la personalità del lavoratore, come è l’indennità sostitutiva di reintegrazione oppure il risarcimento, per esempio, per danno morale o biologico. Le seconde, invece, finalizzate a
ristorare il mancato guadagno -e quindi un pregiudizio meramente economico connesso al rapporto di lavoro ingiustificatamente cessato- costituiscono base contributiva. L’indennità supplementare, per l’Ente ricorrente, partecipa di questa seconda natura.
Il Collegio giudica il motivo infondato.
3.1. La prospettazione dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE riflette, a ben vedere, la ricostruzione dell’emolumento come spesso operata soprattutto dalla giurisprudenza in ambito tributario.
3.2. Tuttavia, il piano fiscale e quello contributivo non sono, in questo caso, coincidenti.
3.3. Sul piano tributario, infatti, la natura risarcitoria piuttosto che retributiva- dell’erogazione non è di per sé dirimente perché, da un punto di vista strettamente fiscale, concorrono a formare reddito tutti i «proventi» e le «indennità» derivanti da un rapporto di lavoro, pur se conseguiti «in sostituzione» di redditi o «a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte» (art. 6 D.P.R. n. 917 del 1986).
3.4. Sono, di conseguenza, suscettibili di imposizione anche le somme che il lavoratore percepisce a titolo risarcitorio, purché volte a coprire un pregiudizio di natura reddituale.
3.5. L’approdo della Corte, in termini di tassazione dell’indennità supplementare (v. Cass. n. 1890 del 2015, n. 1890 ed altre conformi), non è, dunque, risolutivo della questione qui dibattuta.
3.6. Sul piano contributivo, infatti, per includere una somma erogata al lavoratore nella base imponibile, occorre affermare che la stessa sia riconosciuta con una funzione in qualche modo di corrispettività dell’attività lavorativa svolta o di quella che il lavoratore avrebbe avuto diritto di svolgere.
3.7. Nel tracciare i confini entro i quali ricondurre il compenso, proveniente dal datore di lavoro e destinato al lavoratore, al concetto di retribuzione, la Corte ha affermato che è necessario verificare che lo stesso costituisca «una utilità causalmente collegata al rapporto di lavoro e finalizzata al risultato pratico di arricchire il patrimonio del lavoratore in correlazione con lo svolgimento del rapporto di lavoro subordinato» (Cass. n. 23269 del 2023, punto 13.5). Da tale perimetro restano escluse le erogazioni originate da cause autonome ovvero da responsabilità del datore di lavoro (Cass. n. 24593 del 2006).
In generale, l’art. 12 della legge n. 153 del 1969, ratione temporis applicabile, dispone che sono escluse dalla base imponibile contributiva, tra le altre, «le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori, nonché quelle la cui erogazione trae origine dalla predetta cessazione, fatta salva l’imponibilità dell’indennità sostitutiva del preavviso». Sono esclusi anche «i proventi e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento dei danni».
4.1. In varie occasioni, la giurisprudenza di legittimità si è dovuta occupare di casi, per così dire, dubbi, concernenti erogazioni di indennità nel corso del rapporto di lavoro o al momento della sua cessazione. Nell’orientare la decisione, in un senso piuttosto che in un altro, la Corte ha verificato se l’erogazione avesse o meno una funzione in senso ampio retributiva.
4.2. Ha così ritenuto di includere, nell’imponibile contributivo, i seguenti compensi:
-l’indennità sostitutiva di riposo settimanale o ferie non godute (Cass. n. 8020 del 2017; Cass. n.13473 del 2018). In questo caso, l’utilità economica è stata considerata
comunque in rapporto di corrispettività con le prestazioni lavorative effettuate nel periodo di tempo che avrebbe dovuto essere dedicato al riposo;
-l’indennità sostitutiva della mensa (Cass. n. 21105 del 2009). Si è valorizzato il valore economico del pasto, con conseguente incremento del livello complessivo di retribuzione;
-l’indennità di mancato preavviso, anche in relazione al testo originario dell’art. 12 (Cass. n. 2931 del 2004) che non statuiva espressamente al riguardo, e pure nel caso in cui il lavoratore, in sede transattiva, vi avesse rinunciato ( Cass. n. 395 del 2024).
Viceversa, la Corte ha escluso l’obbligo di contribuzione in relazione:
-alle somme corrisposte al lavoratore a titolo di risarcimento del danno per demansionamento (Cass. n. 13578 del 2016);
-all’indennità sostitutiva della reintegrazione, in base all’assorbente considerazione che il rapporto di lavoro si risolve con la percezione della stessa (Cass. n. 3487 del 2003);
-agli importi liquidati a titolo di risarcimento del danno ex art. 8 della legge n. 604 del 1966 (Cass. n. 2906 del 1996).
Nel caso di specie, la questione è stata posta con riferimento all’indennità supplementare, misura di matrice convenzionale, riconosciuta ai dirigenti di RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, ai sensi degli artt. 19 e 22 del CCNL, in caso di risoluzione non giustificata del rapporto di lavoro.
In numerose occasioni e da tempo risalente, la sezione lavoro della Corte ne ha evidenziato una finalità risarcitoria «in conseguenza di un licenziamento rimasto non solo senza giusta causa, ma anche senza giustificato motivo
(nel senso previsto dalla contrattazione collettiva)» con significato sanzionatorio nei confronti del datore di lavoro «che trova logico collegamento con il momento in cui l’atto illecito del licenziamento è stato posto in essere» (Cass. n. 3064 del 1987). In particolare, Cass. n. 1236 del 1992 ha convalidato l’esegesi interpretativa secondo cui la fruizione dell’indennità supplementare non è condizionata alla dimostrazione, da parte del dirigente, del danno derivante dalla perdita della occupazione «poiché le parti stipulanti, secondo l’interpretazione letterale dell’art. 19 del C.C.N.L. vigente per il settore, (avevano) inteso dar rilievo al pregiudizio che consegue immediatamente a quel tipo di licenziamento, sul piano dei valori professionali ».
La funzione dell’indennità supplementare, nei termini sopra chiariti, deve ritenersi confermata nelle pronunce più recenti (Cass. n. 26532 del 2023, punti 3 e 8; Cass n. 6828 del 2023, punto 8.7; Cass. n. 395 del 2020, punto 6.1.; Cass. n. 148 del 2020, punto 6.1.) che si limitano a ribadirne il carattere «risarcitorio».
8.1. Come sopra riportato, l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE assume che il riconoscimento della natura risarcitoria non vale, ex se , a giustificare l’esenzione contributiva; l’indennità, per l’Istituto, sarebbe comunque finalizzata a compensare la mancata retribuzione, in ragione dell’illegittima risoluzione del rapporto di lavoro, e , come tale, andrebbe inclusa nella nozione di «retribuzione imponibile».
8.2. Tuttavia, come non ha mancato di osservare anche il PG, la sentenza impugnata non si è limitata ad affermare la natura risarcitoria dell’indennità supplementare; ha escluso, piuttosto la natura retributiva. La Corte di appello ha valorizzato il fatto che l’erogazione dell’indennità trova la sua causa non già nella (mancata) esecuzione del rapporto di lavoro, del quale viene giudizialmente accertata la
cessazione, bensì nella autonoma esigenza di risarcire il lavoratore per l’inadempimento datoriale agli obblighi contrattuali, in funzione sanzionatoria e punitiva. Ha evidenziato come l’indennità supplementare viene erogata quando sia il rapporto di lavoro che quello assicurativo sono irrimediabilmente risolti e quindi non è destinata a compensare la perdita di retribuzione.
Osserva il Collegio che l’indicata ricostruzione, da un lato, è coerente con i principi elaborati, in materia, da questa Corte e, dall’altro, non è efficacemente contrastata dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE con argomenti persuasivi, idonei a dimostrare, anche in base alla normativa collettiva, non accessibile d’ufficio da questa Corte, la prospettata e ulteriore funzione della indennità in oggetto.
Ne consegue il rigetto del ricorso, con le spese che si compensano per la novità della questione trattata.
Tenuto conto dell’esito del giudizio, va, invece, dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del presente giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 24 giugno 2025.
La Consigliera est. La Presidente NOME NOME COGNOME