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Indennità sostitutiva preavviso: contributi sempre dovuti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20432/2024, ha stabilito che i contributi previdenziali sull’indennità sostitutiva del preavviso sono sempre dovuti, anche se il lavoratore vi ha rinunciato tramite un accordo. L’obbligazione contributiva ha natura pubblica e sorge al momento del licenziamento senza preavviso, rendendo irrilevante qualsiasi patto contrario tra le parti.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Indennità Sostitutiva del Preavviso: Contributi Dovuti Anche in Caso di Rinuncia del Lavoratore

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale in materia di obblighi contributivi. L’indennità sostitutiva del preavviso è soggetta a contribuzione anche qualora il lavoratore, in sede di conciliazione, vi rinunci espressamente. Questo principio riafferma la natura pubblicistica dell’obbligazione contributiva, che non può essere derogata da accordi privati tra datore di lavoro e dipendente. Analizziamo insieme la vicenda e le motivazioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Una società metalmeccanica aveva stipulato un verbale di conciliazione con 61 dei suoi lavoratori. Nell’ambito di tale accordo, i dipendenti avevano rinunciato al periodo di preavviso e alla relativa indennità sostitutiva. Successivamente, l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) notificava alla società un avviso di addebito, richiedendo il pagamento dei contributi omessi proprio su quelle somme oggetto di rinuncia.

La società si opponeva, sostenendo che, essendo l’indennità mai stata corrisposta a seguito di una legittima rinuncia, non poteva sorgere alcun obbligo contributivo. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello accoglievano la tesi dell’azienda. L’INPS, tuttavia, decideva di ricorrere in Cassazione.

La Decisione della Cassazione sull’indennità sostitutiva preavviso

La Suprema Corte ha ribaltato le decisioni dei giudici di merito, accogliendo il ricorso dell’INPS. Il principio cardine affermato è che l’obbligazione di versare i contributi previdenziali ha natura pubblica, sorge ex lege (cioè per legge) e non è nella disponibilità delle parti.

La volontà negoziale espressa in un accordo di conciliazione, sebbene valida tra azienda e lavoratore, non può incidere sul rapporto, di natura pubblicistica, tra l’azienda e l’ente previdenziale. Di conseguenza, la rinuncia del lavoratore all’indennità non estingue l’obbligo del datore di lavoro di versare i relativi contributi.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha basato la propria decisione su consolidati principi giuridici:

1. Natura Pubblicistica dell’Obbligazione Contributiva: L’obbligo di versare i contributi non deriva da un accordo privato, ma direttamente dalla legge. Il suo scopo è finanziare il sistema di previdenza sociale a beneficio della collettività. Pertanto, le parti private non possono disporne liberamente.
2. Momento Genetico dell’Obbligo: L’obbligo contributivo sull’indennità sostitutiva del preavviso sorge nel momento stesso in cui il licenziamento, intimato senza il rispetto del termine di preavviso, diventa efficace. In quel preciso istante, matura sia il diritto del lavoratore all’indennità, sia il diritto dell’ente previdenziale a ricevere i contributi su quella somma, che è considerata a tutti gli effetti parte della retribuzione imponibile.
3. Irrilevanza della Rinuncia: La successiva rinuncia del lavoratore (negozio abdicativo) a percepire l’indennità è un atto che riguarda il solo rapporto tra lui e il datore di lavoro. Tale rinuncia non può avere effetti retroattivi sul diritto già acquisito dall’ente previdenziale. Il diritto dell’INPS alla contribuzione, una volta sorto, è autonomo e non può essere cancellato da un accordo successivo.

Conclusioni

La pronuncia della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche per i datori di lavoro. Stabilisce in modo inequivocabile che qualsiasi accordo transattivo o di conciliazione che preveda la rinuncia all’indennità di mancato preavviso non esonera l’azienda dal versamento dei corrispondenti oneri contributivi. Per i datori di lavoro, il tentativo di ridurre i costi legati alla cessazione del rapporto di lavoro attraverso la rinuncia del dipendente a questa specifica indennità si rivela inefficace dal punto di vista previdenziale. L’obbligo verso l’INPS permane, poiché si fonda su presupposti che prescindono dalla materiale erogazione della somma al lavoratore.

I contributi sull’indennità sostitutiva del preavviso sono dovuti anche se il lavoratore rinuncia a tale indennità?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, l’obbligo di versare i contributi è di natura pubblica e sorge per legge nel momento in cui il licenziamento senza preavviso diventa efficace. La successiva rinuncia del lavoratore non ha alcun effetto su tale obbligo.

Perché un accordo privato tra datore di lavoro e lavoratore non può eliminare l’obbligo di versare i contributi?
Perché l’obbligazione contributiva nasce da un rapporto di natura pubblicistica tra il datore di lavoro e l’ente previdenziale, regolato dalla legge e non dalla volontà delle parti private. Tali accordi non possono modificare o estinguere obblighi previsti da norme imperative.

In quale momento sorge l’obbligo di versare i contributi sull’indennità di mancato preavviso?
L’obbligo contributivo sorge nel momento stesso in cui il licenziamento comunicato senza il corrispondente periodo di preavviso acquista efficacia. Da quel momento, il diritto dell’ente previdenziale alla contribuzione è già maturato e non può essere messo in discussione da eventi successivi come la rinuncia del lavoratore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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