Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20613 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20613 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 12453-2024 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE ROMAGNA, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 583/2023 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 14/11/2023 R.G.N. 487/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N. 12453/2024
Ud. 09/05/2025 CC
Fatti di causa :
Con ricorso depositato innanzi al Tribunale di Forlì in funzione di giudice del Lavoro, NOME COGNOME esponeva di avere svolto ininterrottamente l’incarico provvisorio di dirigente responsabile di struttura complessa Unità operativa impiantistica -antinfortunistica del Dipartimento di sanità p ubblica della A.U.S.L. di Forlì, ai sensi dell’art. 18 del C.C.N.L. Dirigenza S.P.T.A. dell’08.06.2000, dal 20/01/2003 sino al 20/08/2018; di avere diritto, ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. n. 165/2001, alle differenze retributive per le mansioni superiori da lui svolte per tale incarico. L’AUSL Romagna si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso e deducendo che era stato attribui to all’Ing. COGNOME l’incarico provvisorio di Referente per l’Unità operativa impiantistica -antinfortunistica del suddetto d ipartimento, ai sensi e per gli effetti dell’art. 18 del C.C.N.L. d irigenza S.P.T.A. dell’08.06.2000, con l’espressa previsione che la sostituzione non configurava assegnazione di mansioni superiori e non comportava la corresponsione di alcun emolumento ulteriore; che il ricorrente aveva percepito l’indennità di sostituzione di cui all’art. 18 CCNL 08/06/2000, dal 20/05/2003 al 19 /03/2004; che l’incarico provvisorio di Referente ex art. 18 CCNL SPTA 08.06.2000, era cessato, di fatto e di diritto, a seguito del formale conferimento dell’incarico dirigenziale di struttura semplice denominato Sicurezza in ambienti di vita (deliberazione n. 26 del 31.01.2006) e che, a decorrere dal’1/02/2006, all’Ing. COGNOME era stato corrisposto il trattamento economico complessivo di posizione pari ad € 10.000,00. Il Tribunale di Forlì con la sentenza n. 63/2022 depositata in data 01/03/2022 rigettava il ricorso.
Avverso detta sentenza proponeva appello COGNOME COGNOME; l’Azienda Unità Sanitaria Locale della Romagna si
costituiva in giudizio e chiedeva il rigetto dell’impugnazione. Con la sentenza n. 583/2023 depositata in data 14/11/2023 la Corte di Appello di Bologna, sezione lavoro, rigettava l’appello.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME con impugnazione affidata ad un unico motivo. L’Azienda Unità Sanitaria Locale della Romagna si è costituita con controricorso chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 9 maggio 2025.
Ragioni della decisione :
Occorre premettere che la sentenza impugnata non è allegata al fascicolo telematico del ricorrente che erroneamente reca quale allegato, due volte, la sentenza di primo grado del Tribunale di Forlì. La sentenza impugnata, mai notificata secondo quanto dedotto dal ricorrente e non contestato dalla parte controricorrente, è comunque reperibile in allegato al controricorso agli atti del fascicolo telematico e il ricorso risulta tempestivo, di qui l’esclusione della sanzione dell’improcedibilità ai sensi dell’art. 369, secondo comma, c.p.c. (Cass. 08/11/2024, n. 28781).
Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione di norme di diritto e dei contratti collettivi di lavoro ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. in relazione agli artt. art. 36 e 97 Cost., per avere la Corte d’Appello ritenuto erroneamente applicabile, stante il superamento del termine massimo previsto per la sostituzione, l’art. 18 CCNL del 8/06/2000 al caso di specie. In particolare secondo il ricorrente una proroga protratta per quindici anni, come nel caso all’origine della controversia, sarebbe incompatibile con la nozione di buon andamento dell’amministrazione e pertanto non prevedere il riconoscimento
del trattamento economico accessorio previsto per il sostituito sarebbe da ritenersi in violazione non solo dell’art. 97 Cost., ma anche dell’art. 36 Cost. in quanto per oltre quindici anni all’Ing. COGNOME sarebbe stato chiesto di svolgere la funzione di dirigente della struttura complessa RAGIONE_SOCIALE, senza mai riconoscergli una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro.
2.1. Il motivo è infondato. La sentenza impugnata ha respinto l’appello spiegato dal ricorrente facendo applicazione del costante orientamento della giurisprudenza di questa Corte secondo il quale: in materia di pubblico impiego contrattualizzato, la sostituzione nell’incarico di dirigente medico del RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art. 18 del c.c.n.l. dirigenza medica e veterinaria dell’8 giugno 2000, non si configura come svolgimento di mansioni superiori poiché avviene nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria, sicché non trova applicazione l’art. 2103 c.c. e al sostituto non spetta il trattamento accessorio del sostituito, ma solo la prevista indennità cd. sostitutiva, senza che rilevi, in senso contrario, la prosecuzione dell’incarico oltre il termine di sei mesi (o di dodici, se prorogato) per l’espletamento della procedura per la copertura del posto vacante, dovendosi considerare adeguatamente remunerativa l’indennità sostitutiva specificamente prevista dalla disciplina collettiva e, quindi, inapplicabile l’art. 36 Cost. (Cass. 31/01/2024, n. 2875).
2.2. Assumono rilievo, in proposito, le argomentazioni già diffusamente spese dall’arresto Cass. 15/02/2022 n. 4984 che motiva come di seguito: «la questione che viene in rilievo è già stata oggetto di esame da parte di questa Corte che, pronunciando in fattispecie analoghe a quella qui controversa,
ha affermato che la sostituzione nell’incarico di dirigente medico del servizio sanitario nazionale ai sensi dell’art. 18 del c.c.n.l. dirigenza medica e veterinaria dell’8 giugno 2000, non si configura come svolgimento di mansioni superiori poiché avviene nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria, sicché non trova applicazione l’art. 2103 cod. civ. e al sostituto non spetta il trattamento accessorio del sostituito ma solo la prevista indennità cd. sostitutiva, senza che rilevi, in senso contrario, la prosecuzione dell’incarico oltre il termine di sei mesi (o di dodici se prorogato) per l’espletamento della procedura per la copertura del posto vacante, dovendosi considerare adeguatamente remunerativa l’indennità sostitutiva specificamente prevista dalla disciplina collettiva e, quindi, inapplicabile l’art. 36 Cost. (Cass. n. 16299/2015 e negli stessi termini Cass. n. 15577/2015; Cass. n. 584/2016; Cass. n. 9879/2017; Cass. nn. 21565, 28151, 28243, 30912 del 2018; Cass. nn. 7863, 28755, 30575, 31275, 33136 del 2019 e più di recente Cass. n. 23156/2021); il Collegio intende dare continuità all’orientamento espresso dalle richiamate pronunce, perché l’esegesi del quadro normativo e contrattuale non consente di estendere ai dirigenti in generale, ed alla dirigenza medica in particolare, norme e principi che regolano il rapporto di lavoro non dirigenziale; l’inapplicabilità ai dirigenti dell’art. 2103 cod. civ., sancita dall’art. 19 del d.lgs. n. 165/2001, era già stata affermata dall’art. 19 del d.lgs. n. 29/1993, come modificato dall’art. 13 del d.lgs. n. 80/1998, e discende dalle peculiarità proprie della qualifica dirigenziale che, nel nuovo assetto, non esprime più una posizione lavorativa inserita nell’ambito di una carriera e caratterizzata dallo svolgimento di determinate mansioni, bensì esclusivamente l’idoneità professionale del soggetto a ricoprire un incarico dirigenziale,
necessariamente a termine, conferito con atto datoriale gestionale, distinto dal contratto di lavoro a tempo indeterminato; per le medesime ragioni non è applicabile al rapporto dirigenziale l’art. 52 del d.lgs. n. 165/2001, riferibile al solo personale che non rivesta la qualifica di dirigente, al quale è, invece, riservata la disciplina dettata dalle disposizioni del capo II. Quanto alla dirigenza sanitaria, inserita «in un unico ruolo distinto per profili professionali e in un unico livello» (art. 15 d.lgs. n. 502/1992), la giuridica impossibilità di applicare la disciplina dettata dall’art. 2103 cod. civ. è ribadita dall’art. 15ter del d.lgs. n. 502/1992, inserito dal d.lgs. n. 229/1999, nonché dall’art. 28, comma 6, del c.c.n.l. per il quadriennio 1997/2001, secondo cui «nel conferimento degli incarichi e per il passaggio ad incarichi di funzioni dirigenziali diverse le aziende tengono conto … che data l’equivalenza delle mansioni dirigenziali non si applica l’art. 2103, comma 1, cod. civ.»; l’art. 24 del d.lgs. n. 165/2001, in tutte le versioni succedutesi nel tempo, delega alla contrattazione collettiva la determinazione del trattamento retributivo del personale con qualifica dirigenziale, da correlarsi quanto al trattamento accessorio alle funzioni attribuite, ed al comma 3 fissa il principio di onnicomprensività, stabilendo che il trattamento medesimo «remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal presente decreto nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione de/loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa»; la materia delle sostituzioni è stata espressamente disciplinata dalle parti collettive che, all’art. 18, comma 7, del c.c.n.l. 8.6.2000 hanno innanzitutto ribadito, in linea con la previsione dell’art. 15 ter, comma 5, del d.lgs. n. 502/1992, che «le sostituzioni ….non si configurano come
mansioni superiori in quanto avvengono nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria»; hanno, quindi, previsto una speciale indennità, da corrispondersi solo in caso di sostituzioni protrattesi oltre sessanta giorni, rapportata al livello di complessità della struttura diretta (..); il comma 4 della disposizione contrattuale prevede che, qualora la necessità della sostituzione sorga in conseguenza della cessazione del rapporto di lavoro del dirigente interessato, e, quindi, della vacanza della funzione dirigenziale, la stessa è consentita per il tempo strettamente necessario all’espletamento delle procedure concorsuali e può avere la durata di mesi sei, prorogabili a dodici; è, però, significativo che le parti collettive non abbiano fatto cenno alle conseguenze che, sul piano economico, possono derivare dall’omesso rispetto del termine e l’omissione non può essere ritenuta casuale, atteso che la norma contrattuale ha tenuto ad affermare, come principio di carattere generale, che la sostituzione non implica l’espletamento di mansioni superiori; il termine di cui al comma 4, quindi, svolge senz’altro una funzione sollecitatoria ma il suo mancato rispetto non può legittimare la rivendicazione dell’intero trattamento economico spettante al dirigente sostituito, impedita proprio dall’incipit del comma 7, che, operando unitamente al principio della onnicomprensività al quale si è già fatto cenno, esclude qualsiasi titolo sul quale la pretesa possa essere fondata». Negli stessi termini della sentenza appena richiamata, e con dovizia di argomentazioni, si esprime anche Cass. 29/08/2023, n. 25421 che afferma, con riferimento ad analoga fattispecie, che si deve escludere che il pagamento della sola indennità sostitutiva determini una ingiustificata disparità di trattamento tra dirigenti con incarico provvisorio su posto vacante e dirigenti nominati all’esito della prescritta procedura selettiva e previa v erifica dei
titoli abilitanti. Infatti, proprio la diversità della procedura e dei presupposti della nomina impedisce di considerare le due diverse posizioni equivalenti (e quindi da assoggettare necessariamente alla medesima disciplina in ossequio al principio costituzionale di uguaglianza)».
Il ricorso deve, allora, essere respinto.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso,
condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 3.000,00 (tremila) per compensi, euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15% e accessori come per legge;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione