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Indennità sostitutiva dirigente medico: la Cassazione

Un dirigente medico ha svolto per anni funzioni di direttore di struttura complessa senza contratto formale. La Corte di Cassazione, ribaltando le decisioni di merito, ha stabilito che in questi casi non si configura lo svolgimento di mansioni superiori e non spetta la retribuzione piena del ruolo superiore. Al lavoratore è dovuta esclusivamente l’indennità sostitutiva dirigente medico, come previsto dal contratto collettivo nazionale. La pronuncia chiarisce che la durata prolungata dell’incarico non modifica questo principio.

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Pubblicato il 27 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Indennità sostitutiva dirigente medico: solo l’indennità, non lo stipendio superiore

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale per i dirigenti medici del Servizio Sanitario Nazionale. Quando un medico sostituisce un superiore per un lungo periodo, ha diritto alla piena retribuzione di quel ruolo o solo a una specifica indennità? La Suprema Corte ha stabilito che spetta unicamente l’indennità sostitutiva dirigente medico prevista dal Contratto Collettivo, consolidando un orientamento giurisprudenziale preciso e superando interpretazioni passate.

Il caso: la lunga sostituzione di un Direttore

Un dirigente medico di un’Azienda Sanitaria Locale (ASL) si trovava a svolgere, di fatto, le funzioni di direttore di una struttura complessa per un periodo di quasi nove anni, dal 2006 al 2014, senza che fosse mai stato formalizzato un contratto per tale incarico. Ritenendo di aver diritto a una retribuzione commisurata al ruolo superiore effettivamente svolto, il medico si rivolgeva al Tribunale, che accoglieva parzialmente la sua domanda, condannando l’ASL al pagamento di oltre 81.000 euro a titolo di retribuzione di posizione minima unificata.

La decisione veniva confermata anche in secondo grado dalla Corte d’Appello. L’Azienda Sanitaria, tuttavia, non si arrendeva e presentava ricorso in Cassazione, sostenendo che la situazione non configurasse un’ipotesi di svolgimento di mansioni superiori, ma un caso di sostituzione temporanea, regolato da norme specifiche del contratto collettivo.

La questione giuridica e l’indennità sostitutiva dirigente medico

Il cuore della controversia risiedeva nell’interpretazione delle norme applicabili. Il dirigente sosteneva, in sostanza, di aver svolto mansioni superiori e di aver quindi diritto alla relativa retribuzione, secondo il principio generale dell’articolo 2103 del Codice Civile. L’ASL, al contrario, invocava l’articolo 18 del CCNL Sanità, che disciplina specificamente le sostituzioni nell’ambito della dirigenza medica. Secondo questa norma, al sostituto non spetta il trattamento economico del sostituito, ma solo una specifica indennità sostitutiva dirigente medico.

La Corte di Cassazione è stata chiamata a decidere se, nel contesto della dirigenza sanitaria, la sostituzione prolungata di un superiore possa essere equiparata allo svolgimento di mansioni superiori, con tutte le conseguenze economiche del caso.

L’importanza del ruolo unico nella dirigenza sanitaria

Un aspetto centrale della decisione della Corte riguarda la natura stessa della dirigenza sanitaria. La legge (D.Lgs. 502/1992) colloca tutti i dirigenti sanitari in un ‘ruolo unico’ e in un ‘livello unico’. Questo significa che la sostituzione di un dirigente preposto a una struttura complessa da parte di un altro dirigente avviene all’interno dello stesso ambito professionale e di inquadramento.

Proprio per questa ragione, la Corte ha concluso che non si può parlare di ‘mansioni superiori’ nel senso tradizionale del termine. La sostituzione è una dinamica interna al ruolo dirigenziale e, come tale, è stata espressamente regolamentata dalla contrattazione collettiva.

Le motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’ASL, cassando la sentenza d’appello e stabilendo un principio di diritto chiaro. Secondo gli Ermellini, l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato esclude l’applicazione dell’art. 2103 c.c. alle sostituzioni dei dirigenti medici. La disciplina speciale prevista dall’art. 18 del CCNL prevale, in quanto lex specialis.

Il contratto collettivo ha previsto una specifica indennità sostitutiva, ritenuta adeguata a remunerare l’impegno aggiuntivo richiesto al dirigente sostituto. Questa indennità è l’unico compenso dovuto. La Corte ha sottolineato che il superamento dei termini massimi di durata della sostituzione (sei mesi, prorogabili a dodici) non trasforma la natura dell’incarico. Quel termine ha una funzione ‘sollecitatoria’, ovvero serve a spingere l’amministrazione a bandire un concorso per coprire il posto vacante, ma la sua violazione non legittima il sostituto a rivendicare l’intero trattamento economico del sostituito.

Inoltre, la Corte ha ribadito il principio di onnicomprensività della retribuzione dirigenziale, secondo cui il trattamento economico remunera tutte le funzioni e i compiti attribuiti, escludendo pretese economiche ulteriori se non espressamente previste.

Le conclusioni

La decisione ha importanti implicazioni pratiche. Un dirigente medico che si trovi a sostituire un superiore, anche per un periodo molto lungo, non può pretendere la retribuzione corrispondente a quella posizione più elevata. Il suo unico diritto economico, oltre alla propria retribuzione, è quello di percepire la specifica indennità sostitutiva dirigente medico prevista dal contratto collettivo. La sentenza impugnata è stata annullata e il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello, che dovrà ricalcolare le somme eventualmente dovute al lavoratore applicando questo principio, tenendo conto solo dell’indennità e non della retribuzione di posizione.

A un dirigente medico che sostituisce un superiore per un lungo periodo spetta la retribuzione piena del ruolo superiore?
No. Secondo la Corte di Cassazione, in questi casi non si applica la disciplina delle mansioni superiori. Al dirigente spetta esclusivamente la specifica indennità sostitutiva prevista dall’art. 18 del CCNL di settore, e non l’intero trattamento economico accessorio del collega sostituito.

Perché l’art. 2103 c.c. sulle mansioni superiori non si applica ai dirigenti medici del SSN?
Non si applica perché la dirigenza sanitaria è inquadrata in un ruolo e livello unico. La sostituzione di un collega, anche se a capo di una struttura complessa, avviene all’interno dello stesso ambito professionale e non costituisce l’esercizio di mansioni appartenenti a un livello superiore. La materia è regolata in modo specifico dalla contrattazione collettiva.

Cosa succede se la sostituzione dura più dei sei o dodici mesi previsti dal contratto collettivo?
Il superamento di questi termini non cambia la natura del compenso dovuto. La Cassazione ha chiarito che il termine ha una funzione ‘sollecitatoria’ per l’amministrazione, ma il suo mancato rispetto non legittima il dirigente a richiedere la retribuzione superiore. Il suo diritto economico rimane limitato all’indennità sostitutiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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