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Indennità servizio estero: non cumulabile con la I.I.S.

Una dipendente civile del Ministero della Difesa in servizio a Parigi ha richiesto il pagamento dell’indennità integrativa speciale, oltre a quella già percepita per il servizio all’estero. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2280/2024, ha respinto il ricorso, stabilendo che la normativa speciale per il personale all’estero prevale sulla contrattazione collettiva e sancisce la non cumulabilità tra l’indennità servizio estero e l’indennità integrativa speciale, confermando la decisione dei giudici di merito.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Indennità Servizio Estero: la Cassazione nega la cumulabilità con l’Integrativa Speciale

L’ordinanza n. 2280 del 23 gennaio 2024 della Corte di Cassazione affronta una questione cruciale per il personale civile del Ministero della Difesa: la cumulabilità tra l’indennità servizio estero e l’indennità integrativa speciale. La Corte ha stabilito che la normativa speciale che regola il trattamento economico del personale distaccato all’estero prevale sulla contrattazione collettiva, escludendo il diritto a percepire entrambi gli emolumenti. Analizziamo insieme la decisione.

I Fatti di Causa

Una dipendente civile del Ministero della Difesa, impiegata presso la rappresentanza militare italiana a Parigi tra il 2006 e il 2012, si era rivolta al Tribunale di Roma. La lavoratrice, pur percependo l’indennità di servizio all’estero, chiedeva l’accertamento del suo diritto a ricevere anche l’indennità integrativa speciale per il medesimo periodo.

Sia il Tribunale che, successivamente, la Corte d’Appello di Roma avevano respinto la sua domanda. Entrambi i giudici di merito avevano riscontrato un’incompatibilità normativa tra la percezione dell’indennità specifica per il servizio prestato fuori dai confini nazionali e il diritto a ricevere l’indennità integrativa speciale.

Contro la sentenza di secondo grado, la lavoratrice ha proposto ricorso per cassazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La ricorrente ha basato la sua impugnazione su due motivi principali:
1. Nullità della sentenza per omessa pronuncia: Secondo la difesa, la Corte d’Appello non si era pronunciata su un punto focale dell’appello, ovvero la presunta violazione, da parte del giudice di primo grado, di un principio di diritto affermato da una precedente sentenza della Cassazione.
2. Violazione e falsa applicazione di legge: La lavoratrice sosteneva che, a partire dalla contrattazione collettiva del 2006, non fosse più prevista la detrazione dell’indennità integrativa speciale dalla retribuzione dei dipendenti che percepivano l’indennità di servizio all’estero. Di conseguenza, la Corte d’Appello avrebbe errato nel non riconoscere il carattere innovativo dei nuovi CCNL rispetto ai precedenti.

Analisi della Cassazione sull’indennità servizio estero

La Suprema Corte ha dichiarato il primo motivo inammissibile e il secondo infondato, rigettando integralmente il ricorso. La decisione si fonda su un’attenta analisi della gerarchia delle fonti normative nel pubblico impiego, specialmente per categorie di personale soggette a regimi particolari.

Le Motivazioni

La Corte ha chiarito in modo definitivo la disciplina applicabile. Riguardo al primo motivo, ha ribadito un principio fondamentale dell’ordinamento: i giudici sono soggetti soltanto alla legge (art. 101 Cost.) e non sono vincolati a conformarsi ai precedenti giurisprudenziali, pur avendo il dovere deontologico di conoscerli. Un ricorso in Cassazione può denunciare solo una violazione di norme di diritto, non il semplice discostamento da una precedente sentenza.

Sul secondo e più sostanziale motivo, la Cassazione ha smontato la tesi della ricorrente. Ha spiegato che il trattamento economico del personale civile del Ministero della Difesa assegnato all’estero non è regolato esclusivamente dalla contrattazione collettiva. Esiste, infatti, una normativa speciale, dettata originariamente per il personale del Ministero degli Affari Esteri (D.P.R. n. 18/1967), la cui applicazione è stata estesa e confermata nel tempo anche per il personale della Difesa dal “Codice dell’ordinamento militare” (D.Lgs. n. 66/2010).

Questa legislazione speciale, che regola in modo organico l’indennità servizio estero e le altre voci retributive, non è stata disapplicata né superata dalla contrattazione collettiva. Le norme del D.Lgs. n. 165/2001 (Testo Unico sul Pubblico Impiego), che sanciscono la prevalenza dei contratti collettivi, non si applicano in questo caso, poiché il legislatore ha mantenuto in vita una disciplina specifica e settoriale. Tale disciplina prevede un trattamento economico onnicomprensivo per il servizio all’estero, che sostituisce determinate voci retributive previste per chi lavora in Italia, tra cui, appunto, l’indennità integrativa speciale.

Le Conclusioni

L’ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: per il personale ministeriale in servizio all’estero, la disciplina di riferimento è quella speciale, che prevale sulla contrattazione collettiva generale. Il principio di specialità impedisce che le norme contrattuali possano modificare un regime economico definito per legge per compensare i particolari disagi e le responsabilità del servizio fuori dal territorio nazionale. Di conseguenza, l’indennità servizio estero non è cumulabile con l’indennità integrativa speciale, poiché la prima ha una funzione sostitutiva e assorbente rispetto alla seconda.

Un dipendente pubblico in servizio all’estero ha diritto sia all’indennità di servizio estero che all’indennità integrativa speciale?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la normativa speciale che regola il trattamento economico del personale all’estero (in particolare D.P.R. n. 18/1967 e D.Lgs. n. 66/2010) prevale sulla contrattazione collettiva e stabilisce l’incompatibilità e la non cumulabilità tra le due indennità.

La contrattazione collettiva può derogare alla normativa speciale che regola il trattamento economico del personale ministeriale all’estero?
No. La Corte ha chiarito che la disciplina del trattamento economico del personale assegnato a sedi estere è stata specificamente preservata dal legislatore e non è stata oggetto di disapplicazione espressa da parte della contrattazione collettiva. Pertanto, la legge speciale continua a prevalere.

Un giudice di merito è obbligato a seguire i precedenti della Corte di Cassazione?
No. La Corte ha ribadito che, in base all’ordinamento italiano, i giudici sono soggetti soltanto alla legge (art. 101 della Costituzione). Sebbene abbiano il dovere deontologico di conoscere e confrontarsi con gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità, non sono vincolati a seguirli. Un ricorso per cassazione può basarsi solo sulla violazione di una norma di legge, non sul mancato adeguamento a un precedente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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