LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Indennità rischio radiologico: no se manca la prova

Un gruppo di chirurghi ortopedici ha citato in giudizio il proprio ospedale per ottenere il riconoscimento dell’indennità di rischio radiologico. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando le decisioni dei gradi precedenti. La Suprema Corte ha ribadito che, per il personale non specificamente addetto alla radiologia, il diritto all’indennità non è automatico ma richiede una prova rigorosa di un’esposizione continua e significativa a un rischio radiologico paragonabile a quello del personale di radiologia. Nel caso specifico, i chirurghi non sono riusciti a fornire tale prova, poiché il tempo di esposizione settimanale è stato giudicato minimo (circa un minuto) e le misurazioni dei dosimetri personali erano inferiori alle soglie di sicurezza.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Indennità Rischio Radiologico: La Cassazione Sottolinea l’Importanza della Prova Concreta

L’indennità rischio radiologico rappresenta un importante riconoscimento per i lavoratori esposti a radiazioni ionizzanti, ma a quali condizioni spetta al personale sanitario non direttamente impiegato in radiologia, come i chirurghi ortopedici? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui criteri e, soprattutto, sull’onere della prova, stabilendo che senza una dimostrazione concreta del rischio effettivo, l’indennità non è dovuta.

I Fatti del Caso: Chirurghi contro Ospedale

Un gruppo di medici-chirurghi operanti nel reparto di ortopedia di un’importante azienda ospedaliera universitaria ha intrapreso un’azione legale per ottenere il riconoscimento dell’indennità per rischio radiologico e del relativo congedo aggiuntivo. La loro richiesta era stata respinta sia in primo grado dal Tribunale sia successivamente dalla Corte d’Appello.

La Corte territoriale aveva motivato la sua decisione sottolineando che i chirurghi, non essendo personale di radiologia, avevano l’onere di dimostrare in via alternativa tre specifici requisiti:
1. L’effettiva esposizione a un rischio di radiazioni paragonabile a quello del personale di radiologia.
2. Lo svolgimento abituale della propria attività professionale in una “zona controllata”.
3. Un assorbimento annuo di radiazioni non inferiore a quello tipico di chi lavora abitualmente in zona controllata.

Secondo i giudici di merito, nessuna di queste condizioni era stata provata. I dati dei dosimetri individuali erano inferiori ai limiti di legge e le stime basate sui tempi di utilizzo della fluoroscopia durante gli interventi chirurgici (“tempi di brillanza”) indicavano un’esposizione settimanale di circa un minuto, ritenuta insufficiente a configurare un’attività ‘abituale’ in condizioni di rischio qualificato.

Il Ricorso in Cassazione e la questione dell’indennità rischio radiologico

I chirurghi hanno presentato ricorso per cassazione basandolo su tre motivi principali. In primo luogo, hanno lamentato la violazione delle normative di settore, sostenendo che l’indennità dovrebbe essere legata allo svolgimento abituale di attività in zona controllata, a prescindere dai valori specifici di dose assorbita. In secondo luogo, hanno accusato la Corte d’Appello di aver omesso l’esame di fatti decisivi e di aver fornito una motivazione solo apparente, ignorando le conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio (C.T.U.). Infine, hanno contestato la legittimità della revoca dell’indennità da parte del Gruppo di Valutazione del rischio aziendale, a loro dire irregolarmente composto per l’assenza di un rappresentante sindacale.

Le Motivazioni della Suprema Corte: L’Onere della Prova è Decisivo

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo infondati tutti i motivi. Gli Ermellini hanno confermato che la decisione della Corte d’Appello era giuridicamente corretta e logicamente coerente.

Il punto centrale della decisione riguarda l’onere della prova. La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato: al di fuori del personale medico e tecnico di radiologia, per cui il rischio è presunto per legge, per tutti gli altri lavoratori l’indennità rischio radiologico presuppone la dimostrazione di un rischio effettivo, non occasionale e non temporaneo, analogo a quello cui è esposto il personale di radiologia.

La Corte ha ritenuto che i giudici di merito avessero correttamente valutato le prove, privilegiando i dati oggettivi dei dosimetri e dei tempi di esposizione effettivi rispetto alle valutazioni della C.T.U., che si era basata sul numero di “occasioni di esposizione” piuttosto che sulla quantità e durata del rischio reale. Il giudice, infatti, non è vincolato alle conclusioni del perito e può discostarsene fornendo una motivazione adeguata, come avvenuto nel caso di specie.

Infine, è stato giudicato irrilevante il motivo relativo alla composizione del Gruppo di Valutazione. Una volta accertato in sede giudiziale che mancavano i presupposti sostanziali per il diritto all’indennità, qualsiasi vizio procedurale nell’atto amministrativo di revoca diventa ininfluente.

Le Conclusioni: Cosa Implica questa Sentenza per i Lavoratori

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso in materia di indennità rischio radiologico per il personale sanitario non specializzato. La decisione chiarisce che non è sufficiente operare genericamente in ambienti dove si utilizzano radiazioni ionizzanti o dimostrare una frequentazione occasionale di zone controllate. Il lavoratore che richiede l’indennità deve fornire una prova concreta e quantificabile di un’esposizione abituale e significativa, tale da rendere il suo profilo di rischio assimilabile a quello di un tecnico di radiologia. Questa sentenza serve da monito per i lavoratori: la raccolta di dati oggettivi e precisi, come le registrazioni dosimetriche e la documentazione dei tempi effettivi di esposizione, è fondamentale per poter sostenere con successo una simile richiesta in giudizio.

A quali condizioni un lavoratore non radiologo ha diritto all’indennità di rischio radiologico?
Un lavoratore non appartenente al personale medico e tecnico di radiologia ha diritto all’indennità solo se riesce a provare in giudizio la sussistenza di un rischio effettivo derivante da un’esposizione non occasionale né temporanea, che sia analoga a quella del personale di radiologia. Deve dimostrare lo svolgimento abituale dell’attività in zona controllata o un assorbimento annuo di radiazioni comparabile.

È sufficiente dimostrare di lavorare occasionalmente in una ‘zona controllata’ per ottenere l’indennità?
No. La Corte ha chiarito che l’esposizione deve essere abituale e non occasionale. Nel caso esaminato, un’esposizione di circa un minuto a settimana durante gli interventi chirurgici è stata ritenuta insufficiente per soddisfare il requisito dell’abitualità e per giustificare il riconoscimento dell’indennità.

Il giudice è obbligato a seguire le conclusioni della perizia tecnica d’ufficio (CTU)?
No, il giudice non è vincolato. Come affermato dalla Cassazione, il giudice ha la facoltà di disattendere le conclusioni del consulente tecnico (CTU), a condizione che fornisca una motivazione adeguata e convincente per la sua decisione, basandosi su altri elementi probatori presenti nel processo, come i dati dei dosimetri o altre risultanze istruttorie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati