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Indennità rischio radiologico: la prova del rischio

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9383/2024, ha rigettato il ricorso di una lavoratrice del settore sanitario che richiedeva l’indennità di rischio radiologico. La Corte ha ribadito la distinzione fondamentale tra il personale tecnico di radiologia, per cui il rischio è presunto in modo assoluto, e il restante personale. Quest’ultimo, per ottenere l’indennità, deve fornire la prova rigorosa di un’esposizione effettiva, abituale e non occasionale a radiazioni, dimostrando il superamento delle soglie di rischio normativamente previste. Il semplice svolgimento dell’attività in prossimità di una ‘zona controllata’ non è sufficiente.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Indennità Rischio Radiologico: Quando la Prova del Rischio è a Carico del Lavoratore

L’indennità rischio radiologico rappresenta un importante strumento di tutela per i lavoratori del settore sanitario, ma la sua erogazione non è automatica per tutto il personale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito, ancora una volta, i presupposti necessari per il riconoscimento di tale indennità al personale diverso da medici e tecnici di radiologia, ponendo l’accento sul rigoroso onere della prova a carico del richiedente.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava una lavoratrice di un’Azienda Sanitaria che aveva richiesto il pagamento dell’indennità di rischio radiologico. Inizialmente, il Tribunale le aveva dato ragione. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione, accogliendo il ricorso dell’Azienda Sanitaria e negando il diritto della lavoratrice a percepire l’indennità.

La Corte territoriale aveva motivato la sua decisione sottolineando che, per il personale non specificamente addetto alla radiologia, non è sufficiente dimostrare la sola permanenza in una ‘zona controllata’. È invece necessario un accertamento oggettivo che comprovi una concreta possibilità di assorbimento di dosi radioattive significative. Secondo i giudici d’appello, la lavoratrice non era riuscita a fornire tale prova.

L’Indennità Rischio Radiologico: Distinzione Fondamentale

La Corte di Cassazione, nel confermare la sentenza d’appello, ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza. Esiste una distinzione netta tra due categorie di personale:

1. Personale medico e tecnico di radiologia: Per questi lavoratori, la legge (L. n. 460/1988) stabilisce una presunzione assoluta (iuris et de iure) di esposizione al rischio. L’indennità spetta loro di diritto, senza la necessità di fornire ulteriori prove.
2. Altro personale: Per tutti gli altri lavoratori che operano in ambito sanitario, l’indennità non è automatica. Essi possono averne diritto solo se dimostrano di essere esposti a un rischio non minore, per continuità e intensità, a quello del personale di radiologia.

L’Onere della Prova del Rischio Effettivo

Il punto cruciale della decisione riguarda l’onere della prova. Per il personale non tecnico, la spettanza dell’indennità rischio radiologico presuppone la sussistenza di un rischio effettivo e non meramente ipotetico. L’esposizione deve essere non occasionale, né temporanea.

Il lavoratore che agisce in giudizio deve quindi dimostrare non solo lo svolgimento abituale della propria attività in una ‘zona controllata’, ma anche che tale attività comporta un’esposizione concreta a radiazioni, con un superamento delle dosi normativamente stabilite (come quelle previste dal D.Lgs. n. 230/1995). In altre parole, è necessario provare che sussiste ‘nei fatti un rischio da radiazioni’.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto infondato il ricorso della lavoratrice. I giudici hanno evidenziato come la Corte territoriale avesse correttamente applicato i principi di diritto, escludendo, sulla base delle risultanze processuali e di una consulenza tecnica, che la ricorrente ‘svolgesse abitualmente’ la propria attività in zona controllata in modo tale da essere esposta a un rischio continuo e permanente.

La Cassazione ha sottolineato che l’accertamento compiuto dai giudici di merito era congruamente motivato e, pertanto, non sindacabile in sede di legittimità. Il ricorso, pur lamentando presunte irregolarità procedurali, non aveva fornito elementi concreti per contestare la valutazione centrale della sentenza impugnata, ovvero il mancato superamento delle soglie di rischio previste dalla legge.

Conclusioni

Questa ordinanza conferma che per il personale sanitario non direttamente impiegato nei servizi di radiologia, la strada per ottenere l’indennità rischio radiologico è in salita. Non è sufficiente la vicinanza a una fonte di rischio; è indispensabile fornire una prova concreta, oggettiva e rigorosa di un’esposizione abituale, continua e significativa, analoga a quella del personale di radiologia. La decisione riafferma che l’onere di fornire tale prova grava interamente sul lavoratore che richiede il beneficio.

A chi spetta di diritto l’indennità di rischio radiologico, senza necessità di prova?
L’indennità spetta di diritto, sulla base di una presunzione assoluta di legge, esclusivamente al personale medico e tecnico di radiologia.

Cosa deve dimostrare il personale sanitario non tecnico per ottenere l’indennità di rischio radiologico?
Deve dimostrare la sussistenza di un rischio effettivo, non ipotetico, derivante da un’esposizione a radiazioni che sia non occasionale, né temporanea, e analoga per continuità e intensità a quella del personale di radiologia. È necessario provare la concreta possibilità di assorbimento di dosi radioattive apprezzabili.

È sufficiente provare di lavorare abitualmente in una ‘zona controllata’ per avere diritto all’indennità?
No, secondo la Corte non è sufficiente. Oltre a dimostrare lo svolgimento abituale dell’attività in zona controllata, il lavoratore deve provare che, per le particolari modalità di esposizione e l’intensità delle radiazioni, sussiste nei fatti un rischio concreto, inteso come superamento delle dosi normativamente stabilite.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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