Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5583 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 5583 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18295/2018 R.G. proposto da:
NOME COGNOME , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Presidente pro tempore e domiciliato ope legis in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che lo rappresenta e difende
Oggetto: Pubblico impiego -Istituzioni ed Enti di ricerca – Indennità di struttura ex art. 22, d.P.R. n. 171/1992 -Indennità di responsabilità professionale ex art. 10 CCNL EPR -Presupposti Quantificazione – Criteri
R.G.N. 18295/2018
Ud. 20/02/2024 CC
-controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO ROMA n. 4902/2017 depositata il 22/12/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 20/02/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 4902/2017 del 221 dicembre 2017, la Corte d’appello di Roma, decidendo sugli appelli riuniti proposti, rispettivamente, da RAGIONE_SOCIALE e da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 1467/2014, ha accolto il gravame proposto da RAGIONE_SOCIALE, mentre ha disatteso quello proposto da NOME COGNOME, per l’effetto determinando in € 3.439,53 la somma che RAGIONE_SOCIALE era ritenuta a corrispondere a NOME COGNOME a titolo di indennità professionale per il solo periodo 2005-2008.
Per quanto ancora qui rileva, infatti, il Tribunale capitolino, innanzi al quale il lavoratore aveva azionato una serie di pretese economiche basate su diversi titoli, aveva accolto la domanda del ricorrente unicamente quanto alla richiesta di pagamento dell’indennità professionale ex artt. 10 CCNL EPR triennio 1994-1997 e 9 CCNL triennio 1998-2001, in relazione al periodo 2001-2009, quantificando l’indennità medesima nella misura di € 19.252,64.
Nell’accogliere l’appello di RAGIONE_SOCIALE, la Corte d’appello, ritenuti sussistenti i presupposti di cui agli artt. 10 CCNL EPR 1994-1997 e 9 CCNL 1998-2001, ha osservato che:
-l’art. 10 CCNL EPR 1994 -1997, ai fini della determinazione dell’indennità professionale di responsabilità, opera un rinvio all’indennità di struttura, di cui all’art. 22, d.P.R. n. 171/91;
-tale ultima previsione non pone un parametro fisso per la quantificazione dell’indennità al vaglio, individuando, semmai, sia la base di calcolo sia un limite massimo;
-in quanto trattamento accessorio, l’indennità professionale era da ritenersi rimessa, ai sensi degli artt. 40 – 45 D. Lgs. n. 165/2001, alla RAGIONE_SOCIALE sindacale RAGIONE_SOCIALE nel rispetto dei vincoli di bilancio;
-tali presupposti si erano realizzati soltanto nell’anno 2008 , allorquando erano intervenuti gli accordi a livello decentrato riferiti agli anni 2005 (accordo del 6.2.22008) ed agli anni dal 2006 al 2008 (accordo del 19.11.2008), peraltro subordinando l’erogazione dell’emolumento all’emanazione di una circolare;
-la circolare che era stata poi effettivamente emanata (n. 53 del 17 ottobre 2010) e con essa l’Amministrazione aveva fissato l’ammontare erogabile nella misura del 5% dello stipendio tabellare iniziale del livello professionale di appartenenza, ponendo altresì il limite complessivo del 15% dello stipendio tabellare iniziale, ove cumulata con quella di cui all’art. 22 dpr 171/1991.
La Corte d’appello ha quindi concluso che il diritto del lavoratore all’indennità di responsabilità di cui all’art. 10 CCNL EPR 1994 -1997 era da ritenersi sussistente per il solo periodo 2005 -2008, procedendo alla quantificazione dell’indennità stessa sulla base della consulenza tecnica espletata in prime cure.
Esaminando poi il gravame del lavoratore, la Cor te d’appello ha, in primo luogo, escluso la fondatezza della domanda volta ad ottenere un importo superiore, sempre a titolo di indennità ex art. 10 CCNL EPR
1994-1997, richiamando sul punto le considerazioni svolte accogliendo l’appello di RAGIONE_SOCIALE .
In secondo luogo, la Corte d’appello ha ritenuto parimenti infondata la pretesa del lavoratore di ottenere l’indennità ex art. 22, d.P.R. n. 171/1991, osservando che NOME COGNOME non aveva neppure allegato che i progetti, dei quali aveva avuto la responsabilità tecnica, fossero progetti riconducibili alla previsione di cui all’art. 22 d.P.R. n. 171/1991, rilevando che tale ultima previsione postula, ai fini del riconoscimento dell’indennità, la responsabilità di vertice di una struttura organizzativa autonoma e la ‘conness a ampia iniziativa per garantire lo svolgimento delle attività e la gestione del personale ad essa inerenti’ .
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma ricorre ora NOME COGNOME.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a due motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 22, d.P.R. n. 171/1991; 10, CCNL EPR 1994/1997-II biennio; 9, CCNL EPR 1998/2001-II biennio; 36 Cost.
Il ricorrente argomenta che la Corte territoriale avrebbe erroneamente identificato due distinte indennità e cioè, da un lato, l’indennità professionale e, dall’altro lato, l’indennità di struttura.
Mentre l’indennità di struttura, prosegue il ricorrente, è contemplata direttamente dall’art. 22, d.P.R. n. 171/1991, l’indennità
professionale risulta invece prevista dall’art. 10, CCNL EPR 1994/1997 -II biennio ed anzi l’autonomia dei due istituti sarebbe stata riconosciuta dalla stessa controricorrente sia nella propria consulenza di parte sia in precedenti comunicazioni inviate al ricorrente in sede di richiesta di riconoscimento delle indennità stesse.
Argomenta il ricorrente che il criterio di quantificazione dell’indennità di struttura di cui all’art. 22, d.P.R. n. 171/1991 – in base allo stipendio tabellare iniziale del livello di appartenenza dei CCNL EPR sarebbe superata da Disposizioni Direttoriali della stessa RAGIONE_SOCIALE – le nn. 691 del 30 aprile 2004 e 1590 del 21 marzo 2006 – le quali avrebbero disposto che l’indennità medesima venga calcolata in base allo stipendio in godimento, e quindi non sulla base dello stipendio tabellare iniziale del livello di appartenenza ma sulla base dello stipendio corrispondente alla fascia di anzianità in godimento.
Le Disposizioni direttoriali, quindi, avrebbero modificato il valore massimo dell’indennità di struttura ex art. 22, d.P.R. n. 171/91, fissandolo al 15% dello stipendio in godimento.
Questa rideterminazione avrebbe avuto riflesso anche sulla quantificazione dell’indennità professionale -di cui all’art. 10, CCNL EPR 1994/1997-II biennio in quanto anche quest’ultima sarebbe da determinarsi con riferimento all’indennità di cui all’art. 22, d.P.R. n. 171/1991, con la conseguenza che anche in questo caso l’indennità andrebbe calcolata sullo stipendio in godimento.
Tale ricostruzione sarebbe stata corroborata dalla stessa RAGIONE_SOCIALE, nel momento in cui, in sede di accordo in data 6 febbraio 2008 sulla distribuzione del salario accessorio per l’anno 2005, avrebbe determinato una somma corrispondente a tale criterio di calcolo.
Per contro, nessuna rilevanza potrebbe avere la circolare RAGIONE_SOCIALE n. 53 del 17 ottobre 2010 – richiamata invece dalla decisione impugnata
in quanto emanata quando il ricorrente era stato collocato nel 2009 in pensione per vecchiaia e comunque smentita dalla stessa RAGIONE_SOCIALE nell’accordo RAGIONE_SOCIALE del 6 febbraio 2008 sulla distribuzione del salario accessorio per l’anno 2005, nel momento in cui aveva quantificato l’indennità professionale deliberata in base allo stipendio in godimento.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., impugna la decisione della Corte d’appello, in quanto quest’ultima avrebbe omesso di esaminare la richiesta dl ammissione dei mezzi istruttori articolati (interrogatorio formale, prova testi e riconvocazione del CTU) ‘precludendo così al ricorrente dl adempiere all’onere della prova e impedendogli di provare i fatti posti a fondamento della domanda in ordine agli incarichi eseguiti dal ricorrente’ .
Il primo motivo di ricorso è infondato.
2.1. Per quel che ancora rileva nella presente sede, il ricorrente è originariamente venuto a basare le proprie richieste su due distinti istituti.
Il primo è previsto dal d.P.R. 12/02/1991, n. 171, il cui art. 22 ( ‘ Indennità per incarichi di direzione di strutture tecniche e scientifiche e di progetti di ricerca ‘ ), stabilisce che ‘ Al personale dei livelli professionali I, II e III dei profili di ricercatore e di tecnologo potrà essere attribuita un’indennità per la direzione di strutture tecniche e scientifiche previste negli ordinamenti di servizio delle istituzioni e degli enti di ricerca e sperimentazione e di progetti pluriennali di rilevanza nazionale approvati dal RAGIONE_SOCIALE o finanziati dalla RAGIONE_SOCIALE in misura non superiore al 15 per cento dello stipendio tabellare iniziale del livello professionale di appartenenza ‘ .
Il secondo si fonda invece sulle previsioni della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE , ed in particolare sull’art. 10 , CCNL EPR, Biennio 1996-1997 nonché sull’art. 9, CCNL EPR Bienni o 2000-2001, la prima delle cui previsioni stabilisce, nello specifico, che ‘L’indennità di cui all’art. 22 del D.P.R. 171/91 si applica anche ai ricercatori e tecnologi che esercitano nell’Ente funzioni per cui è richiesta l’iscrizione ad albi professionali ‘
2.2. Ricostruito il quadro normativo di rilievo, si deve in primo luogo escludere che la Corte territoriale abbia operato una commistione e sovrapposizione tra i due istituti economici.
Al di là di alcune oscillazioni terminologiche, infatti, la decisione impugnata si occupa in modo nettamente distinto, dapprima dell’indennità di responsabilità professionale di cui all’art. 10, CCNL EPR, Biennio 1996-1997 (pag. 5 segg. della motivazione), esaminata con riferimento all’appello dell’odierno controricorrente, e poi dell’indennità per la direzione di strutture tecniche di cui all’art. 22, d.P.R. n. 171/1991 (pag. 7 segg.), la quale era invece oggetto dell’appello dell’odierno ricorrente.
2.3. Escluso, quindi, il vizio di impostazione denunciato dal ricorrente, vi è poi da rilevare che quest’ultimo non ha concretamente impugnato la statuizione della Corte territoriale, nella parte in cui quest’ultima ha disatteso la domanda riferita all’art. 22, d.P.R. n. 171/1991, ritenendo che non fossero stati neppure provati i presupposti per il riconoscimento economico, con ratio decidendi in ordine alla quale non sono state svolte concrete deduzioni.
2.4. Residuando, quindi, il solo profilo dell’indennità professionale di cui all’art. 10, CCNL EPR 1994/1997 -II biennio, si deve rilevare che il richiamo complessivo all’art. 22, d.P.R. n. 171/1991 operato dalla suddetta previsione di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE si estende anche ai
criteri di determinazione dettati da detta norma, la quale peraltro -come osservato correttamente dalla Corte territoriale -viene unicamente un limite superiore dell’indennità, pari, appunto, al 15% dello stipendio tabellare iniziale.
Si deve pertanto ritenere che detto limite venga ad operare anche ai fini della determinazione dell’indennità di responsabilità professionale, trattandosi di un limite normativo che, come osservato dalla Corte territoriale, non prevede alcuna forma di deroga.
2.5. La tesi del ricorrente è che, avendo Disposizioni direttoriali di RAGIONE_SOCIALE da un certo momento in poi stabilito di quantificare l’indennità ex art. 22, d.P.R. n. 171/1991 con riferimento allo stipendio in godimento -e non a quello tabellare iniziale -tale criterio dovrebbe riverberarsi anche sulla quantificazione dell’indennità ex art. 10, CCNL EPR 1994/1997-II biennio, proprio alla luce del richiamo che quest’ultimo opera all’art. 22, d.P.R. n. 171/1991.
2.6. Un primo limite dell’impostazione seguita dal ricorrente deriva dal riferimento a Disposizioni direttoriali di cui non è menzione nella decisione impugnata ed il cui contenuto viene solo genericamente richiamato in ricorso, in aperta violazione del canone di specificità di cui all’art. 366 c.p.c.
Parimenti deve rilevarsi la mancata riproduzione dei punti salienti degli accordi conclusi in sede RAGIONE_SOCIALE, sebbene questi abbiano natura negoziale (Cass. Sez. L, Sentenza n. 6748 del 19/03/2010; Cass. Sez. L, Sentenza n. 27062 del 03/12/2013; Cass. Sez. L, Sentenza n. 3681 del 17/02/2014).
2.7. Il secondo limite nell’argomentare del ricorrente è costituito dall’assenza di un concreto passaggio logico vincolante per affermare che la dedotta scelta dell’odierna controricorrente di operare la liquidazione dell’indennità ex art. 22, d.P.R. n. 171/1991 in evidente
difformità dal criterio dettato dalla legge -in disparte le ragioni di tale difformità, dalla controricorrente medesima rappresentata come lapsus calami -venga a comportare conseguentemente l’obbligo di liquidare anche l’indennit à ex art. 10, CCNL EPR 1994/1997-II biennio in modo difforme dal limite stabilito dalla legge.
Limite che – va aggiunto – non potrebbe trovare deroga nelle invocate e non riprodotte – Disposizioni direttoriali, le quali, in quanto provvedimenti amministrativi, non avrebbero potuto comunque incidere né sulle previsioni di legge né sulle previsioni della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nazionale.
2.8. È invece da ritenersi corretta l’interpretazione cui è pervenuta la Corte territoriale nell’affermare sia che la natura di trattamento accessorio, del l’indennità di cui all’art. 10, CCNL EPR 1994/1997 -II biennio, comunque postulava l’intervento della RAGIONE_SOCIALE ed il correlato stanziamento economico – che è avvenuto solo con riferimento agli anni dal 2005 in poi sia che l’entità di tale trattamento non poteva superare il limite stabilito per legge.
Risulta quindi altrettanto corretta la conclusione per cui, in assenza di tali presupposti non poteva affermarsi l’esistenza di un diritto del lavoratore alla corresponsione dell ‘indennità.
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
Quanto alle doglianze concernenti la consulenza tecnica, il motivo non rispetta il canone di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., dovendosi richiamare il principio per cui la parte che lamenti l’acritica adesione del giudice di merito alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio non può limitarsi a far valere genericamente lacune di accertamento o errori di valutazione commessi dal consulente o dalla sentenza che ne abbia recepito l’operato, ma, in ossequio al principio di autosufficienza del
ricorso per cassazione ed al carattere limitato del mezzo di impugnazione, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze e gli elementi rispetto ai quali invoca il controllo di logicità, trascrivendo integralmente nel ricorso almeno i passaggi salienti e non condivisi della relazione e riportando il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di consentire l’apprezzamento dell’incidenza causale del difetto di motivazione (Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 19989 del 13/07/2021; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11482 del 03/06/2016; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 16368 del 17/07/2014).
Quanto alle doglianze riferite alla mancata ammissione dei mezzi istruttori, le stesse si riducono ad un generico richiamo nella rubrica del motivo, senza ulteriori sviluppi argomentativi.
A questa grave carenza si aggiunge quella derivante dal principio per cui, qualora con il ricorso per cassazione siano denunciati la mancata ammissione di mezzi istruttori e vizi della sentenza derivanti dal rifiuto del giudice di merito di dare ingresso a mezzi istruttori ritualmente richiesti, il ricorrente ha l’onere di indicare specificamente i mezzi medesimi, trascrivendo le circostanze che costituiscono oggetto di prova, nonché di dimostrare sia l’esistenza di un nesso eziologico tra l’omesso accoglimento dell’istanza e l’errore addebitato al giudice, sia che la pronuncia, senza quell’errore, sarebbe stata diversa, così da consentire al giudice di legittimità un controllo sulla decisività delle prove (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 23194 del 04/10/2017; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19985 del 10/08/2017).
Il ricorso deve quindi essere respinto, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione in favore dell’Ente controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei
presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte:
rigetta il ricorso.
condanna il ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 3.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater , nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis , ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale in data 20 febbraio