Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24170 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 24170 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 12483-2019 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, che lo rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 139/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 17/10/2018 R.G.N. 212/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/07/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO
Oggetto
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE PUBBLICI
R.G.N. 12483/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 05/07/2024
CC
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che, con sentenza del 17 ottobre 2018 , la Corte d’ Appello di Perugia, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Perugia, accoglieva la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE , avente ad oggetto l’accertamento del diritto dell’istante alla riliquidazione del trattamento corrisposto alla cessazione del rapporto di lavoro, così che venissero ad essere computati l’indennità premio di servizio sulla base della retribuzione in godimento alla data del 30.5.2000 (data ultima di applicaz ione dell’indennità di premio di servizio, sostituita, ai sensi della l. n. 335/1995, dal trattamento di fine rapporto a decorrere dal 31.5.2000), restando, pertanto, irrilevante la circostanza per la quale il rapporto di lavoro a tempo indeterminato intercorrente con la Regione Umbria a decorrere dal 1974 veniva a risolversi in data 9.5.1999 per l’instaurazione con lo stesso ente di un rapporto a tempo determinato quale Direttore Regionale alle Politiche TerritorialiRAGIONE_RAGIONE_SOCIALE Infrastrutture, circostanz a in relazione alla quale l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, poi confluito nell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, aveva frazionato il trattamento in relazione al periodo di durata dei due distinti rapporti (1.7.1974/9.5.1999 e 9.5.1999/30.5.2000) ed il trattamento di fine rapporto, dovuto dal 31.5.2000 alla cessazione del rapporto intervenuta in data 31.1.2011, sulla base del montante dato dall’indennità premio di servizio maturata per l’intero periodo di iscrizione previdenziale dal 1.7.1974 al 30.5.2000;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, diversamente dal primo giudice, infondata l’eccezione di prescrizione del diritto azionato, per essere il diritto in questione azionabile solo alla cessazione del rapporto intercorso, sia pur in virtù di una diversa tipologia di rapporto contrattuale, con il medesimo ente e perciò unitario e dovuto il computo dell’indennità premio di servizio con riferimento anche al rapporto a tempo determinato con riferimento quindi alla
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retribuzione in godimento al 30.5.2000 e con assunzione del relativo importo a montante per il calcolo del TFR spettante dal 31.5.2000 alla cessazione del rapporto;
che per la cassazione di tale decisione ricorre l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, il COGNOME;
CONSIDERATO
che , con il primo motivo, l’Istituto ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 2948, n. 5, c.c., lamenta la non conformità a diritto della statuizione della Corte territoriale in punto prescrizione del credito, assumendo doversi ritenere il dies a quo per il decorso della prescrizione quinquennale coincidente con la data, 30.1.2001, di liquidazione dell’indennità premio di servizio in relazione al rapporto a tempo indeterminato quale dipendente della Regione risoltosi il 9.5.1999, e così ampiamente decorso il relativo termine, all’atto dell’introduzione dell’azione nel 2014;
che con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, l. n. 152/1968, 2, commi 5, 6, 7, 8 e 9, l. n. 335/1995 e 1, comma 9, d.P.C.M. 20.12.1999, l’Istituto ricorrente lamenta la non conformità a diritto della pronunzia nel merito della Corte territoriale assumendo essere conforme alle norme invocate il riconoscimento di trattamenti differenziati in ordine ai distinti rapporti di lavoro intercorsi tra il RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e la Regione Umbria non configurandosi l’affermata infrazionabilità;
che prendendo le mosse dal secondo motivo di ricorso, consideratane la priorità logica e giuridica, si deve rilevare come lo stesso risulti meritevole di accoglimento alla luce dell’orientamento accolto da questa Corte (cfr. Cass. n. 9494/2022) secondo cui ‘Il rapporto di lavoro del direttore regionale della Regione Umbria, di cui all’art. 29, l. Regione
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Umbria n. 15/1997 è un rapporto di lavoro a termine di diritto privato, ne consegue che nel caso in cui sia conferito ad un dirigente di ruolo della Regione Umbria alcuna continuità ai fini della liquidazione del trattamento di fine servizio tra il precedente rapporto di ruolo ed il successivo rapporto a termine;
che, pertanto, alla fattispecie sub judice non si applica il principio affermato dalle Sezioni unite n. 24280/2014, e ribadito in successivi pronunciamenti in termini (Cass. Sez. L, n. 5895/2020; n. 282/2021; n. 9140/2024), secondo cui nel regime dell’indennità premio di servizio il rapporto non è frazionabile qualora il rapporto di lavoro sia unitario, seppure modificato perché nel presente caso non è riscontrabile alcuna unitarietà tra rapporto di direttore regionale (che, oltre ad essere un rapporto di lavoro a termine è -secondo la disciplina della L.R. UMBRIA 22 aprile 1997 nr. 15, articolo 29 -un rapporto «di diritto privato») e quello di pubblico impiego privatizzato;
che il secondo motivo va, dunque, accolto, restando assorbito il primo, la sentenza impugnata cassata e la causa può essere decisa nel merito con il rigetto della domanda di cui al ricorso introduttivo e, quanto alle spese, compensate quelle dei gradi di merito, quelle del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
P. Q. M.
La Corte accoglie il secondo motivo, assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di cui al ricorso introduttivo. Compensa le spese per i gradi di merito e condanna parte controricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione