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Indennità preavviso: contributi anche se si rinuncia

Una società per azioni, dopo aver ricevuto una richiesta di pagamento dall’Ente Previdenziale per contributi non versati sull’indennità di preavviso, si è opposta sostenendo che i lavoratori avevano rinunciato a tale indennità. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Ente, stabilendo che l’obbligo di versare i contributi sull’indennità preavviso sorge per legge e non è influenzato da accordi privati tra datore di lavoro e lavoratore. La rinuncia del dipendente, pertanto, non estingue il dovere contributivo dell’azienda.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Indennità Preavviso: Contributi Obbligatori Anche in Caso di Rinuncia del Lavoratore

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale nel diritto del lavoro e della previdenza sociale: l’obbligo di versare i contributi sull’indennità preavviso non viene meno neanche se il lavoratore decide di rinunciarvi. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale volto a tutelare l’integrità del sistema previdenziale, sottolineando la netta separazione tra il rapporto di lavoro privato e l’obbligazione contributiva di natura pubblica.

I Fatti di Causa: La Controversia tra Azienda ed Ente Previdenziale

Il caso trae origine dall’opposizione di una nota società per azioni a un avviso di addebito emesso dall’Ente Previdenziale. L’Ente richiedeva il pagamento di una cospicua somma a titolo di contributi omessi sull’indennità sostitutiva del preavviso, che l’azienda avrebbe dovuto corrispondere a ventotto dei suoi dipendenti. L’azienda si difendeva sostenendo che, avendo i lavoratori rinunciato a tale indennità, non esisteva più la base imponibile su cui calcolare i contributi.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato ragione all’azienda, affermando che la rinuncia all’indennità, essendo un diritto disponibile per il lavoratore, faceva venir meno il presupposto per la pretesa contributiva dell’Ente. Insoddisfatto, l’Ente Previdenziale ha presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte sulla debenza dei contributi sull’indennità preavviso

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Ente Previdenziale, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa a un nuovo esame. I giudici supremi hanno riaffermato con forza il principio secondo cui l’obbligazione contributiva è autonoma e distinta rispetto all’obbligazione retributiva che intercorre tra datore di lavoro e lavoratore.

L’Autonomia del Rapporto Contributivo

Il punto centrale della decisione risiede nella natura pubblicistica dell’obbligazione contributiva. Questa non deriva da un accordo tra le parti, ma direttamente dalla legge. Il suo scopo è finanziare il sistema di sicurezza sociale a beneficio della collettività. Di conseguenza, accordi privati, come la rinuncia del lavoratore all’indennità preavviso, non possono incidere su un obbligo di legge che tutela interessi pubblici superiori.

Il Principio del Minimale Contributivo

La Corte ha richiamato il principio del “minimale contributivo”, secondo cui i contributi devono essere calcolati sulla retribuzione dovuta per legge e non su quella effettivamente corrisposta. L’indennità sostitutiva del preavviso è un elemento retributivo dovuto per legge nel momento in cui un licenziamento viene intimato senza il rispetto dei termini. L’obbligo di versare i relativi contributi sorge in quello stesso istante, indipendentemente da ciò che accade successivamente nel rapporto tra datore e dipendente.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un consolidato orientamento giurisprudenziale. I giudici hanno chiarito che il negozio abdicativo del lavoratore, ovvero la sua rinuncia, è un atto che produce effetti solo tra le parti private. Tale atto è “inopponibile” all’Ente Previdenziale, il quale vanta un diritto autonomo al pagamento della contribuzione già maturata. Permettere il contrario significherebbe consentire alle parti private di disporre di un’obbligazione di natura pubblica, con grave pregiudizio per l’equilibrio del sistema previdenziale. La Corte ha sottolineato come la rinuncia all’indennità, spesso inserita in accordi transattivi più ampi che prevedono incentivi all’esodo, non può essere utilizzata come strumento per eludere il versamento dei contributi dovuti per legge.

Le Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione rappresenta un importante monito per i datori di lavoro. La gestione delle risoluzioni dei rapporti di lavoro deve tenere conto del fatto che l’obbligo contributivo sull’indennità preavviso è inderogabile. Qualsiasi accordo con il lavoratore che preveda una rinuncia a tale indennità non esonererà l’azienda dal versamento dei relativi contributi all’Ente Previdenziale. La decisione rafforza la tutela del sistema di sicurezza sociale, garantendo che le entrate contributive non siano compromesse da accordi privati e confermando la netta distinzione tra la sfera del rapporto di lavoro e quella, di interesse pubblico, della previdenza.

I contributi previdenziali sono dovuti sull’indennità sostitutiva del preavviso anche se il lavoratore vi rinuncia?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’obbligo del datore di lavoro di versare i contributi sorge per legge nel momento in cui matura il diritto all’indennità, e non è influenzato da una successiva rinuncia da parte del lavoratore.

Perché la rinuncia del lavoratore non ha effetto sull’obbligo contributivo del datore di lavoro?
Perché l’obbligazione contributiva ha natura pubblicistica e si fonda sul principio del minimale contributivo, secondo cui i contributi si calcolano sulla retribuzione legalmente dovuta, non su quella effettivamente pagata. Accordi privati non possono derogare a questo obbligo di legge.

Cosa significa che un accordo tra datore di lavoro e lavoratore è “inopponibile” all’Ente Previdenziale?
Significa che tale accordo, come la rinuncia all’indennità, ha validità solo tra le parti che lo hanno stipulato ma non può essere fatto valere nei confronti di un terzo, in questo caso l’Ente Previdenziale, per pregiudicarne un diritto autonomo come quello alla riscossione dei contributi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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