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Indennità posizioni organizzative: no al cumulo

Un dipendente pubblico si era visto riconoscere dai giudici di merito il diritto a una doppia indennità per essere stato titolare di due distinte posizioni organizzative. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, affermando che il principio di onnicomprensività della retribuzione per chi ricopre tali ruoli vieta il cumulo delle indennità posizioni organizzative, anche in caso di plurimi incarichi.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Indennità posizioni organizzative: la Cassazione dice no al cumulo

Il conferimento di più incarichi di responsabilità a un unico dipendente pubblico non dà diritto a una moltiplicazione della retribuzione accessoria. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale in materia di indennità posizioni organizzative, chiarendo che il criterio dell’onnicomprensività della retribuzione impedisce il cumulo dei compensi. Questa decisione riforma le sentenze dei giudici di merito e offre una linea guida chiara per le pubbliche amministrazioni.

I Fatti del Caso: un dipendente e due incarichi

La vicenda ha origine dalla richiesta di un dipendente di un Comune, inquadrato nella categoria D6, che tra il 2010 e il 2013 era stato titolare di due distinte posizioni organizzative. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello gli avevano dato ragione, riconoscendogli il diritto a percepire due separate retribuzioni di posizione, una per ciascun incarico. Secondo i giudici di merito, la retribuzione è direttamente connessa alla singola posizione, pertanto a ogni incarico doveva corrispondere un’autonoma indennità.

Il Comune, non condividendo questa interpretazione, ha presentato ricorso in Cassazione, basandosi su un unico e decisivo motivo: la violazione del principio di onnicomprensività e del divieto di cumulo delle indennità posizioni organizzative sancito dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL).

La questione sull’indennità posizioni organizzative e il principio di onnicomprensività

Il cuore della controversia legale risiede nell’interpretazione dell’articolo 10 del CCNL del 31 marzo 1999 per il comparto Enti Locali. Tale norma stabilisce che il trattamento economico accessorio del personale titolare di posizione organizzativa (composto da retribuzione di posizione e di risultato) “assorbe tutte le competenze accessorie e le indennità previste dal vigente contratto collettivo nazionale”.

L’ente locale ha sostenuto che questa previsione contrattuale conferisce alla retribuzione un carattere “onnicomprensivo”, che non ammette duplicazioni. In altre parole, un dipendente, anche se titolare di più incarichi, non può percepire più di un’indennità di posizione, poiché questa remunera la totalità delle responsabilità assunte.

le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto integralmente la tesi del Comune, ritenendo fondato il motivo di ricorso. I giudici hanno chiarito che l’espressa previsione contrattuale di onnicomprensività impedisce una duplicazione dei compensi. Il fatto che al medesimo dipendente siano state assegnate più posizioni organizzative non giustifica un’eccezione a questa regola.

La Corte ha rafforzato il proprio ragionamento richiamando un principio consolidato in un settore analogo, quello della dirigenza medica, dove è pacifico che il principio di onnicomprensività della retribuzione remunera tutte le funzioni attribuite al dirigente, senza consentire compensi plurimi per la pluralità di incarichi.

Inoltre, pur in assenza di precedenti specifici sulla duplicazione di P.O., la Cassazione ha citato una propria sentenza (n. 26227/2023) che, in un caso simile, suggeriva non una somma algebrica delle remunerazioni, ma una “pesatura di sintesi” della complessità degli incarichi, rimessa alla discrezionalità dell’amministrazione. Questo approccio conferma l’idea di un trattamento economico unico, sebbene graduabile in base al carico di lavoro complessivo.

le conclusioni: il principio di diritto e le implicazioni

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza d’appello e ha enunciato il seguente principio di diritto: “Nel pubblico impiego privatizzato vige il principio di onnicomprensività del trattamento economico accessorio del personale di categoria D titolare di posizioni organizzative, di cui all’art. 10 c.c.n.l. 31.3.1999, sicché non è consentito al dipendente che sia titolare di più P.O. duplicare le retribuzioni accessorie per esse previste”.

Questa ordinanza ha importanti implicazioni pratiche. Le amministrazioni pubbliche non possono erogare indennità posizioni organizzative multiple a un singolo dipendente. La retribuzione accessoria deve essere unica, anche se l’ente, nell’ambito della sua autonomia, può graduarne l’importo per tenere conto del maggior carico di responsabilità derivante dalla gestione di più uffici o servizi. La causa è stata rinviata alla Corte d’Appello, che dovrà riesaminare il caso attenendosi a questo fondamentale principio.

Un dipendente pubblico titolare di più posizioni organizzative ha diritto a più indennità?
No. Secondo la Corte di Cassazione, vige il principio di onnicomprensività del trattamento economico accessorio, che impedisce di duplicare le retribuzioni anche in caso di titolarità di più posizioni.

Cosa significa “principio di onnicomprensività” per le posizioni organizzative?
Significa che il trattamento economico accessorio (composto da retribuzione di posizione e di risultato) assorbe e ricomprende ogni trattamento accessorio e indennità, come quella per il lavoro straordinario. È un compenso unico che remunera la totalità delle funzioni e dei compiti attribuiti al titolare dell’incarico.

Qual è la base normativa per il divieto di cumulo delle indennità posizioni organizzative?
La base giuridica principale è l’art. 10 del CCNL Comparto Enti Locali del 31.3.1999, il quale stabilisce esplicitamente che il trattamento economico per i titolari di posizione organizzativa “assorbe tutte le competenze accessorie e le indennità previste dal vigente contratto collettivo nazionale”.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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