Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18964 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 18964 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 21544/2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa da ll’AVV_NOTAIO, presso cui è elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, domiciliato per legge presso la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione;
-controricorrente-
nonché
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv ocatura generale dello Stato, presso cui è domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, n. 762/2019, pubblicata il 28 marzo 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 2 maggio 2016 l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello contro la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE del 10 novembre 2015, che aveva accolto la domanda con la quale NOME COGNOME, ricercatore confermato a tempo pieno presso l’RAGIONE_SOCIALE, aveva chiesto la condanna delle menzionate amministrazioni a pagare l’indennità perequativa ex art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, per l’esattezza, aveva condannato la citata RAGIONE_SOCIALE e dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell’RAGIONE_SOCIALE.
La Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 762/2019, ha rigettato l’appello.
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
NOME COGNOME si è difeso con controricorso.
RAGIONE_SOCIALE si è difesa con controricorso.
NOME COGNOME e l’RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979, il contrasto con precedenti giurisprudenziali e il difetto di motivazione per contraddittorietà e illogicità.
Essa sostiene che la sentenza impugnata riporterebbe la stessa motivazione di altra decisione della medesima corte territoriale che sarebbe pervenuta ad esito opposto.
Inoltre, avrebbe dovuto tenersi conto che tutti i medici sarebbero inquadrati nel ruolo dirigenziale e che la certificazione attestante l’incarico di responsabile del settore di chirurgia video assistita non comproverebbe le pari mansioni, funzioni ed anzianità con riferimento all’incarico di titolare di struttura semplice.
Con il secondo motivo parte ricorrente, riproponendo le stesse censure, afferma che l’indennità perequativa presuppone che venga provata l’identità rispetto alla tipologia di incarico che si assume come parametro di riferimento e torna ad affermare che non sarebbero stati allegati elementi sufficienti per fare ritenere che il ricorrente avesse ricoperto l’incarico di responsabile di struttura semplice, non essendo sufficiente la sola nomina di responsabile di settore.
Con il terzo motivo, che riporta la stessa rubrica dei primi due motivi, parte ricorrente contesta che il modulo ospedaliero ex art. 116 del d.P.R. n. 384 del 1990 sia equiparabile alla struttura semplice.
Con il quarto motivo, analogo ai precedenti, la P.A. ricorrente fa riferimento al d.lgs. n. 517 del 1999 e assume che solo nel 2013 sarebbero state individuate le unità operative semplici e complesse e sarebbero stati nominati i relativi direttori e responsabili.
Le doglianze che, stante la stretta connessione, possono essere trattate congiuntamente sono, in parte, inammissibili e, in parte, infondate.
Ess sono inammissibili ove denunciano il vizio motivazionale e pretendono di desumere la dedotta contraddittorietà della motivazione dal confronto con precedenti giurisprudenziali della stessa corte territoriale.
Infatti, è consolidato l’orientamento, inaugurato da Cass., SU, n. 8053 del 2014, secondo cui, all ‘ esito della riformulazione dell ‘ art. 360, n. 5, c.p.c., il vizio motivazionale rileva solo qualora l ‘ anomalia si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante (da denunciare ex art. 360, n. 4, c.p.c. in relazione alla violazione dell ‘ art. 132, n. 4, c.p.c.) ed attenga all ‘ esistenza della motivazione in sé, risulti dal testo della sentenza impugnata e prescinda dal confronto con le risultanze processuali, evenienze, queste, che non ricorrono nella fattispecie in quanto il giudice d’appello ha dato conto delle ragioni per le quali il gravame doveva essere disatteso.
Il ricorso è, poi, infondato in ordine alla ritenuta violazione dell ‘ art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979 e del d.lgs. n. 517 del 1999.
Le recenti pronunce di questa Corte di cassazione n. 12952 e n. 12954 del 2022, riprese da Cass., n. 25333, n. 25334 e n. 25379 del 2022, all ‘ esito della ricostruzione del quadro normativo e contrattuale, alla quale si rinvia ex art. 118 disp. att. c.p.c., in continuità con il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite con riferimento al personale universitario non docente, hanno affermato che:
1) l ‘ art. 6 del d.lgs. n. 517 del 1999, che ha disciplinato la materia prevedendo che l ‘ indennità di perequazione debba consistere in a) un trattamento aggiuntivo graduato in relazione alle responsabilità connesse ai diversi tipi di incarico; b) un trattamento aggiuntivo graduato in relazione ai risultati ottenuti nell ‘ attività assistenziale e gestionale, valutati secondo parametri di efficacia, appropriatezza ed efficienza, nonché all ‘ efficacia nella realizzazione della integrazione tra attività assistenziale, didattica e di ricerca, lì dove prevede che «il trattamento economico di equiparazione in godimento all ‘ atto dell ‘ entrata in vigore del presente decreto è conservato fino all ‘ applicazione delle disposizioni di cui al comma 1», attraverso l ‘ utilizzo improprio dell’espressione «in godimento» ha inteso assicurare, nelle more dell ‘ attuazione del nuovo regime, l ‘ equiparazione fino a quel momento garantita dalla normativa previgente che, seppure pensata in relazione ad un diverso sistema di inquadramento, poteva essere attuata tenendo conto, da un lato, dell ‘ evoluzione della disciplina legale e contrattuale,
dall’altro, del criterio di carattere generale, della necessaria parificazione a fronte di pari funzioni, mansioni ed anzianità;
l ‘ art. 102 del d.P.R. n. 382 del 1980, che disciplina l ‘ indennità di perequazione spettante ai docenti universitari ed ai ricercatori impegnati nell ‘ attività assistenziale, al comma 4 stabilisce che «il professore ordinario e straordinario è equiparato al medico appartenente alla posizione apicale; il professore associato è equiparato al medico appartenente alla posizione intermedia; l ‘ assistente ordinario del ruolo ad esaurimento ed i ricercatori sono equiparati al medico appartenente alla posizione iniziale» e prevede, quindi, corrispondenze pensate alla luce dei sistemi di classificazione all ‘ epoca vigenti, che, quanto alla professione medica, evocano la distinzione fra le posizioni di primario, aiuto e assistente indicate dall ‘ art. 63 e dalla tabella allegata al d.P.R. n. 761/1979, poi ripresa dal d.P.R. n. 384/1990, che inserisce le medesime posizioni nelle qualifiche funzionali comprese dalla nona all ‘ undicesima (assistente IX qualifica, aiuto X qualifica, primario XI qualifica);
questo quadro è mutato a seguito del riordino della disciplina in materia sanitaria perché con l ‘ art. 15 del d.lgs. n. 502 del 1992, più volte modificato, il legislatore inizialmente ha previsto l ‘ inquadramento dei dirigenti medici in soli due livelli (e non tre come in passato) e poi, a partire dall ‘ entrata in vigore del d.lgs. n. 229 del 1999, ha inserito la dirigenza medica in un ruolo unico, differenziando gli incarichi in relazione all ‘ anzianità posseduta ed alla natura, semplice o complessa, della struttura diretta (art. 15, commi da 4 e 6, del d.lgs. n. 502 del 1992, come modificato dal d.lgs. n. 229 del 1999);
l ‘ evoluzione normativa è stata seguita di pari passo dalla contrattazione collettiva che, dapprima, ha modulato il trattamento economico del dirigente medico sulla base dell ‘ inquadramento in due livelli e in funzione della graduazione delle strutture secondo i parametri indicati dall ‘ art. 51 del CCNL 5 dicembre 1996; successivamente, a partire dal CCNL 8 giugno 2000, ha previsto, all ‘ art. 27, quattro diverse tipologie di incarico conferibile al dirigente medico; ha indicato le caratteristiche proprie delle strutture semplici e complesse; ha commisurato il trattamento economico spettante al dirigente medico alle maggiori o minori responsabilità connesse alla natura dell’incarico ricoperto;
5) le Sezioni Unite, nell ‘ affrontare la questione analoga, ma non coincidente, dell ‘ applicazione delle tabelle di equiparazione previste per il personale universitario non docente dall ‘ art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979, hanno riconosciuto carattere dinamico, non statico, delle corrispondenze, dal quale è stata tratta la conseguenza che queste ultime dovessero essere applicate tenendo conto, da un lato, dei mutamenti intervenuti per effetto dell ‘ adozione di un nuovo sistema di classificazione, dall ‘ altro, però, della necessità di perequare il trattamento retributivo senza mai tralasciare la parità di funzioni, mansioni e anzianità (Cass., SU, n. 9276 del 2016 e Cass., SU, n. 8521 del 2012);
6) sulla base del medesimo principio, il criterio di corrispondenza indicato dal richiamato art. 102 va applicato, innanzitutto, tenendo conto della disciplina transitoria dettata per la dirigenza medica dal CCNL 5 dicembre 1996, quanto al passaggio dalle qualifiche funzionali alla dirigenza di primo e secondo livello (art. 1 che ha inserito nel primo livello la IX e la X qualifica, nel secondo livello l ‘ XI), e dal CCNL 8 giugno 2000 quanto alle conseguenze dell ‘ inquadramento nel ruolo unico ed alla commisurazione del trattamento economico alla natura, semplice o complessa, della struttura diretta;
l ‘ ammontare dell ‘ assegno perequativo deve essere quantificato tenendo conto del trattamento fondamentale ed accessorio spettante, sulla base della disciplina contrattuale, al dirigente medico del RAGIONE_SOCIALE a parità di incarico e di anzianità.
Sulla base dei richiamati principi, qui ribaditi perché condivisi dal Collegio, il ricorso deve essere rigettato, atteso che la corte territoriale, seppure sulla base di un diverso iter argomentativo e di una ricostruzione non completa del quadro normativo, correttamente ha ritenuto fondata la domanda, rilevando che il dipendente avesse svolto proprio attività di dirigente medico preposto a struttura semplice.
Il ricorso, nella parte in cui contesta la valutazione espressa sulla natura dell ‘ incarico conferito e sulla sua dimostrazione, è inammissibile perché finisce per censurare l ‘ accertamento di fatto compiuto dalla corte territoriale e sollecita un giudizio di merito non consentito in sede di legittimità.
Infatti, la valutazione delle prove agli atti, nella specie del certificato depositato, è attività riservata alla corte d’appello e non più sindacabile nella presente sede.
I precedenti di questa SRAGIONE_SOCIALE. citati dal l’RAGIONE_SOCIALE per suffragare le sue conclusioni non rilevano, in quanto concernono situazioni nelle quali i giudici del merito avevano ritenuto non allegata o non provata l’attribuzione di incarico medico dirigenziale.
2) Il ricorso è rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza, nei rapporti fra parte ricorrente e il lavoratore, e sono liquidate come in dispositivo.
Nessuna statuizione, invece, deve essere assunta, sul punto, quanto alla posizione dell’RAGIONE_SOCIALE, poiché è stata intimata solo a fini di litis denuntiatio e nessuna censura è stata proposta avverso il capo della decisione che aveva ritenuto la formazione del giudicato interno sulla statuizione della sentenza di primo grado che aveva escluso la legittimazione dell ‘ ente.
Si deve dare atto della sussistenza delle condizioni processuali di cui all ‘ art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, ai fini e per gli effetti precisati da Cass., SU, n. 4315 del 2020, perché l ‘ esenzione prevista in via generale dal richiamato d.P.R. opera per le Amministrazioni dello Stato e non per gli enti pubblici autonomi.
P.Q.M.
La Corte,
rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a rifondere le spese di lite in favore di NOME COGNOME, che liquida in complessivi € 4.000,00 per compenso, oltre a € 200,00 per esborsi, accessori di legge e spese generali nella misura del 15%;
dà atto della sussistenza delle condizioni processuali di cui all ‘ art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, per il versamento dell’importo indicato, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile, il 10