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Indennità minima: 5 mesi garantiti nel Jobs Act

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di licenziamento orale illegittimo sotto il regime del Jobs Act, al lavoratore spetta un’indennità minima di cinque mensilità. Tale soglia non può essere ridotta o azzerata dalla detrazione di quanto percepito da una nuova occupazione (aliunde perceptum). La sentenza chiarisce che il diritto a questa tutela minima è incomprimibile, anche se il lavoratore trova un nuovo impiego subito dopo il licenziamento.

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Pubblicato il 24 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Indennità Minima nel Jobs Act: La Cassazione Conferma le 5 Mensilità

Un lavoratore licenziato oralmente trova subito una nuova occupazione, ma questo non cancella il suo diritto a un risarcimento. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale a tutela dei lavoratori assunti con il contratto a tutele crescenti: l’indennità minima di cinque mensilità in caso di licenziamento illegittimo è un diritto incomprimibile. Vediamo nel dettaglio la vicenda e la decisione della Suprema Corte.

I Fatti del Caso: Licenziamento Orale e Nuova Occupazione

Un lavoratore veniva licenziato in forma orale e, pertanto, in modo del tutto inefficace. Poco dopo, l’azienda datrice di lavoro cessava la propria attività. Il lavoratore, nel frattempo, riusciva a trovare un nuovo impiego già dal mese successivo al licenziamento.

La Corte d’Appello, pur riconoscendo l’inefficacia del licenziamento, condannava l’ex datore di lavoro al pagamento delle retribuzioni maturate, ma detraeva da tale somma quanto percepito dal lavoratore grazie al nuovo impiego (il cosiddetto aliunde perceptum). Questa operazione, di fatto, riduceva drasticamente il risarcimento, portandolo al di sotto della soglia minima prevista dalla legge.

Il lavoratore, ritenendo leso il suo diritto, ricorreva in Cassazione sostenendo che, nonostante la nuova occupazione, gli spettasse comunque l’indennità minima di cinque mensilità prevista dal Jobs Act (D.Lgs. 23/2015).

La Questione Giuridica: Indennità Minima contro Aliunde Perceptum

Il nodo centrale della questione era stabilire se l’obbligo di detrarre i guadagni ottenuti altrove dal lavoratore potesse prevalere sulla garanzia legale di un risarcimento minimo. In altre parole: il fatto di aver trovato subito un altro lavoro può annullare il diritto del lavoratore a ricevere l’indennità minima stabilita per un licenziamento illegittimo?

Il ricorrente ha argomentato che la norma del Jobs Act (art. 2) stabilisce chiaramente che “in ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità”, creando una sorta di “paracadute” economico inderogabile a protezione del lavoratore ingiustamente licenziato.

Le Motivazioni della Cassazione: La Tutela dell’Indennità Minima è Incomprimibile

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente la tesi del lavoratore, cassando la sentenza d’appello. Gli Ermellini hanno chiarito che il principio della tutela risarcitoria minima, già consolidato nell’ambito della precedente disciplina (art. 18, L. 300/1970), si applica pienamente anche ai licenziamenti orali avvenuti sotto il regime del Jobs Act.

La Suprema Corte ha affermato che l’aliunde perceptum serve a ridurre il danno complessivo subito dal lavoratore, ma non può mai intaccare la soglia minima di tutela garantita per legge. L’indennità minima di cinque mensilità rappresenta un baluardo che non può essere eroso, neanche nel caso in cui il lavoratore abbia trovato una nuova occupazione prima che siano trascorsi cinque mesi dal licenziamento illegittimo. Si tratta di una misura con una chiara finalità sanzionatoria e di deterrenza verso il datore di lavoro che adotta un comportamento illegittimo, oltre che di tutela per il lavoratore.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un’importante garanzia per tutti i lavoratori assunti con il contratto a tutele crescenti. La decisione stabilisce che il diritto all’indennità minima di cinque mensilità è assoluto in caso di licenziamento nullo o inefficace, come quello orale. Il datore di lavoro non può sperare di evitare il pagamento di questa somma dimostrando che il lavoratore si è prontamente ricollocato sul mercato.

In conclusione, la sentenza rafforza la protezione dei lavoratori, assicurando che, a fronte di una grave illegittimità come un licenziamento non comunicato per iscritto, esista sempre un livello minimo di risarcimento economico, che funge da parziale ristoro per il torto subito e da deterrente per le condotte datoriali illecite.

In caso di licenziamento illegittimo sotto il Jobs Act, il lavoratore ha sempre diritto a un’indennità minima?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che in caso di licenziamento nullo o inefficace, come quello orale, al lavoratore compete una misura minima risarcitoria pari a cinque mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento.

Se un lavoratore trova subito un nuovo lavoro dopo un licenziamento orale, il suo nuovo stipendio può azzerare il risarcimento dovuto?
No. Il nuovo stipendio (aliunde perceptum) può essere detratto dal risarcimento complessivo, ma non può mai ridurre l’importo al di sotto della soglia minima garantita per legge, che è pari a cinque mensilità.

Il principio della garanzia di un risarcimento minimo vale anche se l’azienda ha cessato l’attività?
Sì, la cessazione dell’attività aziendale può impedire la reintegrazione nel posto di lavoro, ma non incide sul diritto del lavoratore a ottenere il risarcimento del danno, inclusa la garanzia dell’indennità minima di cinque mensilità per il licenziamento illegittimo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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