Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20686 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20686 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23255/2023 R.G. proposto da : COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME
-intimata- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 1335/2023 depositata il 09/05/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con sentenza del 9.5.23, in riforma di sentenza del 10.12.20 del Tribunale di Benevento, la C orte d’appello di Napoli ha dichiarato inefficace il licenziamento orale del 31.10.16 intimato a NOME COGNOME da NOME COGNOME ed ha condannato la datrice di lavoro al pagamento delle retribuzioni dal licenziamento al 15.10.18, detratto l’aliunde perceptum; ha quindi compensato le spese di lite. Si tratta di licenziamento in regime del c.d. Job’s Act; la Corte ha ritenuto dimostrato il licenziamento con la produzione della comunicazione datoriale al centro dell’impiego di cessazione per licenziamento per giustificato motivo oggettivo (GMO) e non provata invece dal datore la forma scritta del licenziamento; ha ritenuto irrilevante e non provato l’accordo sindacale per far assumere il lavoratore dall’agenzia interinale; ha ritenuto di non poter disporre la reintegra perché l’azienda era cessata; ha ordinato il risarcimento fino alla sopraggiunta impossibilità totale della prestazione.
Avverso la sentenza ricorre al lavoratore per tre motivi; è rimasto intimato il datore.
I l Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.
CONSIDERATO CHE:
Il primo motivo deduce violazione dell’articolo 2, comma 2, decreto legislativo 23/15 per non avere la sentenza impugnata riconosciuto le cinque mensilità minime (cui il lavoratore ha interesse perché è stata assunto il mese seguente al licenziamento e la sentenza ha detratto l’aliunde perceptum).
Il secondo motivo deduce violazione dell’art. 92 c.p.c., per aver compensato le spese.
Il terzo motivo deduce violazione del 132 numero 4 sulla compensazione delle spese.
Il primo motivo è fondato.
Il lavoratore ha dimostrato che il suo interesse all’accertamento dell’incomprimibilità della misura risarcitoria delle cinque mensilità è sorto solo a seguito della pronuncia della Corte che ha detratto l’aliunde perceptum (che nel caso importava retribuzione sin dal mese successivo al licenziamento), sicché la questione è esaminabile da questa Corte.
In diritto, l’art. 2 suddetto prevede ‘con la pronuncia di cui al comma 1, il giudice condanna altresì il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata la nullità e l’inefficacia, stabilendo a tal fine un’indennità commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto.’
Questa Corte (Sez. L, Sentenza n. 3205 del 16/03/1992, Rv. 476288 -01, e Sez. L, Sentenza n. 5645 del 15/12/1989, Rv. 464611 -01, ha precisato in passato che l'”aliunde perceptum” dal lavoratore illegittimamente licenziato, di cui la prova è posta a carico del datore di lavoro e necessaria ai fini della riduzione dell’obbligo risarcitorio del medesimo, riguarda il danno eccedente la misura minima (pari a cinque mensilità di retribuzione) garantita dall’art. 18 della legge n. 300 del 1970. Tale principio è senza dubbio applicabile anche nell’ambito del licenziamento orale
disposto nel contratto a tutele crescenti di cui al d.lgs. 23/15, c.d. Job’s act.
Può dunque affermarsi che, nell’ambito del contratto a tutele crescenti di cui al decreto legislativo 23/15, in caso di licenziamento dichiarato illegittimo ai sensi del co. 1 dell’art. 2 del medesimo decreto, con condanna del datore al risarcimento dei danni a norma del co. 2 dello stesso articolo, al lavoratore compete la misura minima risarcitoria delle cinque mensilità anche nel caso in cui abbia trovato alternativa occupazionale prima del decorso di cinque mesi, restando irrilevante l’aliunde perceptum (detraibile in generale dall’indennità risarcitoria complessiva) maturato nel detto periodo.
Gli altri motivi restano assorbiti.
La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata alla medesima corte territoriale in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.
p.q.m.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla C orte d’appello di Napoli in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 giugno 2025.