Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30816 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 30816 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/12/2024
SENTENZA
sul ricorso 18616-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
KOXHA ARTUR;
– intimato – avverso la sentenza n. 581/2023 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 28/03/2023 R.G.N. 906/2022; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
del 11/06/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
Indennità compensazione retribuzioni lavoratori stagionali per Covid-19
R.G.N. 18616/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 11/06/2024
PU
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito l’avvocato NOME COGNOME per delega verbale avvocato NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza depositata il 28.3.2023, la Corte d’appello di Bari, in riforma della pronuncia di primo grado, ha accolto la domanda di NOME COGNOME volta alla corresponsione dell’indennità volta alla compensazione delle retribuzioni non percepite nei mesi di marzo, aprile e maggio 2020 a causa delle restrizioni sanitarie imposte per fronteggiare la pandemia da Covid-19.
I giudici territoriali, in particolare, hanno ritenuto decisivo che l’istante, pur dipendente d i un’impresa inquadrata ai fini previdenziali nel settore della pulizia generale non specializzata di edifici, avesse svolto, nel periodo rilevante ai fini del diritto all’indennità, mansioni di cuoco di ristorante presso un complesso alberghiero, con inquadramento nel CCNL per i dipendenti di aziende del turismo.
Avverso tale pronuncia l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura. NOME COGNOME è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, l’INPS denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 29, comma 1, d.l. n. 18/2020 (conv. con l. n. 27/2020), e dell’art. 84, comma 5, d.l. n. 34/2020 (conv. con l. n. 77/2020), in relazione all’art. 12 prel. c.c., per avere la Corte di merito ritenuto che, essendo la misura compensativa finalizzata ad offrire un sostegno al reddito dei lavoratori addetti al settore del turismo, non rilevasse in senso contrario la circostanza che l’impresa alle cui dipendenze lavora l’intimato fosse classificata in un settore
differente (e segnatamente in quello delle imprese addette alla pulizia generale non specializzata di edifici), ma il fatto che egli avesse prestato servizio presso un albergo con mansioni di cuoco di ristorante e inquadramento nel CCNL per i dipendenti da aziende del settore turismo.
Con il secondo motivo, l’INPS lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 49, l. n. 88/1989, per avere la Corte territoriale negato rilevanza, ai fini dell’attribuzione dell’indennità, alla classificazione dei datori di lavoro operata dall’INPS a mez zo del codice statistico contributivo che ne individua l’attività, ancorché tale classificazione, per espresso disposto di legge, debba avere effetto a tutti i fini previdenziali e assistenziali.
I due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in considerazione dell’intima connessione delle censure, e sono infondati.
L’art. 29, comma 1, d.l. n. 18/2020, cit., rubricato ‘Indennità lavoratori stagionali del turismo e degli stabilimenti termali’, prevede, per quanto qui interessa, che ‘ai lavoratori dipendenti stagionali del settore del turismo e degli stabilimenti termali che hanno cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e la data di entrata in vigore della presente disposizione, non titolari di pensione e non titolari di rapporto di lavoro dipendente alla data di entrata in vigore della presente disposizione, è riconosciuta un’indennità per il mese di marzo 2020, pari a 600 euro’.
Come emerge chiaramente dalla sua predeterminazione in cifra fissa e affatto svincolata da requisiti di carattere contributivo, si tratta di una indennità di carattere marcatamente assistenziale, la cui introduzione è stata valutata come necessaria al fine di sostenere il reddito dei lavoratori stagionali del turismo e degli stabilimenti termali a
fronte delle restrizioni alla libertà di circolazione adottate per fronteggiare la pandemia da Covid-19, che certamente ne avrebbero impedito l’occupazione.
Proprio per ciò, non appare rilevante, ai fini della concessione dell’indennità in questione, il settore merceologico in cui, ai sensi dell’art. 49, l. n. 88/1989, è inquadrata l’impresa datrice di lavoro dell’odierno intimato, atteso che la classificazione prevista dalla norma ult. cit. vale certamente ai fini della disciplina delle situazioni soggettive di cui le imprese sono titolari attive e passive nei confronti degli enti di previdenza, ma non può rilevare ostativamente allorché, come nella specie, ci si trovi al cospetto di una misura assistenziale espressamente volta a sostegno del reddito personale dei lavoratori: ogni diversa interpretazione, infatti, finirebbe per vulnerare la ratio assistenziale che ha ispirato il legislatore, dal momento che precluderebbe la fruizione dell’indennità a chi, indipendentemente (e magari anche ad onta) della classificazione dell’impresa di cui è dipendente, avesse in concreto lavorato come stagionale ‘ nel settore del turismo e degli stabilimenti termali’ e, a causa d elle restrizioni imposte dalla necessità di fronteggiare la pandemia, si trovasse pacificamente nell’impossibilità di essere nuovamente chiamato al lavoro.
Ciò posto, diversamente da quanto sostenuto dall’INPS a pag. 9 del ricorso per cassazione, i giudici territoriali nella specie hanno positivamente accertato che l’odierno intimato ha prestato servizio dal 13.5.2019 al 19.9.2019 presso l’Hotel Kyrie, nelle isole Tremiti, ‘ove ha in concreto operato con mansioni effettive di ‘cuoco di ristorante’, e con inquadramento nell’ambito del CCNL per i dipendenti da aziende del settore turismoFederalberghi’ (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata); e per quanto sopra rassegnato, nessun dubbio può sussistere circa la correttezza della
conclusione della sentenza impugnata, che su tale presupposto gli ha accordato l’indennità per cui è causa.
Il ricorso, pertanto, va rigettato. Nulla dovendosi pronunciare sulle spese di lite, non avendo l’intimato in questa sede svolto attività difensiva, va dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’11.6.2024.