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Indennità giudiziaria: no a dipendenti comunali

La Corte di Cassazione ha negato il diritto all’indennità giudiziaria a tre dipendenti di un Comune distaccati presso l’Ufficio del Giudice di Pace. Secondo la Corte, il trattamento economico dei lavoratori distaccati è disciplinato esclusivamente dal contratto collettivo dell’ente di appartenenza, in questo caso il Comune, e non da quello dell’amministrazione presso cui prestano servizio. La natura delle mansioni svolte è irrilevante, poiché non può esserci una “contaminazione” tra diversi regimi contrattuali del pubblico impiego.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Indennità Giudiziaria per Dipendenti Distaccati: La Cassazione Fa Chiarezza

Il trattamento economico dei dipendenti pubblici distaccati presso un’altra amministrazione è un tema che genera spesso contenziosi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta il caso di alcuni dipendenti comunali che, lavorando in uffici giudiziari, richiedevano la corresponsione della cosiddetta indennità giudiziaria. La decisione ribadisce un principio fondamentale: la retribuzione è legata all’ente di appartenenza, non alle mansioni svolte altrove.

I Fatti di Causa

Tre dipendenti di un Comune, in servizio presso l’Ufficio del Giudice di Pace con profili professionali di cancelliere e assistente giudiziario, avevano citato in giudizio il proprio ente datore di lavoro. La loro richiesta era semplice: ottenere l’accertamento del diritto a percepire l’indennità giudiziaria, un’emolumento specifico previsto per il personale del Ministero della Giustizia. Inizialmente, la Corte d’Appello aveva respinto la loro domanda, riformando la decisione di primo grado. I lavoratori, non soddisfatti, hanno quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che l’indennità dovesse essere legata alla funzione svolta e non all’amministrazione di provenienza.

L’errata interpretazione della normativa sull’indennità giudiziaria

I ricorrenti basavano la loro pretesa su una serie di normative che, a loro avviso, miravano a remunerare il personale addetto alle cancellerie a prescindere dall’appartenenza ai ruoli dell’amministrazione giudiziaria. Essi sostenevano che la finalità della legge fosse quella di compensare il particolare tipo di lavoro svolto a supporto del corretto funzionamento degli uffici giudiziari. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha ritenuto questa interpretazione errata e ha rigettato il ricorso, allineandosi a un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha chiarito che il diritto all’indennità giudiziaria non può essere esteso ai dipendenti di altri enti, come i Comuni, anche se distaccati o comandati a svolgere le medesime mansioni del personale di giustizia. Il ragionamento della Corte si fonda su un principio cardine del pubblico impiego: la netta separazione tra i diversi comparti di contrattazione collettiva.

Il trattamento economico e giuridico di un dipendente pubblico è interamente regolato dal contratto collettivo del proprio ente di appartenenza. L’indennità giudiziaria, in particolare, è un istituto previsto specificamente dal CCNL del comparto Ministeri ed è strettamente correlata alla “specifica posizione ordinamentale” dei dipendenti del Ministero della Giustizia. Non è, quindi, un’indennità legata alla mansione in sé, ma allo status giuridico del lavoratore.

La Corte ha sottolineato che non è ammissibile alcuna “contaminazione” tra trattamenti economici previsti da discipline negoziali di settori diversi. Consentire a un dipendente comunale di percepire un’indennità del comparto Ministeri creerebbe una figura ibrida non prevista dall’ordinamento. Inoltre, la normativa generale sul pubblico impiego (D.Lgs. 165/2001) stabilisce che l’onere a carico dell’ente che utilizza il personale in distacco riguarda unicamente il trattamento economico fondamentale, escludendo quindi le indennità accessorie specifiche di quel comparto.

Conclusioni

La decisione della Cassazione conferma un principio di rigore e coerenza nel sistema retributivo pubblico. Per i lavoratori distaccati, lo stato giuridico ed economico rimane saldamente ancorato all’amministrazione di provenienza. Le mansioni svolte presso l’ente ospitante, sebbene identiche a quelle del personale locale, non sono sufficienti a giustificare l’applicazione di un diverso e più favorevole trattamento economico. Questa pronuncia offre un importante chiarimento per tutte le amministrazioni pubbliche, ribadendo che i diritti economici accessori derivano dall’inquadramento contrattuale e non dalla natura del lavoro concretamente prestato in regime di distacco.

Un dipendente comunale distaccato presso un ufficio giudiziario ha diritto all’indennità giudiziaria?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’indennità giudiziaria è un emolumento strettamente legato allo stato giuridico del personale del Ministero della Giustizia e non può essere esteso ai dipendenti di altri enti, come i Comuni, anche se svolgono le stesse mansioni.

Il trattamento economico di un lavoratore distaccato da quale contratto collettivo è regolato?
Il trattamento economico è regolato esclusivamente dal contratto collettivo dell’ente di appartenenza (l’ente distaccante), non da quello dell’ente presso cui il lavoratore presta temporaneamente servizio (ente distaccatario).

Le mansioni svolte dal lavoratore distaccato influenzano il suo diritto a ricevere indennità previste per il personale dell’ente ospitante?
No, la Corte ha specificato che la natura delle mansioni e dei compiti svolti è irrilevante. Il diritto a percepire determinate indennità discende dalla posizione giuridica ed economica definita dal contratto dell’ente di provenienza, escludendo ogni “contaminazione” tra diversi comparti contrattuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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