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Indennità funzioni superiori: la guida al calcolo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 28922/2025, interviene sul calcolo dell’indennità funzioni superiori per il personale amministrativo della scuola. Mentre conferma la legittimità del metodo di calcolo che considera l’intera retribuzione del dipendente, stabilisce un principio fondamentale: la ‘posizione economica’ maturata, pur riducendo l’importo dell’indennità differenziale, deve comunque essere corrisposta. La Corte ha accolto il ricorso su questo punto, impedendo che un elemento retributivo autonomo venga di fatto azzerato, e ha cassato con rinvio la sentenza d’appello.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Indennità Funzioni Superiori: la Cassazione sul Calcolo e la Posizione Economica

Il calcolo dell’indennità funzioni superiori nel pubblico impiego, in particolare nel settore scolastico, è spesso fonte di contenzioso. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, bilanciando l’applicazione di una normativa restrittiva con la tutela di elementi retributivi acquisiti dal lavoratore. La decisione analizza la legittimità del metodo di calcolo differenziale e, soprattutto, il ruolo della ‘posizione economica’ all’interno di esso.

I Fatti del Caso

Un gruppo di assistenti amministrativi si era rivolto al tribunale per ottenere il corretto pagamento delle differenze retributive maturate per aver svolto mansioni superiori, quelle di Direttore dei Servizi Generali ed Amministrativi (DSGA). La loro domanda si basava su due pretese principali: il riconoscimento dell’indennità di funzioni superiori e il pagamento della seconda posizione economica, un elemento retributivo specifico.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto le loro richieste. I giudici di merito avevano ritenuto che l’amministrazione avesse calcolato correttamente l’indennità secondo le norme sopravvenute (legge n. 228/2012), che prevedono un calcolo basato sulla differenza tra il trattamento iniziale del DSGA e l’intero trattamento economico già in godimento dell’assistente amministrativo. Di conseguenza, le pretese dei lavoratori erano state giudicate infondate, portando la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

L’indennità Funzioni Superiori e i Motivi del Ricorso

I ricorrenti hanno basato la loro impugnazione su tre motivi principali, contestando la sentenza d’appello sotto diversi profili giuridici.

1. Prescrizione: Sostenevano che il termine di prescrizione per i crediti retributivi dovesse decorrere dalla fine del rapporto di lavoro e non durante il suo svolgimento.
2. Autonomia della Posizione Economica: Affermavano che l’indennità di funzioni superiori e la posizione economica fossero due voci retributive distinte e autonome, che dovevano essere corrisposte entrambe, senza che la seconda venisse ‘assorbita’ nel calcolo della prima.
3. Legittimità del Metodo di Calcolo: Contestavano la conformità a Costituzione del metodo di calcolo introdotto dalla legge n. 228/2012, che, valorizzando l’intera retribuzione del dipendente, finiva per ridurre o azzerare l’indennità per i lavoratori con maggiore anzianità, violando il principio di proporzionalità della retribuzione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato i tre motivi, giungendo a una decisione che accoglie parzialmente le ragioni dei lavoratori, ma su basi giuridiche precise.

La Prescrizione nel Pubblico Impiego: un Principio Consolidato

Il primo motivo è stato dichiarato manifestamente infondato. La Corte ha ribadito il suo orientamento consolidato (richiamando le Sezioni Unite) secondo cui, nel pubblico impiego, la prescrizione dei crediti retributivi decorre sempre in costanza di rapporto, data la stabilità del posto di lavoro che tutela il dipendente da eventuali ritorsioni del datore.

Il Calcolo dell’Indennità: Legittimità della Riforma

Anche il terzo motivo è stato respinto. La Corte ha confermato la legittimità della norma (art. 1, commi 44 e 45, l. n. 228/2012) che ha modificato il criterio di calcolo dell’indennità. La legge ha derogato alla contrattazione collettiva, stabilendo che l’indennità non è più pari alla differenza tra i livelli retributivi iniziali, ma alla differenza tra il livello iniziale della qualifica superiore e l’intero trattamento economico percepito dal dipendente incaricato. Questo comporta che, all’aumentare dell’anzianità e della retribuzione del lavoratore (incluso lo stipendio tabellare e la posizione economica), l’indennità si riduce progressivamente, fino a potersi azzerare. Secondo la Corte, e in linea con precedenti pronunce della Corte Costituzionale, questo meccanismo non è irragionevole, poiché la maggiore professionalità del dipendente anziano è già remunerata dagli scatti di anzianità e dalle progressioni economiche.

La Tutela della Posizione Economica: il Punto Accolto

Il punto cruciale della decisione risiede nell’accoglimento del secondo motivo. La Corte ha chiarito un equivoco di fondo nell’applicazione della norma. Se è vero che la posizione economica deve essere inclusa nel calcolo come parte del ‘sottraendo’ (cioè nel totale della retribuzione del dipendente che riduce l’indennità differenziale), è altrettanto vero che essa deve poi essere effettivamente liquidata al lavoratore. È una componente autonoma della retribuzione.

L’errore dell’amministrazione, avallato dai giudici di merito, era stato duplice: da un lato, inserire la posizione economica nel calcolo per ridurre l’indennità; dall’altro, omettere di corrisponderla come voce a sé stante. Questo portava a un inammissibile azzeramento di un diritto retributivo già acquisito. La Corte stabilisce che la retribuzione finale deve comprendere lo stipendio tabellare, la posizione economica e l’eventuale indennità aggiuntiva (calcolata con il metodo differenziale). In questo modo non si verifica alcuna duplicazione di pagamento, ma si garantisce al lavoratore tutto ciò che gli spetta.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Corte d’Appello per una nuova valutazione basata sul principio di diritto enunciato. La decisione è di grande importanza pratica: pur confermando la validità di un metodo di calcolo dell’indennità funzioni superiori che può penalizzare i lavoratori più anziani, essa pone un limite invalicabile. Gli elementi retributivi già maturati dal dipendente, come la posizione economica, non possono essere ‘cancellati’ attraverso un gioco di calcoli. Devono essere inclusi nel computo del differenziale, ma devono anche essere corrisposti, preservando l’integrità della retribuzione complessiva del lavoratore.

Quando inizia a decorrere la prescrizione per i crediti di lavoro nel pubblico impiego?
Secondo l’ordinanza, la prescrizione per i crediti retributivi nel pubblico impiego decorre sempre in costanza di rapporto di lavoro, data la stabilità del rapporto che garantisce il lavoratore da possibili ritorsioni.

Come si calcola l’indennità per lo svolgimento di mansioni superiori dopo la legge n. 228/2012?
L’indennità si calcola come differenza tra il trattamento economico previsto per il livello iniziale della qualifica superiore (es. DSGA) e l’intero trattamento economico complessivamente in godimento del dipendente incaricato (es. assistente amministrativo), inclusi stipendio tabellare e progressioni economiche.

La ‘posizione economica’ può essere assorbita dall’indennità di funzioni superiori fino a scomparire?
No. La Corte ha stabilito che, sebbene la posizione economica debba essere considerata nel calcolo che determina l’importo dell’indennità (riducendola), essa deve comunque essere liquidata al lavoratore come componente autonoma della sua retribuzione e non può essere di fatto azzerata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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