Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31089 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31089 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 3441-2018 proposto da
ISTITUTO RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, per procura conferita in calce al ricorso per cassazione, dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME, COGNOME, con domicilio eletto presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, in ROMA, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso, in virtù di procura conferita in calce al controricorso, dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio eletto presso l’RAGIONE_SOCIALE, in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 753 del 2017 della CORTE D’APPELLO DI MESSINA, depositata il 20 luglio 2017 (R.G.N. 788/2015).
R.G.N. 3441/2018
COGNOME
Rep.
C.C. 29/05/2024
giurisdizione Indennità di fine lavoro e dottorato di ricerca.
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 29 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -Il dottor NOME COGNOME ha chiesto di condannare l’INPS all’erogazione dell’indennità di fine lavoro prevista dall’art. 2, comma 130, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, per i lavoratori iscritti alla Gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, del la legge 8 agosto 1995, n. 335.
Il Tribunale di Messina ha respinto il ricorso, sulla base del rilievo che l’indennità spetta soltanto per le collaborazioni coordinate e continuative di cui all’art. 61, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e non anche per la diversa attività di dottorato di ricerca.
2. -Con la sentenza n. 753 del 2017, depositata il 20 luglio 2017, la Corte d’appello di Messina ha accolto il gravame del dottor NOME COGNOME e, in riforma della pronuncia del Tribunale, ha riconosciuto il diritto dell’appellante di fruire dell’indennità di fine lavoro e ha condannato l’INPS al pagamento dell’importo di Euro 4.000,00, maggiorato d’interessi come per legge.
A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha argomentato che la legge 3 agosto 1998, n. 315, ha obbligato anche i beneficiari di borse di studio per la frequenza di corsi di dottorato di ricerca all’iscrizione alla Gestione separata . La contribuzione previdenziale non assolverebbe ad alcuna funzione, se fosse precluso l’accesso alle corrispondenti tutele riconosciute dall’ordinamento.
L’attività svolta nell’àmbito del dottorato di ricerca è riconducibile a una collaborazione coordinata e continuativa con l’Università.
3. -L’INPS ricorre per cassazione, sulla base di un motivo, contro la sentenza d’appello.
4. -Il dottor NOME COGNOME resiste con controricorso.
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1., primo comma, cod. proc. civ.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-In vista dell’adunanza in camera di consiglio, il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni (art. 380bis .1., secondo comma, cod. proc. civ.).
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con l’unico motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), l’Istituto denuncia la violazione dell’art. 2, comma 130, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, dell’art. 6, comma 1, lettera c ), del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, nella legge 24 febbraio 2012, n. 14, in riferimento al combinato disposto degli artt. 61, comma 1, e 63 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, all’art. 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210, all’art. 7 del decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 30 aprile 1999, n. 224, all’art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e all’art. 1 della legge 3 agosto 1998, n. 315.
La Corte d’appello di Messina avrebbe errato nel riconoscere anche ai partecipanti al dottorato di ricerca l’indennità una tantum prevista in favore dei collaboratori coordinati e continuativi di cui all’art. 61, comma 1, del d.lgs. n. 276 del 2003.
-Il controricorrente ha eccepito, in linea preliminare, l’inammissibilità del ricorso, imputando all’Istituto di non avere indicato quale, tra i motivi tratteggiati dall’art. 360 cod. proc. civ., sia stato proposto e quale disciplina sia stata violata. L’impugnazione non sarebbe neppure rispettosa del principio di ‘ autosufficienza ‘ , in quanto
non trascriverebbe e non allegherebbe i documenti posti a sostegno delle censure.
L’eccezione è priva di pregio , in tutti i profili in cui si articola.
2.1. -È perspicua l’indicazione dei vizi che, ad avviso del ricorrente, inficiano la sentenza impugnata: i giudici d’appello avrebbe ro violato la legge e dunque il vizio dedotto è conforme al paradigma dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
A tale riguardo, il ricorrente menziona in maniera analitica le disposizioni che ritiene siano state violate e compie un’accurata ricognizione del quadro normativo di riferimento, senza demandare a questa Corte una verifica esplorativa che esorbita dai suoi compiti istituzionali di depositaria della nomofilachia.
2.2. -Né il ricorso contravviene al principio di ‘ autosufficienza ‘ .
Le doglianze interpellano questa Corte su una questione eminentemente interpretativa e non postulano il richiamo ad atti e documenti. La vicenda di fatto, inoltre, si snoda attraverso passaggi pacifici e risulta delineata in modo particolareggiato, così da consentire agevolmente il sindacato sull’adombrata violazione di legge .
Il ricorso soddisfa, pertanto, le prescrizioni di specificità imposte dal codice di rito.
-Il ricorso è fondato.
-Si controverte sull’indennità introdotta in via sperimentale, per il biennio 20102011, dall’art. 2, comma 130, della legge n. 191 del 2009 e prorogata per il 2012 dall ‘art. 6, comma 1, lettera c ), del d.l. n. 216 del 2011, come convertito.
La legge, per i soli casi di fine lavoro, riconosce «una somma liquidata in un ‘ unica soluzione, pari al 30 per cento del reddito percepito l ‘ anno precedente e comunque non superiore a 4.000 euro, ai collaboratori coordinati e continuativi di cui all ‘ articolo 61, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata presso l ‘ INPS di cui all ‘ articolo 2,
comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335», a patto che soddisfino le seguenti condizioni: i collaboratori devono operare «in regime di monocommittenza» (lettera a ) e devono aver conseguito «l ‘ anno precedente un reddito lordo non superiore a 20.000 euro e non inferiore a 5.000 euro» (lettera b ); con riguardo all ‘ anno di riferimento, dev’essere «accreditato, presso la predetta Gestione separata di cui all ‘ articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, un numero di mensilità non inferiore a uno» (lettera c ); i collaboratori devono risultare «senza contratto di lavoro da almeno due mesi» (lettera d ); devono risultare accreditate «nell ‘ anno precedente almeno tre mensilità presso la predetta Gestione separata di cui all ‘ articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995» (lettera e ).
Sono esclusi, per espressa previsione di legge, i titolari di redditi da lavoro autonomo che derivino dall’esercizio di arti o professioni.
5. -La legge è inequivocabile nel circoscrivere l’erogazione dell’indennità di fine lavoro ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa regolati dall’art. 61 del d.lgs. n. 276 del 2003, riconducibili «a uno o più progetti specifici determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore» (comma 1, primo periodo).
Questa Corte ha già posto in risalto la portata selettiva del riferimento alle collaborazioni coordinate e continuative disciplinate dal d.lgs. n. 276 del 2003, che concorre a tipizzare i rapporti rilevanti ai fini dell’erogazione dell’indennità (Cass., sez. lav., 5 marzo 2024, n. 5812, richiamata dalla parte ricorrente nella memoria illustrativa e concernente l’indennità di disoccupazione di cui all’art. 2, commi 51 e seguenti, della legge 28 giugno 2012, n. 92).
Il dottorato di ricerca, per contro, è assoggettato a una normativa speciale, che ne individua la finalità nell’offerta delle «competenze necessarie per esercitare, presso università, enti pubblici o soggetti privati, attività di ricerca di alta qualificazione» (art. 4, comma 1, della
legge n. 210 del 1998), subordinandone l’istituzione a una specifica procedura (art. 4, comma 2, della citata legge n. 210 del 1998).
A fronte del ruolo preminente della ricerca e della formazione accademica, n on si configura un’attività stricto sensu riconducibile a un progetto, nei termini enucleati dall’art. 61, comma 1, del d.lgs. n. 276 del 2003 , e destinata a coordinarsi con l’organizzazione del committente.
Il riferimento legislativo a uno specifico progetto, al regime di monocommittenza, all’organizzazione e all’oggetto sociale del committente, evoca una realtà empirica e normativa che diverge dall’attività tipica di un dottorato di ricerca , sottoposta, ben prima delle innovazioni introdotte con il d.lgs. n. 276 del 2003, a una distinta disciplina.
L’assimilazione tra il dottorato di ricerca e le collaborazioni imperniate su un progetto non è avvalorata, dunque, da indici persuasivi.
Non è senza significato che l’art. 7, comma 1, della legge 22 maggio 2017, n. 81, abbia introdotto nell’art. 15 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, un comma 15bis (in tal senso, pagina 6 della memoria illustrativa dell’INPS).
La previsione richiamata, a decorrere dal primo luglio 2017, riconosce l’indennità mensile di disoccupazione denominata RAGIONE_SOCIALE non solo ai collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata, ma anche «agli assegnisti e ai dottorandi di ricerca con borsa di studio in relazione agli eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dalla stessa data».
Tale disciplina, nel suo carattere innovativo, riveste un innegabile valore ermeneutico anche per le disposizioni applicabili nel presente giudizio, concernenti un’indennità strutturalmente e funzionalmente affine.
La necessità d’introdurre un’apposita previsione, applicabile a decorrere da una determinata data e accompagnata anche dalla necessaria definizione della pertinente aliquota contributiva, conferma che il dottorato di ricerca non può essere omologato alle collaborazioni coordinate e continuative, già contemplate nella normativa pregressa, e presenta una spiccata peculiarità, che si estrinseca in una regolamentazione autonoma.
-Alla stregua di tali elementi testuali e sistematici, a diverse conclusioni non possono indurre le considerazioni svolte nella sentenza impugnata e nel controricorso.
6.1. -Quanto all’iscrizione alla Gestione separata, che la sentenza d’appello valorizza (pagina 4), non è di per sé risolutiva.
La legge, difatti, considera come presupposto primario e indefettibile per la concessione dell’indennità l’esistenza di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, che faccia sorgere l’obbligo d’iscrizione alla Gestione separata.
Non è sufficiente, pertanto, la mera iscrizione alla Gestione separata.
6.2. -È irrilevante che, in altri frangenti, l’INPS abbia riconosciuto anche ai dottorandi di ricerca l’indennità di fine lavoro ( diffusamente, su tale punto, pagine 12, 13 e 14 del controricorso).
La natura indisponibile degl’interessi coinvolti non consente di conferire valenza cogente a un episodico contegno dell’Istituto: il riconoscimento del diritto presuppone il rigoroso accertamento dei requisiti di legge e non può essere ancorato ai comportamenti concludenti tenuti in diversi contesti e di per sé sprovvisti di ogni efficacia vincolante.
7. -La sentenza impugnata, nel riconoscere l’indennità di fine lavoro anche ai partecipanti al dottorato di ricerca, è incorsa, dunque, nelle violazioni di legge denunciate nel ricorso.
8. -La sentenza d’appello dev’essere cassata, in applicazione del seguente principio di diritto: «L’indennità di fine lavoro, disciplinata dall’art. 2, comma 130, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, e prorogata per il 2012 dall’art. 6, comma 1, lettera c ), del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, nella legge 24 febbraio 2012, n. 14, non spetta ai partecipanti a un dottorato di ricerca universitario, attività non riconducibile alle collaborazioni coordinate e continuative di cui all’art. 61, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, individuate ai fini dell’erogazione dell’indennità in esame».
9. -Non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto e la causa, pertanto, può essere decisa nel merito, con il rigetto dell’originaria domanda.
10. -Le spese dell’intero processo possono essere compensate, in ragione della novità della questione interpretativa sottoposta allo scrutinio di questa Corte.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata; decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda; compensa le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione