Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23513 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23513 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 15764-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2660/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 30/11/2020 R.G.N. 2874/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N.15764/2021
COGNOME
Rep.
Ud 20/05/2025
CC
FATTI DI CAUSA
Il giudice di primo grado in accoglimento della opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE (da ora RAGIONE_SOCIALE revocava il decreto ingiuntivo con il quale alla società era stato ingiunto il pagamento in favore dell’ex dipendente NOME COGNOME dimessosi per giusta causa in data 15.12.2011, della somma di € 63.317,07, a titolo di indennità sostitutiva di n. 122,10 giorni di ferie non godute.
La Corte di appello di Roma, respinto l’appello incidentale di RAI, in parziale riforma della sentenza impugnata, confermata nel resto, ha condannato la società al pagamento in favore del Mezza della somma di € 61.543,88 oltre accessori.
Secondo la Corte di merito il giudice di primo grado era incorso nella violazione del principio, espressione di consolidato orientamento del giudice di legittimità, secondo il quale dal mancato godimento delle ferie deriva – una volta divenuto impossibile per l’imprenditore, anche senza sua colpa, adempiere l’obbligazione di consentire la loro fruizione – il diritto del lavoratore al pagamento dell’indennità sostitutiva, che ha natura retributiva, in quanto rappresenta la corresponsione, a norma degli artt. 1463 e 2037 c.c., del valore di prestazioni non dovute e non restituibili in forma specifica; l’assenza di un’espressa previsione contrattuale non esclude l’esistenza del diritto a detta indennità sostitutiva, che peraltro non sussiste se il datore di lavoro dimostra di avere offerto un adeguato tempo per il godimento delle ferie, di cui il lavoratore non abbia usufruito, venendo ad incorrere, così, nella “mora del creditore’ (Cass., n. 2496/2018, e in senso conforme v Cass. n. 7976/2020, e Cass n. 13860/2000); in applicazione di tale principio era quindi la parte datoriale ad essere onerata della dimostrazione di avere offerto un adeguato tempo per il godimento delle ferie, di cui il lavoratore non aveva usufruito. Tale prova non era stata offerta; in particolare non risultava che il Mezza avesse disatteso l’invito di cui alla comunicazione del 1.7.2014 con la quale al lavoratore era imposto di assentarsi per sessanta giorni; tale onere non poteva ritenersi assolto dalla esistenza di accordi sindacali volti alla fruizione delle ferie ed allo smaltimento degli arretrati posto che la determinazione del periodo feriale spetta unicamente alla parte datrice; la previsione
dell’art. 13 dell’accordo Rai -Usigrai, secondo la quale l’arretrato per ferie doveva essere smaltito e non poteva essere sostituito dal relativo trattamento economico nel caso di mancata fruizione delle ferie per causa non imputabile al lavoratore, non poteva escludere il diritto di questi all’indennità sostitutiva delle ferie in considerazione della irrinunciabilità del diritto in questione avente copertura costituzionale; neppure era configurabile alla luce delle allegazioni RAI la condizione, implicante esonero da responsabilità della parte datoriale, rappresentata dal potere del dirigente di attribuirsi il periodo di ferie senza alcuna ingerenza da parte del datore di lavoro, salva la prova a carico di quest’ultimo del ricorrere di necessità aziendali assolutamente eccezionali ed obiettive, ostative alla suddetta fruizione, che determinava il venir meno del diritto alla indennità sostitutiva (Cass. 11786/2005, Cass. 13953/2009). Il giudice di appello ha inoltre escluso il maturarsi della prescrizione sul rilievo che il diritto alla indennità sostitutiva delle ferie decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso la società datrice sulla base di quattro motivi illustrati con memoria; la parte intimata ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 2109 c.c. e dell’art. 2697 c.c., anche in relazione all’art. 115 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per la non corretta applicazione del principio alla stregua del quale al lavoratore con qualifica apicale, che gode di ampia autonomia nella gestione e programmazione delle ferie, non spetta, in caso di mancato godimento delle stesse, il diritto all’indennità sostitutiva; in questa prospettiva denunzia c he le allegazioni a riguardo formulate dalla RAI non erano state contestate da controparte.
Con il secondo motivo di ricorso deduce nullità della sentenza per apparenza di motivazione con riferimento al profilo dell’ampiezza dell’autonomia della quale deve godere il lavoratore con qualifica apicale affinché possa ritenersi integrato il presupposto di fatto concernente la possibilità di attribuzione delle ferie, sulla scorta del quale escludere il diritto all’indennità sostitutiva in caso di mancata fruizione delle stesse.
Con il terzo motivo di ricorso denunzia l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso, oggetto di discussione fra le parti, costituito dalla allegazione da parte della Rai, non contestata dal Mezza, relativa al fatto che questi aveva sempre svolto una normale attività lavorativa anche per la congruità dell’organico aziendale di talché era da escludere la sussistenza di esigenze eccezionali tali da impedire l’autonoma programmazione di fruizione delle ferie da parte del Mezza.
Con il quarto motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2109 c.c. e dell’art. 2935 c.c., anche in relazione all’art. 10, comma 2 d. lgs. n. 66/2003, censurando la sentenza impugnata per avere affermato che il diritto all’indennità sostitut iva decorre solo dal momento della cessazione del rapporto di lavoro.
Il primo ed il secondo motivo di ricorso, trattati congiuntamente per connessione, sono infondati.
5.1. Occorre premettere che il tema che essi pongono, sotto diverse angolazioni, è costituito, in sintesi, dalla individuazione del grado di autonomia, nella determinazione delle relative ferie, da riconoscere al dirigente per ritenere integrata la condizione che, alla stregua di consolidati principi giurisprudenziali (v. tra le altre, Cass. 11786/2005, Cass. 13953/2009), consente di escludere il diritto alla indennità sostitutiva ove tali ferie non siano godute con esonero quindi da responsabilità della parte datoriale.
5.2. A riguardo si osserva che la Corte di merito nell’affermare la inadeguatezza delle allegazioni sul punto della RAI, che aveva fatto riferimento all’ ‘ampia autonomia’ del lavoratore (con posizione apicale) nella determinazione degli orari e gestione delle ferie e permessi ‘potendo pianificare per tempo lo smaltimento’, ha mostrato di ritenere necessario un livello ancora più elevato di autonomia, connotato, in sintesi, dalla totale assenza di ingerenze datoriali nella programmazione e attribuzione delle ferie; in altri termini, secondo la sentenza impugnata, non è sufficiente che il dirigente abbia ampia autonomia nella gestione dei tempi di lavoro in modo da poter programmare per tempo lo smaltimento delle ferie; è invece necessario che il dirigente goda di assoluta discrezionalità nella gestione delle proprie ferie, senza la necessità di rapportarsi in relazione a tale scelta
con alcun livello sovraordinato e quindi con la parte datoriale, salvo naturalmente l’ipotesi del ricorrere di eccezionali necessità aziendali oggettivamente riconoscibili.
5.3. La decisione sul punto non presenta ambiguità in relazione al parametro giuridico utilizzato (v. in particolare sentenza, penultima pagina, 1° e 2° cpv) di talché sotto questo profilo non è dato rinvenire la denunziata perplessità e/o apparenza di motivazione circa il grado di autonomia richiesto per ritenere integrata la condizione di esclusione del diritto all’indennità sostitutiva in caso di mancato godimento delle ferie .
5.4. Tale parametro è conforme alle indicazioni del giudice di legittimità il quale ha ripetutamente affermato che soltanto il dirigente che, pur avendo il potere di attribuirsi il periodo di ferie senza alcuna ingerenza da parte del datore di lavoro, non lo eserciti e non fruisca del periodo di riposo annuale, non ha diritto alla indennità sostitutiva, a meno che non provi di non avere potuto fruire del riposo a causa di necessità aziendali assolutamente eccezionali e obiettive (cfr. Cass. n. 31175/2021 Cass. 24.11.2017 n. 28082, con richiamo a Cass. 14.3.2016 n. 4920; Cass. n. 13953/2009, Cass. n. 11786/2005; e, in motivazione, con riferimento alla dirigenza pubblica Cass. Sez. Un. n. 9146/2009 e Cass. n. 2000/2017).
5.5. Ciò posto, le critiche formulate dalla odierna ricorrente alla sentenza impugnata per avere escluso che le allegazioni in fatto della società consentissero di configurare un livello di autonomia tale da mandare assolta la RAI da responsabilità per inadempimento all’o bbligo di fruizione delle ferie, sono quindi nel merito infondate in quanto genericamente riferite alla possibilità di ampia autonomia nella determinazione degli orari di lavoro e nella gestione delle ferie e permessi, e quindi intrinsecamente inidonee a definire, nel caso concreto, un ambito di assoluta autonomia e discrezionalità del dipendente nella decisione delle proprie ferie, come viceversa necessario alla luce del richiamato orientamento di legittimità.
Il rigetto dei motivi che precedono assorbe l’esame del terzo motivo di ricorso in quanto il fatto asseritamente omesso, rappresentato dalla assenza di esigenze eccezionali tali da impedire l’autonoma programmazione della fruizione da parte del Mezza, è privo di
decisività, una volta escluso il ricorrere di una assoluta ed incondizionata discrezionalità nella gestione delle ferie in capo all’odierno controricorrente.
Il quarto motivo di ricorso è manifestamente infondato alla luce della giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide e richiama anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., alla stregua della quale la prescrizione del diritto del lavoratore all’indennità sostitutiva delle ferie e dei riposi settimanali non goduti decorre dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, salvo che il datore dimostri che il diritto alle ferie ed ai riposi settimanali è stato perso dal prestatore, per non averne goduto nonostante l’invito ad usufruirne (Cass., n. 17643/2023), questione quest’ultima estranea alla res controversa . Né tale orientamento appare superabile, come sembra prospettare la odierna ricorrente, sulla base della configurazione della indennità sostitutiva tratta dall’art. 10 comma 2 d. lgs n. 66/2003 (v. ricorso, pag. 31), valendo a riguardo le considerazioni espresse nel menzionato precedente di legittimità in punto di necessità di ‘interpretazione conforme’ al diritto eurounitario con riferimento alla situazione di debolezza del lavoratore ed alla possibilità che un’eventuale rivendicazione possa esporlo all’adozione da parte del datore di lavoro di misure pregiudizievoli ( v. Cass. n. 17643/2023 cit. , pag. 5 e sg.).
Al rigetto del ricorso consegue il regolamento secondo soccombenza delle spese di lite , che si distraggono in favore dell’avvocata anticipataria, e, nella sussistenza dei presupposti processuali, la condanna della parte ricorrente al raddoppio del contributo ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater d.P.R. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 4.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge, da distrarsi.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
La Presidente Dott.ssa NOME COGNOME