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Indennità ferie non godute: onere del datore di lavoro

Un dirigente con contratti a termine successivi ha diritto all’indennità per ferie non godute se il datore di lavoro non prova di averlo invitato formalmente a goderne. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’onere della prova grava sul datore, anche in presenza di un lavoratore con autonomia organizzativa, sottolineando come la precarietà dei contratti a breve termine renda difficile la programmazione delle ferie.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Indennità Ferie Non Godute: l’Onere del Datore di Lavoro è Sempre Presente

Il diritto alle ferie è un principio cardine del diritto del lavoro, essenziale per il recupero delle energie psico-fisiche del lavoratore. Ma cosa succede quando, al termine del rapporto, rimangono giorni di ferie non godute? La recente ordinanza della Corte di Cassazione, n. 9982/2024, offre chiarimenti cruciali sul diritto all’indennità ferie non godute, specialmente in contesti di lavoro precario e per figure dirigenziali. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: l’onere di assicurare la fruizione delle ferie ricade sempre sul datore di lavoro.

I fatti del caso

Un dirigente aveva lavorato per un Comune con una serie ininterrotta di contratti a tempo determinato e proroghe per un periodo di quasi otto anni, dal 2002 al 2010. Alla cessazione del rapporto, il dirigente aveva accumulato ben 104 giorni di ferie non fruite e ne aveva chiesto la relativa indennità sostitutiva. La Corte di Appello aveva respinto la sua richiesta, sostenendo che, data la continuità del rapporto e il suo ruolo dirigenziale, egli avrebbe potuto e dovuto programmare autonomamente la fruizione delle ferie. Secondo i giudici di secondo grado, la colpa della mancata fruizione era, in sostanza, del lavoratore stesso.

L’indennità ferie non godute e la decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha completamente ribaltato la decisione della Corte di Appello. Accogliendo le ragioni del dirigente, la Suprema Corte ha stabilito che la sentenza impugnata non era conforme ai principi consolidati, anche di derivazione europea. La prossimità costante della scadenza dei contratti a termine, spesso di breve durata, rendeva di fatto impossibile una serena ed efficace programmazione delle ferie. Il lavoratore, pur essendo un dirigente, non era stato messo nelle condizioni concrete di poter esercitare il suo diritto al riposo.

Le motivazioni

La Corte ha fondato la sua decisione su diversi pilastri giuridici, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Il principio chiave è che il diritto alle ferie non può essere perso automaticamente solo perché il lavoratore non le ha richieste. Al contrario, è il datore di lavoro che ha un obbligo preciso e attivo.

Il datore di lavoro deve dimostrare di aver invitato il lavoratore, se necessario formalmente, a godere delle proprie ferie, informandolo in modo accurato e in tempo utile che, in caso di mancata fruizione, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento. L’onere della prova di aver adempiuto a questo dovere di informazione e sollecitazione grava interamente sul datore di lavoro. L’autonomia organizzativa del dirigente non è sufficiente a esonerare l’amministrazione da tale obbligo.

Inoltre, la Corte ha sottolineato come la precarietà derivante dalla successione di contratti a breve termine costituisca un oggettivo impedimento alla programmazione. Non si può pretendere che un lavoratore con un contratto in scadenza dopo pochi mesi programmi un lungo periodo di riposo. Questa ‘capacità organizzativa del datore di lavoro’ deve essere esercitata in modo da assicurare che le ferie siano effettivamente godute, tenendo conto delle specifiche condizioni contrattuali.

Infine, la Cassazione ha ritenuto fondato anche il motivo relativo alla mancata valutazione, da parte della Corte d’Appello, di alcune note con cui lo stesso Comune sembrava riconoscere il diritto del dirigente alla monetizzazione di una parte delle ferie maturate, un elemento che avrebbe dovuto essere attentamente considerato.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza la tutela del diritto alle ferie, un diritto irrinunciabile garantito dalla Costituzione e dalle normative europee. La sentenza chiarisce che il datore di lavoro non può assumere un ruolo passivo, ma deve essere il garante attivo del riposo dei propri dipendenti. L’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per consentire la fruizione delle ferie è suo, e non può essere scaricato sul lavoratore, nemmeno se si tratta di un dirigente con poteri di auto-organizzazione. Per le aziende e le pubbliche amministrazioni, ciò significa implementare procedure chiare e formali per la gestione delle ferie, che includano solleciti e un’informazione trasparente sulla perdita del diritto in caso di mancato godimento non giustificato.

Un datore di lavoro può rifiutare di pagare le ferie non godute a un dirigente sostenendo che poteva organizzarsi da solo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, anche nel caso di un dirigente, il datore di lavoro ha l’onere di dimostrare di averlo formalmente invitato a fruire delle ferie e avvisato della loro possibile perdita in caso di mancato godimento.

La successione di contratti a tempo determinato influisce sul diritto all’indennità per ferie non godute?
Sì. La Corte ha stabilito che la continua prossimità delle scadenze di contratti di breve durata costituisce un ostacolo oggettivo alla programmazione delle ferie e tale circostanza, non imputabile al lavoratore, non può impedirgli di ottenere l’indennità sostitutiva.

Su chi ricade l’onere della prova in caso di richiesta di indennità per ferie non godute?
L’onere della prova ricade interamente sul datore di lavoro. Egli deve dimostrare di aver adempiuto al suo obbligo di diligenza, mettendo il lavoratore nelle condizioni effettive di esercitare il proprio diritto al riposo, attraverso un’informazione adeguata e, se necessario, un invito formale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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