Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9982 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 9982 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/04/2024
1.La Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE Calabria ha rigettato il gravame proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale RAGIONE_SOCIALE stessa sede con cui era stata respinta la sua domanda, volta ad ottenere la condanna del Comune di RAGIONE_SOCIALE Calabria al pagamento dell’indennità sostitutiva RAGIONE_SOCIALE ferie maturata nel corso dei successivi rapporti a tempo determinato (nella misura di € 23.392,34, corrispondenti a 104 giorni di ferie maturati), di volta in volta prorogati e protratti ininterrottamente dal 4.7.2002 al 14.5.2010.
La Corte territoriale ha ritenuto pacifico che il contratto di lavoro a tempo determinato instaurato tra le parti nel 2002 era proseguito senza soluzione di continuità fino al maggio 2010 in forza di proroghe (con la precisazione che era proseguito di fatto nel periodo dal 22 gennaio al 15 febbraio 2010).
Ha escluso che l’apposizione di un termine ai contratti e alle proroghe fosse assimilabile alle ipotesi di risoluzione per causa non imputabile al lavoratore nei termini indicati dalla sentenza n. 95/2016 RAGIONE_SOCIALE Corte costituzionale, in quanto il dirigente era a conoscenza RAGIONE_SOCIALE prevedibile durata del rapporto ed era in grado di predeterminare il numero RAGIONE_SOCIALE ferie che avrebbe maturato nel periodo di riferimento e di programmarne la fruizione nei periodi originariamente definiti.
Il giudice di appello ha inoltre ritenuto che la protrazione del rapporto senza soluzione di continuità avrebbe consentito al dirigente di recuperare le ferie pregresse, qualora avesse effettuato un’opportuna e apposita programmazione.
Riguardo alle proroghe del 31.3.2009, del 29.3.2010 e del 2.4.2010, ha in particolare evidenziato che gli eventi indicati per l’individuazione RAGIONE_SOCIALE rispettive scadenze (l’attuazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE, la proclamazione degli eletti e l’effettivo svolgimento del mandato sindacale) erano certi nel loro verificarsi e noti ab origine.
Ha poi escluso l’applicabilità dell’art. 10 del d.lgs. n. 66/2003, argomentando che nel caso di specie le proroghe si erano succedute senza soluzione di continuità e che la risoluzione era intervenuta solo in data 14.5.2010.
Ha ritenuto provata la circostanza che il COGNOME avesse il potere di definire autonomamente il suo piano ferie ed ha escluso che dal contegno dell’Amministrazione potesse ricavarsi l’adesione alle ragioni indicate dal COGNOME nelle sue note e prospettate come ostative alla fruizione RAGIONE_SOCIALE ferie, in quanto anche a seguito di tali note l’Amministrazione lo aveva ripetutamente sollecitato a predisporre un piano ferie e a fruire tempestivamente RAGIONE_SOCIALE ferie.
Ha precisato che le note con cui il COGNOME ha dedotto l’esistenza di situazioni ostative alla fruizione RAGIONE_SOCIALE ferie sono quelle del 11.12.2006 e del gennaio 2007, da ritenersi riferite all’anno 2006, mentre le successive note si collocano nel 2010, e possono al più valere per le ferie maturate nel 2009, mentre il COGNOME ha rivendicato in giudizio anche ferie ulteriori, e relative agli anni 2002, 2003, 2004, 2006, 2007 e 2008.
Ha sul punto evidenziato che la posticipazione RAGIONE_SOCIALE fruizione RAGIONE_SOCIALE ferie può essere giustificata solo da un atto formale avente data certa da cui emerga che l’ente ha richiesto al dirigente di non assentarsi per specifiche esigenze di servizio nel periodo individuato dal dirigente per la fruizione RAGIONE_SOCIALE ferie, ed ha rimarcato che non risulta giustificata la posticipazione RAGIONE_SOCIALE fruizione RAGIONE_SOCIALE ferie oltre i limiti temporali indicati con previsione inderogabile dal contratto di comparto area dirigenti.
Ha comunque escluso che il COGNOME potesse avanzare pretese in relazione all’ultimo periodo, essendo incontestato che nel 2010 aveva goduto di 10 giorni di ferie.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, illustrati da memoria.
Il Comune RAGIONE_SOCIALE Calabria ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.
DIRITTO
Con il primo motivo, il ricorso denuncia violazione dell’art. 36 Cost., dell’art. 10 d. lgs. n. 66/2003, nonché degli artt. 2104 e 2109 cod. civ.
Deduce che l’atto di appello aveva censurato l’omessa considerazione, da parte del primo giudice, RAGIONE_SOCIALE circostanza che il rapporto contrattuale era stato cadenzato da periodi di durata inferiore all’anno, evidenziando che la continuità del rapporto di lavoro risulta solo ex post ; richiama la circolare n. 8/2005 del RAGIONE_SOCIALE e la circolare n. 32973/2012 del RAGIONE_SOCIALE secondo cui il divieto di monetizzazione non si applica ai casi in cui le giornate di ferie sono maturate prima dell’entrata in vigore dell’art. 5, comma 8, del d.l. n. 95/2012, e ne risulti compatibile la fruizione a causa RAGIONE_SOCIALE ridotta durata del rapporto.
Evidenzia che la brevità dei rinnovi contrattuali, disposti per periodi di due o tre mesi alla volta, non aveva consentito al COGNOME la programmazione RAGIONE_SOCIALE ferie, né il loro godimento.
Censura la statuizione RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata secondo cui l’ente non aveva avallato la sua valutazione sull’impossibilità a godere RAGIONE_SOCIALE ferie; evidenzia che con nota prot. n. 144307 del 16.7.2010 il Comune aveva riconosciuto 39 giorni di ferie da monetizzare (28 per il 2009 e 11 per il 2010).
Con il secondo motivo, il ricorso denuncia violazione dell’art. 36 Cost., dell’art. 10 d. lgs. n. 66/20 03 e dell’art. 2109 cod. civ.
Addebita alla sentenza impugnata il mancato riconoscimento del diritto del COGNOME alla percezione dell’indennità sostitutiva RAGIONE_SOCIALE ferie non godute negli anni 2009 e 2010, sostenendo la sussistenza di una causa di esclusione del divieto di monetizzazione come fissato dall’art. 10 del d.lgs. n. 66/2003, nell’interpretazione RAGIONE_SOCIALE giurisprudenza costituzionale e di legittimità.
Evidenzia che l’atto di appello aveva dedotto che gli eventi risolutivi relativi a tutti i periodi contrattuali del 2009 e a quelli dal 1.1.2010 al 14.2.2010 e dal 15.2.2010 al 14.5.2010 erano dipesi esclusivamente dalla volontà dell’Amministrazione comunale ed erano incerti sia nell’ an che nel quando (potendo l’Amministrazione retrocedere dalle sue determinazioni in materia di nuova struttura organizzativa, e non deliberare sulla decadenza del Sindaco).
Argomenta che nemmeno l’Amministrazione era in grado di fare previsioni, come si desume dalle circostanze che anteriormente alla proroga del 31.3.2009, con nota del 2.2.2010, accertata la mancata fruizione di 95 giorni di ferie, il COGNOME era stato invitato a predisporre un piano ferie entro il 30 giugno 2010 e che con atto del 28.2.2009 il contratto era stato prorogato entro l’adozione degli atti, e comunque non oltre il 29 marzo 2009.
Con il terzo motivo, il ricorso denuncia violazione dell’art. 10 d. lgs. n. 66/2003 , dell’art. 2109 cod. civ., dell’art. 17, comma 13, del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE parte normativa 1995-1998 e dell’art. 115 cod. proc. civ.
Critica la sentenza impugnata per avere escluso la monetizzazione RAGIONE_SOCIALE ferie maturate nell’anno 2010 in forza dei due diversi periodi contrattuali dal 1.1.2010 al 14.2.2010 (di cui alla proroga dell’originario contratto del 4.7.2002) e dal 15.2.20010 al 14.5.2010 (di cui al contratto del 15.2.2010).
Evidenzia che nella nota prot. n. 91564 del 3.5.2010 il COGNOME aveva avanzato istanza di monetizzazione RAGIONE_SOCIALE ferie non godute, declinando le esigenze di servizio non delegabili in ragione RAGIONE_SOCIALE quali non aveva goduto RAGIONE_SOCIALE ferie.
Deduce che la Corte territoriale, pur avendo dato atto RAGIONE_SOCIALE censura relativa alla mancata valorizzazione RAGIONE_SOCIALE note prot. n. 144307 e 185948 del 2010, con cui era stato riconosciuto il diritto del COGNOME alla monetizzazione di 39 giorni di ferie per gli anni 2009 e 2010, aveva implicitamente rigettato la relativa richiesta.
Contesta che l’allegazione RAGIONE_SOCIALE circostanza relativa alla fruizione di 10 giorni di ferie dell’anno 2010, contenuta nella memoria del Comune nel giudizio di appello, costituisca allegazione del godimento di 10 giorni di ferie relative all’anno 2010; evidenzia che la difesa del Comune aveva al contempo dato atto del mancato godimento di 97 giorni di ferie.
Sostiene, in particolare, che l’allegazione relativa alla fruizione di 10 giorni di ferie nell’anno 2010 non aveva costituito eccezione tesa a paralizzare la domanda di monetizzazione RAGIONE_SOCIALE ferie maturate e non godute in quell’anno; evidenzia inoltre che il COGNOME aveva contestato tale circostanza e richiama sul punto le note autorizzate del medesimo relative al giudizio di appello, in cui era
stata evidenziata una discrasia di sette giorni tra il conteggio dal medesimo allegato da cui risultavano 104 giorni di ferie residue, ed il conteggio del Comune, da cui ne risultavano 97.
Con il quarto motivo, il ricorso denuncia violazione dell’art. 10 d. lgs. n. 66/2003 , dell’art . 2109 cod. civ., dell’art. 17, comma 13, del RAGIONE_SOCIALE parte normativa 1995-1998, nonché dell’art. 115 cod. proc. civ.
In ordine alla domanda di monetizzazione di 30 giorni di ferie dell’anno 2009 maturate e non godute, deduce che l’invito a predisporre un piano ferie da smaltire entro il 30.6.2010, contenuto nella nota prot. n. 26241 del 2.2.2010 implica l’autorizzazione a riportare le ferie dell’anno precedente.
Addebita alla Corte territoriale di non avere statuito l’illegittimità del riporto dei giorni di ferie dall’anno 2009 all’anno 2010, e di non avere riconosciuto la piena legittimità del rinvio all’anno successivo RAGIONE_SOCIALE ferie relative all’anno 2009.
Sostiene la sussistenza RAGIONE_SOCIALE indifferibili esigenze di servizio ostative al godimento RAGIONE_SOCIALE ferie nel corso dell’anno, espresse nella nota del COGNOME n. 18006 del 25.1.2010 e riconosciute dall’Amministrazione con le note nn. 26241 del 2.2.2010 e 144307 del 16.7.2010.
Aggiunge che in forza RAGIONE_SOCIALE previsioni contenute nel parere del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 32937 del 6.8.2012, ai fini del rinvio del godimento RAGIONE_SOCIALE ferie ai primi sei mesi dell’anno successivo, è sufficiente che le esigenze di servizio che possono giustificare il rinvio temporaneo in base al RAGIONE_SOCIALE risultino da atto formale con data certa.
Con il quinto motivo, il ricorso denuncia violazione degli artt. 2702, 2735, 2732 e 2697 cod. civ., nonché degli artt. 112 e 132 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ.
Evidenzia che con le note nn. 144307 del 16.7.2010 e 185948 del 8.10.2010 che costituiscono scritture private aventi carattere confessorio, mai disconosciute dall’Amministrazione, il Comune aveva riconosciuto il diritto del COGNOME alla monetizzazione di 28 giorni di ferie per l’anno 2009 e di 11 giorni di ferie per l’anno 2010.
Critica la sentenza impugnata per non essersi pronunciata sul motivo di appello con cui era stata denunciata la mancata valorizzazione RAGIONE_SOCIALE suddette note, e per non avere comunque esplicitato le ragioni sottese alla decisione relativa alla suddetta censura.
Il primo e il secondo motivo, da trattarsi congiuntamente per ragioni logiche, sono fondati.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il dirigente il quale, al momento RAGIONE_SOCIALE cessazione del rapporto di lavoro, non abbia fruito RAGIONE_SOCIALE ferie, ha diritto a un’indennità sostitutiva, a meno che il datore di lavoro dimostri di averlo messo nelle condizioni di esercitare il diritto in questione prima di tale cessazione, mediante un’adeguata informazione nonché, se del caso, invitandolo formalmente a farlo» (v. Cass. 2 luglio 2020, n. 13613); si è in particolare chiarito che la perdita del diritto alle ferie, ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro, può verificarsi soltanto nel caso in cui il datore di lavoro offra la prova di avere invitato il lavoratore a godere RAGIONE_SOCIALE ferie – se necessario formalmente – e di averlo nel contempo avvisato, in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all’i nteressato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire -che, nel caso di mancata fruizione, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato (Cass. n. 21780/2022).
Si è dunque ritenuto che il dirigente (pur munito del potere di autoorganizzarsi le ferie) che non sia collocato all’apice dell’ente pubblico e sia sottoposto a poteri organizzatori, o comunque gerarchici, dell’organo di vertice dello stesso, non perde il diritto alle ferie, ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro, ove il mancato godimento dipenda dall’inadempimento degli obblighi organizzativi del datore di lavoro, sul quale, pertanto, grava l’onere di provare di avere esercitato la sua capacità organizzativa in modo da assicurare che le ferie fossero effettivamente godute (Cass. n. 29844/2022).
Si è dunque affermato il principio secondo cui ‘il potere del dirigente pubblico di organizzare autonomamente il godimento RAGIONE_SOCIALE proprie ferie, pur se
accompagnato da obblighi previsti dalla contrattazione collettiva di comunicazione al datore di lavoro RAGIONE_SOCIALE pianificazione RAGIONE_SOCIALE attività e dei riposi, non comporta la perdita del diritto, alla cessazione del rapporto, all’indennità sostitutiva RAGIONE_SOCIALE ferie se il datore di lavoro non dimostra di avere, in esercizio dei propri doveri di vigilanza ed indirizzo sul punto, formalmente invitato il lavoratore a fruire RAGIONE_SOCIALE ferie e di avere assicurato altresì che l’organizzazione del lavoro e le esigenze del servizio cui il dirigente era preposto non fossero tali da impedire il loro godimento» (Cass. n. 18140/2022).
Si è infatti evidenziata la decisiva influenza spiegata dalla normativa eurounitaria e dalla sentenza RAGIONE_SOCIALE Grande Sezione RAGIONE_SOCIALE Corte di Giustizia 6 novembre 2018, NOMECOGNOME, secondo cui «l’articolo 7 RAGIONE_SOCIALE direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, e l’articolo 31, paragrafo 2, RAGIONE_SOCIALE Carta dei diritti fondamentali dell’Unione euro pea devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, come quella discussa nel procedimento principale, in applicazione RAGIONE_SOCIALE quale, se il lavoratore non ha chiesto, nel corso del periodo di riferimento, di poter esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite, detto lavoratore perde, al termine di tale periodo -automaticamente e senza previa verifica del fatto che egli sia stato effettivamente posto dal datore di lavoro, segnatamente con un’informazione adeguata da parte di quest’ultimo, in condizione di esercitare questo diritto».
Si è in particolare rimarcato che la Direttiva estende i propri effetti in tema di ferie anche ai dirigenti (v. art. 17 Direttiva 2003/88/CE, che, nel consentire agli Stati membri un diverso trattamento rispetto ai diritti dei dirigenti, esclude dalle norme derogabili l’art. 7, riguardant e appunto le ferie) e si è chiarito come operino, rispetto ad essi, i principi fissati in sede eurounitaria, essendosi espressamente affermato, nel contesto RAGIONE_SOCIALE pronuncia citata, la necessità che il giudice nazionale operi «prendendo in considerazione il diritto interno nel suo complesso e applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo», onde «pervenire a un’interpretazione di tale diritto che sia in grado di garantire la piena effettività del dirit to dell’Unione».
La Corte di Giustizia individua nel proprio ragionamento tre cardini del giudizio di diritto demandato al giudice nazionale, al fine di assicurare che il lavoratore sia stato messo effettivamente nelle condizioni di esercitare il proprio diritto alle ferie, consistenti:
nella necessità che il lavoratore sia invitato «se necessario formalmente» a fruire RAGIONE_SOCIALE ferie e «nel contempo informandolo -in modo accurato e in tempo utile … se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento» (punto 45);
nella necessità di «evitare una situazione in cui l’onere di assicurarsi dell’esercizio effettivo del diritto alle ferie annuali retribuite sia interamente posto a carico del lavoratore» (punto 43);
c) infine, sul piano processuale, nel prevedere che «l”onere RAGIONE_SOCIALE prova, in proposito, incombe al datore di lavoro ….. sicché la perdita del diritto del lavoratore non può aversi ove il datore «non sia in grado di dimostrare di aver esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore sia effettivamente in condizione di fruire RAGIONE_SOCIALE ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto».
Ancorché rispetto ad un dirigente, per la normale posizione di minor debolezza e maggiore conoscenza dei dati giuridici, le predette condizioni possano trovare in concreto applicazioni di minor rigore, sotto il profilo dell’intensità informativa o del grado di diligenza richiesta al datore di lavoro, ma certamente permangono a governare l’istituto dell’attribuzione, perdita o monetizzazione RAGIONE_SOCIALE ferie.
La lettura RAGIONE_SOCIALE Corte di Giustizia si coordina del resto con l’orientamento interpretativo RAGIONE_SOCIALE Corte Costituzionale, quale manifestato quando fu ad essa sottoposta questione di legittimità rispetto alla previsione, qui non applicabile ratione temporis , dell’art. 5, co. 8, d.l. 95/2012, conv., con mod. in L. 135/2012 secondo cui, nell’ambito del lavoro pubblico, le ferie, i riposi e i permessi siano obbligatoriamente goduti secondo le previsioni dei rispettivi ordinamenti e che non si possano corrispondere «in nessun caso» trattamenti economici sostitutivi.
In proposito Corte Costituzionale 6 maggio 2016, n. 95, ha ritenuto che la legge non fosse costituzionalmente illegittima, in quanto da interpretare nel senso che la perdita del diritto alla monetizzazione non può aversi allorquando il mancato godimento RAGIONE_SOCIALE ferie sia incolpevole, non solo perché dovuto ad eventi
imprevedibili non dovuti alla volontà del lavoratore, ma anche quando ad essere chiamata in causa sia la «capacità organizzativa del datore di lavoro», nel senso che quest’ultima va esercitata in modo da assicurare che le ferie siano effettivamente godute nel corso del rapporto, quale diritto garantito dalla Carta fondamentale (art. 36, comma terzo), dalle fonti internazionali (Convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro n. 132 del 1970, concernente i congedi annuali pagati, ratificata e resa esecutiva con legge 10 aprile 1981, n. 157) e da quelle europee (art. 31, comma 2, RAGIONE_SOCIALE Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007; direttiva 23 novembre 1993, n. 93/104/CE del Consiglio), sicché non potrebbe vanificarsi «senza alcuna compensazione economica, il godimento RAGIONE_SOCIALE ferie compromesso … da …. causa non imputabile al lavoratore», tra cui rientra quanto deriva dall’inadempimento del datore di lavoro ai propri obblighi organizzativi in materia, i quali non possono che essere ravvisati, per coerenza complessiva dell’ordinamento, nell’assetto sostanziale e processuale quale compiutamente delineato dalla Corte di Giustizia nei termini già sopra evidenziati.
La sentenza impugnata non è conforme a tali principi, in quanto si è limitata a valorizzare i solleciti dell’Amministrazione alla pianificazione e al godimento RAGIONE_SOCIALE ferie, senza considerare la circostanza che il COGNOME era un dirigente esterno assunto a tempo determinato, in forza di contratti e di proroghe di breve durata (alcuni dei quali con una scadenza non indicata in modo preciso), e non è stato dunque posto in condizione di fruire RAGIONE_SOCIALE ferie, in quanto la prossimità RAGIONE_SOCIALE scadenza dei termini rendeva impossibile la programmazione.
8. Il terzo motivo è inammissibile.
Infatti, il motivo contesta che la deduzione RAGIONE_SOCIALE circostanza relativa alla fruizione di 10 giorni di ferie dell’anno 2010, contenuta nella memoria del Comune nel giudizio di appello, costituisca allegazione del godimento di 10 giorni di ferie relative all’anno 2010; sostiene inoltre che il COGNOME nelle note autorizzate aveva contestato tale circostanza, e d evidenzia che la difesa del Comune aveva al contempo dato atto del mancato godimento di 97 giorni di ferie.
Deve in proposito rammentarsi che spetta al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte (Cass. n. 3680/2019 e negli stessi termini Cass. n. 27490/2019).
Anche il quarto motivo è inammissibile, in quanto tende alla rivisitazione del fatto attraverso la rilettura RAGIONE_SOCIALE note del Direttore Generale n. 26241 del 2.2.2010 e n. 144307 del 16.7.2010.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di norme di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio o di omessa pronuncia miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (vedi, per tutte: Cass. S.U. 27 dicembre 2019, n. 34476 e Cass. 14 aprile 2017, n. 8758).
Il quinto motivo è fondato.
La sentenza impugnata, pur avendo dato atto RAGIONE_SOCIALE censura relativa alla mancata valorizzazione RAGIONE_SOCIALE note prot. n. 144307 e 185948 del 2010, non si è infatti pronunciata su tale censura.
La Corte territoriale non ha dunque valutato in alcun modo gli elementi risultanti da tali note, relative al riconoscimento del diritto del COGNOME alla monetizzazione di 39 giorni di ferie per gli anni 2009 e 2010 (come risulta alle pagg. 5 e 6 RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata).
In conclusione, vanno accolti il primo, il secondo ed il quinto motivo e vanno dichiarati inammissibili il terzo ed il quarto motivo; la sentenza impugnata va dunque cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio, anche per il regolamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio, anche per il regolamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
La Corte accoglie il primo, il secondo ed il quinto motivo e dichiara inammissibili il terzo ed il quarto motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE Calabria in diversa composizione, anche per il regolamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 19.3.2024.