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Indennità ferie non godute: l’onere della prova

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3341/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un ex dirigente di un’azienda sanitaria che chiedeva il pagamento dell’indennità per ferie non godute. La Corte ha confermato che, in presenza di autonomia organizzativa, spetta al lavoratore dimostrare che la mancata fruizione delle ferie è dipesa da esigenze aziendali ostative e non da una propria scelta, rendendo non dovuta l’indennità ferie non godute.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Indennità Ferie Non Godute: Quando il Diritto Svanisce per il Dirigente Autonomo

Il diritto alle ferie è un principio sacrosanto nel nostro ordinamento, ma cosa succede quando, al termine del rapporto di lavoro, ci si ritrova con un cospicuo numero di giorni di riposo non fruiti? La questione dell’indennità ferie non godute è spesso fonte di contenzioso, specialmente per figure dirigenziali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: non basta accumulare ferie per avere automaticamente diritto al pagamento. Vediamo perché.

I Fatti del Caso

Un ex dirigente di un’Azienda Sanitaria Provinciale, al momento del pensionamento, ha richiesto il pagamento di un’indennità sostitutiva per ben 137 giorni di ferie non godute. La sua richiesta, tuttavia, è stata respinta sia in primo grado che in appello. I giudici di merito hanno ritenuto che il dirigente, data la sua posizione e la notevole autonomia nell’organizzazione del proprio lavoro e delle proprie ferie, non avesse fornito la prova che la mancata fruizione fosse dovuta a insormontabili esigenze aziendali. Anzi, l’azienda aveva più volte sollecitato il personale a godere delle ferie residue. Insoddisfatto, l’ex dirigente ha portato il caso dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Cassazione e l’Onere della Prova sulla indennità ferie non godute

La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile, ponendo fine alla vicenda e confermando la decisione dei giudici di appello. Il punto cruciale della decisione non risiede nel calcolo dei giorni di ferie, ma nella distribuzione dell’onere della prova. La Corte ha stabilito che il tentativo del ricorrente di contestare la valutazione delle prove operata dalla corte territoriale non costituisce un valido motivo di ricorso per cassazione. Quest’ultima, infatti, non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti, ma una sede dove si giudica la corretta applicazione del diritto.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su principi consolidati in materia di diritto del lavoro. Innanzitutto, si sottolinea l’autonomia che caratterizza la figura del dirigente. A differenza di altri lavoratori, il dirigente ha ampi poteri nell’organizzazione della propria attività, inclusa la pianificazione delle ferie. Questa autonomia comporta una maggiore responsabilità nel garantirsi il godimento del riposo.

Di conseguenza, l’onere della prova si sposta. Non è l’azienda a dover dimostrare di aver concesso le ferie, ma è il lavoratore che chiede l’indennità a dover provare che la mancata fruizione non è dipesa da una sua scelta o da una sua inerzia organizzativa, bensì da specifiche e inderogabili esigenze di servizio imposte dal datore di lavoro. Nel caso di specie, il dirigente non solo non ha fornito tale prova, ma la sua tesi è stata indebolita dal fatto che l’azienda si era mostrata attenta a sollecitare la fruizione delle ferie da parte di tutto il personale. La Corte ha ritenuto che la contestazione del dirigente fosse una mera “confutazione della valutazione operata dalla Corte territoriale”, un tentativo di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti, cosa non permessa in sede di legittimità.

Le conclusioni

Questa pronuncia offre un’importante lezione pratica per i lavoratori con ruoli apicali e di elevata autonomia. Il diritto all’indennità per le ferie non godute non è un automatismo. Per ottenerla, non è sufficiente dimostrare di avere un residuo di ferie al momento della cessazione del rapporto. È indispensabile essere in grado di provare, con elementi concreti, che il datore di lavoro ha di fatto impedito il godimento del riposo a causa di precise e documentabili esigenze aziendali. In assenza di tale prova, prevale la presunzione che la mancata fruizione sia riconducibile a una scelta o a una carenza organizzativa del lavoratore stesso, con la conseguente perdita del diritto all’indennità.

A un dirigente con autonomia organizzativa spetta sempre l’indennità per le ferie non godute al momento della pensione?
No, non sempre. Secondo la Corte, se il dirigente ha autonomia nella pianificazione delle proprie ferie, per ottenere l’indennità deve dimostrare che la mancata fruizione è stata causata da specifiche ed inderogabili esigenze aziendali e non da una propria scelta o inerzia.

Chi deve provare che il godimento delle ferie era impossibile?
L’onere della prova spetta al lavoratore che chiede il pagamento dell’indennità. Egli deve dimostrare che esistevano esigenze aziendali, imposte dal datore di lavoro, che gli hanno oggettivamente impedito di godere delle ferie maturate.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha ritenuto che il ricorrente non stesse denunciando un errore di diritto, ma stesse cercando di ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione. La decisione della corte d’appello, basata sulla mancata prova da parte del lavoratore, è stata considerata correttamente motivata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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