Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 34894 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 34894 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 1098-2019 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, domiciliata in INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 291/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 29/06/2018 R.G.N. 408/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/11/2024 dal AVV_NOTAIO.
Oggetto
Indennità
disoccupazione
RAGIONE_SOCIALE
R.G.N. 1098/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 14/11/2024
CC
RILEVATO CHE
La Corte d’appello di Torino confermava la pronuncia di primo grado che aveva accolto la domanda svolta da COGNOME NOME nei confronti dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE tesa ad accertare che l’Istituto non aveva diritto a ripetere le somme erogate a titolo di indennità di disoccupazione (RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE), nonostante ella avesse in seguito lavorato per un periodo superiore a 6 mesi.
Riteneva la Corte che lo stato di disoccupazione presente al tempo della corresponsione dell’indennità non fosse poi cessato, poiché il nuovo rapporto di lavoro subordinato aveva prodotto un reddito annuo inferiore al limite minimo necessario per la relativa imposizione fiscale. Ai sensi dell’art.4, lett. a) d.lgs. n.181/00, in caso di mancato superamento del limite annuale di reddito, secondo la Corte non viene meno lo stato di disoccupazione, quand’anche il rapporto di lavoro abbia avuto durata maggiore di 6 mesi.
Avverso la sentenza, l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ricorre per un motivo, illustrato da memoria.
COGNOME NOME resiste con controricorso.
All’adunanza camerale il collegio riservava termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo d i ricorso , l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE deduce violazione e falsa applicazione dell’art.2, co.1 5 e 24-bis l. n.92/12 e dell’art.4, lett. a) e d) d.lgs. n.181/00 in relazione all’art.12 disp. prel. al c.c. Sostiene che in caso di nuovo contratto di lavoro subordinato di durata superiore a 6
mesi viene sempre meno lo stato di disoccupazione, a prescindere dal limite reddituale, il quale rileverebbe solo nel rispetto della durata semestrale del contratto di lavoro. Con la memoria illustrativa l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE aggiunge l’ulteriore argomentazione per cui l’art.4 d.lgs. n.181/00 sarebbe irrilevante ai fini della disciplina della RAGIONE_SOCIALE, poiché non richiamato dall’art.2, co.14 e 15 l. n.92/12.
Preliminarmente va respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso avanzata dalla controricorrente, secondo cui mancherebbe il requisito di autosufficienza, non avendo l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE trascritto i n ricorso l’atto presupposto, ovvero il suo provvedimento di richiesta di ripetizione delle somme erogate.
Vero è che la richiesta di ripetizione non è un atto su cui si basa il ricorso poiché, per un verso, il giudizio di merito nasce dalla domanda di accertamento negativo svolto dalla lavoratrice e non da una domanda di ripetizione dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE; per altro verso, la sentenza d’appello ha accertato in fatto che tale richiesta di ripetizione era stata avanzata dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, e il ricorso di legittimità non aveva necessità di rimettere in discussione tale accertamento.
Tanto premesso, il motivo è fondato.
In fatto è pacifico che la lavoratrice fu assunta senza regolare contratto per un periodo superiore a 6 mesi, percependo per l’intero periodo un importo retributivo inferiore al limite annuale fissato per l’obbligo di imposizione fiscale del reddito da lavoro.
La Corte d’appallo ha ritenuto che non fosse venuto meno lo stato di disoccupazione fondando il proprio
convincimento sull’art.4, lett. a) d.lgs. n.181/00, norma ritenuta rilevante sul piano del rapporto previdenziale.
Si ritiene di dover dissentire da tale conclusione.
La prestazione erogata dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE rientrava nell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, disciplinata dall’art.2, co.14 e 15 l. n.92/12, in base al quale: ‘
Va in conclusione affermato il principio per cui, nella vigenza del trattamento RAGIONE_SOCIALE, qualsiasi nuova occupazione derivante da contratto di lavoro subordinato, ove superiore a 6 mesi, determina il venir meno della prestazione per mancanza del requisito di disoccupazione, a prescindere dal reddito percepito.
È appena il caso di aggiungere che detta conclusione non è contraddetta dalla sentenza n.27506/19 di questa Corte, poiché in quel caso non era in questione il trattamento di RAGIONE_SOCIALE e quindi il portato dell’art.2, co.14 e 15 l. n.92/12, essendo l’indennità di disoccupazione ancora attratta al regime precedente l’entrata in vigore della l. n.92/12.
La sentenza impugnata va dunque cassata, avendo ritenuto dovuto il trattamento previdenziale sulla base del requisito reddituale, senza considerare l’unico dato invece rilevante, ovvero la presenza di un rapporto di lavoro subordinato superiore a 6 mesi.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto dell’originaria domanda.
Le spese dell’intero processo sono compensate attesa l’assenza di precedenti specifici di questa Corte.
P.Q.M.